278° giorno del #ArtsakhBlockade. Cronaca dal campo di concentramento della soluzione finale di Aliyev in Artsakh. Rinnega firma e accordi, respinge appelli e ordini, non revoca chiusura Corridoio di Lachin
[Korazym.org/Blog dell’Editore, 15.09.2023 – Vik van Brantegem] – La crisi umanitaria nell’Artsakh/Nagorno-Karabakh continua ad aggravarsi, la fame è ormai più comune, i villaggi sono particolarmente colpiti, le code per il pane durano ancora ore e non sempre c’è, le scorte alimentari essenziali e i prodotti per l’igiene terminati. I più colpiti sono i bambini piccoli e le donne incinte.
Le autorità della Repubblica di Artsakh nello scorso fine settimana hanno dichiarato di aver accettato di far entrare in Artsakh un camion della Croce Rossa russa dal territorio sotto controllo dell’Azerbajgian, lungo la strada Akna (Aghdam)-Askeran-Stepanakert, in cambio dell’impegno di Baku di sbloccare il Corridoio di Berdzor (Lachin). Ad oggi sono passati 6 giorni da quando l’Azerbajgian ha fatto la promessa di sbloccare il corridoio e 3 giorni da quando l’Artsakh ha rispettato la sua parte del compromesso, eppure il #Artsakhblockade continua. L’Azerbajgian non ha ancora aperto il Corridoio di Berdzor (Lachin), in violazione dell’accordo trilaterale del 9 novembre 2020, degli ordini vincolanti della Corte Internazionale di Giustizia, degli appelli internazionali e dell’accordo di compromesso. Neanche il traffico umanitario dall’Armenia è stato ripristinato, con l’Azerbajgian che accusa le autorità dell’Artsakh di continuare ad opporsi ad una rotta di rifornimento alternativa controllata dall’Azerbajgian (impropriamente chiamato “corridoio” di Aghdam).
Il Nagorno Karabakh Observer ha scritto: «Informazioni non ufficiali ma credibili affermano che durante le elezioni [presidenziali] del 9 settembre nel Nagorno-Karabakh, l’Azerbajgian stava pianificando un’incursione nella città di Askeran, ma è stato fermato dalle forze di mantenimento della pace russe. Come compenso, Baku ha chiesto l’invio di aiuti umanitari attraverso Aghdam. Poi, gli aiuti umanitari sono passati per Aghdam; un camion della Croce Rossa russa con merci russe. Nessuna indicazione che la strada di Aghdam sia aperta. Nessuno parla nemmeno del Corridoio di Lachin, una questione ben più complessa in questo momento».
L’11 settembre il camion della Croce Rossa russa ha consegnato 15 tonnellate di cibo e altri aiuti umanitari di fabbricazione russa dalla Russia. Il Ministero degli Esteri russo ha riferito nel corso della giornata di un accordo sullo “sblocco parallelo delle rotte di Lachin e Aghdam” [impropriamente chiamate ambedue “rotte”, mentre esiste solo un corridoio, che si chiama Lachin]. La parte azera ha confermato la propria disponibilità per tale accordo, che è favorito anche dagli Stati Uniti e dall’Unione Europea.
Il Consigliere del Presidente dell’Artsakh, Davit Babayan, ha negato le affermazioni del Consigliere del Presidente dell’Azerbajgian, Hikmet Hajiyev, e ha detto che la stessa Baku sta violando un accordo per riaprire il Corridoio di Berdzor (Lachin) dopo la consegna di 15 tonnellate di aiuti umanitari russi, attraverso la strada di Akna (Aghdam). «Il nostro popolo si trova in una situazione in cui nessuna questione può essere politicizzata», ha detto Babayan al servizio armeno di Radio Free Europe/Radio Liberty. «Non abbiamo mai violato o distorto alcun accordo». Al contrario dell’Azerbajgian, che viola o distorce ogni accordo, sempre. Il 9 novembre 2020 la Russia, l’Armenia e l’Azerbajgian hanno firmato l’accordo tripartito di cessate il fuoco. Russia e Azerbaigian non onorano questo accordo e non hanno rispettato i loro obblighi. Al contrario, l’Armenia lo ha fatto.
Le fonti hanno affermato che le parti “in conflitto”, così come la Russia e altri attori internazionali, stanno portando avanti i negoziati sulla questione. Babayan ha confermato l’informazione, ma ha detto di non poter fornire dettagli.
L’Unione Europea ha accolto positivamente l’invio degli aiuti russi all’Artsakh. Un portavoce del Presidente del Consiglio Europeo, Charles Michel, lo ha definito «un passo importante che dovrebbe facilitare la riapertura anche del Corridoio di Lachin» [che dovrebbe essere aperto senza condizioni, concessioni o “facilitazioni]. «Chiediamo a tutte le parti interessate di mostrare responsabilità e flessibilità nel garantire che vengano utilizzate sia la rotta Lachin che quella Aghdam-Askeran», ha aggiunto in una nota.
Ripetiamo che è errato di parlare di “rotta Lachin” allo stesso modo di una “rotta Aghdam-Askeran”, perché si tratta del “Corridoio di Lachin” secondo l’accordo trilaterale del 9 novembre 2020. Inoltre, è sbagliato di rivolgersi a “tutte le parti” se è solo la parte azera che non rispetta gli accordi e blocca da 9 mesi il Corridoio di Berdzor (Lachin), provocando la crisi umanitaria in Artsakh, che adesso pretende di “risolvere” attraverso la rotta Akna (Aghdam)-Askeran-Stepanakert.
La Russia è preoccupata per la tensione in corso nel Nagorno-Karabakh, continua i contatti con l’Azerbajgian e l’Armenia e chiede moderazione da entrambe le parti, ha detto il Portavoce del Presidente russo, Dmitry Peskov ai giornalisti secondo l’agenzia di stampa russa TASS.
«Certamente siamo preoccupati perché la tensione non si allenta e in alcuni luoghi addirittura aumenta. Nonostante tutto, la Russia rimane un affidabile garante della sicurezza [nella regione]. Continuiamo i nostri contatti sia con Yerevan che con Baku. E, naturalmente, chiediamo moderazione da entrambe le parti nello spirito dei documenti tripartiti firmati due anni fa. Naturalmente, tenendo conto delle nuove realtà emerse da allora», ha detto Peskov.
Ecco, due questioni problematiche:
1. L’appello ad “ambedue le parti”, mentre l’Azerbajgian è l’aggressore e l’Artsakh e l’Armenia sono le vittime.
2. “Tenendo conto delle nuove realtà emerse da allora”, significa che per la Russia non è più attuale l’accordo trilaterale del 9 novembre 2020, come abbiamo già osservato in precedenza.
Intanto, il fatto innegabile è che, come era prevedibile e scontato, l’Azerbajgian ancora una volta ha rinnegato quanto concordato e, in risposta al benestare delle autorità dell’Artsakh con il trasporto di carichi umanitari della Croce Rossa russa dalla Russia attraverso la strada Akna (Aghdam)-Askeran-Stepanakert, continua a non consentire il trasporto di carichi umanitari dal territorio dell’Armenia attraverso il Corridoio di Berdzor (Lachin). Come informa News.am, lo ha osservato in una nota il movimento pubblico Fronte per lo Sviluppo della Sicurezza dell’Artsakh.
La nota afferma: «Questo comportamento delle autorità azere non è altro che un completo disprezzo per tutti gli sforzi degli attori internazionali per risolvere il problema. È quantomeno sconcertante che la Russia, in quanto parte degli accordi e garante dell’attuazione delle disposizioni della dichiarazione trilaterale del 9 novembre 2020, tolleri un’altra provocazione da parte dell’Azerbajgian. Non è la prima volta che il movimento pubblico Fronte per lo Sviluppo della Sicurezza dell’Artsakh annuncia la dubbia capacità della parte azera di mantenere i propri obblighi contrattuali e sollecita le autorità dell’Artsakh a insistere sulla necessità di garanzie e sanzioni internazionali per attuare le possibili decisioni che possono essere raggiunto con la parte azera. In questo momento difficile, invitiamo i nostri compatrioti a unirsi e a fare tutto il possibile per salvare l’Artsakh. Nelle condizioni di blocco totale, profonda crisi umanitaria e minacce esistenziali da parte dell’Azerbajgian, la garanzia più importante per mantenere l’Artsakh armeno era e rimane la volontà indistruttibile del popolo dell’Artsakh di vivere nella propria patria e difenderla a tutti i costi».
Il Centro per il Diritto e la Giustizia della Fondazione Tatoyan, diretto da Arman Tatoyan, ex Difensore dei Diritti Umani dell’Armenia, informa sulla sua pagina Facebook di aver identificato le posizioni armate dell’Azerbajgian nel Corridoio di Berdzor (Lachin) lungo strada che porta alla capitale della Repubblica di Artsakh, Stepanakert, dove si trovavano gli agenti “eco-attivisti” del governo azerbajgiano che hanno bloccato il corridoio dal 12 dicembre 2022 al 23 aprile 2023; e lungo la strada che porta da Stepanakert ad Akna (Aghdam), dove è stato individuato anche il parcheggio dei veicoli della Società della Mezzaluna Rossa azera. La Fondazione Tatoyan osserva che le mappe e posizioni dimostrano ancora una volta che il Corridoio di Lachin è importante per la conservazione dell’identità etnica degli armeni dell’Artsakh e che l’apertura della strada da Akna (Aghdam) rappresenta una minaccia esistenziale per gli Armeni dell’Artsakh e non è un’alternativa al Corridoio di Berdzor (Lachin).
Ovviamente, da parte azera, si fanno sforzi da contorsionisti, per negare l’evidenza e affermare che la terra è piatta. Alcuni casi a titolo di esempi.
Nigar Arpadarai, Membro del Parlamento dell’Azerbajian e Membro della delegazione azera all’Assemblea Parlamentare del Consiglio d’Europa, ha scritto in un post su Twitter: «I separatisti in Karabakh dell’Azerbajgian hanno accettato il carico lungo la strada Aghdam-Khankendi, concordando essenzialmente sul fatto che in tutti questi mesi avevano gonfiato artificialmente l’isteria umanitaria».
Stepanakert, 14 settembre 2023. Foto di Liana Margaryan che illustra come l’Artsakh è da mesi è in stato di «isteria umanitaria artificialmente gonfiata», che i «nazionalisti monoetnici [Armeni] hanno creato per il loro Paese e per la regione più ampia», come scrive Hikmet Hajiyev nel suo editoriale per Politico. Ci sono troll che addirittura arrivano a scrivere che le strade e gli scaffali dei negozi vengono svuotate per fare le foto per «gonfiare artificialmente l’isteria umanitaria» che gli Armeni dell’Artskakh si sono auto-imposto.
La signora Nigar è così disperata nel negare il genocidio del #ArtsakhBlockade dell’Azerbajgian, che le sue dichiarazioni ha perso ogni senso. Il fatto che le autorità armeni della Repubblica di Artsakh abbiano accettato gli aiuti via la strada di Akna (Aghdam)-Askeran-Stepanakert dimostra quanto sia disperata la loro situazione, perché non hanno mai voluto fare affidamento su una strada controllata da Ilham Aliyev.
Il Presidente della Mezzaluna Rossa azera, Novruz Aslanov (che abbiamo già messo sotto la nostra lente [QUI]), che vorrebbe obbligare gli Armeni dell’Artsakh di accettare i suoi 10 tonnellate di “farina umanitaria-filantropica”, è soprattutto noto per aver espresso forti sentimenti anti-armeni e di armenofobia, incluso un linguaggio pubblico dispregiativo e continue aperte minacce nei confronti degli Armeni, oltre ad elogiare pubblicamente le azioni del regime autocratico in Azerbajgian e minimizzando le violazioni dei diritti umani e i crimini di guerra azeri. Si era dichiarato disponibile per condurre una “valutazione dei bisogni” degli Armeni nell’Artsakh assediato dal suo datore di lavoro. L’uomo giusto per il compito giusto.
L’uso dell’incitamento all’odio, della discriminazione e dell’armenofobia nelle sue azioni è chiaramente in conflitto con i principi fondamentali dell’organizzazione umanitaria che indegnamente presiede. Questa situazione solleva preoccupazioni anche per quanto riguarda principio di neutralità, poiché è manifesto che stia articolando la posizione ufficiale del governo azerbajgiano, sostenendo di fatto il linguaggio di odio e dell’armenofobia sponsorizzati dal governo.
La Federazione Internazionale delle Società della Croce Rossa e della Mezzaluna Rossa dovrebbe affrontare con urgenza la questione e condannare pubblicamente qualsiasi forma di discriminazione. Permettere ad un individuo con un simile passato di retorica razzista di trovarsi in prossimità delle stesse persone che ha preso di mira con i suoi discorsi di odio, contraddice i principi fondamentali del CICR.
La Federazione Internazionale delle Società della Croce Rossa e della Mezzaluna Rossa dovrebbe con urgenza adottare azioni adeguate in risposta a questa situazione. Lo chiedono tutte le persone che sostengono i valori di inclusività, pace e azione umanitaria delle società umanitarie. Tali principi devono guidare tutte le azioni intraprese sotto la bandiera di organizzazioni come la Croce Rossa e la Mezzaluna Rossa.
Hikmet Hajiyev, il Consigliere per la politica estera del Presidente dell’Azerbajgian, accusa il “regime illegale del Karabakh” di ostacolare “l’apertura simultanea” delle due “strade” che, secondo lui, era stata concordata dal Segretario di Stato americano, Antony Blinken e dal Ministro degli Esteri azerbajgiano, Jeyhun Bayramov, in un telefonata del 1° settembre.
L’idea di pace di Hikmet Hajiyev è di far morire di fame quelli che lui stesso afferma essere i suoi cittadini, bloccando da più di 9 mesi i rifornimenti di cibo, medicine, gas e elettricità, sotto un blocco militare delle sue forze armate. E Politico è felice di pubblicare la sua propaganda.
In un editoriale per Politico del 14 settembre 2023, Hajiyev, scrive: « (…) Prendiamo la situazione in Karabakh. Questa regione dell’Azerbaigian è stata occupata dalla vicina Armenia per 30 anni. (…) Lì, la restante comunità di etnia armena in Azerbajgian era collegata all’Armenia tramite un’unica via terrestre: la strada Lachin [ovviamente nella narrazione della propaganda azera, il CORRIDOIO di Lachin cambia suo status diplomatica in una via, una rotta, una strada]. Legalmente e moralmente, i cittadini che vivono in ciò che resta di questa zona grigia sono cittadini dell’Azerbajgian (…) il Karabakh è territorio sovrano dell’Azerbajgian. E questo significa anche che l’Azerbajgian ha il dovere di prendersi cura di coloro che vivono lì indipendentemente e – forse ancora di più data la storia recente – a causa della loro etnia [e perciò l’Azerbajgian sta tendando da 9 mesi di farli morire di fame o per mancanza di cure mediche, di freddo, ecc.]. Il governo dell’Azerbaigian si è ripetutamente offerto di fornire agli Armeni del Karabakh cibo, medicine e altro attraverso strade che forniscono un passaggio più vicino e veloce rispetto a Lachin [e perciò ha chiuso il Corridoio di Lachin, in violazione dell’accordo trilaterale del 9 novembre 2020 e dell’ordine vincolante della Corte Internazionale di Giustizia, per costringerli con l’arma della fama di accettare l’apertura della rotta Aghdam]. Le rotte terrestri offerte dall’Azerbaigian sono riconosciute come praticabili e utilizzabili dall’Unione Europea, dagli Stati Uniti e dal Comitato Internazionale della Croce Rossa, e proprio questa settimana, il Segretario di Stato americano Antony Blinken ha chiesto “l’apertura immediata e simultanea di entrambi i corridoi” [innanzitutto, c’è solo un corridoio, e si chiama Lachin; ciononostante Stepanakert ha acconsentito l’ingresso del camion della Croce Rossa russa attraverso Aghdam, Baku non ha aperto il Corridoio di Lachin e a Kornidzor sono bloccati da due mesi 32 camion con aiuti umanitari dall’Armenia e dalla Francia]. Ma ciò che è stato riportato dai media internazionali è qualcosa di diverso. L’idea che solo l’Armenia debba rifornire gli armeni che vivono nel vicino Paese dell’Azerbaigian attraverso un’unica via monoetnica è – siamo incoraggiati a crederlo – in qualche modo accettabile per la comunità internazionale e i media [*]. E ci viene detto che questo è dovuto al fatto che questo conflitto è diverso dagli altri, che gli Armeni non possono vivere fianco a fianco con gli Azeri nello stesso Paese a causa della nostra storia. Ma sia il nostro passato che il nostro presente ci insegnano che questo semplicemente non è vero [invece, sia il passato e il presente dimostrano che questo è vero, come abbiamo ancora una volta dimostrato ieri in un articolo Pro memoria [QUI]. Prima della guerra degli anni ’90, gli azeri e gli armeni vivevano insieme, fianco a fianco, in pace in Karabakh [falso storico, come già illustrato più volte in passato]. (…) Il dolore che questi nazionalisti monoetnici hanno creato per il loro Paese e per la regione più ampia è difficile da comprendere appieno per gli Occidentali – che hanno trascorso l’ultima generazione vivendo in relativa pace [esattamente per questo, gli Occidentali posso capire appieno il doloro che ha causato negli ultimi tre anni e continua a causare l’Azerbajgian al popolo armeno]. (…) Gli azeri vogliono la pace [¡jajajajajajajajajajaja!]. (…)».
[*] Per dimostrare che è legittimo e perfettamente comprensibile che l’Artsakh non accetta “aiuti umanitari” dallo Stato terrorista dell’Azerbajgian (che nega i diritti umani, i diritti umanitari internazionali e il diritto all’autodeterminazione al popolo dell’Artsakh e sta eseguendo una politica di pulizia etnica e genocidio), riportiamo l’esempio recente del Marocco, che accetta aiuti umanitari per il sisma, che ha provocato oltre 2.100 morti, solo da 4 Paesi (e non dalla Francia).
Con un comunicato il Ministero degli Interni marocchino ha precisato di aver accettato, per il momento, solo aiuti da quattro paesi “amici”. «Le autorità marocchine hanno risposto favorevolmente, in questa fase specifica, alle offerte di sostegno dei Paesi amici Spagna, Qatar, Regno Unito ed Emirati Arabi Uniti, che si erano offerti di mobilitare squadre di ricerca e soccorso», precisa il comunicato ufficiale trasmesso dalla televisione marocchina 2M.
La giustificazione di Rabat fa riferimento ad una «valutazione precisa» dei bisogni, ma non è esclusa l’ipotesi di chiedere aiuto ad altri paesi se necessario. La vicenda è particolarmente rilevante per quanto riguarda la proposta della Francia, un Paese che con il Marocco vanta uno stretto rapporto politico, storico e diplomatico per il fatto che per oltre quarant’anni è stato un protettorato francese, di fatto una colonia. Il Presidente Emmanuel Macron dal G20 di New Delhi ha espresso la disponibilità del suo Paese a collaborare affermando che «la Francia è disposta ad offrire il suo aiuto al Marocco se il Marocco decide che è utile», ricordando che milioni di cittadini francesi hanno radici marocchine e familiari nelle regioni colpite dal terremoto e si tratta di una «tragedia che tocca nel profondo il popolo francese».
Anche la Turchia, colpita recentemente da un terribile sisma che ha causato 60mila morti, ha offerto esplicitamente il proprio aiuto al Marocco senza ottenere risposta positiva.
Una fonte diplomatica marocchina ha precisato, che il Paese sta seguendo un «approccio responsabile, rigoroso ed efficace» per gestire le richieste di sostegno internazionale, collegandole ai bisogni che si presentano sul campo. «Una volta individuata la necessità, comunichiamo con coloro che hanno fatto l’offerta corrispondente a quella necessità per dire loro di fornire quell’aiuto» ha poi puntualizzato.
Questo «approccio responsabile, rigoroso ed efficace» del Marocco lo è ancora con più ragione nel caso dell’Artsakh, sotto assedio e vittima di pulizia etnica da parte dell’Azerbajgian, di cui rifiuta l’offerta. Questa è la risposta ad un esponente del regime autocratico di Aliyev, come Novruz Aslanov, che ha affermato: «Perché dovremmo aspettarci un appello? Se può essere necessario, allora stiamo facendo questo passo». Che prenda un esempio della risposta del Presidente francese al Marocco.
Però, la differenza fondamentale con l’Artsakh è, che l’Artsakh è sotto assedio e blocco totale, circondato da tutti i lati dall’Azerbajgian, che impedisce l’accesso dell’Artsakh all’Armenia e al resto del mondo.
Il Dipartimento di Stato americano si rifiuta di spiegare perché Aliyev non vuole revocare il blocco. La protezione di un tiranno
Il 14 settembre la Commissione per le Relazioni Estere del Senato degli Stati Uniti ha tenuto un’audizione dal tema Valutazione della crisi nel Nagorno-Karabakh, presieduto dal Senatore Robert Menendez, relativa al blocco genocida dell’Artsakh/Nagorno-Karabakh da parte dell’Azerbajgian. È stata ascoltato il Vicesegretario ad interim per gli Affari Europei ed Eurasiatici del Dipartimento di Stato, Yuri Kim.
Nonostante la sua dichiarazione sulla richiesta di immediata apertura del Corridoio di Berdzor (Lachin) e sulla tolleranza zero per qualsiasi azione militare o attacco contro la popolazione dell’Artsakh/Nagorno-Karabakh), Kim ha rifiutato di rispondere alla domanda di Menendez sul mancato rispetto da parte di Aliyev delle richieste di revoca il blocco, affermando che preferiva discutere la questione in un contesto diverso.
Prendendo atto della risposta evasiva di Kim, Menendez ha fornito la sua “risposta non classificata”, affermando che Aliyev si rifiuta di aprire il corridoio perché mira a sottomettere la popolazione dell’Artsakh attraverso la fame o la minaccia di fame.
Louis Bono, il principale negoziatore statunitense nel Caucaso, che era a Yerevan il 14 settembre, continua a occuparsi sia della priorità a breve termine, ovvero la riapertura del Corridoio di Berdzor (Lachin), sia della priorità a lungo termine. Lo ha annunciato in un briefing il Portavoce del Dipartimento di Stato americano, Matthew Miller. Non ha specificato se Bono visiterà anche Baku. «Non ho intenzione di commentare, ma se chiamate l’ufficio competente, sono sicuro che potranno darvi i dettagli», ha detto.
È stata sollevata anche una domanda sulla crisi umanitaria nell’Artsakh/Nagorno-Karabakh. Recentemente, uno dei legislatori americani ha scritto una lettera al presidente Biden, che afferma: «Gli Stati Uniti devono riconoscere questo genocidio e agire di conseguenza per salvare quante più vite possibile». Qual è il messaggio del Dipartimento di Stato ai Cristiani Armeni sofferenti, ha chiesto il giornalista. «Vogliamo che il Corridoio di Lachin venga aperto immediatamente. Lo abbiamo detto chiaramente. Il Segretario di Stato Blinken ha lavorato con i leader dell’Armenia e dell’Azerbajgian per chiarire che vogliamo che il Corridoio di Lachin venga aperto immediatamente per affrontare la situazione umanitaria davvero terribile nel Nagorno-Karabakh», ha risposto Miller.
La domanda successiva rimane non posta o senza risposta: cosa faranno gli USA se l’Azerbajgian non “apre immediatamente il Corridoio di Lachin”, come richiede il Dipartimento di Stato?
«Arsen di dieci anni aspetta in fila dalle ore 06.00 del mattino davanti all’unico panificio operativo di Stepanakert. Deve portare il pane a casa prima di andare a scuola. Arsen è arrabbiato per gli adulti che saltano la fila e dice che il suo sogno è di diventare un poliziotto per far mantenere l’ordine nelle code. Giorno 277 del #ArtsakhBlockade [14 settembre]» (Siranush Sargsyan, giornalista freelance nel Nagorno-Karabakh assediato).
«Stepanakert questo pomeriggio [14 settembre]. Davanti a questo edificio la gente aspetta per ritirare i buoni per il “pane”. Vedendo la gente camminare per strade vuote e solo riso (odore sgradevole e limitato) sugli scaffali, il Nagorno-Karabakh onestamente mi ricorda la Corea del Nord» (Marut Vanyan, giornalista freelance in Karabakh/Artsakh Email).
I parlamentari delle Fiandre hanno espresso il loro sostegno al popolo dell’Artsakh
Su iniziativa del gruppo di amicizia dell’Assemblea Nazionale della Repubblica dell’Artsakh, “Repubblica di Artsakh-Parlamento delle Fiandre del Regno del Belgio”, il 13 settembre è stato organizzato un incontro speciale con i colleghi del Belgio, si apprende da un comunicato stampa dell’Assemblea Nazionale dell’Artsakh.
Durante l’incontro speciale sono state discusse le questioni relative allo status attuale dell’Artsakh, alla quale ha partecipato anche il Capo dell’Ufficio del Comitato armeno Dat Europe dell’ARF, Gaspar Karapetyan, e il Direttore esecutivo dell’Ufficio, Heghine Evinyan.
Aram Grigoryan, capo del gruppo di amicizia dell’Assemblea Nazionale, i membri del gruppo, Gagik Baghunts, Vicepresidente dell’Assemblea Nazionale, e Vahram Balayan, Presidente del Comitato per le Relazioni Esteri dell’Assemblea Nazionale, hanno presentato le difficoltà sofferte dal popolo dell’Artsakh a causa del blocco dell’Artsakh da parte dell’Azerbajgian e i problemi di sicurezza. Hanno osservato che gli amici dell’Artsakh dovrebbero sollevare la questione nei tribunali internazionali e nei media.
I membri del Parlamento delle Fiandre e gli altri partecipanti all’incontro speciale hanno espresso il loro sostegno al popolo dell’Artsakh , hanno sottolineato che il Parlamento delle Fiandre ha condannato la politica dell’Azerbajgian, che dopo la guerra il governo delle Fiandre ha stanziato fondi per gli aiuti umanitari e oggi stanno ancora cercando di sviluppare iniziative per il sostegno dell’Artsakh.
Gagik Baghunts ha sottolineato l’importanza del sostegno degli amici dell’Artsakh in questa fase difficile e ha sottolineato che si continua a lottare per il diritto all’autodeterminazione.
Il Parlamento Europeo ha adottato una risoluzione contro l’Azerbajgian per le violazioni dei diritti umani
Il Parlamento Europeo ha adottato una risoluzione con 539 voti favorevoli, 6 contrari e 24 astensioni, che chiede il rilascio di Gubad Ibadoglu, una nota figura dell’opposizione azera illegalmente arrestata in Azerbajgian, che condanna gravi violazioni dei diritti umani in Azerbajgian e impone sanzioni ai funzionari azeri che hanno commesso violazioni dei diritti umani.
La risoluzione afferma che Gubad Ibadoglu è stato brutalmente aggredito e arrestato arbitrariamente il 23 luglio 2023 e resta in carcere con accuse dubbie. È noto per aver criticato duramente il governo dell’Azerbajgian per quanto riguarda la corruzione, la gestione inefficiente delle finanze pubbliche e la mancanza di trasparenza. Rischia 12 anni di reclusione per “false accuse”, afferma la risoluzione.
Atualmente in Azerbaigian ci sono circa 200 prigionieri politici, tra cui giornalisti, difensori dei diritti umani e politici dell’opposizione, afferma la risoluzione che chiede di sollevare i casi di violazione dei diritti umani in Azerbajgian durante tutti gli incontri bilaterali e i negoziati sulla firma dei futuri accordi di partenariato, osservando che la condizione per la conclusione di tali accordi dovrebbe essere il rilascio di tutti i prigionieri politici in Azerbajgian.
I cargo jumbo azeri continuano a volare verso Ovda in Israele
Avi Scharf, giornalista di Haaretz ha riferito che ieri è stato registrato il sesto volo in due settimane (il 104° volo in 7 anni) di un cargo jumbo azero 4K-AZ40 verso l’aeroporto israeliano di Ovda. La Silkway Airlines dell’Azerbajgian è stata autorizzata dalle autorità israeliane del trasporto di esplosivi da una pista di atterraggio appartata nel deserto. Alcuni sono atterrati con l’identificativo del Ministero della Difesa azero.
Il Ministro della Difesa iraniano esclude la possibilità di una guerra tra Armenia e Azerbajgian nel prossimo futuro
Secondo l’agenzia iraniana Tasnim, il Ministero degli Esteri iraniano, Generale di brigata Mohammad Reza Ashtiani, ieri nel corso di un briefing ha affermato che Teheran sta monitorando da vicino la situazione nel Caucaso meridionale e mantiene i contatti con Armenia e Azerbajgian.
Nel contesto dell’escalation dell’Azerbajgian contro l’Armenia e l’Artsakh, ha escluso l’eventualità che inizi una guerra nel Caucaso meridionale. «Crediamo che la guerra non scoppierà nella regione», ha detto, sottolineando nel contempo che l’Iran non approverà alcun cambiamento dei confini. A suo avviso, i processi attuali indicano che «non accadrà alcun evento specifico».
In precedenza, anche il Portavoce del Ministero degli Esteri iraniano, Nasser Kanaani, ha affermato che Teheran sta monitorando da vicino la situazione nel Caucaso meridionale e mantiene i contatti con Armenia e Azerbajgian per garantire la pace e la sicurezza. Ha descritto il recente dispiegamento delle truppe azerbajgiane come «preparativi di routine per il periodo invernale, quando gli spostamenti in montagna possono essere difficili».
Sabato scorso, in una conversazione telefonica con il Primo Ministro armeno, Nikol Pashinyan, il Presidente iraniano, Ebrahim Raisi, ha assicurato che l’Iran si oppone a qualsiasi cambiamento dei confini regionali, affermando che Teheran è pronto a svolgere un «ruolo efficace» come «vicino potente» per prevenire scontri regionali, problemi o cambiamenti geopolitici.
Il Ministro della Difesa armeno ha incontrato le autorità militari russe
Il 14 settembre, il Ministro della Difesa armeno, Suren Papikyan, ha ricevuto il Capo di Stato maggiore delle forze armate di terra russe, il Generale dell’esercito Oleg Salyukov, e il nuovo Comandante delle forze di mantenimento della pace della Federazione Russa in Artsakh (Nagorno-Karabakh), il Maggiore generale Kirill Kulakov.
Risposta ai rabbini revisionisti europei negano il genocidio armeno
Il 6 settembre 2023 il Centro Rabbinico d’Europa ha inviato una lettera firmata da 50 rabbini conservatori al Primo Ministro della Repubblica di Armenia, Nikol Pashinyan e al Presidente, Vahagn Khachaturyan, affermando che i funzionari armeni non hanno il diritto di usare il termine “genocidio” per descrivere il blocco del Corridoio di Berdzor (Lachin) da parte dell’Azerbajgian dal 12 dicembre 2022, motivo per cui 120mila persone dell’Artsakh sono condannati alla morte per fame. Della questione abbiamo riferito il 6 agosto [QUI], il 7 agosto [QUI] e il 9 settembre 2023 [QUI].
STEPANAKERT, 13 settembre 2023 – Artsakhpress – I rabbini hanno erroneamente affermato che il termine “genocidio” dovrebbe essere usato solo per descrivere lo Shoah ebraico. L’ignoranza di questi rabbini è superata solo dalla loro arroganza. Non solo non conoscono il vero significato del termine “genocidio”, ma danneggiano anche la propria causa dichiarando che, poiché lo Shoah è stato “unico”, nessun’altra tragedia umana può paragonarsi ad esso, negando così a chiunque l’opportunità di mostrare compassione. per le vittime dello Shoah. È nell’interesse degli Ebrei caratterizzare lo Shoah come una catastrofe universale con cui gli altri popoli possano simpatizzare. Sebbene tutti i genocidi presentino somiglianze, esistono evidenti differenze in termini di tempo, scala e luogo. Tuttavia, le somiglianze tra i genocidi superano le loro differenze.
Questi rabbini sembrano non sapere che secondo la Convenzione delle Nazioni Unite sulla prevenzione e la repressione del crimine di genocidio, il genocidio, oltre all’evidente omicidio di massa, comprende anche “la creazione deliberata di condizioni di vita per qualsiasi gruppo che mirino a alla sua totale o parziale distruzione fisica”. Questo è esattamente ciò che sta facendo l’Azerbajgian, affamando 120.000 persone dell’Artsakh, privandole di cibo, medicine e altri beni di prima necessità.
I rabbini negazionisti hanno dichiarato che i termini “ghetto”, “genocidio” e “Shoah” sono “inappropriati per l’uso nel gergo di qualsiasi disaccordo politico”. Secondo Luis Moreno Ocampo, ex Procuratore della Corte Penale Internazionale, la carestia degli Armeni dell’Artsakh non può essere definita “disaccordo politico”, ma genocidio.
I rabbini, continuando la serie di errori e malintesi commessi nella lettera di propaganda filo-azerbajgiana, hanno chiesto ai leader armeni di “chiarire in modo chiaro e inequivocabile che il popolo armeno riconosce e rispetta la terribile sofferenza umana del popolo ebraico” e di smettere di “minimizzare e sminuendo la portata della sofferenza del popolo ebraico prima di promuovere qualsiasi interesse politico attraverso l’uso incessante di espressioni legate allo Shoah sofferto dal popolo ebraico”.
Invece di fare la predica ai leader armeni sullo Shoah, i rabbini avrebbero dovuto indirizzare la loro lettera al Primo Ministro Benjamin Netanyahu, che ha negato il genocidio armeno e ha fatto pressioni sulla Knesset affinché respingesse una risoluzione che lo riconoscesse. Israele avrebbe dovuto essere il primo Paese a riconoscere il genocidio armeno, non l’ultimo.
Inoltre, questi rabbini avrebbero dovuto avere il coraggio morale di pubblicare una lettera in cui condannavano il governo israeliano per aver fornito le armi letali con cui l’Azerbajgian ha ucciso migliaia di soldati armeni nel 2020.
Invece di sostenere i negazionisti del genocidio ad Ankara e Baku, questi rabbini avrebbero dovuto sapere che i più importanti sostenitori del riconoscimento del genocidio armeno sono Ebrei: il Dottor Israel Charni (Direttore dell’Istituto sullo Shoah e il Genocidio di Gerusalemme), il Prof. Yair Auron (storico, autore di numerosi libri sul genocidio armeno), Raphael Lemkin (che ha coniato il termine genocidio), l’Ambasciatore Henry Morgenthau, Elie Wiesel (vincitore del Premio Nobel e sopravvissuto allo Shoah, Yossi Beilin (Ministro della Giustizia israeliano) e Yossi Sarid (Ministro dell’Istruzione israeliano).
Dopo che il Presidente Joe Biden ha riconosciuto il genocidio armeno il 24 aprile 2021, sia l’Anti-Defamation League (ADL) che l’American Jewish Committee (AJC) hanno sostenuto il riconoscimento di Biden. Anche il Museo commemorativo dello Shoah degli Stati Uniti a Washington ha rilasciato una dichiarazione il 27 aprile 2021, accogliendo con favore la decisione del Presidente Biden secondo cui è stato commesso un genocidio contro il popolo armeno. Inoltre, anche il Congresso Ebraico Mondiale ha riconosciuto il genocidio armeno.
Inoltre, 126 esperti dello Shoah hanno rilasciato una dichiarazione congiunta il 7 marzo 2000, “confermando il fatto innegabile del genocidio armeno”. Tra loro c’erano i professori Yehuda Bauer, Steven Feinstein, Irving Horowitz e Steven Katz.
Questi rabbini non hanno condannato l’ex Vice Primo Ministro dell’Azerbajgian ed ex Sindaco di Baku, Hajibala Abutalibov, che ha dichiarato nel 2005 durante un incontro con la delegazione del comune in Baviera (Germania). “Il nostro obiettivo è la completa distruzione degli Armeni. Voi nazisti avete già sterminato gli ebrei negli anni ’30 e ’40, vero? Dovete capirci”, come è stato riportato da Realny Azerbaigian nella sua edizione del 17 febbraio 2006.
Poiché questi rabbini credono che solo loro abbiano il diritto di usare il termine genocidio, si sono mai lamentati con il loro amato fratello Aliyev per i suoi ripetuti riferimenti al falso “genocidio di Khojalu”? Non è questo un vergognoso esempio di doppio standard?
I rabbini avrebbero dovuto ricordare le famigerate parole di Hitler del 22 agosto 1939: “Dopo tutto, chi parla oggi dello sterminio degli Armeni?” Notando che il mondo ignorava il genocidio armeno, Hitler fu incoraggiato a portare avanti lo Shoah.
Yaron Weiss di Gerusalemme, nipote di sopravvissuti allo Shoah, ha scritto: “Condanno la cinica appropriazione della memoria delle vittime dello Shoah da parte di quel gruppo di rabbini”. Yaron Weiss ha anche ricordato ai rabbini che “l’Azerbajgian rifiuta di condannare e scusarsi per gli omicidi di massa commessi dai soldati della Legione azera durante lo Shoah”.
Invitiamo questi rabbini a chiedere scusa per la loro lettera revisionista e offensiva, la campagna diffamatoria istigata dall’Azerbajgian, a seguito della quale hanno perso il senso della decenza e della moralità. Se la loro lettera incoraggia l’Azerbajgian a commettere nuove atrocità contro l’Armenia e l’Artsakh, questi rabbini saranno considerati complici dei crimini azeri.
Indice – #ArtsakhBlockade [QUI]