265° giorno del #ArtsakhBlockade – Parte 2. Cronaca dal campo di concentramento della soluzione finale di Aliyev in Artsakh. Riconoscimento della Repubblica di Artsakh garanzia per prevenire il genocidio

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[Korazym.org/Blog dell’Editore, 02.09.2023 – Vik van Brantegem] – L’Unione Europea ostinatamente incorreggibile. Peter Stano, Portavoce dell’Ufficio per la politica estera e di sicurezza dell’Unione Europea, ha osservato che l’Unione Europea si rammarica degli “scontri avvenuti al confine tra Armenia e Azerbajgian”, che hanno provocato vittime e feriti. Al riguardo ha scritto in un post sul suo account Twitter: «Invitiamo le parti a evitare ulteriori scontri e a riprendere il dialogo». Gli “scontri” erano bombardamenti con mortai e droni dell’Azerbajgian, non “al confine” ma oltre il confino in territorio sovrano dell’Armenia. L’invito a “le parti” è osceno, perché non indica l’aggressore (l’Azerbajgian) mettendolo allo stesso piano della vittima (l’Armenia).

Domanda: ma cosa sta a fare la Missione di Monitoraggio dell’Unione Europea in Armenia, a parte di soggiornare in albergo a nostra spesa e fare prima colazione/spuntino/pranzo/spuntino/cena nei ristoranti scelti durante il giorno, secondo il programma di cui è stato informato l’Azerbajgian una settimana prima?

Il Ministero della Difesa dell’Armenia dichiara che l’Azerbajgian sta preparando una base informativa per continuare la provocazione

Il Ministero della Difesa dell’Armenia ha rilasciato una dichiarazione affermando che il messaggio diffuso dal Ministero della Difesa dell’Azerbajgian secondo cui le unità delle forze armate il 2 settembre intorno alle ore 11.00 avrebbero aperto il fuoco con un mortaio in direzione delle posizioni azere situate nella zona orientale di confine, è un’altra disinformazione. Secondo il Ministero della Difesa armeno l’Azerbaigian sta preparando una base informativa per continuare la provocazione.

La Russia sta cercando di attribuire all’Armeniai la colpa della sua inerzia e incompetenza

Alen Simonyan, il Presidente dell’Assemblea nazionale dell’Armenia, in onda sulla televisione pubblica armena ha detto: «La Russia sta cercando di incolpare la parte armena della propria inerzia e incapacità di portare avanti le azioni».

Simonyan ha osservato che il Presidente della Russia ha affermato che il Nagorno-Karabakh era ed è una parte inseparabile dell’Azerbajgian. C’è anche la dichiarazione del 9 novembre 2020, in cui si firma che il Corridoio di Lachin è sotto il controllo della Russia, ora la domanda è: dov’è il Corridoio di Lachin?, ha chiesto Simonyan

Secondo Simonyan, il problema con il comportamento della Russia è che ora si trova in una guerra complicata e ha molti interessi economici che provengono dalla Turchia: «Gli interessi della Turchia e della Russia sono oggi ai massimi livelli. Oggi Turchia e Azerbajgian aiutano la Russia ad aggirare le sanzioni. E quello che abbiamo detto è questo: se hai degli obblighi, adempili. Invece di dire, hai annunciato qualcosa. Non accusate il governo [armeno] di schierarsi da nessuna parte, stiamo solo promuovendo gli interessi armeni. Oggi abbiamo una situazione in cui l’Armenia è sola con i suoi problemi. Anche l’Occidente aiuta nella misura in cui fa valere i propri interessi».

«Ci sarà una competizione geopolitica per condurre i negoziati Stepanakert-Baku»

Riportiamo di seguito l’intervista a Shahan Gantaharyan, studioso internazionale, con Radar Armenia, nella nostra traduzione italiana:

Radar Armenia: Il Presidente dell’Artsakh, Arayik Harutyunyan, e il Ministro di Stato si sono dimessi. Sergey Shahramanian è stato nominato nuovo Ministro di stato. Che effetto possono avere questi cambiamenti sulla situazione nell’Artsakh?
Shahan Gantahryan: Delle dimissioni del Presidente dell’Artsakh si parla da tempo, anche in ambienti semi-ufficiali. Penso che il fenomeno sia causato dal cambiamento generale dei capi delle istituzioni statali e non solo dalle dimissioni del Presidente. Cambiano infatti il Presidente dell’Assemblea Nazionale, il Ministro di Stato e il Presidente della Repubblica. È interessante notare che il cambiamento dei capi delle istituzioni statali non è dovuto al cambiamento del panorama parlamentare. La cosa positiva è che i processi procedono per consenso. Anche gli ex Presidenti sono coinvolti nelle consultazioni e nei processi decisionali. La parte più importante della dichiarazione di dimissioni del Presidente è che si dimette per mantenere la presenza e la solidarietà dell’Artsakh. In effetti, esiste una coscienza pan-Artsakh, che la divisione interno non farà altro che aiutare i piani dell’Azerbajgian. C’è anche uno sforzo particolare per non creare una crisi costituzionale e per preservare la legittimità delle istituzioni statali.

Si aspetta cambiamenti in termini di posizione dell’Artsakh?
Non credo che si registreranno grandi cambiamenti. Si sta preparando l’inizio dei negoziati Stepanakert-Baku e qui l’interesse geopolitico è già visibile. Da un lato Mosca cercherà di mantenere nelle sue mani il timone di un formato puramente tripartito, dall’altro la comunità internazionale vorrebbe discutere in modo coerente il coinvolgimento degli strumenti internazionali in questi negoziati.

La parte americana insiste affinché i rappresentanti di Baku e Stepanakert si incontrino. Baku risponde che ne tengono conto, poi aggiunge che la questione ha sfumature politiche. La situazione creatasi nell’Artsakh è un problema umanitario o politico?
Baku accetterà di negoziare con Stepanakert solo secondo la sua agenda. L’approccio pre-condizionale di Baku è chiaro. Non ha fretta di rispondere alla proposta degli Stati Uniti, perché è contrario al coinvolgimento di qualsiasi formato internazionale, d’altro canto, tiene conto della politica di non fare alcun passo contro Mosca. I partiti sono davvero su una linea molto sottile. Ci sarà una competizione geopolitica per condurre i negoziati Stepanakert-Baku. E in questo senso non credo che il gioco si svolgerà secondo le sole regole azerbajgiane.

Vede un collegamento tra le dimissioni del Presidente dell’Artsakh, il cambio del Capo delle forze di mantenimento della pace russe e l’incontro Putin-Erdoğan del 4 settembre?
Chi è alla guida di Stepanakert non può ignorare in queste condizioni il fattore russo. E il Capo delle forze di mantenimento della pace russe deve attuare le decisioni prese dalla leadership politico-militare di Mosca. La dichiarazione di Erdoğan secondo cui la missione di mantenimento della pace scade tra due anni e mezzo, e Ankara spera che Mosca rispetti la sua promessa e lasci l’Artsakh, spingerà Mosca a rafforzare ulteriormente la sua posizione nell’Artsakh. Gli Stati Uniti faranno pressioni su Ankara affinché si allontani da Mosca. Per portare avanti i suoi accordi con la Russia, Ankara dovrà cercare di fare affari politici in diverse direzioni. Il promemoria della missione di mantenimento della pace russa fa parte da questi affari. In cambio, Mosca ricorda sulla strada per Damasco che le truppe turche devono lasciare i territori siriani. Tali ritardi continueranno.

L’Azerbajgian ha inviato carichi umanitari nell’Artsakh, dimostrando essenzialmente che esiste una crisi umanitaria nell’Artsakh. Come può essere utilizzato questo fatto per rendere il problema risolvibile?
Sapete, nonostante il fatto che l’Azerbajgian abbia vinto e abbia fretta di firmare accordi diplomatici, gli obiettivi desiderati non sono ancora stati raggiunti. La discussione sul Corridoio di Zangezur è andata oltre la retorica. La strada Aghdam-Stepanakert non funziona. Neanche la strada Nakhichevan-Azerbajgian. Non c’è accordo sull’agenda di demarcazione. L’accordo di pace non è stato ancora firmato. Tutti parlano del coinvolgimento delle superpotenze nella regione, dei punti di conflitto di interessi e, a causa di tutte queste circostanze, della mancanza di soluzioni. L’agenda dell’integrazione può essere ritardata come in altre direzioni.

Come interpreta l’attivazione della parte francese e soprattutto tedesca rispetto alla situazione nell’Artsakh?
L’attivazione di Francia, Germania e, in generale, di Brussel nella regione, in questo caso anche nell’Artsakh, tende a neutralizzare l’unicità del fattore russo. L’attivazione di tutti nella regione caucasica dovrebbe essere percepita con l’urgenza di progettare processi di controbilanciamento, di essere presenti e di formare sfere di influenza.

In occasione della festa della Repubblica di Artsakh, oggi a Stepanakert in cerimonie nella Cattedrale e presso il Memoriale dei Caduti è stato espresso un augurio repubblicano

Oggi, 2 settembre 2023, in occasione del giorno della dichiarazione della Repubblica di Nagorno-Karabakh, che poi ha assunto il nome di Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh), nella cattedrale Surb Astvatsamor Hovanu (della Santa Madre di Dio) della Chiesa Apostolica Armena a Stepanakert è stata celebrata una cerimonia di augurio della Repubblica, presieduta da Padre Andreas Tavadyan. È stata elevata una preghiera unitaria a Dio affinché mantenga incrollabile lo Stato della Repubblica di Artsakh, per la pace e il benessere del suo popolo.

“Nella nostra preghiera, abbiamo chiesto a Dio di mantenere incrollabile il nostro Stato. Questo è il nostro più grande desiderio e la nostra richiesta a Dio. Possa Dio ascoltare tutte le nostre preghiere e portare benedizioni al nostro popolo per superare queste difficili condizioni”, ha osservato Padre Andreas Tavadyan.

Alla cerimonia erano presenti il Presidente dell’Assemblea nazionale della Repubblica di Artsakh e Presidente ad interim, Davit Ishkhanyan; i tre ex Presidenti, Arayik Harutyunyan, Arkadi Ghukasyan e Bako Sahakyan; il Ministro di Stato, Samvel Shahramanyan; e altri Ministri e funzionari statali.

Quindi, il Presidente dell’Assemblea nazionale dell’Artsakh, Davit Ishkhanyan, i tre ex Presidenti Arayik Harutyunyan, Arkady Ghukasyan e Bako Sahakyan, altri ministri, funzionari statali e cittadini hanno fatto una marcia verso il Memoriale dei Caduti e hanno partecipato alla cerimonia commemorativa per rendere omaggio agli eroi morti per la difesa della madrepatria, mentre veniva eseguito l’inno nazionale, simbolo della Repubblica di Artsakh:

Artsakh libero ed indipendente
come una fortezza ti abbiamo costruito.
La storia del nostro Paese
abbiamo scritto con il sangue degli eroi.
Tu sei una fortezza inespugnabile,
una sacra vetta, un nobile nome.
Una benedizione divina ci rende eterni grazie a te.
Tu, la nostra patria che ci dà la luce,
terra, porta d’amore verso la Patria.
Vivi sempre in pace,
nostro vecchio e nuovo Karabakh.
Noi siamo coraggiosi discendenti di Haik
Come Mrav e Kirs e l’eterno Terter
con i nostri templi in alta montagna
manteniamo il nostro paese invincibile.

Il complesso fu edificato nel 1945 in onore dei 22.000 cittadini del Nagorno-Karabakh che avevano perso la vita nel corso della Seconda Guerra Mondiale. Si caratterizza per un obelisco, situato al centro, alto 21 metri. Coloro che morirono furono sepolti in una fossa comune formata sulla collina opposta. Un’altra parte del complesso è una piscina a cascata con una fontana e sette sorgenti “piangenti” costruite nello stile dei monumenti armeni tradizionali e dell’arte ornamentale classica. Sui piedistalli di granito sono ritratti di soldati armeni-sovietici dell’Armata Rossa che sono stati onorati come Eroi dell’Unione Sovietica. La parte più recente del complesso è un cimitero in cui sono sepolti i veterani della Guerra del Nagorno Karabakh. Tutte le cerimonie civili di commemorazione si tengono al complesso di Stepanakert.

Qui, il 20 febbraio 1988, si svolse una grande manifestazione del Movimento dell’Artsakh. Quel giorno – alla luce delle riforme dell’Unione Sovietica di perestrojka (riforma economica) e glasnost (o apertura, una libertà concessa ai cittadini sovietici per manifestare dissenso circa il sistema comunista e il suo stesso leader) attuate da Michail Gorbaciov, salito al potere nel 1985 – il Soviet regionale del Oblast Autonomo di Nagorno-Karabakh decise di votare un testo al fine di unificare la regione autonoma con l’Armenia. Il Soviet del Nagorno-Karabakh lamentava il fatto che le scuole della regione non avevano libri di lingua armena e che il Segretario generale del Partito Communista azerbajgiano, Heydar Aliyev (futuro Presidente dell’Azerbajgian e padre dell’attuale) stava adottando delle misure politiche al fine di aumentare numericamente l’etnia azera nella regione del Nagorno-Karabakh. Nel 1988, infatti, la popolazione armena del Nagorno-Karabakh si era ridotta a quasi i tre quarti della popolazione totale.

La cerimonia commemorativa è stata presieduta da Padre Andreas Tavadyan.

Durante la cerimonia commemorativa è stato letto un messaggio del Vescovo Ter Vrtanes Abrahamyan, Primate della Chiesa Apostolica Armenia di Artsakh.

«C’è tra la gente la convinzione che non abbiamo ottenuto nulla in questi 30 anni, ma devo dire che non è così. Il 2 settembre 1991 simboleggia un risveglio nazionale. Anche oggi i tempi sono molto duri. Per noi è molto importante garantire la stabilità interna e pan-armena, e la stabilità pan-armena è l’unità pan-armena. Voglio innanzitutto congratularmi con il nostro popolo e poi augurare a tutti noi di renderci conto che la stabilità interna è molto importante per poter raggiungere i nostri obiettivi», ha affermato Davit Ishkhanyan, Presidente dell’Assemblea Nazionale della Repubblica di Artsakh.

Il Ministero degli Esteri dell’Artsakh esorta gli attori internazionali ad adottare misure urgenti per prevenire la privazione della popolazione
Il riconoscimento internazionale della Repubblica dell’Artsakh può diventare una delle garanzie importanti per prevenire la politica genocida contro il popolo dell’Artsakh

In occasione della giornata di commemorazione della dichiarazione di indipendenza della Repubblica di Artsakh, il Ministero degli Esteri dell’Artsakh ha rilasciato una dichiarazione che riportiamo nella nostra traduzione italiana:

«32 anni fa, il 2 settembre 1991, la sessione congiunta dei Consigli dei deputati del popolo della regione del Nagorno-Karabakh e della regione di Shahumyan proclamò la Repubblica di Nagorno-Karabakh.
Dal 5 luglio 1921, dal momento dell’annessione illegale all’Azerbajgian e durante tutta la sua permanenza nella Repubblica Socialista Sovietica di Azerbajgian, la politica di apartheid e discriminazione condotta dall’Azerbajgian nel Nagorno-Karabakh divenne sempre più severa, si creò un’atmosfera di odio e intolleranza. nei confronti del popolo indigeno armeno, che ha portato a scontri armati e vittime umane e alla deportazione di massa di civili dai villaggi armeni.
Per impedire il corso distruttivo degli sviluppi, il popolo del Nagorno-Karabakh ha approfittato del diritto stabilito dall’allora Costituzione e dalle leggi dell’URSS, cioè delle disposizioni della legge del 3 aprile 1990 del Consiglio Supremo dell’URSS “Sul ritiro delle repubbliche federate dall’URSS”, secondo il quale “le repubbliche autonome e le entità autonome hanno il diritto di decidere autonomamente la questione della permanenza nell’URSS o della repubblica federata che ne esce, nonché di sollevare la questione del proprio status giuridico statale”.
L’indipendenza del Nagorno-Karabakh fu riaffermata dai risultati del referendum nazionale tenutosi il 10 dicembre dello stesso anno e il 6 gennaio 1992, con la dichiarazione di indipendenza adottata nella prima sessione del Consiglio Supremo dell’Oblast Autonomo di Nagorno-Karabakh.
Tre decenni dopo, l’Azerbajgian ha occupato una parte significativa del territorio della Repubblica di Artsakh a seguito di una guerra su vasta scala da degli stesso scatenata.
Puntando ad arrivare allo spopolamento definitivo dell’Artsakh, da dicembre 2022 ad oggi, da circa 9 mesi, l’Azerbajgian, ignorando le disposizioni della Dichiarazione tripartita del 9 novembre 2020, le decisioni giuridicamente vincolanti della Corte Internazionale di Giustizia delle Nazioni Unite e della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, nonché i numerosi appelli della comunità internazionale, tengono sotto assedio totale le 120mila persone dell’Artsakh, privandole di tutti i diritti e di tutte le libertà fondamentali, creando delle condizioni di vita intollerabili e portandole alla fame.
Tenendo conto delle circostanze di cui sopra, nonché delle continue minacce e ritorsioni da parte delle autorità azerbajgiane nei confronti del popolo dell’Artsakh, il riconoscimento internazionale della Repubblica dell’Artsakh può diventare una delle garanzie importanti per prevenire la politica genocida contro il popolo dell’Artsakh.
Esprimendo gratitudine a tutti gli Armeni che hanno combattuto per il diritto all’autodeterminazione e alla libertà del popolo dell’Artsakh e inchinandoci alla memoria dei nostri eroi martirizzati nelle tre guerre dell’Artsakh, riaffermiamo che l’Artsakh era e rimane il nucleo dell’Armenia unità, proseguendo il cammino intrapreso e lottando per la nostra dignità.
Esortiamo tutti gli attori internazionali coinvolti nel processo di risoluzione del conflitto azerbajgiano-karabakh ad adottare misure urgenti ed efficaci per prevenire la pulizia etnica dell’Artsakh e l’espropriazione della sua popolazione indigena».

Il Ministro degli Interni dell’Artsakh afferma che la dura prova di oggi non ha lasciato altra scelta se non quella di continuare la lotta per il bene della Repubblica dell’Artsakh

Il Ministro degli Interni della Repubblica di Artsakh, Karen Sargsyan, ha rilasciato un messaggio in occasione del giorno della dichiarazione della Repubblica di Artsakh, che riportiamo nella nostra traduzione italiana:

«Nella storia recente dell’Artsakh, il 2 settembre è il giorno della dichiarazione della Repubblica di Artsakh.
Indipendentemente dalla complessa situazione geopolitica intorno alla nostra patria e dalla difficile situazione creata a seguito dell’assedio, questo giorno è il giorno dei sogni degli Armeni dell’Artsakh, fissato nel 1991 nella sessione congiunta dei consigli distrettuali di Nagorno-Karabakh e Shahumyan tenutasi a Stepanakert. Sono quindi trascorsi 32 anni da quando il sogno secolare del nostro popolo si è avverato.
La Repubblica di Artsakh è stata proclamata in un periodo difficile e apparentemente senza speranza per il nostro Paese. Il desiderio di avere una patria era grande, il prezzo per mantenere la propria indipendenza era alto.
Ancora oggi questo periodo difficile, che sembra infinito, è testimonianza eloquente del nostro sogno irrealizzabile.
Gloria e onore alla memoria degli eroi morti nelle battaglie per la difesa dell’Artsakh, gloria e onore ai devoti che proteggono la sicurezza della Patria e i diritti del nostro popolo.
32 anni fa credevamo nell’idea dell’indipendenza, il cui percorso era pieno di molti ostacoli. Ancora oggi, questa prova che ci ha afflitto, le privazioni e la situazione catastrofica, non ci ha lasciato altra scelta se non quella di continuare la lotta per il bene della Repubblica di Artsakh, per la sua indipendenza e autodeterminazione.
Forza, resistenza e forte volontà per il nostro popolo».

NOI PREGHIAMO IL SIGNORE PER QUESTO MIRACOLO
NON DOBBIAMO SPERARE CHE VENGA DAGLI UOMINI,
QUELLO CHE SOLO IL SIGNORE POTREBBE DARCI

Indice – #ArtsakhBlockade [QUI]

Foto di copertina: cerimonia commemorativa presso il Memoriale dei Caduti a Stepanakert, per rendere omaggio agli eroi morti per la difesa della madrepatria.

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