292° giorno del #ArtsakhBlockade. Cronaca dal campo di concentramento della soluzione finale di Aliyev in Artsakh. 10° giorno della resa dopo l’attacco terroristico azero. Proseguo l’esodo degli sfollati sforzati

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[Korazym.org/Blog dell’Editore, 29.09.2023 – Vik van Brantegem]Cercare di monitorare e raccontare quotidianamente tutto quello che sta succedendo nel Caucaso meridionale, dal 27 settembre 2020, pensiamo sia importante, ma non abbiamo mai nutrito vane speranze che arrivino a salvare gli Armeni. È semplicemente nostro dovere mostrare cosa sta succedendo lì, sul campo, mentre succede, contro un popolo (che è pure cristiano). Nel nome della verità e della giustizia. Per restare umani. Restiamo convinti che la storia non la fanno i cattivi. Non ha ragione Hegel, il male non è reale come parte necessaria del cammino storico. Ciò che è disumano alla fine è ingoiato dal nulla.

La verità è la via verso la libertà.
La manipolazione è mancanza di rispetto.
L’amore è più forte dell’odio.
Il male può essere sconfitto.

Il destino del popolo e della Repubblica di Artsakh
rimarrà nella storia
come una vergogna per l’intero mondo civilizzato.


Meno la Russia è coinvolta nella vita dell’Armenia,
più gli Armeni saranno sicuri, sovrani e democratici.
A farlo capire ci sono gli Armeni dell’Artsakh.

++++ AGGIORNAMENTO ORE 18.00 ++++

Alle ore 18.00 ora locale (ore 16.00 di Roma) di oggi, 97.735 sfollati forzati sono arrivati dall’Artsakh in Armenia (81,15% della popolazione prima del 19 settembre, 20.609 veicoli hanno attraversato il ponte Hakari e sono già state registrate 74.382 persone. Lo ha annunciato il Portavoce del Primo Ministro armeno, Nazeli Baghdasaryan, nel corso della conferenza stampa tenutasi presso il Centro umanitario del governo armeno a Goris. Ha informato che è aumentato il numero di persone che utilizzano le residenze fornite dallo Stato.

Il Ministro dell’Istruzione, della Scienza, della Cultura e dello Sport della Repubblica di Armenia, Zhanna Andreasyan, ha informato che quasi tutti i 21.000 studenti di 108 scuole pubbliche dell’Artsakh sono già in Armenia.

Intanto, l’integrazione (nelle carceri di Baku) dell’élite dell’Artsakh procede. Il Servizio di Sicurezza dello Stato dell’Azerbajgian rende noto con un comunicato, che il 27 settembre è stato “arrestato” l’ex Primo Vice Comandante dell’esercito di difesa della Repubblica di Artsakh, il Maggiore generale Davit Manukyan con accuse inventate. Nel comunicato del Servizio di Sicurezza dello State dell’Azerbajgian si legge che Manukyan è accusato di «aver portato avanti attività terroristiche da parte di un gruppo organizzato, di aver acquisito, immagazzinato e trasportato illegalmente armi e munizioni, di aver creato formazioni e gruppi armati, nonché di aver attraversato illegalmente il confine di Stato della Repubblica di Azerbajgian».

Secondo i media statali azeri, Arshavir Gharamyan, ex Capo del Servizio di Sicurezza Nazionale della Repubblica di Artsakh, è stato sequestrato oggi al checkpoint illegale presso il ponte Hakiri nel Corridoio di Berdzor (Lachin) dalle guardie di frontiera dell’Azerbajgian.

La Repubblica di Armenia deve immediatamente adottare tutte le misure possibili, compreso il coinvolgimento dei partner internazionali, affinché Ruben Vardanyan, Levon Mnatsakanyan, Davit Manukyan, Gharamyan e altri cittadini dell’Armenia e dell’Artsakh siano liberato dalla prigionia tutti i cittadini Armeni dell’Armenia e dell’Artsakh, illegalmente detenuti e processati a Baku. Qualunque sia il tipo di accusa che presentano le autorità di Baku, si tratta di sequestri decisamente illegale. Non importa quale testimonianza cercano di estorcere adesso, non importa quale procedimento penale avviano contro di loro, è chiaro che è sotto la pressione della forza e non può essere una base per eseguire un qualche tipo di giustizia. Dovrebbero essere riportato indietro molto rapidamente e la Repubblica di Armenia dovrebbe lavorare seriamente per questo, coinvolgendo anche la comunità internazionale, il che aiuterà anche a togliere dalla circolazione le cosiddette “liste nere” dell’Azerbajgian. Anche se è possibile che non esista la cosiddetta “lista nera” e che l’Azerbajgian sta solo cercando di vendicarsi di persone specifiche, come una ritorsione.

Per quanto riguarda Vardanyan, il Servizio di Sicurezza Nazionale dell’Azerbajgian ha pubblicato accuse inventate ai sensi degli articoli 214-1 (finanziamento del terrorismo), 279.3 (partecipazione alla creazione e alle attività di organizzazioni o gruppi armati non previsti dalla legge) e 318.1 (arrivo illegale di uno straniero o un apolide nella Repubblica di Azerbaigian) del codice penale dell’Azerbaigian.

L’agenzia 301 ha riferito che degli ex alti funzionari dell’Artsakh, in questo momento solo Samvel Babayan ha attraversato il posto di blocco illegale dell’Azerbajgian presso il ponte Hakari nel Corridoio di Berdzor (Lachin) e ha raggiunto l’Armenia. Il Generale Samvel Babayan eroe dell’Artsakh, stato un capo militare delle forze armene durante la prima guerra del Nagorno-Karabakh nonché politico della Repubblica di Nagorno-Karabakh (denominata dal 2017 Repubblica di Artsakh) nella quale ha ricoperto il ruolo di Ministro della Difesa dal 1994 al 1999. Era capo del partito Alleanza.

L’Unione Europea continua con le parole (“urgente”, “pronti”, “valutazione”, “vulnerabile”, “tiene conto”, “monitorare”) e continua a fare niente. Neanche una parola sul motivo del disastro umanitario e nessuna condanna dell’Azerbajgian, “partner affidabile”
La delegazione dell’Unione Europea in Armenia ha fatto riferimento allo sfollamento forzato degli Armeni dall’Artsakh, preceduto dall’attacco su larga scala contro il Nagorno-Karabakh effettuato dall’Azerbajgian il 19 e 20 settembre e, prima ancora, dal blocco di quasi 10 mesi.
La delegazione dell’Unione Europea ha dichiarato: «È urgente fornire assistenza umanitaria continua e senza ostacoli a coloro che sono ancora nel bisogno in Karabakh, così come a coloro che se ne sono andati. L’Unione Europea sostiene il lavoro del Comitato Internazionale della Croce Rossa (CICR), che facilita l’evacuazione d’emergenza dei feriti e dei malati e la fornitura di assistenza urgente sul posto».
La delegazione dell’Unione Europea in Armenia ricorda il pacchetto aggiuntivo di aiuti umanitari di 5 milioni di euro da parte della Commissione Europea, che dovrebbe aiutare gli sfollati dal Nagorno Karabakh verso l’Armenia e coloro che «si troveranno in una situazione vulnerabile all’interno del Karabakh» e «l’Unione Europea e i suoi Stati membri sono pronti a fornire ulteriori aiuti umanitari». L’Italia? Non pervenuto.
La dichiarazione sottolinea l’importanza della valutazione della situazione sul terreno da parte della Missione delle Nazioni Unite. «L’Azerbajgian ha la responsabilità di garantire i diritti e la sicurezza degli Armeni del Karabakh, compreso il diritto a vivere con dignità nelle proprie case senza intimidazioni e discriminazioni, nonché il diritto al ritorno degli sfollati. È importante che la missione delle Nazioni Unite possa entrare nel territorio nei prossimi giorni».
La delegazione dell’Unione Europea in Armenia aggiunge che l’Unione Europea tiene conto dell’avvio del processo di registrazione degli Armeni residenti nel Nagorno-Karabakh da parte delle autorità azere e continuerà a monitorare da vicino gli sviluppi sul terreno.

Non se ne può più di queste dichiarazioni che fanno solo vomitare.

«Qualcuno ha sentito l’amico di Aliyev, il Papa? Conoscete il Santo Uomo che ha istituito una “partnership strategica” (silenzio) di 5 anni tra il Vaticano e l’Azerbajgian, dove il Vaticano riceve milioni ogni anno per il “restauro”. Ricordate la visita non pianificata di Aliyev in Vaticano nel 2020, mesi prima l’invasione dell’Artsakh? Ricordate i 2,2 milioni di euro aggiuntivi che Aliyev ha dato loro? Immagino che gli Armeni non ricevano più nemmeno una generica preghiera politica gesticolata dal Papa. Sapete, quelle in cui non identifica l’aggressore o la vittima per compiacere Aliyev, che acquista la maggior parte delle persone e delle istituzioni. Diventiamo schietti!» (Vic Gerami, giornalista e presentatore The Blunt Post con Vic @KPFK 90.7 FM, regista/sceneggiatore/produttore del lungometraggio documentario“Motherland”).

Il prossimo 5 ottobre, a Malaga, sono programmati dei colloqui tra il Primo Ministro armeno, Nikol Pashinyan, e il Presidente azero, Ilham Aliyev, sotto lo sguardo di Francia, Europa, Spagna. «La Santa Sede sta facendo il possibile, abbiamo rapporti diplomatici con l’Arzebaijan. Loro chiedono un contatto, noi non lo negheremo questo contatto. Bisogna vedere a che cosa porterà e in che misura noi saremo influenti nel gestire questo contatto», ha detto a Il Messaggero il Prefetto del Dicastero per le Chiese Orientali, Monsignor Claudio Gugerotti, che domani sarà creato cardinale.

Cioè, nella neutralità tra il lupo e l’Agnello? E per l’Artsakh magari chiedere a chi scappa da Auschwitz di rientrare per dialogare con le SS?

Questo pomeriggio si è svolto ad Evlakh in Azerbajgian il terzo incontro dei rappresentanti dell’Azerbajgian e del Nagorno-Karabakh (la cui popolazione è già diminuito quasi dell’80% dei già sfollati sforzati in Armenia). Lo fanno sapere i media statali azeri (gli unici ammessi). La delegazione del Nagorno-Karabakh è composta nuovamente da Davit Melkumyan, Capo del Partito Democratico dell’Artsakh del Parlamento della Repubblica di Artsakh, e Sergey Martirosyan, Vice Segretario del Consiglio di Sicurezza della Repubblica di Artsakh (istituzioni statali che il Presidente ha soppresso con un decreto illegale e illegittimo). Da parte azera, nei “negoziati” sono coinvolti il Deputato del Parlamento azero, Ramin Mammadov, Vice Rappresentante speciale del Presidente dell’Azerbajgian, e Ilkin Sultanov, funzionario dell’Ufficio del Rappresentante speciale.

Gli sfollati forzati dal Nagorno-Karabakh sono rimasti in viaggio anche per più di 40 ore e, purtroppo, sono stati registrati decessi, soprattutto per ictus. Lo ha annunciato il Ministro della Sanità della Repubblica di Armenia, Anahit Avanesyan, durante un incontro con i giornalisti a Kornidzor. Ha riferito che  lo sfollamento forzato ha conseguenze dolorose, perché le persone sono esauste, hanno lasciato tutti i loro averi e, non avendo nemmeno i beni di prima necessità e le medicine, si mettono in viaggio, quindi, in tali condizioni, esiti fatali sono inevitabili. «Alcuni degli sfollati forzati sono in gravi condizioni di salute. Essendo stati sotto assedio per 10 mesi, non hanno avuto la possibilità di assumere medicinali adeguati contro le malattie croniche, quindi è estremamente importante fornire assistenza primaria a gruppi così vulnerabili. Dopo gli esami, le persone verranno trasferite da Goris agli ospedali di Yerevan, se necessario», ha detto il Ministro della Sanità.

Avanesyan ha informato che tra gli sfollati forzati ci sono anche pazienti diabetici che necessitano di insulina. A questo scopo sono stati aperti punti medici a Goris, dove vengono forniti pronto soccorso e consulenza, forniture mediche, compresi i medicinali necessari per le persone con malattie croniche.

«Fate solo i conti e capirete che le cifre armene non sono reali. Il checkpoint di Lachin non ha la capacità di accogliere così tante persone in tre giorni». Come avevamo previsto, la propaganda dell’Azerbajgian sta cercando di confutare anche le cifre degli Armeni sfollati forzati che entrano in Armenia dall’Artsakh. Ora World Food Programme, USAID e altre organizzazioni li stanno accogliendo insieme all’Armenia, quindi non c’è molto spazio per la negazione e la disinformazione.

«La piazza principale di Stepanakert, la capitale del Nagorno-Karabakh, ora, dopo l’occupazione militare da parte dell’Azerbaigian e prima, nel maggio 2022, quando l’ho visitata l’ultima volta» (Sossi Tatikyan).

«Questa è Stepanakert, Nagorno-Karabakh oggi. Su 120.000 Armeni, 93.000 sono stati sfollati con la forza negli ultimi quattro giorni. Lasciamo che Aliyev finisca “l’integrazione”, poi garantisca diritti e sicurezza agli Armeni che non sono più lì. Ora, questa terra è diventata veramente un giardino nero [*](Tatevik Hayrapetyan, ex deputato dell’Assemblea nazionale della RA).
[*] Il nome Nagorno-Karabakh significa “giardino nero montuoso”: un misto di tre lingue: Nagorno significa montuoso in russo, Kara vuol dire nero in turco e bakh significa giardino in parsi.

Foto di Liana Margaryan. Ormai, per fermate il genocidio armeno 2023, ora è troppo tardi. L’Occidente ricorda il #ArtsakhBlockade a posteriori. Noi l’abbiamo ricordato dal primo giorno, dalle ore 10.30 del 12 dicembre 2022.

Dal 27 settembre 2020 tutti gli Armeni nel mondo, e anche noi in questo Blog dell’Editore, abbiamo cercato di spiegare che il #BloccoArtsakh avrà conseguenze orribili e che dovrà essere revocato al più presto, nessuno lo ha preso abbastanza sul serio. Nessuno potrebbe misurare la follia di Aliyev, ciò che vediamo ora.

The New York Times in 10 mesi di blocco dell’Artsakh non è riuscito a difendere la sua eredità giornalistica e ora ha deciso di pubblicare un articolo del Captain Obvious [*], dopo un #ArtsakhBlockade durato 10 mesi; non riuscendo a ritenere l’Azerbaigian responsabile per il suo palese abuso dei diritti umani con impronte genocide su tutta la scena del crimine questo è #Artsakh. https://www.nytimes.com/2023/09/29/world/europe/armenia-azerbaijan-nagorno-karabakh.html
[*] Il nome Capitan Ovvio viene utilizzato nelle conversazioni per attirare l’attenzione su un fatto evidente. È usato in modo sarcastico per indicare che qualcuno ha appena affermato qualcosa di ovvio.

«Cara comunità internazionale, finalmente vi siete svegliati, ma troppo tardi. Se la guerra del 2020 e il #ArtsakhBlockade durato quasi 10 mesi avessero avuto la stessa copertura della pulizia etnica dell’Artsakh oggi, non avremmo mai raggiunto questo stadio e la più antiche comunità cristiana non sarebbe stato spazzate via dalla sua terra storica» (Irina Safaryan).

Nagorno Karabakh, l’esodo dei profughi armeni: “Abbiamo paura, ma siamo forti”
di Gabriele Cappi
Il Giornale, 29 settembre 2023


A una settimana dall’attacco azero che ha sconvolto la regione del Nagorno-Karabakh e cancellato per sempre la repubblica dell’Artsakh, i profughi arrivano sempre più numerosi in tutte le città dell’Armenia e nella capitale Erevan. (…)
Girando per la città si possono incontrare mentre scaricano van pieni di valige riempite di corsa oppure cercano semplicemente un hotel per passare la notte.
Vicino a un minibus bianco Mercedes incontriamo Gadara. Non si vuole far riprendere, ma la nostra guida la convince e ci racconta la sua storia: “Arriviamo da Getavan – regione di Martakert – siamo dovuti scappare dagli Azeri, per due giorni hanno sparato e poi hanno cominciato con i megafoni a dirci di andarcene”.
Il governo ha messo a disposizione strutture e avviato un programma di sostegno che al momento non riesce ad aiutare tutti. A ribadircelo è Ani, 27 anni, ci fa vedere la foto di suo fratello Hovan, militare morto nel conflitto del 2020: “Abbiamo trovato un alloggio, ma al momento dobbiamo pagarlo con i nostri risparmi. Non voglio pensare a cosa sarà di noi, abbiamo deciso di partire quando la nostra casa tremava a causa dei bombardamenti. Ho bruciato quello che potevo, non voglio lasciare nulla agli Azeri”.
La situazione è critica e dalla capitale fino a Goris è partita la raccolta dei beni di prima necessità, dai farmaci alle coperte. Persino Glovo, la nota azienda che consegna il cibo a domicilio, ha creato una sezione apposita per le donazioni e gli aiuti alla popolazione. La Portavoce del Primo Ministro armeno Nazeli Baghdasaryan ha dichiarato che oggi sono stati stanziati circa 350 milioni di dram (850mila euro) in favore delle autorità regionali al fine di tamponare la questione alimentare.
Un’altra famiglia alloggia nel nostro Hotel vicino al lago Erevanian. Hanno due figli piccoli, Tatul 12 anni e la sorella Zora 8 anni: “A Stepanakert per colpa del blocco imposto da Baku sono mesi che manca qualsiasi bene di prima necessità, i bambini sono spaventati e ci chiedono da giorni se nel luogo in cui andiamo ci saranno i Turchi o meno”.
Lo sconforto, la rabbia, la sfiducia sono i sentimenti che la fanno da padrone tra queste persone. Il Primo Ministro armeno Nikol Pashinyan è da molti additato come il principale responsabile di questa tragedia nazionale.
Uno dei più combattivi è Michael un ex camionista che viene dalla città di Vaghuhas: “Pashinyan ha promesso 100.000 dram (240 euro) per tutti quelli che scappano dal Nagorno-Karabakh. Ma noi sappiamo che lui ha preso molti più soldi da Ankara. Abbiamo una dignità, faremo a meno della carità del governo. Siamo gli abitanti dell’Artsakh, siamo forti e non ci arrendiamo anche se qualcuno vorrebbe che lo facessimo”.

Vika ed Elina, scappate in Armenia dall’Artsakh dopo l’invasione dell’Azerbajgian.

Tra i profughi fuggiti dall’Artsakh. «Non torneremo mai più nelle nostre case»
Elina, Vika e Meri, appena arrivate nella capitale armena, raccontano a Tempi la loro odissea: «Gli Azeri ci hanno affamato, ucciso e ora scrivono una pace che non esiste. Il Nagorno-Karabakh è il cuore del nostro popolo e ora ci è stato tolto»
di Gabriele Cappi
Tempi, 29 settembre 2023


A sette giorni dall’attacco azero che ha messo fine all’indipendenza de facto del Nagorno-Karabakh, a Erevan cominciano ad arrivare i primi profughi dall’ormai ex Repubblica di Artsakh. Nel nostro hotel alloggiano tre famiglie, sono arrivate su un van bianco, facce stravolte, pochi pacchi e occhi che parlano da soli. Due donne che reggono in braccio una bambina e una ragazza acconsentono a raccontarci la loro storia. Michael, la nostra guida, si offre di tradurre.
Nella Repubblica di Artsakh conducevano una vita normale: Elina era una parrucchiera, Vika una studentessa superiore e Meri (che non ha voluto farsi fotografare) gestiva la logistica di un magazzino. Poi l’attacco azero, la capitolazione e il dramma: «Sabato e domenica la polizia ha cominciato a girare per i villaggi limitrofi a Stepanakert avvisando che bisognava prepararsi a lasciare le case, tutti dovevamo riunirci nella capitale per iniziare i preparativi della partenza», raccontano a Tempi.
Com’è stata organizzata la fuga?
Le autorità hanno intimato a chi possedeva un mezzo di trasporto di partire immediatamente. Chi era impossibilitato invece avrebbe dovuto aspettare ulteriori indicazioni.
Ma se qualcuno avesse voluto restare?
Ci hanno obbligati a partire! Noi siamo nati e cresciuti in Artsakh, avremmo voluto restare, potevamo combattere ma non ci è stato permesso. Abbiamo dovuto lasciare le nostre case prendendo lo stretto necessario, pochi pacchi e qualche oggetto. Ma non solo le case, sono stati abbandonati anche gli equipaggiamenti militari, le armi… tutto. Un disastro.
Le autorità, quindi, non hanno coordinato l’esodo in alcun modo.
Nessuno! Siamo fuggiti da soli con le nostre forze. Tutti si precipitavano alle pompe di benzina finché non è finito il carburante. Poi c’è stata l’esplosione…
Vi riferite all’esplosione della pompa di benzina avvenuta due giorni fa?
Si, vicino a Stepanakert è esploso un deposito di carburante facendo morti e feriti tra chi si accalcava per rifornirsi. Ma non è stata una tragedia, una fatalità, dietro c’è la mano dell’Azerbajgian.
Un attentato sui civili dunque?
Sì, nei due giorni di guerra gli Azeri, per quanto a noi superiori, hanno subito gravi perdite. Allora hanno cambiato approccio, una volta iniziato il cessate il fuoco si sono proposti di fornire la benzina per l’esodo e proprio quella benzina ha portato all’esplosione dove sono morti i nostri amici. Non è un caso, sono dei criminali travestiti.
Ci sono altre persone di cui non conoscete il destino?
Moltissime! Questi giorni sono stati terribili, non andavano i telefoni e non c’era elettricità, molti uomini non sappiamo che fine abbiano fatto. Probabilmente sono morti o arrestati come Ruben Vardanyan, ex Ministro di Stato dell’enclave. Non sappiamo nulla di loro.
Cosa farete ora? Di che cosa avete bisogno?
Non lo sappiamo, da quando l’Azerbajgian ha chiuso il Corridoio di Lachin quasi un anno fa, la nostra repubblica è entrata in una crisi nera. Nessuno di noi lavora più, abbiamo finito i soldi e mio fratello ha dovuto vendere le collanine d’oro per poter pagare il cibo per la bambina.
Il governo armeno non vi aiuta con l’alloggio?
No, qui stiamo pagando di tasca nostra con i nostri ultimi soldi. Non voglio neanche nominare il nostro Primo Ministro (Nikol Pashinyan, nda), ci sentiamo traditi.
Pensate che tornerete mai alle vostre case?
Non c’è più possibilità. Nel nostro palazzo ora ci sono gli Azeri e i Turchi. L’Artsakh è finito e non torneremo alle nostre case. C’è qualcuno che dice che Armeni e Azeri possono vivere insieme ma non è vero. Ci hanno affamato, ucciso e ora scrivono una pace che non esiste.
Oggi è toccato al Nagorno-Karabath, domani Baku potrebbe avanzare ancora. Avete paura per il futuro dell’Armenia?
Non abbiamo paura, ma neanche speranza. Senza Artsakh non c’è Armenia, il Nagorno-Karabakh è il cuore del nostro popolo e ora ci è stato tolto. La responsabilità però non è solo dei nostri nemici ma anche di chi pensavamo amico. Qui c’è un detto che dice: “Un Armeno che tradisce un Armeno è peggio di un Turco”. Ci sentiamo così, traditi.
Avviso
Non riportiamo RAI, Il Foglio, Avvenire, La Verità e altri media che parlano di “separatismo” in riferimento alla Repubblica di Artsakh. Li consideriamo megafoni del regime autocrate della Repubblica di Baku, quindi complice della pulizia etnica dell’Azerbajgian in Artsakh.

++++ AGGIORNAMENTO ORE 11.00 ++++

Alle ore 06.00 ora locale (ore 04.00 di Roma), 84.780 cittadini della Repubblica di Artsakh sfollati dalle forze armate dell’Azerbajgian con la forza sono arrivate in Armenia attraverso il ponte Hakari. Alle ore 10.00 ora locale (ore 08.00 di Roma), il numero era salito a 88.780 (mantenendo il ritmo di 1.000 arrivi all’ora), il 75% della popolazione prima del 19 settembre, e 18.756 veicoli avevano attraversato il ponte Hakari dall’inizio dell’esodo forzato. Alle ore 12.00 ora locale (ora 10.00 di Roma) erano state registrate già 63.483 persone. 20.306 persone hanno utilizzato gli alloggi offerti dallo Stato. Sulla piattaforma di registrazione dei bisogni primari sono state compilate circa 13.500 domande per valutare oggettivamente i bisogni e fornire loro soluzioni mirate. Lo ha annunciato il Portavoce del Primo Ministro armeno, Nazeli Baghdasa Ryan, durante la conferenza stampa tenutasi presso il Centro umanitario del governo armeno a Goris.

Ricordiamo che la macchina della menzogna dell’Azerbajgian ha sempre sostenuto che in Artsakh c’erano 20.000, massimo 40.000 Armeni. Adesso, con il censimento che le forze armate azere hanno imposto con l’attacco terroristico del 19-20 settembre, si “conta”. Attendiamo la prossima serie di menzogne sugli Armeni che “volontariamente” siano rimasti in Artsakh, a differenza di quelli che hanno deciso di “volontariamente” abbandonare le loro montagna e i loro vigneti pregiati.

«Ieri sera gli autobus partiti da Yerevan e arrivati in piazza del Risorgimento a Stepanakert, hanno trasportato circa 2.000 sfollati forzati in Armenia. Gli autobus partiranno di nuovo per Stepanakert finché non arriverà in Armenia l’ultima persona da trasferire in Armenia», ha affermato il Portavoce del Primo Ministro della Repubblica di Armenia.

Il comune di Yerevan continua a fornire autobus sotto la sua autorità per trasportare gli sfollati forzati dall’Artsakh all’Armenia. Un altro lotto di autobus è partito oggi da Yerevan per l’Artsakh. «Ricordiamo che i nostri connazionali possono portare con sé anche i propri animali domestici», si legge comunicato.

«Dopo 30 ore di viaggio forzato e di sfollamento, sono a Goris, Armenia. Sicuro. Ho realizzato il mio nuovo status solo quando i volontari hanno aperto la portiera della macchina e ci hanno offerto del cibo. Non so dove dormirò o cosa porterà il domani, ma dopo aver perso la mia patria, so di avere di nuovo una casa» (Siranush Sargsyan, giornalista freelance nel Nagorno-Karabakh assediato).

«Nostri soldati eroici…» (Liana Margaryan, giornalista freelance in Artsakh).

«Non sopporto più questa ingiustizia, mio Dio…» (Liana Margaryan, giornalista freelance in Artsakh).

«Cari colleghi internazionali, sarò a Goris oggi e domani, forse anche di più. Se voi o vostri amici avete bisogno di un fixer/traduttore mentre lavorate con gli Armeni sfollati, contattatemi» (Lilit Shahverdyan, giornalista freelance del Nagorno-Karabakh).

Siamo felici che anche Siranush, Liana e Lilit siano al sicuro. Grazie mille per la loro instancabile informazione dal #ArtsakhBlockade. Con la partenza dei giornalisti dall’Artsakh perdiamo nostri fonti inestimabili su cosa sta succedendo in Artsakh sotto l’occupazione delle forze armate dell’Azerbajgian.

«Grazie Rasmus Canbäck per avermi aspettato tutta la notte e per avermi dato un posto dove dormire. È anche grazie a persone come te se non ho perso la fiducia nell’umanità in generale» (Siranush Sargsyan).

«Oggi ho visto il post di un giornalista Armeno che è fuggito con la forza dalla sua terra natale, l’Artsakh, a causa dell’invasione militare azera in corso. Seguo il suo lavoro coraggioso da anni, quindi gli ho espresso la mia simpatia e il mio sostegno sotto il suo post su Twitter. In risposta, Turchi e Azeri hanno commentato con sarcasmo, diffondendo le loro solite stronzate sottoposte al lavaggio del cervello. Un commento è stato particolarmente sorprendente. Un Azero ha scritto: “Inshallah, verrai rapito, bruciato vivo o decapitato dagli Armeni, così capirai chi hai sostenuto”. Che diavolo è quello? Questo è il livello di demonizzazione a cui sono esposti gli Armeni dall’Azerbajgian. Fin dall’infanzia, agli Azeri viene insegnato a vedere gli Armeni come mostri privi di umanità e che devono essere distrutti. Il loro odio e la disumanizzazione degli Armeni renderebbero geloso persino l’Isis. Solo sanzioni molto severe contro il loro governo potrebbero potenzialmente convincerli a rimettersi in sesto. La società azera è rotta e marcia» (Uzay Bulut).

Altri sequestri azeri. L’agenzia di stampa statale russa TASS riferisce che Levon Mnatsakanyan, ex Comandante dell’esercito di difesa della Repubblica di Artsakh, è stato “catturato” dall’Azerbajgian. Il sequestro è avvenuto al checkpoint illegale presso il ponte Hakari nel Corridoio di Lachin. Il Tenente generale Levon Mnatsakanyan ha ricoperto la carica di Comandante dell’esercito di difesa dal 2015 al 2018. Sequestrato anche l’ex Segretario del Consiglio di Sicurezza Nazionale della Repubblica di Artsakh, Arshavir Gharamyan.

Il World Food Programme delle Nazioni Unite ha allestito unità di stoccaggio mobili vicino al confine con l’Azerbajgian a Goris, nella provincia di Syunik, che servono 2.000 pasti caldi al giorno, raddoppiandoli come deposito per prodotti non alimentari essenziali. WFP si sta preparando ad aumentare rapidamente l’assistenza in tutto l’Armenia secondo necessità.

«Il decreto del Presidente dell’Artsakh sullo scioglimento della Repubblica è illegale e illegittimo:
1. Nessun Presidente ha il potere di sciogliere la Repubblica formata dal popolo con referendum.
2. Quel decreto è stato firmato a seguito della dura aggressione e della minaccia dell’uso della forza da parte dell’Azerbajgian.
È nullo» (Artak Beglaryan, ex Presidente della Repubblica di Artsakh).

Il personale militare dell’esercito di difesa della Repubblica di Artsakh può continuare a prestare servizio nelle forze armate della Repubblica di Armenia. Arman Sargsyan, Viceministro della Difesa della Repubblica di Armenia, ha dichiarato che è altamente auspicabile per l’Armenia di dare assistenza al personale dell’esercito di difesa dell’Artsakh che considera di unirsi al Ministero della Difesa in Armenia. Ha sottolineato che la loro preziosa esperienza e competenza militare fornirebbe vantaggi significativi alle forze armate armene.

Un video pubblicato sui social media azeri che quello che viene segnalato come un veicolo corazzato da trasporto truppe BMP [1] proveniente dal Nagorno-Karabakh in fase di trasporto a Baku, dietro si vede anche una bandiera armena trascinata a terra dietro il rimorchio [2].
[1] Il BMP è un veicolo da combattimento cingolato anfibio sovietico. BMP sta per Boyevaya Mashina Pekhoty (veicolo da combattimento di fanteria). Il BMP è stato il primo veicolo da combattimento di fanteria al mondo prodotto in serie.
[2] A questo non occorre commentare. Il significato è chiaro.

«Dimostrando di non aver imparato nulla dal genocidio attualmente commesso dall’Azerbajgian contro gli Armeni dell’Artsakh/Nagorno-Karabakh, gli Stati Uniti continuano a favorire l’autore del reato con il loro sconsiderato “ambedue le parte” e la loro delirante convinzione che il regime genocida del Presidente azerbajgiano, Ilham Aliyev, può impegnarsi in colloqui o trattative in buona fede. Il genocidio non è una questione di “semplicemente [avere] differenze”. Inoltre, suggerire che gli Stati Uniti non abbiano avuto alcun ruolo nel consentire all’impunità di Aliyev di commettere un genocidio è, nella migliore delle ipotesi, menzognero. L’Istituto Lemkin avverte i leader mondiali che si stanno comportando in modi che li espongono non solo all’accusa di complicità nel genocidio ma anche all’accusa di favoreggiamento del crimine» (Istituto Lemkin per la prevenzione del genocidio).

L’Azerbajgian ha costantemente attaccato l’Armenia in vari modi. Lo ha annunciato, Alen Simonyan alla sessione della Conferenza europea dei Presidenti dei parlamenti degli Stati membri del Consiglio d’Europa a Dublino.
«Con le sue stesse parole, il Presidente dell’Azerbajgian, Ilham Aliyev, ha pensato a quanti impulsi avesse bisogno l’Armenia per comprendere l’essenza del caso. “Le operazioni di frontiera del 2021 e del 2022 non sono bastate”, ha pensato. Ha anche osservato che l’Armenia non sembra aver capito la chiusura del Corridoio di Lachin circa 10 mesi fa, prima fase della sua campagna di pulizia etnica. Il 19 settembre è iniziata la parte successiva. Nonostante la presenza delle forze di mantenimento della pace russe, l’Azerbajgian ha scatenato un altro attacco militare su larga scala contro gli Armeni del Nagorno-Karabakh. Centinaia di persone sono rimaste ferite e uccise e decine di migliaia sono state sfollate con la forza. Rimangono fuori senza cibo, cure mediche e altri mezzi di sopravvivenza. Mentre parlo del programma di pulizia etnica dell’Azerbajgian, continua l’emigrazione di massa di Armeni dal Nagorno Karabakh. È incredibile che oggi, nel XXI secolo, eventi del genere accadano in diversi angoli del mondo. Con le sue azioni che annullano gli sforzi internazionali per stabilire la pace e la stabilità nel Caucaso meridionale, l’Azerbajgian ha messo in dubbio la sua idoneità a far parte del Consiglio d’Europa. Il Consiglio d’Europa dovrebbe partecipare attivamente alla tutela dei diritti umani nei conflitti più complessi», ha sottolineato Simonyan.
Il Presidente dell’Assemblea Nazionale dell’Armenia ha affermato, che la tutela dei diritti di ogni essere umano entro i confini geografici del Consiglio d’Europa, compreso il Nagorno-Karabakh, dovrebbe essere una priorità per il Consiglio d’Europa.

Ministero degli Esteri dell’Azerbajgian
Commento alle accuse mosse da Nikol Pashinyan, Primo Ministro dell’Armenia, durante il suo discorso alla riunione del governo del 28 settembre

«Condanniamo e respingiamo fermamente la dichiarazione di Nikol Pashinyan, Primo Ministro dell’Armenia, datata 28 settembre 2023, sulla presunta “pulizia etnica” dei residenti Armeni della regione del Karabakh in Azerbajgian.
Il Primo Ministro armeno non solo fa marcia indietro rispetto alla sua dichiarazione del 21 settembre secondo cui non esiste alcuna minaccia per gli Armeni locali provenienti dall’Azerbajgian, ma, con questa narrazione allarmante, mira anche a interrompere gli sforzi dell’Azerbajgian nell’assistenza umanitaria e nel processo di reintegrazione e mina possibili prospettive di pace. tra Azerbajgian e Armenia.
La leadership armena non riesce a notare come le istituzioni del governo centrale dell’Azerbajgian abbiano iniziato rapidamente ad attuare le necessarie misure di sostegno umanitario e ad affrontare i bisogni immediati dei residenti Armeni della regione del Karabakh in Azerbajgian.
Il Primo Ministro Pashinyan sa bene che l’attuale partenza degli Armeni residenti dalla regione del Karabakh in Azerbaigian è una loro decisione personale e individuale e non ha nulla a che fare con il trasferimento forzato. Se alcuni segmenti dei residenti Armeni non vogliono vivere e obbedire alla legislazione e al governo dell’Azerbajgian, non possiamo costringerli a farlo. Al contrario, invitiamo gli Armeni a non lasciare i loro luoghi di residenza e a far parte del multietnico Azerbajgian.
Per stabilire la pace e la sicurezza nella regione, l’Armenia deve eliminare gli ostacoli al processo di reintegrazione degli Armeni locali e concentrarsi sulla conclusione positiva del processo negoziale sul trattato di pace basato sull’integrità territoriale e sulla sovranità di entrambi i Paesi».

Oltre alla falsa narrazione dell’Azerbajgian, che è ormai chiara a tutti (anche a coloro che fanno finto di accettarla per interessi inconfessabili), e con cui non intendiamo più perdere tempo perché superfluo, è importante capire perché adesso all’improvviso gli Armeni in Artsakh conquistato servono all’Azerbajgian. Lo spiega Robert Ananyan nell’analisi che segue.

«La deportazione forzata degli Armeni dal Nagorno Karabakh danneggerà anche la Russia e l’Azerbajgian. Penso che quasi nessun Armeno rimarrà nel Nagorno-Karabakh, e c’è lo scenario secondo cui le forze di pace russe presto verranno semplicemente rimosse dal Karabakh.
Gli Armeni, per i quali la Russia è entrata nel Nagorno-Karabakh con la missione di “salvare”, se ne vanno. Se non ci sono Armeni, non c’è oggetto da “salvare”. I Russi non hanno adempiuto ai loro doveri di sicurezza e molto probabilmente, dopo la deportazione totale degli Armeni dall’Artsakh, toccherà a loro essere allontanati.
La necessità che le forze di mantenimento della pace russe rimangano in Karabakh scompare. Non ho dubbi che i Russi verranno allontanati dal Karabakh su richiesta dell’Azerbajgian, oggi o al più tardi nel 2025. Si spera che i Russi scelgano la città di Barda in Azerbajgian, e non il territorio dell’Armenia, come luogo di trasferimento in Russia.
Questa è una conseguenza della politica miope del governo russo. I Russi hanno commesso un errore nel 2020 concordando con la Turchia che l’Azerbajgian iniziasse una guerra contro il Nagorno-Karabakh. Prima dell’attacco all’Ucraina, Putin intendeva rafforzarsi nel Caucaso meridionale e, attraverso il Nagorno-Karabakh, avere per lungo tempo un’altra base militare in questa regione.
Tuttavia, la Russia non è stata in grado né di dichiarare guerra all’Ucraina né di mantenere le sue posizioni nel Caucaso meridionale. La sconfitta e l’allontanamento dei Russi dal Nagorno-Karabakh distruggeranno definitivamente il mito di Putin come grande stratega. Anche la prospettiva della permanenza della Russia in Armenia è a rischio, mentre l’adesione dell’Armenia alla CSTO è in dubbio.
La deportazione forzata totale degli armeni dal Nagorno Karabakh danneggia anche l’Azerbajgian, dal punto di vista dell’attuazione di almeno due piani strategici e prospettici. L’Azerbajgian è privato di due strumenti contro l’Armenia, che intendeva utilizzare in futuro come mezzo di pressione strategico.
Dopo lo spopolamento e l’assorbimento definitivo del Nagorno-Karabakh, l’Azerbajgian non potrà più rivendicare il “Corridoio di Zangezur” dall’Armenia, che in realtà è una manifestazione delle ambizioni territoriali nei confronti dell’Armenia. L’Azerbajgian e la sua alleata Russia hanno chiesto all’Armenia il “Corridoio di Zangezur”. Volevano costruire una strada al di fuori della sovranità e della giurisdizione dell’Armenia nella regione di Syunik, che collegasse l’Azerbajgian [e Russia] con Nakhichevan [e Turchia].
I Russi e gli Azerbajgiani hanno insistito affinché l’Armenia rinunciasse a quel corridoio se voleva che il Corridoio di Lachin funzionasse senza ostacoli. Il Nagorno-Karabakh è attualmente assorbito dall’Azerbaigian, per cui il Corridoio di Lachin cesserà di esistere.
In altre parole, l’Azerbajgian non può più insistere sulla sua falsa narrativa e richiedere il “Corridoio di Zangezur”, paragonandolo al non più esistente Corridoio di Lachin. Dopo l’annessione del Nagorno-Karabakh, l’Azerbajgian e la Russia non possono chiedere all’Armenia il “Corridoio di Zangezur”, il che significa che la Russia non potrà schierare truppe del Servizio di sicurezza federale sul “Corridoio di Zangezur” che collegherebbe l’Azerbajgian [e Russia] a Nakhichevan [e Russia a Turchia].
Non esiste il Nagorno-Karabakh [con Armeni etnici] e il Corridoio di Lachin, quindi non esiste nemmeno il “Corridoio di Zangezur”. Penso che sia possibile per l’Armenia accetta di consentire il traffico dall’Azerbajgian a Nakhichevan secondo la legislazione armena sulle dogane e sui confini. Lo sblocco non può avere una logica di corridoio.
A causa dell’esistenza del Corridoio di Lachin, la richiesta da parte dell’Azerbajgian all’Armenia del “Corridoio di Zangezur” aveva basi false e inventate. Anche l’Azerbajgian sarà privato di queste false basi. Si sbagliavano anche coloro che affermavano che se l’Armenia consentisse al “Corridoio di Zangezur”, il Nagorno-Karabakh [con gli Armeni etnici] e il Corridoio di Lachin” sarebbero stati preservati. Questa deportazione forzata e l’estensione della sovranità dell’Azerbajgian sul Karabakh sarebbero avvenute indipendentemente dal comportamento e dalle azioni dell’Armenia.
A seguito dell’emigrazione forzata degli armeni dal Nagorno-Karabakh, l’Azerbajgian non può chiedere all’Armenia che i residenti Azeri che se ne sono andati negli anni ’90 ritornino a Syunik. Non è possibile farlo, perché presto non ci saranno più Armeni nel Nagorno Karabakh. Alcuni esperti azerbajgiani sono rattristati da questo fatto. La completa espulsione degli Armeni dal Karabakh priva l’Azerbajgian dell’opportunità di affermare la falsa tesi del ritorno degli Azeri a Syunik. Finché ci fossero degli Armeni nel Nagorno-Karabakh e l’Azerbajgian garantirebbe la loro sicurezza e i loro diritti, l’Armenia avrebbe dovuto accettare gli Azeri nel suo territorio e garantire i loro diritti e la loro sicurezza. In altre parole, gli Armeni dell’Artsakh sarebbero diventati degli ostaggi, che l’Azerbaijan avrebbe utilizzato contro l’Armenia.
Penso che pochissimi dei 120.000 Armeni rimarranno nel Nagorno-Karabakh. L’Armenia sta creando tutte le condizioni affinché possano andarsene. Quelle che rimarranno nel Nagorno-Karabakh, lo faranno per una loro scelta. L’Azerbajgian non potrà usare queste persone contro l’Armenia. Quegli Armeni saranno cittadini dell’Azerbajgian e dovranno essere protetti dall’Azerbajgian.
Riassumendo, con lo scioglimento del Nagorno-Karabakh e la deportazione forzata degli Armeni vengono sciolti anche alcuni programmi anti-armeni di Azerbajgian e Russia. Probabilmente non avevano calcolato questo scenario» (Robert Ananyan).

«L’Armenia ha fatto appello alla Russia affinché restituisca circa 400 milioni di dollari pagati a Mosca per le armi mai consegnate. Tuttavia, la Russia si rifiuta di restituire il denaro e di consegnare le armi» (Sossi Tatikyan).

«Data la terribile situazione sociale dell’Armenia, l’Armenia ha fatto appello alla Russia affinché restituisca circa 400 milioni di dollari pagati a Mosca per armi che non sono mai state consegnate. Tuttavia, la parte russa ha rifiutato di restituire i soldi perché i contratti di fornitura di armi non sono ancora stati risolti», ha detto uno dei media associati agli ambienti filogovernativi dell’Armenia.

«La Russia mostra ancora una volta un comportamento ostile nei confronti dell’Armenia, rifiutando di restituire i 400 milioni di dollari che l’Armenia ha pagato per le armi anni fa, prima che iniziasse la guerra russo-ucraina e rifiutando di fornire le armi necessarie all’Armenia.
Credo che il rifiuto della Russia di fornire armi all’Armenia sia una politica specifica che è anche il risultato di un accordo con l’Azerbajgian. Ilham Aliyev si è ripetutamente lamentato pubblicamente degli Stati che vendono armi all’Armenia. Ha detto che non permetterà all’Armenia di avere un esercito. Per raggiungere questo obiettivo, l’Azerbajgian ha lavorato a stretto contatto con la Russia per impedire a quest’ultima di vendere armi all’Armenia.
L’accordo di alleanza firmato da Aliyev e Putin il 22 febbraio 2022 [due giorni prima dell’attacco all’Ucraina] stabilisce che Russia e Azerbajgian non dovrebbero agire contro gli interessi reciproci. La Russia sta effettivamente soddisfacendo questa richiesta rifiutandosi di vendere all’Armenia le armi per le quali ha ricevuto denaro.
Le autorità armene hanno commesso un errore affidandosi esclusivamente alla Russia come fonte di acquisto di armi fino al 2020. Il 95% delle armi armene sono state acquistate dalla Russia. Tuttavia, dopo l’attacco della Russia all’Ucraina, quando è diventato chiaro che la Russia fa affidamento su Paesi come l’Iran e la Corea del Nord per armarsi, è chiaro che l’Armenia ha bisogno di diversificare i propri mercati di acquisto di armi.
Inoltre, l’Occidente ha imposto severe sanzioni alle organizzazioni militari-industriali russe ed è vietata l’importazione di tecnologie occidentali avanzate in Russia. Ciò significa che anche le armi di fabbricazione russa diventeranno non competitive.
A questo proposito, l’Armenia ha scelto l’India come fonte di acquisto di armi. Credo che anche altri Paesi possano diventare partner. C’è un’alta probabilità che l’Armenia non acquisterà più armi su larga scala dalla Russia. Si tratta di una meravigliosa opportunità per liberarsi dalla malsana dipendenza dal mercato russo delle armi.
In generale, ho un motto: “Meno la Russia è coinvolta nella vita dell’Armenia, più saremo sicuri, sovrani e democratici”. Pertanto, la restituzione dei 400 milioni di dollari dovrebbe essere l’ultimo accordo di sicurezza che l’Armenia concluderà con la Russia. Sì, rifiutarsi di restituire i 400 milioni di dollari è un atteggiamento ostile da parte della Russia. Tuttavia, Mosca non dovrebbe dimenticare che ha investimenti statali russi in Armenia. Come compensazione, l’Armenia può, ad esempio, nazionalizzare gli oleodotti di Gazprom Armenia in Armenia. Non vedo grossi problemi nel restituire i 400 milioni di dollari.
Questa situazione dimostra ancora una volta che la Russia rappresenta una minaccia per l’Armenia. Gli USA, l’Unione Europea e gli stati dell’Unione Europea dovrebbero aumentare la fornitura di assistenza specifica per la sicurezza e la difesa all’Armenia.
Russia e Azerbajgian stanno minacciando l’indipendenza dell’Armenia e stanno conducendo una brutale guerra ibrida. L’Occidente è obbligato a fornire un sostegno militare concreto all’Armenia affinché il nostro Paese possa mantenere la propria indipendenza, sovranità e la prospettiva di un futuro democratico» (Robert Ananyan).

Indice – #ArtsakhBlockade [QUI]

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