288° giorno del #ArtsakhBlockade. Cronaca dal campo di concentramento della soluzione finale di Aliyev in Artsakh. 6° giorno della resa dopo l’attacco terroristico azero. Destino dell’Artsakh vergogna per l’intero mondo civilizzato

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[Korazym.org/Blog dell’Editore, 25.09.2023 – Vik van Brantegem]Cercare di monitorare e raccontare quotidianamente tutto quello che sta succedendo nel Caucaso meridionale, dal 27 settembre 2020, pensiamo sia importante, ma non abbiamo mai nutrito vane speranze che arrivino a salvare gli Armeni. È semplicemente nostro dovere mostrare cosa sta succedendo lì, sul campo, mentre succede, contro un popolo (che è pure cristiano). Nel nome della verità e della giustizia. Per restare umani. Restiamo convinti che la storia non la fanno i cattivi. Non ha ragione Hegel, il male non è reale come parte necessaria del cammino storico. Ciò che è disumano alla fine è ingoiato dal nulla.

La verità è la via verso la libertà.
La manipolazione è mancanza di rispetto.
L’amore è più forte dell’odio.
Il male può essere sconfitto.


Il destino del popolo e della Repubblica di Artsakh
rimarrà nella storia
come una vergogna per l’intero mondo civilizzato.

++++ AGGIORNAMENTO ORE 22.30 ++++

La paura, l’incertezza e la minaccia esistenziale sono state la realtà dei residenti dell’Artsakh da quando il blocco è iniziato quasi un anno fa, raggiungendo livelli impensabili nell’ultima settimana. Oggi le famiglie sono costrette a lasciare la loro casa, costrette a sacrificarsi, costrette a diventare profughi.

Alle ore 17.00 ore locali di oggi 25 settembre, 6.650 sfollati forzati erano entrati in Armenia dall’Artsakh.

Il Ministero degli Interni dell’Artsakh ha informato che una potente esplosione si è verificata in un deposito di carburante vicino alla strada Stepanakert-Askeran. Ci sono state centinaia di vittime e feriti, tra coloro che stavano in coda per ricevere la benzina per andarsene dall’Artsakh.
Nel Centro Medico Repubblicano e nell’ospedale pediatrico di Stepanakert viene fornita l’assistenza medica ai feriti in condizioni di limitate possibilità mediche e medicinali, ma non è sufficiente. È urgentemente necessario un rapido corridoio aereo umanitario per trasportare i feriti a Yerevan e salvare loro la vita.
«La situazione negli ospedali di Stepanakert è assolutamente catastrofica! Carenza di forniture mediche, di personale medico, niente antibiotici di base per le vittime di ustioni, a causa del blocco imposto dall’Azerbajgian, panico, persone che cercano di ritrovare i propri cari sopravvissuti all’esplosione. Gli ospedali di Stepanakert chiedono l’immediata evacuazione medica per le centinaia di vittime dell’esplosione di oggi» (Siranush Sargsyan, giornalista freelance nel Nagorno-Karabakh assediato).
«Solo l’USAID può organizzare il trasporto aereo per salvare quelle persone. L’ONU non lo oserà mai fare senza il permesso dell’Azerbajgian, che non verrà mai ricevuto poiché Aliyev è peggio di Al Bashir. Per favore, salvate quelle persone» (Sossi Tatikyan).
«A seguito della tragica esplosione avvenuta oggi nel deposito di carburante, il numero dei feriti supera i 200. Le condizioni della maggior parte sono gravi o estremamente gravi. Le capacità mediche del Nagorno-Karabakh non sono sufficienti per salvare la vita di quelle persone. Serve con urgenza un ponte aereo per salvare la vita delle persone. È una questione molto urgente e occorre agire senza ulteriori indugi» (Difensore per i diritti umani dell’Artsakh).

Questi Armeni dell’Artsakh stanno sopportando più di quanto qualsiasi essere umano dovrebbe sopportare.

«Armenofobia. Sui social media azeri vengono pubblicate immagini con cartellini dei prezzi sugli Armeni bruciati, compresi bambini e donne incinte, raffigurandoli mentre vengono cucinati come barbecue e kebab. Questa orribile manifestazione di armenofobia è profondamente inquietante e disumana» (Liana Margaryan, giornalista freelance).

Come abbiamo riferito in precedenza, oggi si è svolto il secondo incontro tra i rappresentanti di Baku e di Stepanakert, a parte degli aiuti medici umanitari (necessario per far fronte alle conseguenze dell’attacco terroristico dell’Azerbajgian all’Artsakh), secondo quanto riferito, non sono stati discussi molti dettagli in questo momento. Ha avuto luogo a Ivanyan/Kojali, presso il quartier generale delle forze di mantenimento della pace russo.

Baku ha riferito:
«È stato proposto di organizzare i servizi sanitari nell’ospedale da campo che sarà costruito vicino a Stepanakert/Ivannyan, congiuntamente da personale medico azero e armeno.
Squadre mediche mobili congiunte composte da operatori sanitari azeri e armeni forniranno assistenza alle persone che vivono sole in villaggi remoti.
Sarà fornito un servizio mobile di fornitura alimentare composto da personale azero e armeno.
Sarà fornito assistenza medica alle persone affette da malattie croniche o che necessitano di interventi chirurgici speciali.
È stata fatta la proposta di organizzare visite di rappresentanti della società civile e attivisti di origine armena residenti in Artsakh a Baku o in altre città dell’Azerbajgian.
È stato costituito un gruppo di lavoro congiunto.
È stato suggerito di creare le condizioni per i rappresentanti del Comitato Internazionale della Croce Rossa di incontrare le persone e gli anziani armeni soli in alcune zone residenziali.
È stato deciso di tenere il prossimo incontro a breve».
Stepanakert ha riferito che «sono state discusse numerose questioni umanitarie, compreso il processo di ricerca e salvataggio delle persone morte e scomparse dopo le operazioni militari, sottolineando la necessità di ripristinare l’approvvigionamento di gas naturale, il funzionamento ininterrotto del sistema energetico e il settore dell’approvvigionamento idrico. Le parti hanno raggiunto un accordo sulle questioni e hanno fissato l’ordine del giorno per il prossimo incontro».

Ovviamente, visto che le regole dettano gli Azeri, non si è parlato di smettere di diffondere bugie e odio contro la popolazione armena in Azerbajgian. Non si è parlato di punire i soldati azeri che hanno commessi crimini di guerra contro la popolazione civili e i militari dell’esercito di difese dell’Artsakh disarmati. Non si è parlato di insegnare all’esercito, alla polizia, alla società civile in Azerbajgian che il popolo armeno merita di vivere e di esistere.

Mentre l’Artsakh, occupato dall’esercito azerbajgiano, è sottoposto a pulizia etnica a causa delle violenze terroristiche dell’Azerbajgian e vive nel timore di nuovi massacri, il funzionario di Baku ha informato i rappresentanti degli Armeni dell’Artsakh che si propone di «organizzare visite di rappresentanti della società civile e attivisti di origine armena residenti in Artsakh a Baku o in altre città dell’Azerbajgian». Questa è una presa in giro e un insulto alla popolazione armena in Artsakh che attualmente si trova nella situazione umanitaria più difficile: vittime, feriti, persone terrorizzate. Il rappresentante di Baku ha affermato che tali iniziative sono importanti per creare piattaforme di dialogo della società civile e attuare misure di fiducia. In realtà, questa è la manifestazione della falsa umanità di Baku. Solo una settimana fa hanno scatenato una sanguinosa guerra contro l’Artsakh, uccidendo 200 persone e ferendone altre 400, secondo i conti provvisori. In seguito all’esplosione nel deposito del carburante ci sono altri 200 feriti. L’Azerbaigian è responsabile anche di questo disastro, che ha creato un’atmosfera terroristica per gli Armeni dell’Artsakh, che sono stati costretti a riunirsi in grandi gruppi presso il deposito per procurarsi il carburante per scappare.

Invitando a Baku i rappresentanti della società civile dell’Artsakh, l’Azerbajgian cerca di dimostrare di essere uno Stato umanitario, di voler “costruire ponti” con gli Armeni e di non nutrire alcuna inimicizia nei loro confronti. Se l’Azerbajgian è davvero uno stato umanitario, dovrebbe fornire un corridoio aereo per evacuare verso l’Armenia gli Armeni che hanno subito gravi ferite e ustioni.

Un altro video condiviso sui social media azeri in questi giorni mostra un soldato dell’Azerbajgian che taglia il collo di un soldato dell’Artsakh, se senti in sottofondo qualcuno che grida “taglia, taglia…” e suoni respiratori appena udibili, ma deboli, incerti se la vittima sia morta o paralizzata» (Nagorno Karabakh Observer).

Oggi, il capo dell’USAID, Samantha Power, ha consegnato al Primo Ministro armeno, Nikol Pashinyan, una lettera del Presidente degli Stati Uniti, Joe Biden:
«Sua Eccellenza Nikol Pashinyan
Primo Ministro della Repubblica di Armenia
Yerevan
Caro Signor Primo Ministro,
Invio i miei migliori auguri a voi e al popolo armeno mentre celebrate vostro Giorno dell’Indipendenza. Quest’anno, mentre celebriamo questa grande occasione, piangiamo anche la recente perdita di vita degli Armeni etnici nel Nagorno-Karabakh. Ho chiesto a Samantha Power, un membro chiave del mio gabinetto, di trasmettervi personalmente il forte sostegno degli Stati Uniti e del mio governo al perseguimento da parte dell’Armenia di una pace regionale dignitosa e stabile che garantisca la vostra sovranità, indipendenza, integrità territoriale e democrazia.
L’Armenia ha dimostrato il suo impegno verso questo obiettivo impegnandosi in colloqui di pace con l’Azerbajgian, nonché attuando importanti riforme economiche, migliorando la responsabilità del governo e rafforzando le istituzioni democratiche. Vi assicuro che gli Stati Uniti continueranno a sostenere l’Armenia nei suoi sforzi per rafforzare la democrazia nel Paese e cercare la stabilità nel vostro vicinato.
Gli Stati Uniti sono impegnati a collaborare con il vostro governo per affrontare i bisogni umanitari derivanti dalla recente violenza, che la Signora Power discuterà con voi in dettaglio. Continueremo inoltre a rafforzare la nostra cooperazione in materia di diversificazione energetica, resilienza e sicurezza, come dimostrato dalle nostre recenti esercitazioni militari.
La ricca storia dell’Armenia ha ispirato nazioni e popoli di tutto il mondo a lottare per la libertà e la giustizia. E la comunità armeno-americana continua a essere una fonte di forza nel mio Paese. Spero di continuare ad approfondire e rafforzare i legami tra i nostri Stati e i nostri popoli nel prossimo anno».

Come abbiamo riferito in precedenza, il Presidente della Turchia, Recep Tayyip Erdoğan ha visitato l’exclave di Nakhchivan dopo che l’Azerbagian ha preso il controllo dell’Artsakh con l’offensiva terroristica del 19-20 settembre. Si congratula con «il vittorioso esercito azerbajgiano per il suo successo storico» e afferma che si aspetta che l’Armenia faccia passi sinceri «d’ora in poi».

++++ AGGIORNAMENTO ORE 16.00 ++++

Il Presidente dell’Azerbajgian, Ilham Aliyev, durante un incontro con il Presidente della Turchia, Recep Tayyip Erdoğan, a Nakhchivan, ha dichiarato: «Sfortunatamente, le autorità sovietiche hanno portato via Zangezur occidentale dall’Azerbajgian (riferendosi alla regione Syunik dell’Armenia), interrompendo così il collegamento via terra tra la parte principale dell’Azerbajgian e Nakhchivan». Azerbajgian e Turchia ora dichiarano apertamente – come avevamo previsto – che il loro nuovo obiettivo è Syunik. Una nuova guerra non è lontana.

Da questa mattina alle ore 06.42, il giornalista freelance Marut Vanyan non si è fatto più vivo, dopo che si era avviato per lasciare l’Artsakh.

Fino alle ore 12.00 ora locale di oggi, 4.850 sfollati forzati sono entrati in Armenia dall’Artsakh.

«Senza parole» (Siranush Sargsyan, giornalista freelance nel Nagorno-Karabakh assediato).

«L’intera popolazione armena del Nagorno-Karabakh è attualmente deportata con la forza. A causa della mancanza di presenza internazionale, i rappresentanti azeri li costringono a dichiarare che se ne andranno volontariamente. Se ne vanno perché Aliyev non ha lasciato loro altra scelta per sopravvivere» (Tatevik Hayrapetyan, ex Deputato dell’Assemblea Nazionale della Repubblica di Armenia).

Mentre il popolo indigene dell’Artsakh sta lasciando le proprie case ancestrali, i bambini dell’Artsakh scrivono parole di addio sui muri delle loro case.

Questi bambini non conosceranno la loro patria ancestrale, sono costretti a dire addio alle montagne e allo spirito dell’Artsakh e al luogo di nascita del loro alfabeto.

«Ultimo matrimonio nell’Artsakh. Creare la famiglia a casa per lasciarla in pochi minuti» (Lika Zakaryan, giornalista freelance di Artsakh, autrice del libro “44 giorni: diario di una guerra invisibile”, co-autrice del documentario sulla guerra dell’Artsakh “Repubblica invisibile”).

«Il Karabakh è caduto. Nessuno resterà a vivere alla mercé del pazzo di Baku» (Thomas van Linge).

«Solidarietà armena: i tassisti Yandex si offrono di portare gli sfollati da Goris fino a Yerevan (una corsa di 4 ore) per 300 Dram, che sono meno di un dollaro» (Thomas van Linge).

Team Telecom Armenia fornirà servizi internet e telefonici gratuiti agli sfollati con la forza dall’Artsakh. I cittadini dell’Artsakh possono mantenere il proprio numero di telefono e, aderendo alla rete Team, possono utilizzare Internet gratuitamente ed effettuare chiamate verso tutte le reti dell’Artsakh e della Repubblica di Armenia. Per chi desidera un nuovo numero telefonico Team mette a disposizione il pacchetto tariffario “Bifri 2900” con la possibilità di utilizzarlo gratuitamente per 6 mesi. La scheda SIM può essere ritirata presso tutte le filiali della Team a Yerevan e nelle regioni. Il pacchetto tariffario “Bifry 2900” comprende l’accesso illimitato a WhatsApp, Viber, Telegram, Facebook e le altre applicazioni più popolari, 10 GB di internet e 450 minuti di chiamate con tutte le reti di Armenia, Artsakh, USA, Canada, Francia.

I media statali azeri mostrano come poliziotti e soldati azeri apparentemente costringono un’anziana donna armena a bere. Vuole chiaramente essere lasciata sola. Nei commenti degli utenti azeri sul social network le solite frasi: “Versale acqua bollente sulla testa”, “Ti dissanguerei, stronza”, “Aspetta solo un po’”.

«Filmato che mostra le truppe azere che profanano il cadavere di un coscritto del Nagorno-Karabakh morto. Il video è girato in questi giorni. Nel video si sentono parolacce mentre gli orecchi vengono tagliati. Non condivideremo il video stesso» (Nagorno Karabakh Observer).

«Filmato che mostra civili (tutti indicano di etnia armena) in una località sconosciuta nel Nagorno-Karabakh pubblicati sui social media negli ultimi giorni e soldati azeri che camminano attorno ai cadaveri. Un cadavere giace fuori con un trauma cranico, l’altro è appeso a una finestra» (Nagorno Karabakh Observer).

«Mi vergogno di essere Azero, quando Aliyev ha presentato il mio Paese come un paese di terrore nel mondo. La guerra ha le sue leggi. Cosa significa tagliare la testa? Noi, in quale secolo e in quale periodo viviamo? Quando si combatte, è necessario combattere come un uomo, non come una persona disonorevole. Che senso ha tagliare la testa a una persona ferita e neutralizzata? Questa è brutalità, questa è crudeltà. Aliyev ha ordinato al suo esercito di essere brutale. Se i diritti umani continuano a tacere sulla brutalità di Aliyev, allora non c’è giustizia in questo mondo. Immediate sanzioni severe contro Aliyev» (Manaf Jalilzade, blogger politico azerbaigiano, Diktator Tv).

A seguito dell’aggressione terroristica dell’Azerbajgian contro l’Artsakh del 9-19 settembre, vengono trovati sempre più corpi (molti di civili e bambini) nei villaggi colpiti dall’offensiva azera. Un copione già visto troppe volte.

I media azeri riferiscono che oggi, 25 settembre si sono svolti “i regolari negoziati” tra i rappresentanti del Nagorno-Karabakh e dell’Azerbajgian. I media azeri riferiscono che questa volta l’incontro ha avuto luogo a Ivanyan (Khojalu). Nel video pubblicato dall’incontro si vede che la delegazione del Nagorno-Karabakh comprendeva Davit Melkumyan, Capo del Partito Democratico dell’Artsakh, e Sergey Martirosyan, Vicesegretario del Consiglio di Sicurezza dell’Artsakh. Da parte azera, nei negoziati sono stati coinvolti il Deputato Ramin Mamedov, il Vice rappresentante speciale del Presidente dell’Azerbajgian, Bashir Hajiyev, e un funzionario dell’Ufficio del rappresentante speciale, Ilkin Sultanov.

Alti funzionari del governo di Biden, tra cui il Capo dell’Agenzia statunitense per lo sviluppo internazionale, Samantha Power, e il Vicesegretario ad interim per l’Europa e gli affari eurasiatici del Dipartimento di Stato americano, Yuri Kim, sono arrivani in Armenia. Questa visita è la prima di alti funzionari statunitensi in Armenia dopo l’aggressione terroristico dell’Azerbajgian all’Artsakh del 19-20 settembre. Secondo il comunicato stampa, la visita di Samantha Power mira a riaffermare il sostegno degli Stati Uniti alla democrazia, alla sovranità, all’indipendenza e all’integrità territoriale dell’Armenia. Inoltre, affronterà le esigenze umanitarie derivanti dalla “attuale situazione” in Artaskh. Nelle loro dichiarazioni, gli Stati Uniti hanno sottolineato di essere “profondamente preoccupati” per le “condizioni umanitarie” nell’Artsakh e “sostengono” il libero accesso per le organizzazioni umanitarie internazionali e il traffico commerciale. Il “conflitto” ha portato a un significativo spostamento di Armeni dal Karabakh, molti dei quali sono entrati in Armenia (dove altrove sarebbero andati, dai loro aguzzini Azeri?). Nonostante le promesse di garantire i diritti degli Armeni nella regione, c’è “scetticismo” tra gli Armeni dell’Artsakh, che “temono” persecuzioni e pulizia etnica sotto il dominio azero. La situazione rimane “estremamente complessa” e “sono in corso sforzi internazionali per affrontare gli aspetti umanitari di questa crisi”.

«Funzionari di alto rango del governo americano, il Vicesegretario di Stato americano, Yuri Kim, e il capo dell’USAID, Samantha Power, sono arrivati oggi in Armenia. Reuters ha riferito che Power è il primo capo dell’USAID a visitare l’Armenia. La delegazione statunitense è arrivata a Yerevan lunedì 26 settembre, sullo sfondo dell’emigrazione di massa dal Nagorno-Karabakh degli Armeni. Secondo Reuters, la visita di Power e Kim è la prima visita di alti funzionari statunitensi in Armenia dal cessate il fuoco della settimana scorsa. Un funzionario degli Stati Uniti ha affermato che Samantha Power incontrerà alti funzionari governativi e “riaffermerà il sostegno degli Stati Uniti alla democrazia, alla sovranità, all’indipendenza e all’integrità territoriale dell’Armenia, nonché il suo impegno nell’affrontare i bisogni umanitari derivanti dal NagornoKarabakh”. Samantha Power confermerà la partnership degli Stati Uniti con l’Armenia ed esprimerà la sua preoccupazione per la situazione della popolazione di etnia armena del Nagorno Karabakh e discuterà le modalità per risolvere la crisi umanitaria lì. “Gli Stati Uniti sono profondamente preoccupati per le notizie sulle condizioni umanitarie nel Nagorno-Karabakh e chiedono di garantire il libero accesso delle organizzazioni umanitarie internazionali e del traffico commerciale”, ha detto il funzionario in una conversazione con i media» (Robert Ananyan).

USAID ha speso più per i fotografi per l’attuale viaggio di Samantha Power in Armenia di quanto ha speso per i programmi di aiuto umanitario in Artsakh negli ultimi tre anni.

Samantha Power è conosciuta soprattutto per il suo libro L’America nell’era del genocidio, che indaga il motivo per cui gli Stati Uniti hanno sempre reagito dopo che è avvenuta la pulizia etnica e non l’hanno mai impedita. Quelli con il senso dell’umorismo oscuro ne assaporeranno l’ironia.

«L’Istituto Lemkin non permetterà mai ai leader mondiali di oggi di dimenticare la loro complicità nella distruzione di un popolo e di una civiltà di 4000 anni nell’Artsakh.
Non esiste alcuna “prevenzione del genocidio” negli Stati Uniti, nell’Unione Europea, nella NATO o nelle Nazioni Unite, nonostante tutti i corsi di formazione, i simposi, i libri e i discorsi. Speravamo che in questo caso, questa tempesta perfetta per la prevenzione del genocidio, ci sarebbe stata quella voce coraggiosa in una posizione di potere serio che avrebbe fatto la cosa giusta.
Ma, naturalmente, oggi non abbiamo veri leader nel mondo. Non hanno paura di essere un giorno presi di mira da questo orrore, quindi non gli importa molto. Vanno a dormire con compiaciuta comodità. Spetta davvero alla gente comune del mondo unirsi e porre fine a questa sete infinita di potere e risorse che distrugge tutto ciò che incontra.
Nessuna persona comune trae beneficio dal genocidio. Nessuna persona comune al mondo trae beneficio dal dolore del vecchio in questa foto. Anche se i loro leader criminali glielo dicono, non lo fanno. Cosa hanno scambiato per questa grande opportunità di partecipare al genocidio? Libertà? Dignità? Diritti? Trasparenza? Buon governo? Moralità? Tutti i precedenti? No, non traggono profitto.
Ma ci sono molte persone nei capitali globali, nella British Petroleum, nei governi che stanno già raccogliendo i frutti! E wow, che vantaggi! Risorse, accesso, potere! A chi importa se una civiltà vecchia di 4,000 anni è perduta per sempre?! Che gli Armeni siano dannati!
Dobbiamo unirci tutti per cambiare questa equazione – e dobbiamo farlo in fretta. Perseguire complicità» (Istituto Lemkin per la prevenzione del genocidio).

Il Centro d’informazione dell’Artsakh ha diffuso il seguente comunicato: «Come abbiamo già informato, i cittadini che sono stati evacuati a seguito delle operazioni militari, che sono rimasti senza casa e si sono trovati in una situazione difficile e che vogliono trasferirsi nella Repubblica di Armenia, verranno trasferiti principalmente nella Repubblica di Armenia».
Si nota inoltre che le autorità dell’Artsakh continueranno a rimanere al loro posto e a svolgere l’amministrazione statale fino a quando non garantiranno pienamente il processo di trasferimento dei cittadini che desiderano recarsi in Armenia.
«A causa dello stato congestionato dell’autostrada Stepanakert-Goris e degli ingorghi stradali, attualmente non è possibile organizzare il trasporto dei feriti gravi ed estremamente gravi, l’importazione delle forniture mediche necessarie e dei beni umanitari.
Allo stesso tempo, per fare rifornimento, i cittadini provocano grossi ingorghi nelle zone vicine ai distributori di benzina, paralizzando il traffico e la vita normale della città.
Tenendo presente tutto ciò, vi chiediamo di astenervi per il momento dagli spostamenti per evitare incidenti e salvare la vita dei feriti.
Nella difficile situazione creatasi, invitiamo i dipendenti dell’amministrazione statale, del settore sanitario e delle strutture di governo a continuare a compiere il loro dovere professionale per il bene della sicurezza e della salute dei nostri connazionali», si legge nel comunicato.
Ai cittadini che desiderano trasferirsi nella Repubblica di Armenia verrà fornito carburante gratuito [la benzina è stata portata l’altro giorno dall’Azerbajgian] oggi presso 5 stazioni di servizio a Stepanakert dalle ore 14.00 (ora locale)».

++++ AGGIORNAMENTO ORE 09.30 ++++

La foto del giorno in copertina. Tutto sulla “reintegrazione dei cittadini armeni del Karabakh in Azerbajgian”.

«Un mare di veicoli si sta già formando sull’autostrada per Kornidzor mentre centinaia – o probabilmente migliaia – di persone fuggono dal Nagorno-Karabakh» (Gabriele Gavin – Politico, Ore 09.18).

È un immenso senso di ingiustizia quello che vive in questi giorni l’intera nazione armena. Assistere alla deportazione forzata degli Armeni dall’Artsakh senza alcuna azione internazionale mina la credibilità dei presunti valori e degli insensati appelli internazionali. «Oggi è il giorno più difficile della mia vita. Addio alla mia Patria. Perdonami. Sento piangere al cimitero. Non voglio lasciarti. Voglio respirare la tua aria. Quanto dolore hai visto, patria mia». Gli Armeni dell’Artsakh salutano la loro Patria mentre partono per l’Armenia. Con il cuore spezzato.

I funzionari del governo della Repubblica di Baku usano ancora i termini “loro” (Armeni) e “noi” (Azeri) quando parlano degli Armeni. Questo tipo di retorica dimostra ancora una volta che il governo dell’autocrate Ilham Aliyev non vede gli Armeni come propri cittadini e discrimina tra gli Azeri e gli Armeni. Questo è solo uno dei semplici fatti che dimostrano quanto il controllo del governo azerbajgiano sugli Armeni sia pericoloso.

Una volta che l’attenzione internazionale svanisce, le prove dei crimini di guerra, inclusa la profanazione dei cimiteri armeni si riverserà a dirotto, come avviene dal 2020. I video che i funzionari dell’Azerbajgian stanno condividendo ora, come la rimozione dei cartelli armeni nei territori dell’Artsakh che hanno già occupato con la loro offensiva terroristica del 19-20 novembre, li considerano effettivamente appetibili per un pubblico internazionale.

Alle ore 06.00 del 25 settembre, 2.906 sfollati forzati sono entrati in Armenia dall’Artsakh. I dati del censimento di 2.100 di essi sono stati riepilogati e per 794 di essi è in corso la valutazione dei bisogni. Dei 2.100 registrati, circa 1.000 persone sono andate nei luoghi di residenza prescelti, e il governo ha fornito un posto dove stare agli altri 1.100 (alcuni di loro sono ancora in fase di sistemazione). Il flusso di sfollati forzati è continuato per tutta la notte. Il governo armeno informa che il lavoro di registrazione dei bisogni di sostegno e di garanzia delle condizioni di vita degli sfollati si è svolto tutta la notte e continua.

Arrivano solo donne, bambini e anziani. Uomini giovani non si vedono.

«Gli Azeri hanno iniziato ad arrestare gli uomini, accusandoli di essere terroristi e di piazzare mine in Azerbajgian. Inizia la retata» (Liana Margaryan, giornalista freelance – Ore 08.37).

Vigliacchi nomadi Tartari (Azeri-Turchi) ladri senza onore. Dopo averli disarmati. Neanche l’onore degli armi. Sembra di essere nel 1571 a Famagosta quando i Cavalieri di Malta si arresero dopo quasi un anno di assedio (dal 22 agosto 1570 al 4 agosto 1571) e Marcantonio Bragadin, secondo la capitolazione concordata, sarebbe dovuto partire, con l’onore delle armi. Il 1º agosto 1571 Famagosta si era arreso. I capi veneziani ottennero da Mustafa Pascià la promessa di aver salva la vita alla guarnigione e a tutti i cittadini della città ancora in vita, considerando anche l’eventualità che essi decidessero di rimpatriare. I Turchi avrebbero messo a disposizione delle imbarcazioni per evacuare i Veneziani a Candia, mentre altra parte dell’accordo prevedeva che la popolazione civile non sarebbe stata molestata. Nel documento di capitolazione il comandante turco si era impegnato promettendo e giurando per Dio et sopra la testa del Gran Signore di mantenere quanto nei capitoli si conteneva. Invece, Mustafà ha fatto imprigionare i veneziani sulle galere turche, ha fatto decapitare i capitani al seguito di Bragadin e il colonnello Martinengo, catturato, fu impiccato tre volte. La città venne lasciata in balia delle milizie ottomane, che seminarono la strage. A Marcantonio Bragadin furono mozzate ambedue le orecchie, quindi rinchiuso per dodici giorni in una minuscola gabbia lasciata al sole, con pochissima acqua e cibo, sottoposto allo scherno dei soldati vincitori. Il 17 agosto 1571 venne condotto, dopo altre innumerevoli sevizie e umiliazioni, nella piazza principale e scuoiato vivo. La sua pelle, ancora oggi conservata a Venezia, venne riempita di paglia e issata sulla nave ammiraglia e portata a Costantinopoli, da dove venne rocambolescamente trafugata in seguito: custodita nell’Arsenale della città in una botte per vivande, fu presa da uno schiavo veneziano, Gerolamo Polidori, che corrompendo guardiani e aiutato dalla fortuna, riuscì a trasportarla via mare in patria. Sepolta nel 1580 nella chiesa di San Gregorio fu trasferita nel 1596 in quella dei Santi Giovanni e Paolo, dove si trova attualmente. L’eroica resistenza di Famagosta servì in ogni caso a far guadagnare tempo alle forze cristiane, tenendo impegnata l’immensa flotta ottomana: a Lepanto, appena un mese e mezzo dopo, l’armata della Lega Santa ottenne una schiacciante vittoria sulle forze turche.

Il video.

«Questo, dopo tutto quello che hanno passato queste persone, sembra piuttosto disgustoso. I notiziari azeri intervistano una donna in fuga da Stepanakert, le fanno dire che l’Azerbajgian non ha bombardato aree civili, il che è chiaramente falso. Tutte le notizie in Azerbajgian sono controllate dal governo e intrinsecamente fallaci, ma l’uso degli Armeni che ha intrappolato, fatto morire di fame e bombardato come oggetti di scena è un fatto ripugnante» (Lindsey Snell).

«Spero che ci sia un angolo speciale all’inferno per i “giornalisti” propagandisti dello Stato azero che si avvicinano agli Armeni nel Corridoio di Lachin e saltano sui loro autobus mentre piangono e nascondono il volto. Cosa diranno, oltre a “va tutto bene”? Sono terrorizzati» (Lindsey Snell).

«Sono di una generazione di Artsakh libera e indipendente. Sono nato durante la guerra quando l’Artsakh lottava per la sua libertà. Ho visto tutte le fasi della sua trasformazione. Ho vissuto i giorni più belli della mia vita in Artsakh. Artsakh è tutta la mia identità. Perdere Artsakh significa perdere me stesso» (Irina Safaryan).

«Spero che non raggiunga la sua destinazione sana e salva». «Sii la tua ultima corsa».
«Fatti vedere, non andartene viva. Inshallah. Possa Dio concederci l’opportunità di vedere il giorno in cui sarai stata tagliata». «VAFFANCULO».

Sono alcuni dei commenti gli Azeri alla copertura “giornalistica” dei media statali azeri, sconvolti dal fatto che sia viva per poter fuggire dal Nagorno-Karabakh.

Marut Vanyan, giornalista freelance in Karabakh/Artsakh – Email:

00.19 – «Probabilmente la mia ultima notte a Stepanakert…».
01.35 – «Molti sono già partiti, gli altri aspettano domani…».
03.40 – «Sto realizzando le mie ultime riprese a Stepanakert… Dopo un’ora vi saluterò…».

04.41 – «Pure l’ultimo giorno… Buongiorno da Stepanakert…».

05.02 – «Tutti cercano 5 litri di benzina… Buongiorno Stepanakert…».
06.03 – «Sulla strada per… il ponte Labirintico, Stepanakert».

06.42 – «Fa male vedere questo…»… ultima notizia fino al momento in cui scriviamo. Marut è un maschio di 40 anni, quindi, con poco probabilità di farcela. Ci siamo affezionati a lui e la sua copertura asciutta in questi mesi del #ArtsakhBlockade.

Le forze di mantenimento della pace russe accompagnano i pacifici residenti di Martakert, Askeran e Martuni che si trasferiscono a Stepanakert.

«L’alba più triste della patria distrutta» (Siranush Sargsyan, giornalista freelance nel Nagorno-Karabakh assediato).

«Un anziano a Stepanakert. Ultime ore. Nessuno vuole lasciare la propria casa» (Lika Zakaryan, giornalista freelance di Artsakh, autrice del libro “44 giorni: diario di una guerra invisibile”, co-autrice del documentario sulla guerra dell’Artsakh “Repubblica invisibile”).

«Khankendi si è separato oggi dal sistema energetico dell’Armenia e si è unito al sistema energetico dell’Azerbajgian. Khankendi sta già brillando» (Ali Alizada, Ambasciatore dell’Azerbajgian in Iran). Senza vergogna e onore, come di consueto. E sempre repugnante. Oscurando la verità che la fornitura di energia (luce e gas) dall’Armenia fu staccato dall’Azerbajgian all’inizio del #ArtsakhBlockade, mesi fa.

«Ieri è bruciata la prima casa a Stepanakert…» (Marut Vanyan, giornalista freelance in Karabakh/Artsakh – Email).

Ricordiamo come – stranamente – i rappresentanti della Repubblica di Artsakh nell’incontro del 21 settembre a Evlakh con i rappresentanti della Repubblica di Baku chiedevano aiuti antincendio.

L’ultima spedizione russa di aiuti umanitari prima dell’ultimo attacco terroristico azero all’Artsakh comprendeva molte coperte. La gente si interrogava sul perché. Tutti avevano delle coperte, avevano bisogno di cibo. Ora, guardando gli sfollati interni che dormono per strada, si capisce perché hanno portato le coperte.

«Che vita: godersi il kabab dell’AZERBAJGIAN guardando filmati esclusivi dei territori dell’AZERBAJGIAN occidentale (come viene detto sullo schermo) (più precisamente della città di Iravan) sul canale televisivo ufficiale dell’AZERBAIGIAN AzTV. #ZangezurIsAzerbaijan» (Rahman Haji).

Rahman Haji sta lanciando una minaccia diretta alla capitale dell’Armenia, telegrafando le intenzioni dell’Azerbajgian di cancellare l’Armenia dalla mappa geografica. È un funzionario con molte conoscenze ed ex Caporedattore di un servizio di notizie azerbajgiano, non un pinco pallino qualsiasi.

«Messaggio di Zangezur da Nakhchivan. Il Presidente Erdoğan si recherà oggi a Nakhchivan su invito del Presidente azerbajgiano Ilham Aliyev. Durante la visita di un giorno, i due leader discuteranno dell’operazione contro i terroristi separatisti nel Karabakh e del Corridoio di Zangezur. Si prevede che Erdoğan dia messaggi importanti riguardo al Corridoio di Zangezur, che collegherà Nakhchivan all’Azerbajgian».

Vediamo gli “esperti” occidentali minimizzare il rischio di attacchi azeri al confine con l’Armenia e alla regione armena di Syunik, e ci chiediamo dove fossero le loro preziose intuizioni durante gli attacchi lanciati dall’Azerbajgian nel 2021 e nel 2022 al territorio sovrano della Repubblica di Armenia, o le quasi costanti violazioni del cessate il fuoco da allora. La Turchia e l’Azerbajgian a questo punto minacciano apertamente. L’ONU sta a guardare.

«Alcuni giorni dopo la presa del controllo militare del Karabakh da parte dell’Azerbajgian, i Presidenti Aliyev ed Erdoğan si incontrano oggi a Nakhchivan e molto probabilmente daranno degli ultimatum al governo armeno di “aprire il Corridoio di Zangezur, altrimenti…” con l’accordo della Russia, purché le sue truppe siano dispiegate lì» (Thomas de Waal).

Il Nagorno-Karabakh e i miti del diritto internazionale
Il tribalismo è profondo e le guerre per la terra non sono limitate alle nazioni arretrate o totalitarie
di Eugenio Kontorovich [*]
The Wall Street Journal, 21 settembre 2023

(Nostra traduzione italiana dall’inglese)

Una caratteristica centrale del cosmopolitismo moderno è l’idea che le istituzioni transnazionali possano gestire i conflitti interstatali vecchio stile facendo affidamento sullo Stato di diritto, sul dialogo e sulla prosperità economica. Secondo la teoria, se uno Stato dovesse diventare una canaglia, l’ordine internazionale lo punirebbe con freddezza diplomaticamente ed economicamente.
Ciò si rivela spesso una fantasia, come dimostra la conquista della Crimea da parte della Russia nel 2014. La sconfitta più recente è stata il Nagorno-Karabakh (…).
Il Nagorno-Karabakh è esistito per quasi tre decenni come uno Stato non riconosciuto a livello internazionale, strettamente legato all’Armenia. Eppure l’uso della forza da parte degli Azeri è stato accolto con un’alzata di spalle da parte della comunità internazionale. Come molti conflitti antichi, i diritti storici e i fatti attuali sono fortemente contestati. Ma ci sono azioni forti da entrambe le parti. La disputa, e la reazione internazionale ad essa, offre importanti lezioni al mondo sulla legge e sul potere.
L’Azerbaigian ha un diritto legale superiore sulla terra. Quando l’Azerbaigian e l’Armenia facevano entrambi parte dell’Unione Sovietica, il Karabakh era un distretto semiautonomo a maggioranza armena all’interno dell’Azerbaigian. Ciò non aveva molta importanza, considerando che il Cremlino governava entrambi. Quando l’U.R.S.S. cadde, i suoi confini interni divennero estremamente importanti, perché in base a una regola assoluta e fondamentale del diritto internazionale conosciuta come uti possidetis juris, un nuovo paese eredita i confini della precedente entità amministrativa nell’area, indipendentemente da quanto ingiuste fossero quelle demarcazioni.
Ciò avrebbe significato che il Karabakh non avrebbe fatto parte dell’Armenia, il che portò ad una guerra tra il 1988 e il 1994. Le forze armene hanno vinto, mettendo in sicurezza il territorio e le circostanti aree montuose dell’Azerbajgian che si trovano tra l’enclave e l’Armenia. La guerra portò anche a significativi trasferimenti di popolazione tra i due Paesi, che ricordano le precedenti guerre di indipendenza di quel secolo. Una seconda guerra, nel 2020, si è conclusa con significativi guadagni azeri.
La completa conquista del Karabakh da parte dell’Azerbajgian rappresenta quindi legalmente una liberazione del proprio territorio, anche se sul quale non ha mai effettivamente avuto il controllo dopo l’indipendenza. I fatti legali, per inciso, hanno una sorprendente somiglianza con la posizione giuridica di Israele quando ottenne la Giudea e la Samaria – la Cisgiordania – dalla Giordania nel 1967, dopo che Amman si impadronì del territorio ed espulse i suoi ebrei nella Guerra d’Indipendenza del 1948.
Ma il diritto internazionale non è un sostituto della giustizia o della moralità. L’Armenia ha antichi legami con l’area, che ospita una delle chiese cristiane ortodosse più antiche del mondo. La maggior parte della sua gente è Armena, che non vuole essere portata nell’ovile azero dopo i ricordi dei pogrom e delle ostilità del XX secolo. La storia suggerisce che la maggior parte di loro non rimarrà nel Karabakh sotto il dominio azero, soprattutto data l’incapacità dell’Armenia di proteggerli e la riluttanza dell’Azerbajgian ad offrire ai residenti una significativa autonomia. Se Baku riuscisse a convincerli a rimanere come minoranza, sarebbe un forte segnale delle buone intenzioni dell’Azerbajgian.
Dal conflitto emergono alcune lezioni.
Il primo riguarda la forza dell’istinto sulle istituzioni. Gli odi, i risentimenti tribali e le ambizioni nazionaliste sono vivi e vegeti nel XXI secolo. Le guerre per il suolo non si limitano alle nazioni arretrate o agli stati totalitari: Armenia e Azerbajgian sono entrambi membri del Consiglio d’Europa e dell’Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa. Il tentativo decennale di quest’ultimo di risolvere il conflitto non ha avuto alcun effetto.
Invece, il “conflitto congelato” è stato risolto dalla schiacciante superiorità delle forze di Baku.
Questo fatto militare fornisce una seconda lezione sulle grandi rivendicazioni a favore del diritto internazionale. L’assalto finale dell’Azerbaigian al Karabakh non è stato una risposta ad alcuna immediata aggressione armena. Generazioni di avvocati internazionali hanno affermato che i cambiamenti forzati, anche alle linee di armistizio stabili, sono illegali ai sensi della Risoluzione 2625 dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite – la “dichiarazione sulle relazioni amichevoli” del 1970 – e non possono essere riconosciute da altri Stati. Ma questa è sempre stata una finzione, applicata selettivamente. La sovranità di Baku nel Karabakh sarà riconosciuta.
La terza lezione riguarda la difesa. I Paesi che affidano la propria sicurezza a protettori stranieri – come ha fatto l’Armenia con la Russia, che ha mediato un cessate il fuoco per il conflitto del 2020 – lo fanno a proprio rischio. Il potere più grande entra in un tale accordo quando è utile contribuire a proiettare la sua potenza e il suo prestigio. Non c’è motivo di aspettarsi che intervenga se il momento non è opportuno, come lo è ora per Mosca. Forse la comunità internazionale avrà pietà del lato più debole, ma è una scommessa rischiosa.
La lezione finale è storica. La solidarietà religiosa o etnica era uno dei motivi dominanti nelle guerre e nella politica internazionale. La Turchia è il principale alleato dell’Azerbajgian, ma tali considerazioni non sembrano più guidare l’Occidente Cristiano. E Dio aiuti quegli Stati che devono restare soli.

[*] Eugene Kontorovich è Professore alla George Mason University Scalia Law School e Direttore del suo Center for the Middle East and International.

NOI PREGHIAMO IL SIGNORE PER QUESTO MIRACOLO
NON DOBBIAMO SPERARE CHE VENGA DAGLI UOMINI,
QUELLO CHE SOLO IL SIGNORE POTREBBE DARCI

Indice – #ArtsakhBlockade [QUI]

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