282° giorno del #ArtsakhBlockade. Cronaca dal campo di concentramento della soluzione finale di Aliyev in Artsakh – Parte 1. Il Corridoio di Berdzor (Lachin) rimane chiuso. L’Artsakh rimane sotto assedio azero

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[Korazym.org/Blog dell’Editore, 19.09.2023 – Vik van Brantegem] – All’attenzione dei media ignoranti, che fanno copia/incolla della narrazione azera: l’Artsakh/Nagorno-Karabakh è ben lungo dall’essere una provincia dell’Azerbajgian e non lo è mai stato. Meno ancora è proprietà del clan Aliyev che vuole l’acqua e le risorse minerarie dell’Artsakh. L’Artsakh appartiene agli Armeni che ci abitano e la LORO presenza è incisa da secoli nelle pietre, motivo perché nei territori occupati, l’Azerbajgian distrugge sistematicamente le croci di pietra e le chiese armene apostoliche armene. Non per odio anti-cristiano ma per odio anti-armeno.

Infine, l’Artsakh è sotto blocco non dal mese di luglio, dalle ore 10.30 del 12 dicembre 2022, da 282 giorni, da più di 9 mesi. L’Artsakh è sotto assedio finché il Corridoio di Berdzor (Lachin) non sarà aperto per persone, veicoli e merce senza ostacoli e le forze armate dell’Azerbajgian saranno andato via dal corridoio, secondo le provvisioni della dichiarazione trilaterale del cessate il fuoco del 9 novembre 2020. Cessate il fuoco che da allora l’Azerbajgian viola quasi ogni giorno contro l’Armenia e l’Artsakh.

Baku prosegue con la preparazione del terreno per un nuovo attacco contro l’Armenia e l’Artsakh. Lungo il confine dell’Armenia e la linea di contatto con l’Artsakh, e nel Corridoio di Berdzor (Lachin) sono in corso dei preparativi alla guerra. Il terrorista Aliyev ucciderà nuovamente i figli dei poveri. Ancora una volta, decine di migliaia di madri armene e azere piangeranno i loro figli. Aliyev consoliderà il suo potere e sarà dichiarato khan a vita a “Khankendi”. Questa è giustizia, giusto Ursula von der Leyen e Charles Michel? E che dire delle organizzazioni internazionali? Dei diritti umani, del diritto internazionale?

Ieri 18 settembre 2023, il Ministero degli Esteri dell’Azerbajgian ha convocato le rappresentanze diplomatiche accreditate in Azerbajgian per un briefing. Baku ha ripetuto l’accusa che l’Armenia continua a fornire supporto tecnico, tattico e finanziario all’esercito di difesa dell’Artsakh, stimato a più di 10.000 persone armate con attrezzatura pesante (carri armati, veicoli blindati, artiglieria, lancia missili multipli, sistemi de guerre elettronica, mortai, ecc,). La diplomazia azera accusa inoltre l’esercito di difesa dell’Artsakh di moltiplicare le provocazioni e di rafforzare le costruzioni militari: “Nuove trincee, erezione di fortificazioni, concentrazione di personale e materiale militare in previsione di una sua prossima offensiva”. Esilarante è dire poco. L’Azerbaigian sta cercando di legittimare davanti alla comunità internazionale la sua prossima aggressione su grande scala contro l’Armenia e l’Artsakh.

Il Presidente della Repubblica di Artsakh, Samvel Shahramanyan, ha dichiarato che la preservazione delle istituzioni statali è la priorità di tutti, ed è necessario impegnarsi in una lotta senza compromessi contro coloro che minano le fondamenta dello Stato.
Shahramanyan
ha anche sottolineato che la decisione di consentire il trasporto degli aiuti umanitari lungo la strada Akna-Stepanakert non implica alcuna concessione riguardo alla sovranità dell’Artsakh.

Gli aiuti umanitari che la Croce Rossa è riuscita a portare con due camion nel territorio dell’Artsakh attraverso il Corridoio di Berdzor (Lachin) e la strada di Akna (Aghdam) sono come una goccia d’acqua su ferro rovente, considerando che il blocco va avanti da oltre 9 mesi: dal 12 dicembre 2022 è arrivato merce con la Croce Rossa e le forze di mantenimento de pace russe in modo insufficiente di fronte ai 400 tonnellate di merce prima del blocco e che da metà giugno niente è arrivato ai 120.000 abitanti dell’Artsakh.

Il Difensore per i diritti umani della Repubblica di Artsakh osserva che la situazione di crisi umanitaria nell’Artsakh rimane critica, poiché non è possibile raggiungere un tenore di vita adeguato in condizioni di crisi alimentare, di scarsità di offerta in tutti i settori e di completo isolamento di 120.000 persone, tra cui 30.000 bambini, 2.000 donne incinte e 20.000 anziani.

Ripetiamo: il Corridoio di Berdzor (Lachin) che collega l’Artsakh con l’Armenia resta bloccata dall’Azerbajgian, che mantiene in pieno vigore il posto di blocco illegale presso il ponte Hakari.

L’Unione Europea ha accolto con favore questo aiuto umanitario, puramente simbolico, data la ridicola quantità di farina fornita e tuttora si rifiuta di condannare il regime autocratico e apertamente guerrafondaio genocida di Ilham Alyiev, sia per l’aggressione contro gli Armeni dell’Arstakh e dell’Armenia, che per il blocco dell’Artsakh, nonostante l’ordine vincolante della Corte Internazionale di Giustizia delle Nazioni Unite. Azerbajgian, il “partner affidabile” della Commissione Europea può continuare senza timore la sua pulizia etnica degli Armeni in Artsakh e vendere il suo gas riciclato russo. Può continuare a prepararsi ad occupare la regione di Syunik dell’Armenia, con la scusa di un fantomatico “Corridoio di Zangegur”. Un’Europa che si stende come uno scendiletto alle richieste dell’autocrate sanguinaria di Baku è un’Europa debole, che si fa beffe senza vergogna dei propri valori.

Dopo settimane di tentativi di costringere l’Artsakh con la carestia ad accettare gli aiuti dell’Azerbajgian e l’entrata dei veicoli dell’Azerbajgian a Stepanakert, i media statali dell’Azerbajgian fingono che l’apertura della strada di Akna (Aghdam) e del Corridoio di Berdzor (Lachin), solo ed esclusivamente ad uso del Comitato Internazionale della Croce Rossa, fosse esattamente ciò che volevano: «L’Azerbajgian è riuscito a fare quello che sembrava impossibile: Baku ha DISTRUTTO Yerevan: sulla soglia del prossimo obiettivo», titolano i media statali azeri e scrivono: «La transizione è stata effettuata esattamente come richiesto da Baku: dalle strade azerbaigiane Aghdam-Khankendi e Lachin-Khankendi simultaneamente e in parallelo. Né il cosiddetto regime né il governo armeno sembrano volersi fare a pezzi come prima per chiudere la strada Aghdam-Khankendi. Perché qualsiasi protesta creerà la base perché Baku possa chiudere la strada Lachin-Khankendi.
L’Azerbajgian ha affermato chiaramente che la strada Lachin-Khankendi può essere utilizzata se viene utilizzata la strada Aghdam-Khankendi. Questo dettaglio è molto importante per Baku per determinare l’ulteriore svolgimento dei processi. Perché prima solo la Russia aveva attraversato la strada Aghdam-Khankendi. Ciò ha lasciato spazio agli ambienti occidentali per mettere in discussione la legittimità di questo percorso. L’adesione del CICR al processo significa che la rotta desiderata da Baku viene accettata a livello internazionale.
Pertanto, la politica determinata del Presidente Ilham Aliyev ha portato i separatisti ad arrendersi alle condizioni dell’Azerbajgian, oltre ai sostenitori internazionali che patrocinano l’Armenia, e che hanno assicurato la protezione dei separatisti grazie al denaro della loro lobby, degli Stati e dei loro sostenitori filo-armeni. La pressione che i leader del cosiddetto regime esercitano su Baku con il pretesto di una “crisi umanitaria” porterà ad una rottura significativa. Di conseguenza, i tentativi di coloro che vogliono impedire il processo di reintegrazione degli Armeni del Karabakh in Azerbaigian rimarranno con un desiderio.
È una realtà che la posizione di principio dell’Azerbajgian è stata premiata da questo evento. Ma dopo questi eventi storici, gli Stati e i circoli politici occidentali che criticano l’Azerbaigian, esercitano pressioni su Baku e fanno dichiarazioni anti-azerbaigiane, potranno parlare dello sviluppo delle relazioni con l’Azerbajgian e dei futuri piani interstatali? Quelle forze che oggi hanno cercato di eliminare Baku dal tavolo, ancora una volta hanno imparato una vera lezione da Baku. Tuttavia, è meglio che l’Armenia impari prima da questi eventi. Perché lo Stato armeno ha già imparato più volte questa lezione dall’Azerbajgian sotto la guida del Presidente Ilham Aliyev. Se non vuole essere bocciata nella classe di Iravan, dovrebbe assolutamente prendere un voto eccellente nei compiti di Baku».

«Buongiorno da Stepanakert» (Marut Vanyan, giornalista freelance in Karabakh/Artsakh – Email).

«Aspetto di ricevere il mio buono per il pane. Circa altre 40 persone sono in fila…» (Marut Vanyan, giornalista freelance in Karabakh/Artsakh – Email).

«Questa mattina a Stepanakert ho incontrato una giovane donna con due sacchetti di plastica con sopra il logo della Croce Rossa russa.
– Va bene scattare foto? Solo i sacchetti…
– NO, NO, NO, scusa, non posso permetterlo… Scusa… » (Marut Vanyan, giornalista freelance in Karabakh/Artsakh – Email).

«Nel blocco, le donne dell’Artsakh hanno iniziato a produrre il proprio detersivo liquido per il bucato. Stendere il bucato è un’arte unica. Disporre con cura gli indumenti per colore, taglia e tipo è il segreto per una giornata di bucato perfetta» (Marut Vanyan, giornalista freelance in Karabakh/Artsakh – Email).

«“Il panificio è davanti a me ma è dalle 6 di stamattina che non riesco a procurarmi il pane” – dice questa donna. Mattina Stepanakert» (Marut Vanyan, giornalista freelance in Karabakh/Artsakh – Email).

L’uva di Sos salva le anime della gente dell’Artsakh
di Marut Vanyan
Step1.am, 17 settembre 2023

(Nostra traduzione italiana dall’inglese)

Nell’Artsakh il glucosio dell’uva non sostituisce solo lo zucchero normale; oggi l’uva può essere generalmente considerata l’unico prodotto alimentare.
La scorsa settimana ad Artsakh si è rivelata piovosa. In una delle fermate di Stepanakert, una donna è seduta con borse pesanti nelle vicinanze. Le dico che non ci sono mezzi pubblici e che dovrà camminare lungo Azatamartikneri, come tutti gli altri. La donna risultò essere originaria del villaggio di Sos. Cominciò a spiegarmi perché l’uva, quasi il nostro unico cibo, era scomparsa da Stepanakert (e io pensavo che la stagione fosse finita ed era ora di aspettare i melograni di Nakhichevanik). Si è scoperto che le auto non potevano entrare nel vigneto a causa della pioggia.
“Mio caro, in paese troviamo da mangiare, la terra ci nutre, ma qui sei in una situazione terribile. Saremmo felici di aiutare con quello che abbiamo, ma non c’è carburante. Non appena la benzina diventa disponibile, ci riuniamo con gli abitanti del villaggio, troviamo un’auto e consegniamo grano, patate e uva in città. La stagione non è ancora finita. Grazie a Dio abbiamo un grande vigneto ad Amaras, ma non possiamo portare il tohar. C’è chi non può raccogliere il raccolto, perché è sotto il tiro diretto dei soldati azeri, è spaventoso andare lì, sparano… Prima la gente veniva da noi e comprava l’uva direttamente dai vigneti, ma ora anche i trasporti del villaggio non funzionano”, mi ha detto la donna.
La situazione alimentare nell’Artsakh sta diventando sempre più emergenziale. In una città svuotata dalle auto si sente solo il rumore dei motori delle forze di pace russe. Ovunque si parla di pane. “Ho chiamato mia madre, mi ha detto che aveva trovato due chilogrammi di farina, la sera avrebbe fatto il pane per i bambini, poi non so cosa farò…”
C’è una folla enorme di persone davanti al Ministero della Previdenza Sociale. Pensavo fossero venuti per rifornimenti umanitari dalla Croce Rossa russa. “No, fratello, quell’aiuto ha trovato i suoi proprietari già da molto tempo… E qui danno i buoni per il pane”, spiegò il giovane.
Se il mese scorso le porte dei supermercati erano ancora aperte, anche se era rimasto solo alcol (le forze di mantenimento della pace venivano e compravano, dice la commessa), oggi hanno semplicemente chiuso e sono tornati a casa.
L’unico negozio di alimentari aperto in città vende solo torte di fagioli secchi, la farina nera che in bocca sa di sale grosso.
La cosa peggiore è che negli ultimi giorni i post su Facebook riguardanti l’acquisto di valigie sono diventati più frequenti.
“La cosa più difficile per me sono i post sulla ricerca di una valigia. Capisci che le persone hanno il diritto di essere stanche della lotta e di voler semplicemente vivere una vita normale, ma con ogni nuovo post sulla ricerca di una valigia mi sento un po’ più abbandonata, un po’ tradita e un po’ più sola. Ancora peggio è la partenza di persone che conoscete, quelle che hanno detto che preferirebbero morire piuttosto che farsi controllare il passaporto a un posto di controllo illegale azerbaigiano… Non li biasimo, per l’amor di Dio, forse la nave affonderà a tal punto sarà inutile combattere e passeremo tutti attraverso un posto di blocco umiliante, ma c’è ancora un sentimento di pesantezza”, scrive il giornalista Tatevik Khachatryan.
Oggi l’uva è stata distribuita nella chiesa Surb Astvatsatsin a Stepanakert. La Chiesa Apostolica Armena celebra Khachverats – la Festa dell’Esaltazione della Croce. Il diacono David dice che qualche benefattore ha mandato la vite. “Qui ci sono quattro bambini”, dice la donna, porgendogli un pacco che ha portato da casa, “ormai portiamo tutti un pacco”, aggiunge.
Ogni giorno i credenti chiedono a Dio di dare loro il pane quotidiano attraverso la preghiera del Signore. In un modo o nell’altro, oggi Dio dà alla gente dell’Artsakh mezza pagnotta di pane.

La nomina del Ministro di Stato della Repubblica di Artsakh

Il 18 settembre 2012 il Presidente della Repubblica di Artsakh, Samvel Shahramanyan, ha nomina Artur Harutyunyan Ministro di Stato. Nel contempo il Capo dello Stato dell’Artsakh ha introdotto una modifica al decreto presidenziale “Sul coordinamento delle attività dei Ministri da parte del Ministro di Stato della Repubblica di Artsakh”, secondo il quale il Ministro di Stato coordinerà le attività di 8 Ministri: della Salute; della Giustizia; dell’Agricoltura; dell’Istruzione, Scienza, Cultura e Sport; dello Sviluppo Sociale e Migrazione; dell’Amministrazione del Territorio e Infrastrutture; dello Sviluppo Urbano; ministro delle Finanze e dell’Economia.
Artur Harutyunyan è l’ex Ministro delle Finanze e dell’Economia della Repubblica di Artsakh, ex parlamentare della fazione più numerosa Patria libera-Alleanza civica unita, guidata da Arayik Harutyunyan, Presidente della Commissione permanente per la gestione finanziaria, di bilancio ed economica dell’Assemblea nazionale della Repubblica di Artsakh.


«Il 12 e il 18 settembre, la Società della Croce Rossa russa e il Comitato Internazionale della Croce Rossa hanno consegnato all’Artsakh i primi aiuti umanitari dal 15 giugno.
Mentre gli aiuti umanitari sono di vitale importanza per 120.000 persone che soffrono la fame e la malnutrizione a causa del blocco da 9 mesi, il Corridoio di Lachin rimane chiuso alla libera circolazione di persone, veicoli e merci, il che significa che il blocco da parte dell’Azerbajgian continua. Inoltre, l’urgente necessità di fornire aiuti umanitari testimonia solo l’esistenza del blocco e la gravità della situazione umanitaria nell’Artsakh. È anche importante notare che la normale fornitura di beni e prodotti essenziali necessari per soddisfare interamente la domanda interna (pari a 400 tonnellate al giorno) non è stata soddisfatta dal 12 dicembre 2022.
Il Corridoio di Lachin deve essere aperto immediatamente senza alcuna precondizione, poiché è l’unico corridoio umanitario riconosciuto a livello internazionale che collega l’Artsakh con l’Armenia e il mondo esterno» (Difensore per i diritti umani della Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh).

Parlano i scendiletto europei di Ilham Aliyev, mettendo sullo stesso piano il Corridoio di Berdzor (Lachin) e la strada di Akna (Aghdam)-Askeran-Stepanakert, sposando in pieno i pianai dell’Azerbajgian con l’Artsakh.

«Finalmente sono iniziati gli aiuti umanitari agli Armeni del Karabakh. Accogliamo con favore il passaggio simultaneo di carichi umanitari via Lachin e Aghdam. Ora questo deve essere regolarizzato. È inoltre essenziale avviare colloqui tra Baku e Karabakh sui loro diritti e sulla sicurezza, che l’Unione Europea è pronta a sostenere» (Charles Michel, Presidente del Consiglio Europeo).

«Azerbajgian: l’Unione Europea accoglie con favore la consegna delle spedizioni del Comitato Internazionale della Croce Rossa attraverso Lachin e Aghdam agli Armeni del Karabakh. Adesso è importante: assicurare rifornimenti regolari alla popolazione; avere un dialogo significativo tra Baku e gli Armeni del Karabakh; diminuire le tensioni sulla linea di contatto e sul confine internazionale» (Peter Stano, Portavoce principale per gli Affari Esteri dell’Unione Europea).

Michel e Borrell (il capo di Stano) devono leggere la stampa statale dell’Azerbajgian (che riportiamo) e le dichiarazioni e le interviste (che riportiamo) di Hikmet Hajiyev, Assistente del Presidente della Repubblica di Azerbajgian, Capo del Dipartimento per gli Affari di Politica Estera dell’Amministrazione Presidenziale.

«Ora dovremmo essere felici in Nagorno-Karabakh che almeno gli aiuti umanitari siano disponibili per noi. Voglio prendere un biglietto dalla stazione degli autobus di Stepanakert e viaggiare a Yerevan quando voglio, come era prima del blocco (Marut Vanyan, giornalista freelance in Karabakh/Artsakh – Email mailto:marutvanyan@gmail.com).

«Passo dopo passo verso l’integrazione… Chi risponderà all’umiliazione della dignità degli armeni dell’Artsakh? Chi risponderà alla vergogna: prima fanno morire di fame le persone come animali e poi prendono il pane dalle mani del nemico? Chi sarà responsabile degli abitanti dell’Artsakh rapiti dai Turchi o di coloro che verranno rapiti? Chi: Arkady, Bako, Arayik o Samvel, o quei 22 deputati? Rispondi a questa domanda e non pensare nemmeno di incolpare la gente, la gente non c’entra niente… Avete presi e sacrificati migliaia di giovani durante la guerra e ora volete gettarci nelle grinfie del nemico per salvarvi la pelle? Questo non è zugzwang, questo è collaborazionismo…» (Tigran Petrosyan).

Gli Stati Uniti non possono dialogare con la Russia sulla questione del Karabakh

«Non è un segreto che i Russi invitino le parti alle discussioni, e non è un segreto che i Russi abbiano forze di mantenimento della pace sul posto. Al momento non possiamo avere un dialogo sulle mosse dei Russi, sono i partiti stessi a decidere se vogliono essere coinvolti nelle discussioni russe oppure no», ha detto l’Ambasciatore Michael Carpenter, Rappresentante permanente degli Stati Uniti d’America presso l’Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa.
Parlando dei mediatori, Carpenter ha sottolineato che gli Stati Uniti, a differenza di altri, non sono vicini dell’Armenia e dell’Azerbajgian, non hanno interessi parziali e quindi possono essere più imparziali e sinceri. Secondo Carpenter, sia Yerevan che Baku ne sono consapevoli. «Penso che entrambe le parti considerino il servizio degli Stati Uniti come uno sforzo onesto e sincero per portare la pace nella regione perché ne vedono i benefici a lungo termine: non siamo un Paese vicino, quindi non abbiamo interessi “personali”. Penso che questo possa essere un vantaggio anche per gli Stati Uniti, che ci permetterà di utilizzare i nostri strumenti diplomatici imparziali per raggiungere una soluzione a queste differenze», ha sottolineato Carpenter.
In questa fase, la priorità per Washington è che gli aiuti umanitari raggiungano il Karabakh, e gli Stati Uniti hanno trasmesso questo messaggio all’Azerbajgian, ha osservato Carpenter. Ha anche chiarito: è importante che il Corridoio di Lachin venga aperto adesso, ma per gli Stati Uniti è accettabile anche l’apertura della strada attraversa Aghdam.
Carpenter ha inoltre sottolineato che considera la situazione in Karabakh estremamente grave, difficile ed urgente la necessità di soddisfare i bisogni delle persone che vivono lì. «Sì, questo è un problema serio per me, non voglio mettere etichette sulla situazione sul campo, ma credo che prendere provvedimenti sia responsabilità dei diplomatici statunitensi e dell’Unione Europea. In questo momento, Louis Bono, Consigliere senior del Dipartimento di Stato americano per i negoziati sul Caucaso, è nella regione per dare nuovo slancio agli sforzi diplomatici. Non possiamo permettere che la situazione peggiori. Da più di un anno l’Occidente, gli Stati Uniti e l’Unione Europea conducono negoziati attivi con Armenia e Azerbajgian per stabilire la pace nella regione. A giudicare da questi incontri, a Washington si ha l’impressione che Baku e Yerevan vogliano raggiungere delle soluzioni, ma ci sono anche tendenze massimaliste», ha detto, aggiungendo che non si dovrebbero risparmiare gli sforzi per risolvere la questione, altrimenti potrebbe esserci una ripresa del conflitto, e nessuno lo vuole.

Il regime azerbajgiano dice che vuole la pace ma dimostra che vuole la guerra. I media controllati dal regime azerbjigiano continuano a pubblicare grida di guerra, con video di filmati militari dell’Azerbajgian, il segno ∀ e delle canzoni nazionaliste dell’Azerbajgian, che nominano tutti i luoghi dell’Artsakh usando i toponimi azeri. Questo per rendere chiaro quali solo i diritti che saranno garantiti agli Armeni dell’Artsakh integrati in Azerbajgian. Aliyev proseguirà quello che aveva iniziato il suo padre: spopolare l’Artsakh dagli Armeni e insediare gli Azeri.

18 settembre 2023, ore 07.07 un camion del Comitato Internazionale della Croce Rossa passa sul ponte Hakari e attraversa il posto di blocco illegale dell’Azerbajgian all’ingresso del Corridoio di Berdzor (Lachin).

«Oggi [18 settembre 2023], intorno alle 07.00, è stato assicurato il passaggio simultaneo dei camion del CICR dalle strade Aghdam-Khankandi e Lachin-Khankandi dell’Azerbaigian. La strada Aghdam-Askaran-Khankandi è aperta e funzionale e deve essere tale! Questa è la posizione di principio, giusta, legittima e irreversibile dell’Azerbaigian! L’intera comunità internazionale ha testimoniato ancora una volta che non c’è stato il cosiddetto blocco, ma un deliberato autoblocco, l’arma e la politicizzazione delle questioni umanitarie e delle rappresentazioni teatrali da parte dell’Armenia e del regime fantoccio illegale, dei gruppi di pressione e di alcuni politici occidentali corrotti e dei media prevenuti per fuorviare, manipolare e confondere! Si strappano le maschere, mentre la realtà resta! Non c’è posto per le zone grigie in Azerbaigian!» (Hikmet Hajiyev, Assistente del Presidente della Repubblica di Azerbajgian, Capo del Dipartimento per gli Affari di Politica Estera dell’Amministrazione Presidenziale).

Queste sono le farneticazioni di un regime razzista armenofobo guerrafondaio genocida, dedito alla pulizia etnica che sta perdendo la narrativa delle pubbliche relazioni. Tutti possono vedere la realtà attraverso parole e le azioni di Hajiyev.

Primo: si tratta della strada Akna (Aghdam)-Askeran-Stepanakert e del Corridoio di Berdzor (Lachin) che è una striscia larga 5 km dell’Artsakh, attraversato dall’autostrada Goris-Berdzor (Lachin)-Stepanakert.

Secondo: quello che dice non significa nulla, è ancora bloccata e chiusa la libera circolazione tra Armenia e Artsakh!!!! (ripetuti i 4 punti esclamativi di Hajiyev). La consegna di aiuti umanitari non può in alcun modo essere visto come un’implementazione dell’ordine inequivocabile della Corte Internazionale di Giustizia di revocare il blocco illegale del Corridoio di Berdzor (Lachin) da parte del regime autocratico di Aliyev o di togliere l’assedio dell’Artsakh. Al contrario, la consegna degli aiuti umanitari di ieri rafforza ancora il sadico blocco che dura già da 9 mesi. Non c’è nessuna libera circolazione lungo il Corridoio di Berdzor (Lachin), che Hajiyev non menziona mai, mentre fa parte della dichiarazione tripartita del 9 novembre 2020, dove invece non c’è parola su un sedicente “Corridoio di Zangezur”. Hajiyev nega l’esistenza del blocco dell’Artsakh, mentre insiste di risolvere la crisi umanitaria creato dall’Azerbajgian, con aiuti umanitari attraverso la strada di Akna (Aghdam) e neanche questa fa parte della dichiarazione tripartita del 9 novembre 2020. Per quanto riguarda le affermazioni di pace di Hajiyev, ricordiamo che si tratta di colui che durante la guerra dei 44 giorni del 2020 dichiarava che gli aerei che volavano tra Azerbajgian e Israele, trasportavano frutta e verdura.

Terzo: per capire cosa vuole fare il regime dell’Azerbajgian, basta ascoltare di cosa accusa gli altri.

«L’Azerbajgian rifiuta apertamente i colloqui con Stepanakert nell’ambito dei meccanismi internazionali. Rifiuta inequivocabilmente qualsiasi forma di dialogo, non essendo disposti ad accettare la realtà che c’è un’altra parte con cui devono confrontarsi. Perché? Perché Baku non desidera una soluzione di compromesso politico del conflitto del Nagorno-Karabakh. Artsakh non è mai stato e non potrà mai essere una questione interna dell’Azerbajgian. Questo fatto è stato ribadito da tutti i partner internazionali in numerose occasioni su varie piattaforme. Più Baku rifiuta il dialogo internazionale, più la tensione aumenta sul terreno. Il Corridoio di Lachin rimane chiuso, la situazione umanitaria continua a peggiorare e la pressione psicologica e morale sugli Armeni dell’Artsakh è immensa. Stiamo ancora aspettando azioni concrete da parte dei nostri partner che cercano sinceramente la pace e non permetteranno all’Azerbajgian di perseguire una politica di pulizia etnica o di aggressione nella nostra regione» (Ruben Vardanyan, ex Ministro di Stato della Repubblica di Artsakh, Cofondatore dell’agenzia di sviluppo regionale Noi Siamo Nostre Montagne e Coordinatore del Comitato esecutivo del Consiglio del Fronte per la Sicurezza e lo Sviluppo dell’Artsakh).

La situazione nella zona di conflitto del Nagorno-Karabakh
L’Assistente del Presidente dell’Azerbajgian: c’è il rischio di una nuova guerra con l’Armenia. Non c’è posto per le “zone grigie” in Azerbajgian
di Ramina Zeynalova
TASS, 16 settembre 2023

(Nostra traduzione italiana dal russo)

Hikmet Hajiyev – sulle prospettive della firma del trattato di pace tra Baku e Yerevan, sulla mediazione internazionale e sulle relazioni russo-azerbajgiane.
L’Assistente del Presidente dell’Azerbajgian Hikmet Hajiyev, in un’intervista esclusiva alla TASS, ha valutato i rischi di una nuova guerra con l’Armenia, ha parlato delle prospettive di firmare un trattato di pace tra le repubbliche entro la fine dell’anno e ha delineato le questioni geopolitiche che Russia e Azerbajgian possono risolversi nel formato “3 + 3”.

Come potrebbe commentare la situazione di tensione che stiamo vedendo ora tra Azerbajgian e Armenia? C’è il rischio di una nuova guerra?
Come sapete, l’Azerbajgian e l’Armenia stanno negoziando per firmare un trattato di pace basato su cinque principi fondamentali proposti dall’Azerbajgian e accettati dall’Armenia.
Il riconoscimento reciproco dell’integrità territoriale e della sovranità dei due Paesi e l’obbligo giuridico di non avanzare tali rivendicazioni in futuro costituiscono la pietra angolare di questi principi. Purtroppo, recentemente una serie di azioni della leadership armena, tra cui soprattutto le congratulazioni del Primo Ministro armeno il 2 settembre al regime illegale non riconosciuto del Karabakh in occasione del “Giorno dell’indipendenza”, hanno causato gravi danni al processo di pace.
Il fatto che, nonostante il riconoscimento dichiarato dell’integrità territoriale dell’Azerbajgian da parte della leadership armena, di fatto le autorità armene continuino a finanziare con il bilancio statale della Repubblica di Armenia la “giunta separatista” illegale sul territorio del nostro Paese, comprese le formazioni armate, che consistono in gran parte delle forze armate armene in Karabakh. Lungo l’intero perimetro della “zona grigia” alimentata dagli Armeni nel Karabakh, gruppi armati illegali armeni stanno effettuando massicce attività di mine nei nostri territori, come se più di 1 milione di mine depositate dall’Armenia sulle nostre terre prima del 2020 non fossero loro sufficienti.
Un’altra grave provocazione è lo svolgimento delle cosiddette elezioni presidenziali il 9 settembre da parte del regime illegale di Khankendi. L’intera comunità internazionale, comprese le Nazioni Unite, nonché i Paesi della regione, hanno confermato ancora una volta l’assoluta illegalità e illegittimità di queste elezioni, che violano gravemente sia la legislazione dell’Azerbajgian che le norme del diritto internazionale.
Siamo inoltre preoccupati per la crescente frequenza delle provocazioni militari e dei sabotaggi da parte delle forze armate armene al confine e in Karabakh. Nonostante ciò, l’Azerbajgian è impegnato nel processo di pace e si aspetta che l’Armenia ritorni sulla via dei negoziati costruttivi. Rispondendo alla domanda posta, dirò che l’Azerbajgian è impegnato in una soluzione pacifica e non è interessato ad un’escalation. Chiediamo alla leadership armena di non interferire con il processo di integrazione degli Armeni che vivono nella regione del Karabakh dell’Azerbajgian nel nostro Stato e di non lavorare per minare la sovranità del nostro Paese.

A che punto è il processo di pace adesso?
Al momento il processo di pace viene rallentato a causa della posizione poco costruttiva e ipocrita della leadership politica armena. Con il pretesto dell’inesistente “blocco” della strada di Lachin, è stata lanciata una campagna di disinformazione su larga scala contro l’Azerbajgian, coordinata da Yerevan e dalla diaspora armena in diversi paesi del mondo, soprattutto in Occidente. Nonostante i tentativi di accusare l’Azerbajgian di bloccare una parte del nostro territorio sovrano, l’apertura della strada ad Aghdam per le merci della Croce Rossa russa il 12 settembre ha dimostrato l’infondatezza di tali accuse. Grazie alle azioni congiunte della Croce Rossa russa e della Mezzaluna Rossa dell’Azerbajgian, la strada di Aghdam è diventata operativa. Ora stiamo aspettando che anche il carico del Comitato Internazionale della Croce Rossa percorrerà contemporaneamente due rotte: Aghdam e Lachin. I nostri partner internazionali condividono e sostengono pienamente questa posizione.
Ora l’ostacolo principale al processo di pace è il fatto che l’Armenia continua a mantenere sul nostro territorio finanziariamente e politicamente un regime militare illegale. È il regime illegale di Khankendi che blocca l’apertura simultanea delle rotte Aghdam e Lachin, rifiuta di accettare carichi alimentari dall’Azerbajgian, giustificando ciò con cavernosi motivi razzisti che non trovano posto nel mondo civilizzato. Inoltre, il regime illegale sta silurando i tentativi di dialogo tra il governo centrale dell’Azerbajgian e la minoranza etnica armena che vive nel Karabakh, nonostante i ripetuti inviti di Baku a tali contatti. La politica armena di sostegno al regime illegale, che ha preso in ostaggio 30mila nostri cittadini di origine armena residenti nel Karabakh, deve finire.

Quali compromessi è pronta a fare Baku nel dialogo con Yerevan?
Non discuteremo questioni che mettono in discussione l’integrità territoriale e la sovranità dell’Azerbajgian né con l’Armenia né con qualsiasi Paese terzo. I tentativi di interferire negli affari interni del nostro Stato, anche spingendo il tema della creazione di una sorta di “meccanismi internazionali” per il dialogo tra il governo centrale dell’Azerbajgian e la minoranza etnica armena nel Karabakh, sono destinati al fallimento. Il Karabakh è una questione interna dell’Azerbajgian e qualsiasi tentativo di contestarlo è controproducente dal punto di vista delle prospettive di raggiungimento di una pace sostenibile nella regione.

L’Azerbajgian potrà ricorrere nuovamente alla forza, come ha fatto nel 2020?
Non vorrei commentare scenari ipotetici. L’Azerbajgian è un membro responsabile della comunità internazionale e agisce sempre in conformità con le disposizioni della sua Costituzione e del diritto internazionale. Il nostro obiettivo è la risoluzione pacifica di tutti i problemi esistenti.

Come vanno le cose con l’apertura delle comunicazioni di trasporto nella regione, che era uno dei punti dell’accordo trilaterale firmato dai leader di Russia, Azerbajgian e Armenia il 9 novembre 2020?
L’Azerbajgian sostiene costantemente l’apertura di tutte le comunicazioni di trasporto nella regione, poiché crediamo che stretti legami commerciali ed economici contribuiranno alla pace, alla stabilità e alla prosperità della regione. In questo contesto apprezziamo molto la posizione della Federazione Russa, che sta compiendo grandi sforzi per realizzare progressi in questa direzione. Tuttavia, ora c’è una certa stagnazione nei nostri negoziati con l’Armenia sull’apertura delle comunicazioni di trasporto. Come sapete, l’apertura del Corridoio di Zangezur, che significa garantire la comunicazione senza ostacoli tra le regioni occidentali dell’Azerbajgian e la Repubblica Autonoma di Nakhchivan attraverso il territorio della Repubblica di Armenia, è una delle disposizioni della dichiarazione trilaterale firmata la notte del 9-10 novembre 2020 a cura dei Presidenti di Azerbajgian e Russia, così come il Primo Ministro dell’Armenia. Quasi tre anni dopo, questa clausola dell’accordo non è stata ancora rispettata dall’Armenia. L’apertura del Corridoio di Zangezur è vantaggiosa innanzitutto per la stessa Armenia, che si è trovata ai margini dell’architettura dei trasporti e della logistica della regione a causa della sua politica di occupazione contro l’Azerbajgian durata tre decenni. Se però l’Armenia, con vari pretesti, rinuncerà ai propri obblighi e vorrà continuare a restare isolata, allora Baku non intende aspettare e sta già lavorando attivamente a progetti alternativi con altri Paesi della regione. Non legheremo le nostre esigenze logistiche ai capricci del governo armeno e andremo avanti con i nostri partner regionali.

Quanto è efficace, secondo lei, la mediazione internazionale dopo la fine della guerra del Karabakh durata 44 giorni nel 2020?
Le azioni dell’Armenia che ho menzionato sopra, mettendo in discussione l’integrità territoriale e la sovranità dell’Azerbajgian, purtroppo minano i progressi raggiunti, anche attraverso gli sforzi dei mediatori internazionali, sulla questione della conclusione di un trattato di pace. Speriamo ancora nella firma di un trattato di pace prima della fine di quest’anno e invitiamo la leadership politica armena a compiere il passo principale: registrare formalmente, con la firma del trattato di pace, il riconoscimento dell’integrità territoriale dell’Azerbajgian, compreso la regione economica del Karabakh della nostra repubblica e di impegnarsi ad astenerci in futuro dall’ingerenza dei Paesi negli affari interni della nostra repubblica. Anche attraverso tentativi di sollevare le nostre questioni interne, come le questioni relative alla nostra interazione con i nostri cittadini di origine etnica armena in Karabakh, a piattaforme internazionali con il pretesto di garantire i diritti e la sicurezza di questo gruppo di popolazione. Questi sono i nostri cittadini, e i loro diritti e la loro sicurezza saranno garantiti dalla Costituzione dell’Azerbajgian. È importante che l’Armenia abbandoni la politica di finanziamento e incitamento al separatismo nel nostro Paese.
Per quanto riguarda le attività dei mediatori internazionali, apprezziamo molto il loro contributo alla normalizzazione delle relazioni azerbajgiano-armene. Il ruolo della Russia in questo processo, la cui mediazione attiva ha assicurato la firma di un accordo trilaterale nel novembre 2020 che ha posto fine alle ostilità su larga scala, è estremamente importante. Anche l’Unione Europea e gli Stati Uniti stanno dando il loro contributo al processo negoziale. In generale, ciascuno dei percorsi negoziali è unico a modo suo e contribuisce a facilitare il dialogo tra Baku e Yerevan sulle questioni più problematiche.

Come valuteresti l’attuale livello delle relazioni russo-azerbajgiane?
La Dichiarazione sulla cooperazione alleata tra i nostri paesi, firmata il 22 febbraio 2022, eleva le relazioni bilaterali a un livello qualitativamente nuovo e dà un impulso tangibile al loro sviluppo. Anche nelle attuali difficili condizioni geopolitiche, le relazioni tra i nostri paesi resistono alla prova della forza. Sono fiducioso che attraverso sforzi congiunti l’Azerbajgian e la Russia saranno in grado di risolvere le questioni regionali più complesse, anche nel formato “3 + 3”, che implica la risoluzione delle questioni regionali da parte degli attori regionali.
Interagiamo strettamente sia politicamente che economicamente. I dati per la prima metà di quest’anno indicano un aumento significativo del fatturato commerciale, gli indicatori del turismo reciproco stanno crescendo e continua la stretta collaborazione nella sfera culturale e umanitaria. Il 15 settembre inizia una nuova stagione accademica in Azerbajgian e nel nostro Paese, come ogni anno, c’è una grande richiesta per insegnare a scolari e studenti in russo. Inoltre, di anno in anno, l’interesse per l’apprendimento della lingua russa cresce. Non posso fare a meno di notare che il nostro Stato, a sua volta, sta creando tutte le condizioni necessarie per soddisfare questa domanda.

«In poche ore l’Armenia può essere tagliata in due» da un’avanzata azera

Gli esperti di Crisis Group, Olesya Vartanyan, analista senior del Caucaso meridionale; Zaur Shiriyev, analista del Caucaso meridionale; Oleg Ignatov, analista senior della Russia, moderati da Olga Oliker, Direttore del programma Europa e Asia centrale di Crisis Group, discutono gli ultimi sviluppi sul campo e le prospettive di allentamento delle tensioni e di un accordo di pace. Discutono del ruolo delle potenze esterne e se saranno in grado di contribuire a portare avanti i negoziati [QUI].
Breve quadro della situazione: «In poche ore l’Armenia può essere tagliata in due» da un’avanzata azera. «Se scoppiassero nuovi combattimenti, ciò potrebbe portare a gravi conseguenze umanitarie e cambiamenti irreversibili nella regione»: Olesya Vartanyan spiega cosa è in gioco nel Nagorno-Karabakh.
Gli esperti sottolineano che le tensioni rimangono pericolosamente alte tra Armenia e Azerbajgian – e oltre. Nelle ultime settimane, Baku avrebbe ammassato truppe lungo il confine con l’Armenia e intorno al Nagorno-Karabakh. I leader armeni lanciano l’allarme nelle capitali straniere e sollecitano colloqui immediati. Nel frattempo, Mosca sta diventando sempre più scontenta dell’Armenia, a causa dei crescenti legami di Yerevan con gli Stati occidentali, illustrati dalle esercitazioni militari congiunte in corso con gli Stati Uniti. Tutto ciò contribuisce ad alimentare il timore di una ripresa dei combattimenti. Nei quasi tre anni trascorsi dall’ultima guerra tra le due parti terminata con un cessate il fuoco, percorsi separati per i colloqui di pace, mediati da Unione Europea, Stati Uniti e Russia, non sono riusciti a produrre un trattato di pace. Yerevan ha insistito per una sorta di garanzia di sicurezza per gli Armeni che vivono nel Nagorno-Karabakh prima che Baku riprenda il controllo dell’enclave. Baku ha rifiutato, dicendo che avranno tutte le garanzie concesse a tutti i cittadini azeri. I leader de facto di quella popolazione hanno cercato colloqui diretti con Baku, ma questi, sebbene promessi, rimangono sfuggenti. «In poche ore l’Armenia può essere tagliata in due» da un’avanzata azera. «Se scoppiassero nuovi combattimenti, ciò potrebbe portare a gravi conseguenze umanitarie e cambiamenti irreversibili nella regione»: «Oggi [18 settembre 2023], intorno alle 07.00, è stato assicurato il passaggio simultaneo dei camion del CICR dalle strade Aghdam-Khankandi e Lachin-Khankandi dell’Azerbaigian. La strada Aghdam-Askaran-Khankandi è aperta e funzionale e deve essere tale! Questa è la posizione di principio, giusta, legittima e irreversibile dell’Azerbaigian! L’intera comunità internazionale ha testimoniato ancora una volta che non c’è stato il cosiddetto blocco, ma un deliberato autoblocco, l’arma e la politicizzazione delle questioni umanitarie e delle rappresentazioni teatrali da parte dell’Armenia e del regime fantoccio illegale, dei gruppi di pressione e di alcuni politici occidentali corrotti e dei media prevenuti per fuorviare, manipolare e confondere! Si strappano le maschere, mentre la realtà resta! Non c’è posto per le zone grigie in Azerbaigian!» (Hikmet Hajiyev, Assistente del Presidente della Repubblica di Azerbajgian, Capo del Dipartimento per gli Affari di Politica Estera dell’Amministrazione Presidenziale).

Queste sono le farneticazioni di un regime razzista armenofobo guerrafondaio genocida, dedito alla pulizia etnica che sta perdendo la narrativa delle pubbliche relazioni. Tutti possono vedere la realtà attraverso parole e le azioni di Hajiyev.

Primo: si tratta della strada Akna (Aghdam)-Askeran-Stepanakert e del Corridoio di Berdzor (Lachin) che è una striscia larga 5 km dell’Artsakh, attraversato dall’autostrada Goris-Berdzor (Lachin)-Stepanakert.

Secondo: quello che dice non significa nulla, è ancora bloccata e chiusa la libera circolazione tra Armenia e Artsakh!!!! (ripetuti i 4 punti esclamativi di Hajiyev). La consegna di aiuti umanitari non può in alcun modo essere visto come un’implementazione dell’ordine inequivocabile della Corte Internazionale di Giustizia di revocare il blocco illegale del Corridoio di Berdzor (Lachin) da parte del regime autocratico di Aliyev o di togliere l’assedio dell’Artsakh. Al contrario, la consegna degli aiuti umanitari di ieri rafforza ancora il sadico blocco che dura già da 9 mesi. Non c’è nessuna libera circolazione lungo il Corridoio di Berdzor (Lachin), che Hajiyev non menziona mai, mentre fa parte della dichiarazione tripartita del 9 novembre 2020, dove invece non c’è parola su un sedicente “Corridoio di Zangezur”. Hajiyev nega l’esistenza del blocco dell’Artsakh, mentre insiste di risolvere la crisi umanitaria creato dall’Azerbajgian, con aiuti umanitari attraverso la strada di Akna (Aghdam) e neanche questa fa parte della dichiarazione tripartita del 9 novembre 2020. Per quanto riguarda le affermazioni di pace di Hajiyev, ricordiamo che si tratta di colui che durante la guerra dei 44 giorni del 2020 dichiarava che gli aerei che volavano tra Azerbajgian e Israele, trasportavano frutta e verdura.

Terzo: per capire cosa vuole fare il regime dell’Azerbajgian, basta ascoltare di cosa accusa gli altri.

«L’Azerbajgian rifiuta apertamente i colloqui con Stepanakert nell’ambito dei meccanismi internazionali. Rifiuta inequivocabilmente qualsiasi forma di dialogo, non essendo disposti ad accettare la realtà che c’è un’altra parte con cui devono confrontarsi. Perché? Perché Baku non desidera una soluzione di compromesso politico del conflitto del Nagorno-Karabakh. Artsakh non è mai stato e non potrà mai essere una questione interna dell’Azerbajgian. Questo fatto è stato ribadito da tutti i partner internazionali in numerose occasioni su varie piattaforme. Più Baku rifiuta il dialogo internazionale, più la tensione aumenta sul terreno. Il Corridoio di Lachin rimane chiuso, la situazione umanitaria continua a peggiorare e la pressione psicologica e morale sugli Armeni dell’Artsakh è immensa. Stiamo ancora aspettando azioni concrete da parte dei nostri partner che cercano sinceramente la pace e non permetteranno all’Azerbajgian di perseguire una politica di pulizia etnica o di aggressione nella nostra regione» (Ruben Vardanyan, ex Ministro di Stato della Repubblica di Artsakh, Cofondatore dell’agenzia di sviluppo regionale Noi Siamo Nostre Montagne e Coordinatore del Comitato esecutivo del Consiglio del Fronte per la Sicurezza e lo Sviluppo dell’Artsakh).

La situazione nella zona di conflitto del Nagorno-Karabakh
L’Assistente del Presidente dell’Azerbajgian: c’è il rischio di una nuova guerra con l’Armenia. Non c’è posto per le “zone grigie” in Azerbajgian
di Ramina Zeynalova
TASS, 16 settembre 2023

(Nostra traduzione italiana dal russo)

Hikmet Hajiyev – sulle prospettive della firma del trattato di pace tra Baku e Yerevan, sulla mediazione internazionale e sulle relazioni russo-azerbajgiane.
L’Assistente del Presidente dell’Azerbajgian Hikmet Hajiyev, in un’intervista esclusiva alla TASS, ha valutato i rischi di una nuova guerra con l’Armenia, ha parlato delle prospettive di firmare un trattato di pace tra le repubbliche entro la fine dell’anno e ha delineato le questioni geopolitiche che Russia e Azerbajgian possono risolversi nel formato “3 + 3”.

Come potrebbe commentare la situazione di tensione che stiamo vedendo ora tra Azerbajgian e Armenia? C’è il rischio di una nuova guerra?
Come sapete, l’Azerbajgian e l’Armenia stanno negoziando per firmare un trattato di pace basato su cinque principi fondamentali proposti dall’Azerbajgian e accettati dall’Armenia.
Il riconoscimento reciproco dell’integrità territoriale e della sovranità dei due Paesi e l’obbligo giuridico di non avanzare tali rivendicazioni in futuro costituiscono la pietra angolare di questi principi. Purtroppo, recentemente una serie di azioni della leadership armena, tra cui soprattutto le congratulazioni del Primo Ministro armeno il 2 settembre al regime illegale non riconosciuto del Karabakh in occasione del “Giorno dell’indipendenza”, hanno causato gravi danni al processo di pace.
Il fatto che, nonostante il riconoscimento dichiarato dell’integrità territoriale dell’Azerbajgian da parte della leadership armena, di fatto le autorità armene continuino a finanziare con il bilancio statale della Repubblica di Armenia la “giunta separatista” illegale sul territorio del nostro Paese, comprese le formazioni armate, che consistono in gran parte delle forze armate armene in Karabakh. Lungo l’intero perimetro della “zona grigia” alimentata dagli Armeni nel Karabakh, gruppi armati illegali armeni stanno effettuando massicce attività di mine nei nostri territori, come se più di 1 milione di mine depositate dall’Armenia sulle nostre terre prima del 2020 non fossero loro sufficienti.
Un’altra grave provocazione è lo svolgimento delle cosiddette elezioni presidenziali il 9 settembre da parte del regime illegale di Khankendi. L’intera comunità internazionale, comprese le Nazioni Unite, nonché i Paesi della regione, hanno confermato ancora una volta l’assoluta illegalità e illegittimità di queste elezioni, che violano gravemente sia la legislazione dell’Azerbajgian che le norme del diritto internazionale.
Siamo inoltre preoccupati per la crescente frequenza delle provocazioni militari e dei sabotaggi da parte delle forze armate armene al confine e in Karabakh. Nonostante ciò, l’Azerbajgian è impegnato nel processo di pace e si aspetta che l’Armenia ritorni sulla via dei negoziati costruttivi. Rispondendo alla domanda posta, dirò che l’Azerbajgian è impegnato in una soluzione pacifica e non è interessato ad un’escalation. Chiediamo alla leadership armena di non interferire con il processo di integrazione degli Armeni che vivono nella regione del Karabakh dell’Azerbajgian nel nostro Stato e di non lavorare per minare la sovranità del nostro Paese.

A che punto è il processo di pace adesso?
Al momento il processo di pace viene rallentato a causa della posizione poco costruttiva e ipocrita della leadership politica armena. Con il pretesto dell’inesistente “blocco” della strada di Lachin, è stata lanciata una campagna di disinformazione su larga scala contro l’Azerbajgian, coordinata da Yerevan e dalla diaspora armena in diversi paesi del mondo, soprattutto in Occidente. Nonostante i tentativi di accusare l’Azerbajgian di bloccare una parte del nostro territorio sovrano, l’apertura della strada ad Aghdam per le merci della Croce Rossa russa il 12 settembre ha dimostrato l’infondatezza di tali accuse. Grazie alle azioni congiunte della Croce Rossa russa e della Mezzaluna Rossa dell’Azerbajgian, la strada di Aghdam è diventata operativa. Ora stiamo aspettando che anche il carico del Comitato Internazionale della Croce Rossa percorrerà contemporaneamente due rotte: Aghdam e Lachin. I nostri partner internazionali condividono e sostengono pienamente questa posizione.
Ora l’ostacolo principale al processo di pace è il fatto che l’Armenia continua a mantenere sul nostro territorio finanziariamente e politicamente un regime militare illegale. È il regime illegale di Khankendi che blocca l’apertura simultanea delle rotte Aghdam e Lachin, rifiuta di accettare carichi alimentari dall’Azerbajgian, giustificando ciò con cavernosi motivi razzisti che non trovano posto nel mondo civilizzato. Inoltre, il regime illegale sta silurando i tentativi di dialogo tra il governo centrale dell’Azerbajgian e la minoranza etnica armena che vive nel Karabakh, nonostante i ripetuti inviti di Baku a tali contatti. La politica armena di sostegno al regime illegale, che ha preso in ostaggio 30mila nostri cittadini di origine armena residenti nel Karabakh, deve finire.

Quali compromessi è pronta a fare Baku nel dialogo con Yerevan?
Non discuteremo questioni che mettono in discussione l’integrità territoriale e la sovranità dell’Azerbajgian né con l’Armenia né con qualsiasi Paese terzo. I tentativi di interferire negli affari interni del nostro Stato, anche spingendo il tema della creazione di una sorta di “meccanismi internazionali” per il dialogo tra il governo centrale dell’Azerbajgian e la minoranza etnica armena nel Karabakh, sono destinati al fallimento. Il Karabakh è una questione interna dell’Azerbajgian e qualsiasi tentativo di contestarlo è controproducente dal punto di vista delle prospettive di raggiungimento di una pace sostenibile nella regione.

L’Azerbajgian potrà ricorrere nuovamente alla forza, come ha fatto nel 2020?
Non vorrei commentare scenari ipotetici. L’Azerbajgian è un membro responsabile della comunità internazionale e agisce sempre in conformità con le disposizioni della sua Costituzione e del diritto internazionale. Il nostro obiettivo è la risoluzione pacifica di tutti i problemi esistenti.

Come vanno le cose con l’apertura delle comunicazioni di trasporto nella regione, che era uno dei punti dell’accordo trilaterale firmato dai leader di Russia, Azerbajgian e Armenia il 9 novembre 2020?
L’Azerbajgian sostiene costantemente l’apertura di tutte le comunicazioni di trasporto nella regione, poiché crediamo che stretti legami commerciali ed economici contribuiranno alla pace, alla stabilità e alla prosperità della regione. In questo contesto apprezziamo molto la posizione della Federazione Russa, che sta compiendo grandi sforzi per realizzare progressi in questa direzione. Tuttavia, ora c’è una certa stagnazione nei nostri negoziati con l’Armenia sull’apertura delle comunicazioni di trasporto. Come sapete, l’apertura del Corridoio di Zangezur, che significa garantire la comunicazione senza ostacoli tra le regioni occidentali dell’Azerbajgian e la Repubblica Autonoma di Nakhchivan attraverso il territorio della Repubblica di Armenia, è una delle disposizioni della dichiarazione trilaterale firmata la notte del 9-10 novembre 2020 a cura dei Presidenti di Azerbajgian e Russia, così come il Primo Ministro dell’Armenia. Quasi tre anni dopo, questa clausola dell’accordo non è stata ancora rispettata dall’Armenia. L’apertura del Corridoio di Zangezur è vantaggiosa innanzitutto per la stessa Armenia, che si è trovata ai margini dell’architettura dei trasporti e della logistica della regione a causa della sua politica di occupazione contro l’Azerbajgian durata tre decenni. Se però l’Armenia, con vari pretesti, rinuncerà ai propri obblighi e vorrà continuare a restare isolata, allora Baku non intende aspettare e sta già lavorando attivamente a progetti alternativi con altri Paesi della regione. Non legheremo le nostre esigenze logistiche ai capricci del governo armeno e andremo avanti con i nostri partner regionali.

Quanto è efficace, secondo lei, la mediazione internazionale dopo la fine della guerra del Karabakh durata 44 giorni nel 2020?
Le azioni dell’Armenia che ho menzionato sopra, mettendo in discussione l’integrità territoriale e la sovranità dell’Azerbajgian, purtroppo minano i progressi raggiunti, anche attraverso gli sforzi dei mediatori internazionali, sulla questione della conclusione di un trattato di pace. Speriamo ancora nella firma di un trattato di pace prima della fine di quest’anno e invitiamo la leadership politica armena a compiere il passo principale: registrare formalmente, con la firma del trattato di pace, il riconoscimento dell’integrità territoriale dell’Azerbajgian, compreso la regione economica del Karabakh della nostra repubblica e di impegnarsi ad astenerci in futuro dall’ingerenza dei Paesi negli affari interni della nostra repubblica. Anche attraverso tentativi di sollevare le nostre questioni interne, come le questioni relative alla nostra interazione con i nostri cittadini di origine etnica armena in Karabakh, a piattaforme internazionali con il pretesto di garantire i diritti e la sicurezza di questo gruppo di popolazione. Questi sono i nostri cittadini, e i loro diritti e la loro sicurezza saranno garantiti dalla Costituzione dell’Azerbajgian. È importante che l’Armenia abbandoni la politica di finanziamento e incitamento al separatismo nel nostro Paese.
Per quanto riguarda le attività dei mediatori internazionali, apprezziamo molto il loro contributo alla normalizzazione delle relazioni azerbajgiano-armene. Il ruolo della Russia in questo processo, la cui mediazione attiva ha assicurato la firma di un accordo trilaterale nel novembre 2020 che ha posto fine alle ostilità su larga scala, è estremamente importante. Anche l’Unione Europea e gli Stati Uniti stanno dando il loro contributo al processo negoziale. In generale, ciascuno dei percorsi negoziali è unico a modo suo e contribuisce a facilitare il dialogo tra Baku e Yerevan sulle questioni più problematiche.

Come valuteresti l’attuale livello delle relazioni russo-azerbajgiane?
La Dichiarazione sulla cooperazione alleata tra i nostri paesi, firmata il 22 febbraio 2022, eleva le relazioni bilaterali a un livello qualitativamente nuovo e dà un impulso tangibile al loro sviluppo. Anche nelle attuali difficili condizioni geopolitiche, le relazioni tra i nostri paesi resistono alla prova della forza. Sono fiducioso che attraverso sforzi congiunti l’Azerbajgian e la Russia saranno in grado di risolvere le questioni regionali più complesse, anche nel formato “3 + 3”, che implica la risoluzione delle questioni regionali da parte degli attori regionali.
Interagiamo strettamente sia politicamente che economicamente. I dati per la prima metà di quest’anno indicano un aumento significativo del fatturato commerciale, gli indicatori del turismo reciproco stanno crescendo e continua la stretta collaborazione nella sfera culturale e umanitaria. Il 15 settembre inizia una nuova stagione accademica in Azerbajgian e nel nostro Paese, come ogni anno, c’è una grande richiesta per insegnare a scolari e studenti in russo. Inoltre, di anno in anno, l’interesse per l’apprendimento della lingua russa cresce. Non posso fare a meno di notare che il nostro Stato, a sua volta, sta creando tutte le condizioni necessarie per soddisfare questa domanda.

«In poche ore l’Armenia può essere tagliata in due» da un’avanzata azera

Gli esperti di Crisis Group, Olesya Vartanyan, analista senior del Caucaso meridionale; Zaur Shiriyev, analista del Caucaso meridionale; Oleg Ignatov, analista senior della Russia, moderati da Olga Oliker, Direttore del programma Europa e Asia centrale di Crisis Group, discutono gli ultimi sviluppi sul campo e le prospettive di allentamento delle tensioni e di un accordo di pace. Discutono del ruolo delle potenze esterne e se saranno in grado di contribuire a portare avanti i negoziati [QUI].
Breve quadro della situazione: «In poche ore l’Armenia può essere tagliata in due» da un’avanzata azera. «Se scoppiassero nuovi combattimenti, ciò potrebbe portare a gravi conseguenze umanitarie e cambiamenti irreversibili nella regione»: Olesya Vartanyan spiega cosa è in gioco nel Nagorno-Karabakh.
Gli esperti sottolineano che le tensioni rimangono pericolosamente alte tra Armenia e Azerbajgian – e oltre. Nelle ultime settimane, Baku avrebbe ammassato truppe lungo il confine con l’Armenia e intorno al Nagorno-Karabakh. I leader armeni lanciano l’allarme nelle capitali straniere e sollecitano colloqui immediati. Nel frattempo, Mosca sta diventando sempre più scontenta dell’Armenia, a causa dei crescenti legami di Yerevan con gli Stati occidentali, illustrati dalle esercitazioni militari congiunte in corso con gli Stati Uniti. Tutto ciò contribuisce ad alimentare il timore di una ripresa dei combattimenti. Nei quasi tre anni trascorsi dall’ultima guerra tra le due parti terminata con un cessate il fuoco, percorsi separati per i colloqui di pace, mediati da Unione Europea, Stati Uniti e Russia, non sono riusciti a produrre un trattato di pace. Yerevan ha insistito per una sorta di garanzia di sicurezza per gli Armeni che vivono nel Nagorno-Karabakh prima che Baku riprenda il controllo dell’enclave. Baku ha rifiutato, dicendo che avranno tutte le garanzie concesse a tutti i cittadini azeri. I leader de facto di quella popolazione hanno cercato colloqui diretti con Baku, ma questi, sebbene promessi, rimangono sfuggenti.

NOI PREGHIAMO IL SIGNORE PER QUESTO MIRACOLO
NON DOBBIAMO SPERARE CHE VENGA DAGLI UOMINI,
QUELLO CHE SOLO IL SIGNORE POTREBBE DARCI

Indice – #ArtsakhBlockade [QUI]

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