In Artsakh si registra la vergogna di ONU e UE: dopo lo sfollamento con la forza, Baku fa entrare una missione di monitoraggio a Stepanakert

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[Korazym.org/Blog dell’Editore, 01.10.2023 – Vik van Brantegem] – Nel 294° giorno dall’inizio del #ArtsakhBlockade e il 12° giorno della resa della Repubblica di Artsakh alla soluzione finale di Aliyev con l’attacco terroristico del 19 settembre, non è più possibile negare che le Nazioni Unite e l’Unione Europea hanno tradito la Repubblica di Artsakh e i propri principi nei confronti della popolazione armena autoctona dell’Artsakh.

Oggi terminiamo la conta che abbiamo fatto durante quasi 300 giorni e quasi 10 mesi. Questo sarà l’ultimo articolo con cui aggiorniamo la pagina Indice – #ArtsakhBlockade [QUI]. Ma continueremo la nostra copertura delle notizie che arrivano dal Caucaso meridionale, che abbiamo iniziato tre anni fa, nel giorno dell’inizio della guerra dei 44 giorni dell’Azerbajgian in Artsakh, il 27 settembre 2020.

La “reintegrazione” dell’Artsakh/Nagorno-Karabakh attraverso

  • due guerre;
  • l’assedio e il blocco di 10 mesi;
  • l’aggressione terroristica del 19 settembre, con la resa della Repubblica di Artsakh il 20 settembre (che ha risparmiata tantissime vite tra la popolazione civile autoctona armena e le forze armate di ambedue le parti);
  • il conseguente sfollamento forzato di quasi la totalità dalla popolazione;

non porterà né la pace nel Caucaso meridionale, né la pace nel nostro tempo. Stiamo entrati in un momento pericoloso, con il potenziale per ulteriore violenza con ripercussioni ancora più ampie.

Alle ore 12.00 del 1° ottobre 2023 (ore 10.00 di Roma), 100.483 sfollati forzati provenienti dall’Artsakh hanno attraversato il ponte Hakari entrando in Armenia. Lo ha annunciato il Portavoce del Primo Ministro della Repubblica di Armenia, Nazeli Baghdasaryan, durante la conferenza stampa presso il Centro umanitario. Ad oggi, 21.079 veicoli hanno attraversato il ponte Hakari e già 84.408 persone sono state registrate.

Ieri abbiamo riferito del sito per la “reintegrazione degli Armeni del Karabakh” dell’Azerbajgian. Siamo andato a vedere qual è il piano offerto agli Armeni sfollati con la forza dall’Artsakh in Armenia per farli ritornare per essere “reintegrati”. Non c’è nemmeno una parola di spiegazione, offre solo di fare l’applicazione e richiede dati personali. Trappola totale.

«Ho trascorso solo pochi mesi a Stepanakert e il dolore nel vedere le sue strade abbandonate è intenso. Non oso immaginare per chi lì è nato e vissuto. A loro tutta la mia solidarietà e la speranza che un giorno possano tornare senza dover chinare il capo davanti a un dittatore» (Simone Zoppellaro).

Karen ha portato la sua famiglia dall’Artsakh all’Armenia. Karen ha 12 anni, ma quando lo guardi negli occhi, vedi un uomo maturo che ha vissuto una vita, che ha portato via un’intera famiglia dall’Artsakh. Ha portato la sua famiglia in Armenia, guidando la macchina per circa 40 ore. Questo è ciò che dovrebbe essere mostrato al mondo. Un bambino Armeno, sopravvissuto ad un blocco durato quasi 10 mesi e sfollato con la forza dall’Artsakh a seguito della pulizia etnica di Ilham Aliyev, è arrivato in Armenia. È riuscito a trovare la forza e la fiducia necessaria per guidare un’auto per 40 ore per salvare la sua famiglia.

Invece, i media statali azeri riferiscono che l’Azerbajgian ha inviato ambulanze, attrezzature e personale medico a Stepanakert oggi, pochi giorni dopo la fuga della stragrande maggioranza degli armeni dall’Artsakh, ma poco prima che la missione di monitoraggio delle Nazioni Unite effettuasse la sua prima visita. Propaganda. Così come la visita delle Nazioni Unite stessa, in corso dopo la pulizia etnica.

Inoltre, i media statali azeri mostrano che questa mattina una missione di monitoraggio delle Nazioni Unite si è mossa attraverso Akna (Aghdam) verso Stepanakert, entrando in Artsakh per la prima volta dopo 30 anni. Solo che praticamente non ci sono più Armeni in Artsakh e questa visita verrà utilizzato dal regime autocratico dell’Azerbaigian solo per legittimare e normalizzare la pulizia etnica che ha completato. È l’Azerbajgian a decidere quali aree visitare e cosa “monitorare” e “registrare”. Alla missione delle Nazioni Unite non sarà consentito registrare i crimini di guerra commessi dall’Azerbajgian contro la popolazione civile dell’Artsakh. Dopo che la popolazione autoctona armena fu costretta con la forza a lasciare l’Artsakh, gli esperti delle Nazioni Unite arrivano in Artsakh su invito dell’Azerbajgian, che per 30 anni ha impedito il loro accesso.

Lo stato terrorista dell’Azerbaigian dirà che gli Armeni hanno lasciato l’Artsakh per scelta, ma non mostrerà come l’esercito terrorista dell’Azerbajgian ha circondato i villaggi dell’Artsakh e ha costretto gli Armeni a lasciare le loro case.

Il 29 settembre, il Portavoce delle Nazioni Unite, Stephane Dujarric, ha detto ai giornalisti che una squadra di circa una dozzina di persone guidate dal Dipartimento per gli affari umanitari delle Nazioni Unite avrebbe valutato i bisogni delle persone rimaste nel territorio e di quelle che erano in movimento. L’accento sarebbe posto sugli aspetti umanitari e, in questo contesto, anche sulle questioni di protezione, ha aggiunto.

L’agenzia stampa statale dell’Azerbajgian APA ha riferito che la missione di monitoraggio delle Nazioni Unite è arrivata nel Nagorno-Karabakh «per familiarizzare con la situazione sul terreno e per determinare i bisogni umanitari dei residenti».

È evidente che la missione potrà familiarizzare con la situazione e la tutela dei diritti degli animali, delle piante e degli edifici e presenteranno proposte per i loro bisogni alla comunità internazionale. Potranno fare un paragone con la situazione durante la loro ultima visita, 30 anni fa. «L’ONU si è rivelata più paziente di Dio… 30 anni», ha osservato Marut Vanyan.

La missione potrà familiarizzare anche con le forze armate di occupazione e con il personale medico inviato adesso da Baku.

Sui social network azeri gira un video di un poliziotto azerbajgiano che attraversa una casa armena abbandonata e afferma che era di suo cugino. Suggerimento per una serie di propaganda: la polizia si filma mentre passeggia per i villaggi fantasma dell’Artsakh, dando cibo e acqua a tutti gli animali domestici che gli Armeni autoctoni sono stati costretti ad abbandonare per scappare per salvarsi la vita.

Questa situazione illustra vividamente l’inefficacia e l’incapacità operativa delle Nazioni Unite come istituzione. Le Nazioni Unite e la comunità internazionale hanno ignorato la terribile situazione nell’Artsakh, che ha subito un blocco e una carestia durati quasi 10 mesi. Non sono riusciti a prendere alcuna misura preventiva per frenare la politica aggressiva dell’Azerbajgian, che alla fine ha portato all’offensiva terroristica contro l’Artsakh da parte dell’Azerbajgian e allo sfollamento forzato di quasi la totalità degli Armeni autoctoni dell’Artsakh.

Pertanto, inviare una missione di monitoraggio nell’Artsakh per monitorare che è stato completamente svuotato e non c’è più popolazione autoctona locale, non solo non ha alcun valore, ma serve anche come pura manifestazione di ipocrisia e falsità dei cosiddetti valori umanitari di cui si vantano ONU e EU.

La narrazione che la missione delle Nazioni Unite sentirà dai rappresentanti della Repubblica di Baku è questa: «La risposta e l’assistenza umanitaria non discriminatoria e non selettiva dovrebbero essere il principio fondante dell’umanità. È un segnale positivo che la comunità internazionale dei donatori sta aiutando i civili Armeni della regione del Karabakh in Azerbajgian, che, tra l’altro, hanno deciso volontariamente di andare in Armenia e sono titolari del passaporto della Repubblica di Armenia. Ma un altro milione di sfollati interni e rifugiati azeri, che sono stati oggetto di sanguinosa pulizia etnica a seguito di 30 anni di occupazione dell’Armenia, si trovano ad affrontare la completa ignoranza e l’atteggiamento discriminatorio e selettivo da parte della comunità dei donatori. La parità di trattamento e l’evitare un atteggiamento discriminatorio nell’assistenza umanitaria sono fondamentali indipendentemente dall’etnia, dalla razza e dalla religione. Il governo dell’Azerbajgian da solo sostiene e soddisfa tutte le esigenze di altri milioni di sfollati interni e rifugiati da quasi 30 anni.
Anche in questo ambito ci troviamo di fronte ad un atteggiamento selettivo e discriminatorio e a doppi standard. Garantire un ritorno dignitoso e sicuro dei rifugiati e degli sfollati interni azeri alle loro case, che sono state rase al suolo e massicciamente infestate da mine terrestri da parte dell’Armenia, rimane un compito enorme da svolgere» (Hikmet Hajiyev, Assistente per gli Affari Esteri del Presidente dell’Azerbajgian, ore 20.08 del 30 settembre 2023).

Ormai, chi beve ancora la narrazione di Hikmet Hajiyev, il capo della macchina di propaganda menzognera di Aliyev, esperto in narrazioni distorte che si adattano perfettamente alle leggi internazionali. Riportiamo una selezione dei commenti a questa sua esternazione psichedelica:
– Volontariamente? Cos’è che stai fumando? Questa si chiama pulizia etnica, perché la gente dell’Artsakh non vuole che le loro teste vengano tagliate dai barbari Azeri.
– Tu e il tuo maestro Aliyev pagherete. Gli autori del primo genocidio armeno hanno pagao per i loro crimini.
– I rappresentanti degli Stati terroristici non dovrebbero avere una piattaforma per spargere bugie. L’Azerbajgian è colpevole del primo genocidio del XXI secolo.
– Questa non è “ignoranza” ma malizia.
– Nessuno singhiozzerà per l’aggressore. Andate a chiedere aiuto alle vostre forze di mantenimento della pace russe, che ora non hanno altro da fare se non occupare una città fantasma.
– E lo dici con una dissonanza cognitiva scritta su tutta la faccia.
– Che stronzetto sei, Hikmet Hajiyev, lamentandosi del fatto che gli Armeni ricevono aiuti quando li hai semplicemente fatti morire di fame, dopo uno sforzo decennale per sterminarli e un’attuale campagna per profanare la loro terra autoctona. Sei uno stronzo codardo.
– Presta attenzione a questa serie di punti di discussione. Queste affermazioni sono il fondamento della “Comunità dell’Azerbajgian occidentale”, creata dal governo dell’Azerbajgian per affermare che tutta l’Armenia è territorio storico dell’Azerbajgian, e saranno fortemente presenti nei prossimi attacchi dell’Azerbajgian all’Armenia.

Caso mai, la Missione delle Nazioni Unite potrà sentire anche la voce della “opposizione” dell’Azerbajgian, del Presidente del Partito Alternativo Repubblicano (REAL) azero, Ilgar Mammadov, che si lamenta che gli Armeni dell’Artsakh non ci sono più: «Uno degli aspetti negativi del conflitto che si conclude con lo scambio di popolazione [sic!] tra Karabakh [Artsakh] e Zangezur [Syunik, regione dell’Armenia] è l’occasione mancata per la riforma municipale in Azerbajgian. Per compiacere i nostri cittadini Armeni [sic!], il governo stava per accettare la visione di REAL di un governo locale forte ed eletto [Questo è nuovo]. Non più».

Artak Beglaryan, l’ex Ministro di Stato della Repubblica di Artsakh ha comunicato questa mattina: «Sono già a Yerevan – sono fuggito dalla mia antica e ancestrale patria, l’Artsakh, proprio come tutto il mio popolo. Innanzitutto, sono venuto a Yerablur per ringraziare e scusarmi con i nostri eroi caduti. Successivamente sono andato a Echmiadsin [la Santa Sede della Chiesa Apostolica Armenia] per pregare e poi al Centro profughi per aiutare la mia gente».

Il Procuratore generale della Repubblica di Azerbajgian, Kyamran Aliyev, ha dichiarato di aver inserito 300 persone legate alle funzioni governative o militari della Repubblica di Artsakh nella lista di ricerca internazionale dei ricercati per “crimini nel Nagorno-Karabakh” e che quattro di loro sono state “arrestate”: Ruben Vardanyan, ex Ministro di Stato; Davit Babayan, Consigliere del Presidente ed ex Ministro degli Esteri; il Tenente geneale Levon Mnatsakanyan, ex Comandante dell’esercito di difesa; il Maggiore generale Davit Manukyan, ex Vice Comandante dell’Esercito di difesa. Nella lista sono inseriti anche l’ex Presidente Arayik Harutyunyan (che dovrebbe essere a Yerevan) e l’ex Comandante dell’esercito di difesa, il Tenente generale Jalal Harutyunyan. L’Azerbajgian continua la persecuzione illegale degli Armeni. Niente amnestia. Un’altra promessa non onorata dell’autocrate di Baku, Ilham Aliyev.

Poi, non dimentichiamo Vagif Khachatryan, rapito dagli azeri due mesi fa mentre andava in Armenia sotto scorta del Comitato Internazionale della Croce Rossa per un intervento al cuore. Sarà processato da un tribunale militare azero nonostante la falsità delle accuse mosse. Scontata la lunga condanna.

Inoltre, ci sono i prigionieri di guerra e ostaggi civili armeni, detenuti ancora a Baku, nonostante secondo l’accordo trilaterale del 9 novembre 2020, lo Stato terrorista dell’Azerbajgian li avrebbe dovuto liberare.

«A volte mi chiedo perché le autorità azere stiano dissanguando gli Armeni. Poi penso tra me e me: se il governo di Aliyev ha dissanguato il popolo dell’Azerbajgian per 30 anni, cos’altro dovrebbe fare al popolo armeno? Perché Aliyev è un terrorista e disonorevole. URGENTE Chiedo sanzioni nei confronti del Presidente dell’Azerbajgian e delle sue autorità» (Suleyman Suleymanli).

«Messaggio di un residente del Nagorno-Karabakh, che riflette i sentimenti di 100.500 autoctoni che hanno lasciato il Nagorno-Karabakh finora: “Ho lasciato la mia casa per restare in vita. Fate sapere al mondo che ora siamo senza casa!” Il mondo lo sa. Lo sanno sia il Consiglio di Sicurezza che l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite dagli avvertimenti e dalla copertura internazionale» (Ani Badalyan, Portavoce del Ministero degli Esteri della Repubblica di Armenia).

Ci è voluta la pulizia etnica dell’Azerbajgian degli Armeni autoctoni dell’Artsakh, perché i media mondiali si interessassero al popolo armeno. Per 3 anni, silenzio totale (con pochissime eccezioni), anche quando l’Azerbajgian li faceva morire di fame con l’assedio e il blocco. Vergognatevi tutti.

«Nota per i decisori internazionali. Ciò che il popolo del Nagorno-Karabakh sta affrontando non è semplicemente una crisi umanitaria, ma una violazione di massa dei diritti umani. Le questioni umanitarie sono le conseguenze. Pertanto, la risposta internazionale dovrebbe affrontare principalmente le cause piuttosto che le conseguenze» (Artak Beglaryan, ex Ministro di Stato della Repubblica di Artsakh).

Nathalie Goulet, Senatore francese ha sposato al 100% la narrazione di Ilham Aliyev: «Nessuno li obbliga ad andarsene, possono restare, la repubblica autoproclamata si è sciolta». Il Vice Direttore di Le Figaro, Jean-Christophe Buisson ha risposto: «Non ha vergogna? Donne, bambini e anziani Armeni dell’Artsakh fatti a pezzi dall’artiglieria azera, case saccheggiate, un popolo vessato per 3 anni, affamato per 9 mesi e promesso di vivere in un Paese dittatoriale e razzista, e “nessuno glielo costringe”?» No, non hanno vergogna.

«Non ha limiti l’idiozia dei commentatori che fino all’altro ieri non riuscivano nemmeno a trovare il Nagorno-Karabakh su una mappa. Vedo ancora, soprattutto in italiano, decine di articoli che fin dal titolo parlano di “separatisti filo-armeni”. È grottesco, nonché errato. Non dico io questo, ma la storia. Sono stati Armeni, come cultura e lingua, per tanti secoli prima che i sovietici decidessero di assegnare quel territorio fuori dal confine armeno. Che senso ha allora dirsi filo-armeno? Nessuno. Sarebbe saggio informarsi sulla storia, o almeno sui monumenti della regione, prima di scrivere inesattezze. Per quanto riguarda i “separatisti”, apparirà allora evidente come si debba parlare di popolazione autoctona o indigena. Se poi volete rendervi complici, come apologeti, di una pulizia etnica, direi che siete sulla strada giusta. Le vostre parole contano. Usatele in modo responsabile» (Simone Zoppellaro).

«Avendo contro 10 milioni di azeri e 80 milioni di turchi, senza più la Russia, anni luce dai radar di America, Europa e Vaticano, tramortita nel corpo e nell’anima, mi lancio in una previsione: qualche anno e l’Armenia, la più antica terra cristiana, pezzo dopo pezzo, scomparirà» (Giulio Meotti).

Sta diventando sempre più chiaro, che l’Azerbajgian continuerà le sue provocazioni militari ai confini dell’Armenia, anche dopo aver annesso il Nagorno-Karabakh e sfrattato con la forza più di 100.000 Armeni autoctoni. Ieri il Ministero della Difesa armeno ha smentito l’affermazione dell’Azerbajgian secondo cui le forze armate armene avrebbero aperto il fuoco in direzione delle posizioni azere. L’Azerbajgian aveva riferito che nel pomeriggio del 30 settembre, le forze armate armene avrebbero aperto il fuoco “sulle posizioni azere situate in direzione dell’insediamento di Ashagh Ayrim nella regione di Kelbajar”. Baku sostiene che il soldato azerbajgiano Orujev Vysal Heybali Oglu è stato ucciso in seguito alla sparatoria. Il commento di Robert Ananyan: «Il modus operandi dell’Azerbajgian è quello di presentare gli omicidi come il risultato di sparatorie da parte delle forze armate armene, mentre quelle morti sono il risultato di relazioni non consensuali. Sono sicuro che la Missione di osservazione dell’Unione Europea in Armenia riporterà con precisione da che parte è avvenuta la violazione».

Come già abbiamo osservato ieri, Baku ha ripreso la tattica, che segue da lungo tempo, di accusare falsamente l’Armenia di aver violato il regime del cessate il fuoco, sparando sulle posizioni armene, ma accusando falsamente l’Armenia. Questa è una tattica azera che è stata svelata da molto tempo. L’Azerbajgian di solito usa questa tattica: diffonde notizie false sulle violazioni da parte dell’Armenia, e poi attacca l’Armenia, sostenendo di aver risposto alle provocazioni armene. Le false accuse contro l’Armenia sono in realtà la costruzione di un alibi per l’Azerbajgian.

L’accusa di ieri contro l’Armenia significa che l’Azerbajgian si sta preparando per un’altra aggressione militare. C’è la reale possibilità che l’Azerbajgian inasprisca gradualmente la situazione militare al confine armeno-azerbajgiano e svolga attacchi militari in quelle aree dove, secondo Baku, ha delle “enclavi”. In altre parole, l’Azerbajgian cercherà di occupare queste “enclavi” con mezzi militari, e solo allora accetterà di firmare un accordo di pace con l’Armenia.

Robert Annayan ha scritto (nostra traduzione italiana dall’inglese): «Perché l’Azerbajgian non vuole che la questione dei territori non occupati venga risolta attraverso la demarcazione pacifica dei confini? Ci sono diverse ragioni per cui l’Azerbajgian non sarà in grado di presentare basi legali durante il processo di demarcazione e dimostrare sulla base di quale decisione del governo dell’URSS gli sono state concesse le enclavi dell’Armenia. Non esiste una decisione del genere. Nel frattempo, l’Armenia ha basi legali per dimostrare che l’enclave Artsvashen, attualmente sotto il controllo dell’Azerbajgian, apparteneva all’Armenia ed è occupata dall’Azerbajgian. Inoltre, gli esperti al servizio di Aliyev, compreso Tofik Dzulfugarov, stanno già parlando apertamente dell’attuazione di questo scenario militare.
L’Azerbajgian non può provare il fatto di avere enclavi sul territorio dell’Armenia, motivo per cui fino a poco tempo fa si rifiutava di delimitare sulla base della mappa del 1975, che fornirebbe una base concreta per la demarcazione. L’Azerbaigian ha inviato 50 commenti e ha suggerito una demarcazione basata su diverse mappe. Lo scopo di ciò è quello di preparare false basi per sottrarre enclavi e altri territori all’Armenia.
Nel condurre la politica nei confronti dell’Azerbajgian, i diplomatici e i politici sia armeni che internazionali dovrebbero dimostrare concretamente che lo Stato azero ha obiettivi espansionistici e piani per conquistare nuovi territori dall’Armenia. Con dichiarazioni di pace, l’Azerbajgian “mette un morbido cuscino” sotto il capo della comunità internazionale e compie aggressioni militari. L’Azerbajgian conduce una vera politica di carattere duro e militare.
Prima dell’attacco militare del 19 settembre contro il Nagorno-Karabakh, Aliyev aveva promesso all’Occidente che non avrebbe avviato un’operazione militare, ma come ha affermato il Ministro degli Esteri tedesco, Annalena Berbock, Aliyev ha infranto la sua promessa e ha iniziato una guerra.
Il 5 ottobre l’Azerbajgian avrà l’opportunità di dimostrare che non ha intenzione di intraprendere nuove provocazioni militari. Per fare ciò, l’Azerbajgian deve accettare di riconoscere l’integrità territoriale dell’Armenia sulla base della Dichiarazione di Alma Ata del 1991, che Aliyev e Pashinyan avevano concordato qualche tempo prima a Brussel. Successivamente, l’Azerbajgian dovrebbe accettare di portare avanti il processo di demarcazione dei confini sulla base della mappa del 1975 e sotto la supervisione internazionale. Infine, l’Azerbajgian dovrebbe accettare di sbloccare le strade, non sulla base di un corridoio, ma rispettando l’integrità territoriale, la sovranità e la giurisdizione dell’Armenia sulle strade da sbloccare.
Personalmente non credo che l’Azerbaigian accetterà di firmare questi punti. L’Azerbajgian ha bisogno di incertezza ed è prevedibile che Baku non farà passi concreti per normalizzare le relazioni con l’Armenia. È possibile che l’Azerbajgian preferisca lasciare irrisolte le questioni relative alla demarcazione dei confini e allo sblocco, al fine di sfruttare questa incertezza per effettuare aggressioni militari e occupare il territorio armeno.
Il 5 ottobre a Granada, oltre a Nikol Pashinyan e Ilham Aliyev, all’incontro parteciperanno i Presidenti di Francia, Germania e Consiglio Europeo. Non è escluso che l’Azerbajgian effettua nuove aggressioni al confine armeno-azerbajgiano prima del 5 ottobre per sabotare l’incontro a cinque.
Tuttavia, se l’incontro avesse luogo, il compito di Unione Europea, Germania e Francia dovrebbe essere quello di costringere il Presidente dell’Azerbajgian a riconoscere l’integrità territoriale dell’Armenia e ad accettare di attuare la demarcazione dei confini basata sulla mappa del 1975 e il controllo internazionale. e sbloccare le comunicazioni regionali riconoscendo la sovranità e la giurisdizione degli Stati.
Attualmente l’Azerbajgian occupa 150 chilometri quadrati di territorio sovrano armeno. Le forze armate azere hanno occupato questo territorio durante l’attacco militare del 13 settembre 2022. Sebbene Ilham Aliyev affermi di riconoscere l’integrità territoriale dell’Armenia, non ritira le forze armate azere dal territorio armeno. Il Presidente dell’Azerbajgian aveva già chiesto all’Armenia di restituire le enclavi nelle province di Tavush e Ararat, ma non ha detto quando l’Azerbajgian restituirà l’enclave di Artsvashen all’Armenia, così come le terre confiscate ai villaggi di confine della provincia di Tavush nel anni ’90.
Se Aliyev solleva la questione delle enclavi a Granada e non accetta di scambiare enclavi (mantenendo l’attuale status quo), allora si sta preparando ad attacchi militari per occupare le enclavi con la forza e non restituire l’enclave armena all’Armenia. Se a Granada non vedremo la firma di un documento a cinque facce sotto forma di un accordo sui punti menzionati, dopo poco tempo il confine tra Armenia e Azerbajgian diventerà un focolaio di scontri e un teso conflitto militare».

Il Rappresentante delle Nazioni Unite per gli affari spaziali partecipa al IAC2023, un Forum Habitat delle Nazioni Unite a Zangilan in Azerbajgian e, come nota a piè di pagina, una missione di monitoraggio delle Nazioni Unite in gita turistica in Artsakh, ora etnicamente ripulito, contemporaneamente. Con tale impunità, perché l’Azerbajgian non dovrebbe continuare a perseguire i suoi obiettivi di furto di terre armene?

La Serbia ha un modello: l’Azerbajgian. È incoraggiata dal suo esempio e potrebbe tentare di fare del “ripristino dell’integrità territoriale” da parte dell’Azerbajgian in Artsakh, un precedente per la propria agenda, visto che ONU, UE, ecc. non hanno fatto niente per impedirlo.

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