289° giorno del #ArtsakhBlockade. Cronaca dal campo di concentramento della soluzione finale di Aliyev in Artsakh. 7° giorno della resa dopo l’attacco terroristico azero. Esodo di massa dall’Artsakh verso l’Armenia

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[Korazym.org/Blog dell’Editore, 26.09.2023 – Vik van Brantegem]Cercare di monitorare e raccontare quotidianamente tutto quello che sta succedendo nel Caucaso meridionale, dal 27 settembre 2020, pensiamo sia importante, ma non abbiamo mai nutrito vane speranze che arrivino a salvare gli Armeni. È semplicemente nostro dovere mostrare cosa sta succedendo lì, sul campo, mentre succede, contro un popolo (che è pure cristiano). Nel nome della verità e della giustizia. Per restare umani. Restiamo convinti che la storia non la fanno i cattivi. Non ha ragione Hegel, il male non è reale come parte necessaria del cammino storico. Ciò che è disumano alla fine è ingoiato dal nulla.

La verità è la via verso la libertà.
La manipolazione è mancanza di rispetto.
L’amore è più forte dell’odio.
Il male può essere sconfitto.

Il destino del popolo e della Repubblica di Artsakh
rimarrà nella storia
come una vergogna per l’intero mondo civilizzato.


«Se perdiamo l’Artsakh,
allora voltiamo l’ultima pagina della nostra storia»
(Monte Melkonian).
Rinunciare all’Artsakh non porterà la pace per Armenia.

++++ AGGIORNAMENTO ORE 23.00 ++++

Alle ore 16.00 19.000 sfollati forzati erano entrati in Armenia dall’Artsakh.

Alle ore 20.00 il governo armeno ha registrato ufficialmente 28.120 sfollati sforzati in arrivo dall’Artsakh. In solo 2 giorni.

L’Azerbajgian ha promesso di ospitare una missione di monitoraggio internazionale in Artsakh. Il Segretario di Stato americano, Anthony Blinken, ha avuto nuovamente una conversazione telefonica con il Presidente dell’Azerbajgian, Ilham Aliyev, sottolineando l’inammissibilità di ulteriori violenze.

“Il Presidente Aliyev ha annunciato che non ci saranno nuove operazioni militari. Gli Stati Uniti si aspettano che mantenga la parola data. Aliyev ha anche annunciato che accetterà una missione di monitoraggio internazionale. Ci aspettiamo che mantenga la parola anche su questo”, ha affermato il Portavoce del Dipartimento di Stato americano, Matthew Miller.

Se la comunità internazionale avesse stabilito una presenza minima e migliorato le condizioni di vita nell’Artsakh, e se avesse intrapreso azioni concrete oltre a lanciare appelli contro Aliyev, non avremmo migliaia di Armeni senzatetto di fronte a questa catastrofe ora.

Gli Stati Uniti hanno aspettato lo sfollamento della maggior parte degli Armeni dell’Artsakh per fare pressione sull’Azerbajgian affinché accettasse l’istituzione di una presenza internazionale necessaria per impedirlo? Ora è troppo tardi e pare ancora più doloroso.

«Oltre il 30% della popolazione del Nagorno-Karabakh è già fuggita dalla sua antica terra a causa dell’aggressione, dell’odio e delle minacce dell’Azerbajgian. Altri sono in viaggio o si preparano a fare lo stesso. Credo che più del 90% fuggirà. È questo ciò che il mondo prometteva: “Diritti e sicurezza”? (Artak Beglaryan, ex Ministro di Stato della Repubblica di Artsakh).

Quindi, Aliyev avrebbe confermato che non ci saranno “nuove operazioni militari”, anche se questo sembra riferirsi al Nagorno-Karabakh e non necessariamente all’Armenia. Nel contempo, i media turche/azeri enfatizzano le minacce lanciate ieri da Erdoğan contro l’Armenia riguardo al cosiddetto “Corridoio di Zangezur”. Ricordiamo che nel 2019 Erdoğan lanciava minacce simili e regolari di invadere la Siria nordorientale. Gli Stati Uniti hanno “cooperato” con la Turchia, suo alleato della NATO, e hanno convinto le SDF – partner degli Stati Uniti in Siria – a rimuovere le sue armi pesanti e le sue fortificazioni dalle aree vicino al confine turco. Poi, gli Stati Uniti sono rimasti a guardare mentre la Turchia lanciava una massiccia incursione, occupando infine Ras al-Ain e Tel Abyad. La Turchia tende a mantenere le sue minacce (come anche l’Azerbajgian) e gli Stati Uniti tendono a non mantenere le loro promesse e assicurazioni.

Intanto, Parigi ha inviato un addetto militare a Yerevan e prevede di aprire un Consolato a Syunik in segno di sostegno all’integrità territoriale dell’Armenia, ha annunciato il Ministro degli Esteri francese, Catherine Colonna.

All’inizio di giugno di quest’anno, il Deputato Anne-Laurence Petel, Presidente del gruppo di amicizia Francia-Armenia dell’Assemblea Nazionale, e il Senatore Gilbert-Luc Devinaz, Presidente del gruppo di amicizia Francia-Armenia del Senato, hanno affermato che la Francia dovrebbe aprire un Consolato a Kapan o Goris, come hanno fatto altri Paesi. L’apertura di un consolato sarebbe una mossa forte a beneficio della stabilità regionale e fungerà da prezioso avamposto in termini di sviluppo della cooperazione tra Francia e Armenia.

“Mentre lo squilibrio militare cresce ogni giorno a favore dell’Azerbajgian, una nuova possibile aggressione da parte dell’Azerbaigian potrebbe avere conseguenze disastrose. L’Armenia ha pochi alleati per resistere a questa minaccia. Tra questi, la Francia è il Paese che più si impegna a garantire l’integrità territoriale dell’Armenia e la sicurezza della popolazione armena”, hanno aggiunto i legislatori francesi.

È importante ricordare, come abbiamo riferito a suo tempo, che l’anno scorso è stato aperto un consolato iraniano a Syunik,

Alle ore 22.00 locali di oggi, 68 morti in seguito all’esplosione nel deposito di carburante vicino a Stepanakert sono stati confermati dall’ufficio di medicina forense di Stepanakert (le identità di 21 sono già state accertate, il resto no).
Il numero dei feriti ha raggiunto quota 290, di cui 168 sono stati trasportati oggi negli istituti sanitari armeni: 96 pazienti con gli elicotteri della Repubblica di Armenia e dalle forze di mantenimento della pace russe, 72 pazienti dalle ambulanze accompagnate dal Comitato Internazionale della Croce Rossa.
Secondo i dati ricevuti dalle chiamate al Centri d’informazione, il numero dei cittadini scomparsi a seguito dell’esplosione ammonta a 105. La raccolta dati continua.

«Dopo dieci mesi. Dobbiamo molto a Marut Vanyan per il suo reportage. Grazie» (Rasmus Canbäck).

Stato delle infrastrutture critiche dell’Artsakh:
– Elettricità: ripristinata dal 24 settembre
– Gas: interrotto dal 21 marzo
– Cavo in fibra ottica: interrotto dal 19 settembre
– Acqua: interruzioni regolari, assenza d’acqua in una parte di Stepanakert

Dopo mesi che insistiamo sulla legge 185/1990, ora si sveglia almeno l’opposizione.
Pd a Crosetto, Italia ha fornito apparati militari ad Azerbaijan? (ANSA) – ROMA, 26 SET – “È vero, come riferiscono fonti di stampa, che le industrie italiane hanno fornito apparati militari all’Azerbajgian, Paese da anni coinvolto in operazioni militari nei territori armeni del Nagorno-Karabakh? Il ministro della Difesa non ritiene che, se confermata, questa vendita sia in violazione della legge 185 del 1990, che vieta forniture militari a Paesi in conflitto o responsabili di gravi violazioni dei diritti umani, e non ritiene che questo concorra a mantenere aperto un conflitto che ha causato centinaia di vittime e migliaia di sfollati? Con quali iniziative l’Italia intende concorrere ad un blocco delle operazioni militari a favore dell’attivazione di negoziati per la pace e la stabilità della regione?”. Sono le domande contenute nell’interrogazione rivolta al Ministro della Difesa, Guido Crosetto, che ha come primo firmatario il deputato democratico e Vicepresidente della commissione Difesa, Piero Fassino, ed è stata sottoscritta anche dai deputati dem, Stefano Graziano, Andrea De Maria e Giuseppe Provenzano. (ANSA).
Azerbaigian: Pellegrini (M5S), Crosetto spieghi forniture militari = (AGI) – Roma, 26 set. – “Ho presentato un’interrogazione parlamentare al Ministro della Difesa Crosetto per chiedergli conto delle notizie che parlano di negoziati per forniture militari all’Azerbajgian. Nonostante la cessazione delle ostilità a seguito della sconfitta dei separatisti [*] Armeni del Nagorno-Karabakh da parte delle truppe governative azere, negoziati tra le parti sono in corso ma non è ancora stato firmato un trattato di pace. Ne deriva che l’Azerbaigian è ancora in stato di conflitto. Questo, oltre alle violazioni dei diritti umani commesse da Baku con il blocco umanitario imposto per quasi un anno alla popolazione armena dell’enclave che oggi sta fuggendo per timore di una pulizia etnica, ci porta a chiedere alla Difesa se non consideri le forniture militari oggetto di trattative tra Roma e Baku contrarie alla legge italiana 185 del 1990 che vieta la vendita di armi a Paesi in stato di conflitto o responsabili di gravi violazioni di diritti umani”. Lo dichiara il deputato Marco Pellegrini, Capogruppo del Movimento 5 Stelle nella Commissione Difesa di Montecitorio, primo firmatario dell’interrogazione. (AGI)
[*] Stiamo osservando già a ripetizione da tre anni, che il termine “separatisti” per l’Artsakh è improprio. Siamo stanco a stare a ripetere per chi non intende informarsi, prima di scrivere.

++++ AGGIORNAMENTO ORE 15.30 ++++

La classica risposta azera a coloro che si impegnano di ritenere l’Azerbajgian responsabile della pulizia etnica che sta commettendo in Artsakh: «Potete combattere chiunque o qualsiasi cosa volete per il resto della vostra vita, ma il risultato rimarrà invariato. Perseverare nel diffondere e coltivare l’animosità ed elevarla a obiettivo principale della vostra esistenza non farà altro che esacerbare la vostra situazione, come mostra la storia».
La comunità internazionale è complice nell’incoraggiare tale legittimazione dell’uso della forza, dell’aggressione militare e della pulizia etnica.

«Cari Armeni, crescere in Azerbaigian come Talysh mi ha insegnato molto. Cercheranno di convincervi che siete impotenti, che nessuno vi aiuterà e che rimarrete solo per sempre. Cercheranno di creare in voi una profonda disperazione. Ricordate una cosa: se loro hanno soldi, noi abbiamo la verità. E la verità è che non abbiamo mai e poi mai scelto di essere schiavi di regimi malvagi. Perché siamo figli della Libertà! Siamo figlie della Libertà! Non mi interessa cosa vogliono la Turchia, la Russia e Israele. Non mi interessa quanto siano potenti. So solo una cosa: il loro potere non è maggiore della nostra verità e fede» (Rahim Shaliyev).

«Aliyev invita gli Armeni a restare e vivere come gli Azeri. Vorrei anch’io che accettassero la cittadinanza azera. Sono assolutamente sicuro che il contributo degli Armeni sarebbe enormemente vantaggioso per la vita politica, economica e culturale dell’Azerbajgian. Tuttavia, la riluttanza a vivere come gli Azeri è proprio uno dei motivi principali per cui è iniziato il movimento separatista armeno nel Nagorno-Karabakh [1].
Durante la tarda epoca sovietica, l’Armenia era un luogo relativamente prospero e più libero dell’Azerbajgian governato da Heydar Aliyev. Quindi, gli Armeni del Karabakh volevano vivere come gli abitanti di Yerevan, non come gli Azeri.
E l’attuale sistema politico in Azerbajgian non è migliore. Penso che la vita sotto una dittatura radicata e corrotta possa essere tutt’altro che attraente per le persone che hanno vissuto in una società relativamente libera negli ultimi trent’anni.
Non c’è dubbio che, se gli Armeni rispondessero positivamente a questo appello, anche all’interno dell’Azerbajgian vivrebbero una vita migliore rispetto alla stragrande maggioranza degli Azeri, anche per il fatto che Ilham Aliyev dovrà trattarli diversamente, almeno all’inizio [2]. Tuttavia, sarebbe comunque una vita scoraggiante sotto una dittatura estremamente corrotta.
Inoltre, in senso economico, la vita in Azerbajgian non è molto migliore che in Armenia. Sì, l’Azerbajgian è un Paese ricco di petrolio. Tuttavia, tutto nel Paese appartiene alla famiglia regnante. I membri della famiglia regnante e il loro entourage beneficiano della ricchezza petrolifera, mentre il benessere sociale del resto degli Azeri non è affatto migliore delle condizioni sociali della popolazione in Armenia. Se chiedi ai giovani Azeri quali sono i loro progetti futuri, molti risponderanno che stanno cercando i modi per lasciare il Paese» (Altay Göyüşov).
Un tentativo lodevole da parte di questo studioso azero di pubblicare una visione equilibrata sulla questione. Due osservazioni:
[1] L’uso del termine “separatisti” è errato. Gli Armeni dell’Artsakh sono originari di quelle terre e risiedono lì da secoli, il che spiega perfettamente perché gli Azeri sono ossessionati della demolizione perpetua di qualsiasi prova culturale della loro presenza lì.
[2] Aliyev non tratterebbe bene gli Armeni “reintegrati”, né ora né mai).

Yusif Allahverdiyev, volontario della Mezzaluna Rossa azera (ed ex “eco-attivista” del corridoio Lachin), senza vergogna scrive sui social media: «I cittadini Armeni vengono mandati via pacificamente e con calma con le loro famiglie, il che dimostra quanto siamo una nazione gentile e amante della pace». Soprattutto, che ha tranquillamente affamato e con calma ha sparato e bombardato i cittadini armeni.

Il video.

«Pulizia etnica del XXI secolo» (Liana Margaryan, giornalista freelance).

«Ci sono molti conflitti, ma spesso sono solo quelli che coinvolgono dei dittatori che portano allo sterminio, alla pulizia etnica e alla deportazione. 120.000 Armeni sono costretti a lasciare la loro patria, un territorio che appartiene al popolo armeno da 3.000 anni» (Tatevik Hayrapetyan, ex Deputato dell’Assemblea Nazionale della Repubblica di Armenia).

«Questo è un classico SPOSTAMENTO FORZATO e PULIZIA ETNICA. NON si tratta di un’evacuazione NÉ di un esodo volontario. Abbastanza per insabbiarlo, diventando così complice di questo crimine contro l’umanità» (Sossi Tatikyan).

«Strano che i Cristiani Armeni fuggano in massa per non finire nelle fosse Ardeatine del Caucaso. I nostri fornitori di gas sono così civili e democratici» (Giulio Meotti).

La coda delle macchine dell’esodo di massa degli Armeni che lasciano lasciano l’Artsakh per l’Armenia, si snoda da Stepanakert fino al checkpoint illegale dell’Azerbajgian nel Corridoio di Berdzor (Lachin) presso il ponte Hakari, sul confine con l’Armenia. Una distanza di 100 km con un tempo di percorrenza normalmente di 2 ore, che adesso richiede 20 ore e anche di più. Le persone hanno iniziato a usare le loro auto come rifugio. Potete immaginare cosa significa, con i bambini più colpiti, con poco cibo, dopo 9 mesi di blocco.

Le auto vengono fermate, poiché i veicoli vengono controllati uno per uno dai funzionari della “dogana” azera. L’agenzia AFP: «Baku cerca sospettati “criminale di guerra” tra i rifugiati (fonte governativa)».

Circolano video degli organi di stampa statali azeri. in cui viene dimostrato come la polizia azera accompagnata dalle forze di mantenimento della pace russe, distribuiscono botiglietti d’acqua alle auto in coda. Che straordinaria dimostrazione di umanità da parte dell’Azerbajgian, dopo aver fatto morire di fame la popolazione dell’Artsakh per 9 mesi e poi bombardarla senza pietà. È così comodo che ci siano sempre almeno tre telecamere che coprono ciascuno di questi gesti autentici.

Invece, «su Internet circola un video su come dei terroristi “umanisti” Azeri aiutano un’anziana donna armena spaventata. Per favore condividete questo video in cui la donna è ancora viva. Attraverso questo video si comprende meglio l’integrazione con i terroristi “amanti della pace”» (Liana Margaryan).

Migliaia di sfollati stanno aspettando ancora a Stepanakert di essere evacuati in Armenia. Molti di loro semplicemente non hanno un posto dove stare, quindi devono aspettare il loro turno per le strade di Stepanakert.

Il Centro d’informazione dell’Artsakh comunica: «Sarà fornito il trasporto in autobus per i cittadini dell’Artsakh che non dispongono di veicoli personali. I cittadini interessati che desiderano evacuare in Armenia ma non dispongono di mezzi di trasporto propri possono visitare l’Hotel Armenia a Stepanakert (vicino a piazza Rinascimento) a partire dalle 16.00 del 26 settembre per registrarsi. Al momento, il nostro obiettivo principale è trasferire rapidamente i feriti alle strutture mediche della Repubblica di Armenia».

«C’è un notevole bisogno di volontari. La gente muore di fame e mancano fornai e aiutanti. Per favore aiutateci venendo al primo piano dell’edificio governativo e condividendo questo messaggio nei gruppi Facebook di Artsakh. Grazie» (Siranush Sargsyan).

Siranush Sargsyan è una persona forte. Continua a svolgere il suo eroico lavoro nelle circostanze più difficili, e riferire sulla terribile situazione nell’Artsakh, come ha fatto per più di 9 mesi. E come abbiamo costantemente riportato. C’è bisogno di aiuto umanitario, di una vera assistenza internazionale.

Gli Stati Uniti ritengono che dovrebbe esserci una missione internazionale per fornire trasparenza, rassicurazione e fiducia ai residenti del Nagorno-Karabakh, ha detto il Portavoce del Dipartimento di Stato americano, Matthew Miller, in una conferenza stampa.
«Crediamo che dovrebbe esserci una missione internazionale per fornire trasparenza, rassicurazione e fiducia ai residenti del Nagorno-Karabakh e alla comunità internazionale, che i diritti e la sicurezza – i loro diritti e la sicurezza saranno protetti in linea con le dichiarazioni pubbliche che l’Azerbajgian ha fatto», ha detto Miller quando gli è stato chiesto di commentare le richieste dell’Armenia per una presenza internazionale in Nagorno-Karabakh. Ha aggiunto: «Ci sono state discussioni attive a riguardo. Non ho alcuna lettura di quelle discussioni, ma – lo sappiamo – che abbiamo richiesto tale missione da tempo e stiamo lavorando con i nostri alleati e partner per garantirne una».

Abbiamo sostenuto dal 27 settembre 2020 una missione internazionale di mantenimento della pace nella Repubblica di Artsakh. Sossi Tatikyan ha scritto 20 articoli e ha avuto centinaia di discussioni con diplomatici e funzionari degli USA, dell’Unione Europea e delle Nazioni Unite. Solo questo avrebbe potuto garantire la sicurezza e i diritti umani degli Armeni in Artsakh. Adesso arrivano questi, come al solito in ritardo.

Alla richiesta di commentare i legami Armenia-Russia, in particolare l’insoddisfazione del Primo Ministro armeno per l’adempimento da parte della Russia dei suoi obblighi come alleato, Miller ha affondato: «Penso che la Russia abbia dimostrato di non essere un partner di sicurezza su cui si può fare affidamento».

Miller ha attribuito importanza al raggiungimento di un accordo di pace tra Armenia e Azerbajgian: «Ciò che riteniamo importante è che Armenia e Azerbajgian raggiungano un accordo di pace duraturo. È qualcosa su cui insistiamo da tempo, da tempo. È qualcosa che abbiamo detto pubblicamente e che credevamo sarebbe stato possibile se entrambe le parti fossero state disposte a scendere a compromessi difficili. Ovviamente, non abbiamo visto ciò accadere negli ultimi mesi. Noto che il Presidente Aliyev e il Primo Ministro Pashinyan hanno annunciato che si incontreranno la prossima settimana. Pensiamo che sia importante che si incontrino e alla fine colmino il divario tra i loro due Paesi”, ha aggiunto Miller quando gli è stato chiesto se gli Stati Uniti ritengono che l’integrità territoriale dell’Armenia sia in pericolo, dato che il Segretario Blinken ha parlato con il Primo Ministro Pashinyan durante il fine settimana e ha riaffermato il sostegno degli Stati Uniti all’Armenia. integrità territoriale.

Certo, ma per fare pace tra due parti, ambedue le parti devono volerlo, e qui c’è solo l’Armenia che vuole la pace, mentre l’Azerbajgian vuole l’Artsakh e l’Armenia. Lo abbiamo ripetuto innumerevoli volte. L’Azerbajgian ha preso l’Artsakh con la forza e adesso si prepara al prossimo passo.

Thomas de Waal ha scritto per Carnegie Europe sulla decisione dell’Azerbajgian di usare la forza militare, mentre l’Unione Europea cercava attivamente di mediare in Artsakh, segna una rottura decisiva nelle relazioni Bussel-Baku. Lanciando un’offensiva militare nel Nagorno Karabakh, il Presidente Aliyev ha perso la fiducia degli Europei. Lo status dell’Azerbajgian come snodo dei trasporti non può essere un motivo per cui l’Unione Europea si attenga a Baku. Gli eventi dell’ultima settimana stanno innescando un dibattito sulla necessità di un profondo ripristino della politica europea nei confronti dell’Azerbajgian. Riguarda il Karabakh, ma è ancora più grande di questo.

L’Unione Europea e l’Azerbajgian: è ora di parlare duro
di Thomas de Waal
Carnegie Europe, 26 settembre 2023

(Nostra traduzione italiana dall’inglese)

Il 19 settembre, l’Azerbajgian ha utilizzato la forza militare per riconquistare il territorio popolato dagli Armeni del Nagorno-Karabakh, attraversando una linea rossa tracciata sia dall’Unione Europea che dagli Stati Uniti.
Le conseguenze sono catastrofiche. Le eventuali vittime saranno centinaia. Temendo per il loro futuro, migliaia di Armeni del Karabakh stanno ora compiendo un tragico esodo di massa dalla loro patria verso l’Armenia.
Molti a Brussel e Washington si sentono scioccati e traditi dall’uso della forza da parte dell’Azerbajgian. Fino all’ultimo minuto, il Presidente azerbajgiano Ilham Aliyev avrebbe assicurato agli interlocutori di alto livello – tra cui il Presidente del Consiglio Europeo, Charles Michel, e il Segretario di Stato americano, Antony Blinken –, che non avrebbe lanciato un’operazione militare.
Alle Nazioni Unite, il Ministro degli Esteri tedesco, Annalena Baerbock, lo ha detto molto chiaramente: “Baku ha infranto le sue ripetute assicurazioni di astenersi dall’uso della forza, causando enormi sofferenze a una popolazione già in gravi difficoltà”. (…)
Quindi non può essere tutto normale. La questione dei diritti umani è ora cruciale. Baku afferma di avere il pieno controllo della regione e che gli Armeni rimasti non hanno nulla da temere. Eppure non è così che si combattono i conflitti etnici aspramente contestati quando gruppi armati vengono inviati in aree civili. Ci sono molte segnalazioni di abusi da parte di soldati azeri provenienti da fonti armene.
Avendo finora rifiutato i tentativi di inviare una missione internazionale di monitoraggio nella regione, Baku ha una grande responsabilità qui. Non è così facile nascondere i crimini di guerra nell’era digitale. Se le atrocità nella guerra scelta da Baku fossero confermate o i rimanenti in Karabakh subissero abusi, si dovrebbero chiedere procedimenti giudiziari contro gli autori degli abusi coinvolti presso la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo.
Anche le implicazioni geopolitiche di ciò sono significative.
Il fatto che gli attori occidentali siano stati colti di sorpresa rafforza la supposizione che Aliyev abbia autorizzato in anticipo il suo attacco militare a Mosca – che poi non è riuscita a condannare Baku – e si stia avvicinando sempre di più alla Russia. Ciò è tanto più rilevante in quanto il prossimo grande problema è il percorso di trasporto pianificato attraverso l’Armenia fino all’exclave Nakhchivan di Azerbajgian. Russia, Azerbajgian e Turchia hanno tutti un interesse comune nell’imporre la propria versione di quello che gli ultimi due chiamano il Corridoio di Zangezur con il minor controllo armeno possibile sul percorso, e magari con la forza. (…)
Quando fu richiesta l’abilità politica, il Presidente Aliyev rimase aggressivo. Nel maggio di quest’anno ha tenuto un discorso bellicoso in cui ha detto agli Armeni che avrebbero dovuto “piegare il collo” in segno di sconfitta o affrontare conseguenze peggiori. (…)
Il principale argomento di vendita di Baku in Occidente riguarda gli affari e la geografia: il suo status di unico paese situato tra Russia e Iran con petrolio e gas e infrastrutture di trasporto est-ovest come collegamento nel cosiddetto Corridoio Centrale. Nelle capitali occidentali ciò ha spesso prodotto un effetto silo. Una parte dell’establishment – nel caso di Brussel, Michel e il Servizio europeo per l’azione esterna – premerebbe per la pacificazione e la risoluzione del conflitto con l’Armenia. Un altro – la Commissione Europea a Brussel – terrà colloqui con Baku su progetti energetici e di trasporto.
Con un mal concepito atto di diplomazia pubblica nel luglio 2022, il Presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen si è recata a Baku, ha stretto un accordo con il “partner” dell’Unione Europea, l’Azerbajgian, per fornire volumi aggiuntivi di gas all’Unione Europea, e non ha nemmeno menzionato le parole “conflitto”, “pace” o “Armenia” in pubblico. (…)

++++ AGGIORNAMENTO ORE 11.30 ++++

La bella notizia di questa mattina, in mezzo alla tragedia della pulizia etnica in Artsakh, è che il giornalista freelance di Stepanakert, Marut Vanyan, è arrivato sano e salvo in Armenia. Deo Gratias. La foto di copertina è tratta da un video suo: il fiume di macchina nel Corridoio di Berdzor (Lachin) questa mattina. Siamo molto felice per Marut, anche se perdiamo una fonte inestimabile – da 9 mesi – su cosa sta succedendo in Artsakh oggi.

Marut Vanyan, giornalista freelance, da oggi non più con sede in Karabakh/Artsakh – Email:

Ore 04.46 – «Arrivato a Goris. Sono stato per 20 ore in questo fiume di auto…».

Ore 07.32 – «Non so cosa dire… Tutto il Karabakh/Artsakh è a Goris… Tra un’ora andrò a Yerevan….».

Ore 07.45 – «Tra quelli che ho visto ieri in autostrada (vicino al ponte Hakari), tanti vedo qui all’ospedale di Goris…».

Ore 07.52 – «Ieri l’ambulanza è rimasta bloccata nel traffico vicino a Hakari. “Di loro non resta che cenere”. Abbiamo ricevuto una chiamata da Stepanakert. Molti ragazzi che conoscevo… Diavolo… ».

Ore 08.02 – «Solo un fiume di macchine… da Stepanakert al ponte Hakari… Abbiamo fatto due metri, aspettato due ore… Abbiate pazienza, quelli che non sono ancora arrivati… ».

Questa mattina la fornitura di elettricità all’Artsakh è stata nuovamente interrotta.

A Stepanakert, scene di evacuazione di massa della gente del posto. Grave carenza di carburante, molti abitanti non riescono a procurarsene (o abbastanza) per andarsene. Anche così, ci vogliono quasi 24 ore un giorno per uscire attraverso il Corridoio di Berdzor (Lachin) a causa dell’ingorgo lungo tutto il tragitto.

Il Centro d’informazione dell’Artsakh sconsiglia vivamente di viaggiare all’Armenia utilizzando veicoli privati in questo momento. Questa raccomandazione tiene conto della necessità di assistenza medica d’emergenza per i feriti attraverso la strada Stepanakert-Goris lungo il Corridoio di Berdzor (Lacin), così come per le persone rimaste ferite nell’esplosione del deposito di carburante il 25 settembre.

Il Centro d’informazione dell’Artsakh comunica che i cittadini che desiderano trasferirsi nella Repubblica di Armenia ma che sono sprovvisti di mezzi di trasporto propri avranno la possibilità di registrarsi e nei prossimi giorni verranno trasportati con autobus.

«DOGANA».

Verso le ore 08.30, le autorità dell’Azerbajgian hanno riferito che stavano creando le condizioni per l’esodo senza ostacoli degli Armeni dell’Artsakh attraverso il checkpoint illegale nel Corridoio di Lachin presso il ponte Hakari, nel tentativo di accelerare il processo. In molti casi i veicoli vengono perquisiti uno per uno, mantenendo il traffico per circa 15 ore o più.

Lo ha riferito l’agenza di stampa statale dell’Azerbajgian APA: «Si stanno creando le condizioni per il libero passaggio delle persone di origine Armena che lasciano il Karabakh e si dirigono verso l’Armenia attraverso il valico di frontiera di Lachin. Si osserva congestione nella zona. A causa del gran numero di Armeni che hanno lasciato il Karabakh e si sono recati in Armenia, il checkpoint Lachin opera in una modalità operativa potenziata. La migrazione degli armeni è continuata per tutta la notte. La maggior parte degli Armeni si reca in Armenia con la propria auto privata. A causa del gran numero di armeni che hanno lasciato il Karabakh, si osserva congestione anche nel territorio dell’Armenia».

Intorno alle ore 10.00 è atterrato a Sisia il primo elicottero inviato dall’Armenia con a bordo feriti nell’esplosione del deposito di carburante sulla strada Stepanakert-Askeran di ieri. Da lì sono stati trasferiti ai centri medici di Yerevan.

Il Ministero della Sanità dell’Armenia ha informato che elicotteri di emergenza sono stati inviati dall’Armenia con professionisti medici e risorse per trasportare i pazienti gravemente ustionati nell’esplosione.

Sfortunatamente, 7 persone hanno perso la vita a causa della carenza di risorse mediche nell’Artsakh. Molti risultano ancora dispersi. 13 persone hanno perso la vita e sono bruciate in modo irriconoscibile, con altre 290 persone che necessitano di cure mediche. Nelle ore successive all’esplosione, i medici dell’Artsakh hanno richiesto urgentemente il trasporto aereo di emergenza per i feriti a causa della mancanza di risorse, creata del blocco dell’Artsakh da parte dell’Azerbaigian da più di 9 mesi.

Il governo dell’Armenia aveva garantito che erano state prese tutte le misure possibili per organizzare il trasporto via aerea e via terra delle persone colpite dall’esplosione. Tuttavia, il Ministero della Salute aveva affermato che la notte e le cattive condizioni meteorologiche rendevano impossibile il trasporto prima del mattino.

Gli specialisti armeni sono in costante contatto con le autorità di Stepanakert, fornendo supporto consultativo nell’organizzazione dell’assistenza medica per le vittime.

Secondo il Difensore dei Diritti Umani dell’Artsakh, il numero dei feriti supera i 200. Le condizioni di salute della maggioranza sono gravi o estremamente gravi e le strutture mediche del Nagorno-Karabakh non sono sufficienti per salvare la vita delle persone, ha affermato Gegham Stepanyan. Ha aggiunto che sul posto stanno lavorando gruppi di soccorso e operatori sanitari, ma ha sottolineato che l’assistenza medica viene fornita ai feriti, ma non è sufficiente date le limitate risorse.

Baku ha riferito che forniture mediche sono state inviate a Stepanakert per aiutare le vittime dell’esplosione. Secondo l’agenzia statale dell’Azerbajgian APA, sul posto è stata inviata un’ambulanza carica di forniture mediche. L’unica soluzione per salvare la vita degli ustionati in modo gravissimo, era che l’Azerbajgian consentisse il trasporto aereo dei feriti in Armenia.

Verso le ore 11.30, 30-40 ambulanze armene, sotto scorta del Comitato Internazionale della Croce Rossa, sono passato per Kornidzor andando verso l’Artsakh.

Gli abitanti della città di Martuni nell’Artsakh hanno rimosso il monumento all’eroe nazionale Monte Melkonian, per portare la statua in Armenia, affinché gli Azeri non la profanano. Oggi, le città di Martuni e Martakert, totalmente evacuate, sono sotto il controllo delle forze armate dell’Azerbajgian.

Ricordiamo quanto abbiamo scritto il 23 maggio 2023:

È ora più importante che mai ricordare le parole di Monte Melkonian, il comandante della guerra d’indipendenza dell’Artsakh [*]: «Se perdiamo l’Artsakh, allora voltiamo l’ultima pagina della nostra storia». Non dire dopo: «Non lo sapevamo». Più volte l’autocrate dell’Azerbajgian, Ilham Aliyev, ha confermato la verità delle parole di Melkonian: «L’Armenia di oggi è la nostra terra. Quando l’ho detto ripetutamente prima, hanno cercato di obiettare e affermare che ho rivendicazioni territoriali. Lo dico come un fatto storico. Parallelamente a questo, dobbiamo sviluppare congiuntamente il concetto di ritorno nell’Azerbaigian occidentale [=l’Armenia di oggi]. Ora che il conflitto del Karabakh è stato risolto, questo è il tema della nostra agenda» [QUI].

[*] Potete leggere su di lui un articolo della sua vedova, Seta Kabranian-Melkonian, che abbiamo riportato [QUI]: «Monte si è unito alla lotta per il Nagorno-Karabakh, l’Artsakh armeno dei tempi antichi. Fin dai suoi primi vent’anni, era stato determinato ad aiutare a ripristinare i diritti del suo popolo a vivere nelle loro terre ancestrali. Nel processo, è stato associato sia agli eroi che ai cattivi dell’epoca. Fu anche il primo a denunciare pubblicamente i cattivi e a prendere le distanze da loro. Monte rappresentava tutti gli oppressi e credeva nel diritto di combattere, che è il titolo di un libro di suoi saggi, pubblicato nel 1993».

Rinunciare all’Artsakh e metterlo nelle mani dei sanguinari autocrati dell’Azerbajgian e della Turchia non porterà la pace per Armenia. I prossimi Aliyev ed Erdoğan, se non già loro stessi, cancelleranno la stessa Armenia dopo aver conquistato l’Artsakh.

«Nell’exclave di Azerbajgian Nakhichevan è stata ricevuta un’importante delegazione turca: tra gli altri, il Presidente della Turchia, Erdogan, i Ministri della Difesa, degli Esteri, dei Trasporti e del Commercio della Turchia. Grandi cambiamenti geopolitici in attesa nel Caucaso meridionale, discussioni sulle rotte est-ovest. I leader dell’Azerbaigian e della Turchia hanno inaugurato un nuovo impianto di produzione militare nell’exclave per modernizzare l’hardware e gli armamenti militari» (Nagorno Karabakh Observer).

«La Russia ha aumentato il livello di isteria contro l’Armenia, accompagnato da una retorica antioccidentale. Il Ministro degli Interni russo, Vladimir Kolokoltsev, è atterrato a Yerevan. Durante l’incontro con il Primo Ministro Nikol Pashinyan, ha affermato quanto segue: “L’Occidente vuole sfruttare la situazione creatasi attorno all’Ucraina per spingere la Russia fuori dal Caucaso meridionale e far crollare le relazioni russo-armene. Gli Stati Uniti e l’Unione Europea offrono le proprie ‘ricette’. Questo stato di cose mina la nostra unione. Gli Americani perseguono i propri interessi, non sono interessati agli Armeni e all’Armenia”.
Negli ultimi tempi, pensieri simili provenienti da Mosca si sono sentiti abbastanza spesso in Armenia. Il Ministro russo ha falsificato fin dall’inizio la realtà secondo cui l’Occidente sta allontanando la Russia dalla regione. L’influenza della Russia nella regione si sta indebolendo a causa dell’inazione della Russia durante gli attacchi militari dell’Azerbajgian.
Queste parole del Ministro russo mi hanno ricordato i funzionari armeni del recente passato. Per decenni hanno cercato di spiegare alla Russia quali sono gli interessi russi nel Caucaso meridionale. Funzionari armeni hanno cercato di convincere il Cremlino che è nell’interesse russo sostenere l’Armenia nel Caucaso meridionale, per armare l’Armenia prima della guerra contro l’Azerbajgian.
Funzionari armeni hanno anche spiegato alla Russia che è nel suo interesse che il Nagorno-Karabakh non passi sotto il controllo dell’Azerbajgian e che il Nagorno-Karabakh non venga disarmenizzato con la forza. Naturalmente, la Russia non ha ascoltato le lezioni impartite dai funzionari armeni dall’Armenia e ha stretto un’alleanza con l’Azerbajgian. La Russia ha firmato un’alleanza politico-militare con l’Azerbaigian il 22 febbraio 2022 [due giorni prima dell’invasione dell’Ucraina]. La Russia ha venduto armi per miliardi di dollari all’Azerbajgian. Nel periodo 2011-2020, il 67% dell’arsenale militare dell’Azerbajgian era costituito da armi vendute da Russia e Bielorussia. L’Azerbajgian ha vinto la guerra contro il Nagorno-Karabakh principalmente grazie all’uso di queste armi. La Russia non ha ascoltato le spiegazioni dei funzionari armeni e ha concordato con Turchia e Azerbajgian di scatenare la guerra di 44 giorni del 2020 e ottenere la vittoria.
La Russia ha permesso all’Azerbajgian di chiudere il Corridoio di Lachin, di condannare alla fame 120.000 Armeni per 9 mesi, di esaurire il Nagorno-Karabakh, dopodiché, il 19 settembre, l’Azerbajgian ha iniziato una nuova guerra contro il Nagorno-Karabakh.
Secondo la dichiarazione del 9 novembre 2020 che annunciava la fine della guerra, la Russia era il garante della sicurezza del Nagorno-Karabakh, ma quando l’Azerbajgian ha attaccato, il Ministero degli Esteri russo ha dichiarato di sperare che la sicurezza delle forze di mantenimento della pace russe fosse garantita.
Le forze di mantenimento della pace russe si rifiutarono di adempiere ai loro compiti di garantire la sicurezza, mentre la stessa Russia avrebbe dovuto garantire la sicurezza nel Nagorno-Karabakh e prevenire la guerra. La Russia ha rifiutato di adempiere ai propri obblighi di sicurezza anche durante l’attacco all’Armenia del 13 settembre 2022.
Affinché la Russia possa aggirare le sanzioni utilizzando il territorio dell’Azerbaigian e della Turchia, vuole prendere il “Corridoio di Zangezur” dall’Armenia. La Russia ha bisogno di ottenere un collegamento non supervisionato tra Azerbajgian – Corridoio di Zangezur – Nakhichevan – Turchia, in modo da aggirare le sanzioni occidentali, che l’Armenia non implementa controlli doganali e di frontiera e non impedisce l’elusione delle sanzioni. A questo scopo la Russia e l’Azerbajgian vogliono ottenere un corridoio fuori dal controllo dell’Armenia.
Come cittadino armeno, non sono arrabbiato con la Russia per il suo comportamento, ma non sono sorpreso. Le emozioni qui non sono importanti. Capisco che l’alleanza con l’Azerbajgian e la Turchia è nell’interesse della Russia, che ha provocato il tragico spargimento di sangue nel Nagorno-Karabakh. È normale che la Russia, sotto il blocco dell’Occidente, voglia uscire nel mondo attraverso il territorio dell’Azerbajgian e della Turchia. Sono sicuro che l’Armenia non permetterà il corridoio, qualunque cosa accada.
La Russia dovrebbe anche rispettare l’Armenia e i suoi interessi, dovrebbe smettere di spiegare all’Armenia quali sono gli interessi dell’Armenia, e non cercare di convincere l’Armenia che “l’Occidente vuole spingere la Russia fuori dal Caucaso meridionale, o che l’Occidente mira a far crollare le relazioni russo-armene”, o che questo stato di cose mina la situazione Unione armeno-russa, o che gli Americani perseguono interessi o non sono interessati all’Armenia e agli Armeni.
La Russia non ha adempiuto ai suoi obblighi di sicurezza nei confronti dell’Armenia, quindi la parte armena sta cercando – e penso che abbia trovato – nuovi alleati in grado di sostenere la sicurezza dell’Armenia » (Robert Ananyan).

Fuga dal Nagorno Karabakh, l’ennesimo esodo degli armeni
Centocinquantamila persone lasciano l’area dopo la resa alle truppe azere. La Russia, storica protettrice degli Armeni, è impegnata altrove
di Andrea Riccardi
Corriere della Sera, 25 settembre 2023


Sembra una storia che si ripete: gli armeni in fuga dalle terre ancestrali, lasciando i loro abitati con le tipiche chiese dalle cupole coniche. Sta avvenendo nel Nagorno Karabakh, enclave armena di meno di 150.000 abitanti nel territorio dell’Azerbaigian, proclamatasi nel 1991, con la fine dell’Urss, Repubblica autonoma, appoggiata dall’Armenia. Le truppe azere ora hanno ottenuto la resa di quelle locali e si apprestano ad integrare la regione nell’Azerbaigian, dopo una grave crisi umanitaria che ha investito gli armeni isolati. È una storia quasi dimenticata, minore di fronte alla guerra in Ucraina. Ma legata a questa crisi. La Russia, storica protettrice degli armeni, è impegnata altrove. Nuove relazioni occidentali del governo di Erevan non colmano il vuoto della ex potenza «imperiale», che ha 2.000 soldati in Karabakh e una base in Armenia. Ora gli armeni del Karabakh stanno partendo (attraverso l’unica via aperta pur con difficoltà), temendo per la sopravvivenza sotto il controllo azero.
Nella coscienza armena, pesa la memoria di una storia lunga e dolorosa di esodi e stragi: quella che ha portato alla fine degli armeni in Anatolia nella prima guerra mondiale, frutto della pulizia etnica. Oggi, in Turchia, restano 50.000 armeni a Istanbul, oltre gli immigrati dall’Armenia e i discendenti di armeni convertiti all’islam o i cripto-armeni. L’ombra di Metz Yeghern, il grande male della strage, agita la coscienza armena, come una storia che si ripete o un destino cui ribellarsi.
Gli armeni hanno convissuto per secoli con altri popoli in territori misti nel Caucaso o nelle terre ottomane. Oggi la Repubblica armena, con tre milioni di abitanti, è la sola terra armena (al 94%). Qui sono arrivati profughi da altre regioni (pure dalla Siria) e arriveranno dal Karabakh. La configurazione geografica dell’Armenia è particolare: nel Sud un ampio corridoio armeno divide l’Azerbaigian dal Nachičevan, regione appartenente all’Azerbaigian. Un altro motivo di tensione tra Armenia e Azerbaigian. Queste particolarità geografiche mostrano come il Caucaso fosse un intreccio tra genti diverse, musulmani e cristiani.
I nazionalismi hanno sconvolto la convivenza. Nel 1905 gravi scontri avvennero a Baku, tra armeni (ancora vivevano là, spesso benestanti) e azeri. Poco dopo, nell’impero ottomano, maturò il disegno di eliminare gli armeni. Nel 1936, Stalin creò Georgia, Armenia e Azerbaigian. La popolazione era piuttosto mista. Azeri vivevano in Armenia e armeni in Azerbaigian. A quest’ultima Repubblica fu assegnato il Karabach con uno statuto di autonomia. Sulla regione vigilava il Cremlino, finché non si dissolse l’Urss.
Così cominciarono le guerre. La prima nel 1994 con 30.000 morti: l’Armenia vinse occupando territori azeri che creavano continuità territoriale con il Karabakh. Ovunque le popolazioni si spostavano e i segni della presenza dell’altro venivano violati o cancellati. Il Karabakh divenne un simbolo per il nazionalismo armeno. In Azerbaigian era grande la frustrazione per la sconfitta. Venticinque anni hanno cambiato l’Azerbaigian, ricco di giacimenti di gas e petrolio, sostenuto dalla Turchia, divenuto militarmente forte. Oggi gli idrocarburi azeri sono decisi per l’indipendenza energetica dell’Europa dalla Russia. E dell’Italia.
Nel 2020, nella seconda guerra azero-armena, il governo di Baku si è ripreso il territorio perso e solo il Karabakh è rimasto controllo armeno, un’«isola» in territorio azero, collegata con un corridoio stradale con l’Armenia (mentre gli azeri ottenevano facilità di passaggio attraverso il territorio armeno con il Nachičevan). L’accordo avvenne con la mediazione di Putin. Era prevedibile che ci sarebbe stato un terzo atto di guerra da parte di un Azerbaigian rafforzato economicamente e internazionalmente. L’avvicinamento agli Stati Uniti da parte del primo ministro armeno Pashinyan, oggi sotto accusa in Armenia per aver confidato nella Russia, non ha cambiato il quadro geopolitico. Ora, non solo l’Armenia ha perso il controllo su un territorio storico, ma si sente isolata e fragile di fronte ai più di dieci milioni di azeri, alleati con la Turchia, temendo per se stessa. Anche perché ormai, purtroppo, nel quadro internazionale, i contenziosi si risolvono troppo spesso con le armi.

Indice – #ArtsakhBlockade [QUI]

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