263° giorno del #ArtsakhBlockade. Cronaca dal campo di concentramento della soluzione finale di Aliyev in Artsakh. Il cantambanco di Baku condanna alla morte per fame gli Armeni e con il gas azero (russo) paghiamo l’Holodomor 2023

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[Korazym.org/Blog dell’Editore, 31.08.2023 – Vik van Brantegem] –Cantambanco significa cantastorie popolare, sinonimo di ciarlatano, imbonitore; da canta in banco, che canta sui banchi.

Il saltimbanco è una figura che ci è abbastanza nota: ci rende tutta l’energia vitale e scanzonata di un salto sul banco, palco rudimentale da fiera, attrazione magari non delle più raffinate, ma popolare, impastata di seduzione irresistibile come anche dell’emarginazione che per secoli ha segnato chi di recitazione e acrobazie faceva arte. Tanto che, da un lato quello del saltimbanco è vero intrattenimento, dall’altro resta modello, antonomasia del poco serio e dell’irresponsabile. Ad esempio, quando appoggiato al bancone l’avventore tuona, dice «Macché, quali tecnici esperti! Son saltimbanchi!».

E il cantambanco? È il suo collega. Anche il cantambanco è lì a fare uno spettacolo, e anche il suo può essere tanto popolare senza grandi finezze, però canta. In senso lato quindi è uno che intona e parla, qualcuno che racconta, presenta la sua narrazione. Ci può essere qualche salto e piroetta d’interpretazione, può essere anche giocoliere, ma ecco, se il saltimbanco è tutto spettacolo fisico, il cantambanco ha la forma primaria del cantastorie. Ciò che offre dal banco consiste più esplicitamente in racconti declamati, discorsi, contenuti che possono inclinare, muovere, raggirare chi ascolta: sugli spalti dei nostri significati il cantambanco si siede vicino al ciarlatano.

Ma attenzione, mentre ciarlatani e imbonitori hanno come primo evidente scopo la persuasione, l’invito a partecipare a uno spettacolo, ad acquistare merce preziosa e prodigiosa, invece il cantambanco avvolge il suo potere suasorio in quello che è già dichiaratamente uno spettacolo. È lì a presentare la sua narrazione. Distrae, diverte, suona, canta, emoziona, tiene banco, ed è magari l’occasione buona per qualche doppiezza.

Il profilo, come si capisce, è ricorrente anche fuori dalle fiere, non è più così comune incappare in cantambanchi, che anzi hanno una collocazione specie medievale. Però nell’impero della narrazione che viviamo (oggi forse più che in altre epoche), la parola cantambanco suggerita oggi da Unaparolaalgiorno.it rispolvera un ruolo che la produce in maniera volentieri equivoca e ci mette in mano una risorsa icastica per descrivere l’autocrate di Baku.

Questo racconto per comprendere che la situazione della popolazione dell’Artsakh non ha niente a che fare con la narrazione del cantambanco Ilham Aliyev, che nel mondo reale ha condannato gli Armeni dell’Artsakh alla morte per fame – holodomor appunto – che noi paghiamo con il gas azero riciclato russo.

In questi giorni – mentre le forze armate dell’Azerbajgian mantengono l’assedio dell’Artsakh con l’accerchiamento e il blocco da nove mesi del Corridoio di Berdzor (Lachin), l’unica strada che era rimasta per collegare l’Artsakh con l’Armenia (e con l’unico aeroporto chiuso perché l’Azerbajgian minaccia di sparare su ogni cosa che dovesse provare di atterrare) – la situazione è molto tesa sulla linea di contatto Aghdam-Askeran, dove la situazione era rimasta come dopo l’acquisto dall’Azerbaigian dei territori dopo la guerra del 2020 e adesso il cantambanco di Baku vuole spostare fino a Stepanakert.

Da una parte si trovano bloccati gli Azeri travestiti con i giubbotti rossi della Mezzaluna Rossa azera, organizzati dal governo dell’Azerbajgian con lo scopo di entrare in Artsakh, accompagnati dai media statali azeri, per portare 10 tonnellate di farina “umanitaria” agli Armeni a cui negano la fornitura di cibo da 9 mesi.

Dall’altra parte si sono posizionati gli Armeni dell’Artsakh, che presidiano il posto di blocco per impedire alle autorità azere di entrare nel territorio armeno con la scusa di portare “aiuti umanitari” dall’Azerbajgian attraverso la strada di Akna (Aghdam), mentre continua a tener chiuso il Corridoio di Berdzor (Lachin), bloccando il territorio da 9 mesi.

Tra i due accampamenti di tende, le forze di mantenimento della pace russe significativamente in inferiorità numerica, che cercano di mantenere le parti separate e di impedire agli Azeri di entrare nell’Artsakh, con blocchi di cemento e filo spinato.

Non si notano (ancora) delle presenze militari da ambedue le parti.

La vignetta azera di Gündüz Ağayev sugli aiuti umanitari al Nagorno-Karabakh proposti dall’Azerbajgian attraverso la strada Akna (Aghdam)-Stepanakert. «Fate largo! Stanno arrivando gli umanisti!». Questo va al nocciolo della questione al 100%: bravo. Prima abbiamo visto falsi eco-attivisti azeri, ora finti umanisti-filantropi azeri. Lo stiamo scrivendo da 262 giorni, che la Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh è bloccata dall’Azerbajgian dal 12 dicembre 2022 e questo assedio ha causato una crisi umanitaria, con carenza di tutti i prodotti essenziali, iniziando con cibo e medicinali. Stiamo assistendo ad una sceneggiata orwelliana in Artsakh con “aiuti umanitari” di Baku, presentati come «un atto nobile e generoso che mostra compassione e solidarietà per i residenti». Pensano che siamo dei cretini.

++++ Grandi cambiamenti nella leadership della Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh:

  • Il Presidente Arayik Harutyinyan si dimetterà domani
  • Assegnato il nuovo Ministro di Stato, Samvel Shahramanyan
  • La Federazione Russa nomina il nuovo Comandante del Contingente di mantenimento della pace, il Maggiore Generale Kirill Kulakov, confermando le voci sulle dimissioni del Colonello Generale Aleksander Lentsov

(Fonte: Nagorno Karabakh Observer) ++++

Samvel Sergey Shahramanyan.

Il Presidente Arayik Harutyunyan ha scritto sulla sua pagina Facebook che ha nominato il Segretario del Consiglio di Sicurezza dell’Artsakh, Samvel Sergey Shahramanyan, stato nominato Ministro di Stato e che gli sono stati conferiti ampi poteri. «Quando ho scelto Samvel Shahramanyan, ho preso in considerazione i suoi principi, la sua flessibilità, la sua esperienza lavorativa in varie posizioni di responsabilità e le conoscenze accumulate, che sono direttamente correlate sia alla sicurezza nazionale che all’amministrazione statale», ha scritto Harutyunyan. In precedenza, il Ministro di Stato Gurgen Nersisyan era stato sollevato dal suo incarico con decreto del Presidente.

L’agenzia 301 informa che il Consigliere del Ministro di Stato, Artak Beglaryan, è stato sollevato dall’incarico. In precedenza è stato Ministro di Stato.

Artak Beglaryan ha scritto sulla sua pagina Facebook:
«Cari connazionali,
siete a conoscenza del cambio del Ministro di Stato della Repubblica di Artsakh e delle imminenti dimissioni del Presidente? Desidero informarvi che, secondo la mia richiesta, oggi sono stato sollevato dall’incarico di Consigliere del Ministro di Stato.
Io stesso avevo le mie posizioni e proposte riguardo agli attuali e precedenti sviluppi interni ed esterni, che ho presentato al Presidente e al Ministro di Stato, sottolineando la costante necessità di stabilità ed efficienza del sistema statale.
Durante i miei 11 anni di servizio pubblico, mi sono dedicato nella massima misura dei miei valori, principi, conoscenze e capacità alla mia missione di servire la Repubblica di Artsakh e il popolo armeno. E in qualità di Consigliere del Ministro di Stato, negli ultimi mesi ho effettivamente coordinato il lavoro di informazione e ho sostenuto il più possibile l’attuazione degli sforzi politici esteri e legali internazionali.
Penso che chi mi conosce bene sappia che se sono nel sistema statale o meno, non importa, continuerò il mio servizio alla Patria e al Popolo, considerando uno Stato stabile e in via di sviluppo come il suo nucleo indiscutibile. Soprattutto in queste difficili condizioni causate dal blocco e dalla politica genocida dell’Azerbajgian, più che mai, tutti i nostri sforzi dovrebbero essere mirati a garantire il funzionamento incrollabile ed efficiente del sistema statale della Repubblica di Artsakh.
Pertanto, considerando le mie dimissioni come una necessità politica, allo stesso tempo, non ho mai condizionato il mio servizio nazionale e pubblico con persone e status. Pertanto, nel quadro dei miei principi e valori, sono sempre pronto a sostenere al massimo le autorità dell’Artsakh nel superare le molteplici sfide sia esterne che interne.
Indipendentemente dal mio status non primario, mi scuso con tutti i nostri connazionali di cui non ho potuto soddisfare le aspettative o ho commesso varie omissioni. Grazie al Presidente Harutyunyan e al Ministro di Stato Nersisyan per l’opportunità che mi è stata data di servire lo Stato, e a tutti i miei colleghi per la cooperazione efficace.
Pazienza e determinazione storiche nei confronti del nostro popolo nella missione più difficile di preservare lo Stato e la Patria e trasmetterla alle generazioni future».

Araik Harutyunyan ha scritto sulla sua pagina Facebook:
«Cari connazionali,
A seguito dell’elezione del Presidente della Repubblica di Artsakh da parte del popolo dell’Artsakh nel 2020, ho assunto i poteri di Presidente il 21 maggio. Dal giorno successivo ho iniziato il compito di rafforzare la capacità di difesa dell’Artsakh, garantendo l’inviolabilità dei confini dell’Artsakh. Purtroppo, solo quattro mesi dopo, l’Azerbajgian ha scatenato la guerra dei 44 giorni, che si è conclusa con la nostra sconfitta. Naturalmente, tutta la colpa della sconfitta può essere attribuita al Presidente dell’Artsakh in carica, quindi a me. Non rifiuto affatto la responsabilità, ma, credetemi, ognuno di noi ha avuto la sua parte di responsabilità, ciascuno secondo il proprio status e le proprie capacità. In ogni caso, l’ho affermato più volte, ora chiedo pubblicamente nuovamente scusa al popolo armeno per la mia parte di colpa, ma assicuro nuovamente che nel 2020, durante la guerra dei 44 giorni, ho compiuto tutti i passi in mio potere e nella mia effettiva autorità, forse anche di più.
Vi assicuro che la situazione non era meno difficile anche dopo la guerra dei 44 giorni, e la situazione creata non richiedeva meno responsabilità. L’Artsakh era sull’orlo della distruzione e c’era un urgente bisogno di garantire nuovamente stabilità e forza interna. Sembrava che la depressione e il peso psicofisiologico del dopoguerra dovessero avermi sconfitto, ma già allora ho trovato la forza di assumermi la responsabilità. Durante tutto questo tempo, ho rivolto tutto il mio potenziale per rafforzare la stabilità interna dell’Artsakh, per prevenire l’aumento della criminalità assunta in quelle condizioni, per garantire il rimpatrio dei cittadini dell’Artsakh, per preservare in piedi l’ordine costituzionale del Paese e i pilastri dello Stato. Sì, non abbiamo avuto successo in alcune questioni, ma in generale non solo abbiamo raddrizzato la schiena storta del Paese nel più breve tempo possibile.
Forse è questo il motivo per cui l’Azerbajgian è pronto a distruggerci ad ogni costo, a commettere un genocidio. Il blocco dell’Artsakh è iniziato il 12 dicembre 2022 e dal 15 giugno 2023 anche l’assedio totale. È successo anche perché, nonostante le provocazioni e le repressioni quotidiane contro il popolo dell’Artsakh, il nostro popolo ha continuato la sua sacra opera di costruzione dell’Artsakh.
Da quasi nove mesi l’Artsakh è sotto il blocco azero e i sequestratori dell’Artsakh hanno iniziato un aperto genocidio. Durante questo periodo, abbiamo adottato tutte le misure possibili nell’ambito delle nostre capacità per presentare la situazione al mondo e ricevere il sostegno della comunità internazionale, due volte la questione è stata discussa anche nel Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, due volte presso la Corte Internazionale di Giustizia e due volte presso la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, molti dichiarazioni e appelli sono stati fatti da centinaia di entità internazionali. Tuttavia, il comportamento aggressivo dell’Azerbajgian non è stato in alcun modo impedito.
L’attuale situazione geopolitica instabile nel mondo, gli eventi regionali e gli sviluppi previsti, i fenomeni che accadono dentro e intorno all’Artsakh, l’atmosfera politica e sociale interna nell’Artsakh suggeriscono direttamente che è necessario cambiare approcci e passi, per mostrare flessibilità. Per raggiungere questo obiettivo è necessario cambiare gli attori principali dell’Artsakh, a cominciare da me.
La mia biografia e l’atteggiamento dell’Azerbajgian nei miei confronti creano artificialmente una serie di condizioni che causano problemi significativi dal punto di vista della costruzione dei nostri prossimi passi e della conduzione di una politica flessibile. Inoltre, la sconfitta nella guerra e le conseguenti difficoltà nel Paese hanno ridotto significativamente la fiducia nelle autorità, in particolare nel Presidente, il che ha seriamente ostacolato l’ulteriore corso di una corretta governance. Pertanto, il cambiamento deve iniziare da me. Domani presenterò al popolo e all’Assemblea Nazionale della Repubblica dell’Artsakh le mie dimissioni dalla carica di Presidente della Repubblica dell’Artsakh. Ho preso questa decisione finale due giorni fa, tenendo conto delle mie interazioni con tutti gli attori interni ed esterni e con il pubblico in generale nelle ultime settimane.
In precedenza, con il mio decreto odierno, il Ministro di Stato della Repubblica di Artsakh, Gurgen Nersisyan è stato sollevato dal suo incarico e il Segretario del Consiglio di Sicurezza, Samvel Sergey Shahramanyan, è stato nominato Ministro di Stato, a cui sono stati conferiti ampi poteri. Quando ho scelto Samvel Shahramanyan, ho tenuto conto dei suoi principi, della flessibilità, della sua esperienza lavorativa in varie posizioni di responsabilità e delle conoscenze accumulate, che sono direttamente correlate sia alla sicurezza nazionale che all’amministrazione statale.
Esprimo la mia gratitudine a Gurgen Nersisyan e voglio sottolineare che ha un valore inestimabile. L’importanza del suo lavoro per lo Stato durante i giorni della guerra dei 44 giorni nel 2020, nel periodo successivo e durante l’assedio. Ha assunto la carica di Ministro di Stato nei momenti più difficili per l’Artsakh, ha svolto un lavoro duro e trasparente nella direzione di alleviare le difficoltà che affliggono il popolo dell’Artsakh in quelle difficili condizioni, e con il suo carattere combattivo, si è mosso con tenacia e coraggio avanti, è stato in grado di superare molti problemi. Sono sicuro che la sua conoscenza e il suo carattere di principio, giusto, intransigente e fermo continueranno a servire Artsakh e il nostro popolo.
Cari connazionali, continuerò a vivere nell’Artsakh con i membri della mia famiglia. Questo mio passo mira anche a garantire la stabilità interna e un forte ordine pubblico nell’Artsakh. Contro ogni previsione, la nostra stabilità interna e la solidarietà pubblica sono un prerequisito per ogni successo, dal quale deve essere esclusa qualsiasi deviazione o tentativo di deviare.
Pace, benessere ed eternità al mondo dell’Artsakh e alla nazione armena».

Maggiore Generale Kirill Kulakov.

Artsakhpress informa che il Maggiore Generale Kirill Kulakov è stato nominato nuovo comandante delle forze di pace russe nel Nagorno Karabakh. Kulakov è nato il 20 luglio 1969. Da marzo 2017 è stato Comandante della Scuola Superiore di Comando Militare di Kazan. Sostituisce il Colonnello Generale Alexander Lentsov, in servizio dal 25 aprile 2023.

The Daily Mail, 7 novembre 2022: «Il Maggiore Generale Kirill Kulakov, 53 anni, ha dovuto affrontare i cori “vattene da qui”, “vergognati” e “abbasso il regime di Putin” mentre migliaia di uomini mobilitati si univano a una protesta nella loro base di addestramento nella città di Kazan, nel sud-ovest della Russia, la notte prima della partenza in prima linea. I soldati che guidarono l’ammutinamento dissero ai superiori che non potevano combattere perché avevano sopportato settimane di scarsità d’acqua e di razioni scarse – e ora sarebbero stati mandati in battaglia con “mitragliatrici arrugginite degli anni ’70″».

Il Messaggero, 8 novembre 2022: «Secondo i resoconti dei media sarebbero circa 440 i riservisti russi inviati a combattere a Lugansk, uccisi dai bombardamenti ucraini dopo essere stati abbandonati dai propri comandanti. Come ha raccontato al Guardian il riservista russo Aleksei Agafonov, dei 570 soldati reclutati e mobilitati nella sua unità, ne sono sopravvissuti solo 130 nell’attacco del 1° novembre.
Il malcontento tra i soldati
La caotica e improvvisata campagna di reclutamento russa continua a suscitare critiche anche tra i più entusiasti sostenitori della guerra. In un video girato in un centro di addestramento di Kazan, in Russia, spiega il Guardian, si vedono diversi uomini mobilitati di recente mentre rimproverano i propri comandanti non solo per l’assenza di una paga ma anche per la mancanza di acqua e cibo. Un ufficiale identificato come il Maggiore Generale Kirill Kulakov viene visto indietreggiare mentre i soldati infuriati lo insultano. Per contrastare il malcontento sempre più crescente, Putin avrebbe esortato i funzionari locali a prestare maggiore attenzione ai soldati mobilitati e ai loro bisogni».

I camion con aiuti umanitari dall’Armenia e dalla Francia bloccati a Kornidzor davanti l’ingresso del Corridoio di Berdzor (Lachin) presso il ponte Hakari

A Kornidzor à stata creata una base umanitaria a Kornidzor, dove verranno raccolti tutti gli aiuti umanitari per i residenti di Artsakh.

Nel corso della sua visita a Kornidzor, il Ministro degli Esteri della Repubblica di Artsakh, Sergey Ghazaryan, ha detto ai giornalisti che nonostante le periodiche proposte di incontri attraverso le forze di mantenimento della pace russe, la parte azera è rimasta insensibile. Ha anche affermato che il 29 agosto l’Azerbaijan ha commesso l’ennesima provocazione inviando “aiuti umanitari”, ammettendo de facto l’esistenza di una crisi umanitaria.

«Qui al Corridoio di Lachin testimoniamo il fatto che nessun aiuto umanitario può entrare nell’Artsakh, in palese violazione dei diritti umani. I nostri 10 camion di aiuti umanitari sono bloccati. È in corso una crisi umanitaria, c’è bisogno urgente» (Anne Hidalgo, Sindaco di Parigi a Kornidzor su Twitter).

Ieri, 30 agosto 2023, il Presidente della Repubblica di Artsakh, Arayik Harutyunyan, nel corso di una conferenza stampa online congiunta, ha dato il benvenuto alla delegazione francese guidata dal Sindaco di Parigi, che accompagnano il convoglio di beni umanitari inviati dalla Francia per l’Artsakh.

Harutyunyan ha espresso la gratitudine delle autorità e del popolo dell’Artsakh ai rappresentanti della città di Parigi e delle regioni dell’Ile de France, dell’Alvernia-Rodano-Alpi, dell’Alta Francia, dell’Occitania e della Valle della Loira, che sono rimasti fedeli ai loro principi e all’impegno di amicizia durante un periodo difficile per l’Artsakh, sostenendo pienamente il popolo dell’Artsakh che subisce il genocidio durante l’assedio. Harutyunyan ha espresso la speranza che i 10 camion carichi di beni umanitari possano attraversare il Corridoio di Lachin e alleviare le difficoltà della popolazione dell’Artsakh.

Nel suo intervento il Sindaco di Parigi, Anne Hidalgo, ha sottolineato che gli esperti hanno etichettato quanto sta succedendo in Artsakh sia come genocidio che come pulizia etnica, sollecitando un impegno secondo il diritto internazionale. Le azioni del regime autoritario dell’Azerbajgian, caratterizzate come pulizia etnica contro coloro che difendono i loro diritti, sono state condannate inequivocabilmente.

Esprimendo la gravità della situazione, Hidalgo detto in particolare: “Siamo venuti qui per testimoniare ed esprimere il nostro sostegno e la nostra amicizia. Il nostro messaggio è chiaro e semplice: rispettare il diritto internazionale. La popolazione dell’Artsakh è sotto blocco contro la sua volontà e questo blocco viene attuato in violazione del diritto internazionale, della dichiarazione tripartita del 2020. E poiché bisogna parlare con parole molto chiare e appropriate, le parole sono molto semplici: quello che sta succedendo oggi in Artsakh è come un genocidio.”

Inoltre, Hidalgo ha invitato il Presidente francese a sfruttare la posizione della nazione all’interno del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite per attuare una risoluzione che sostenga i diritti del popolo dell’Artsakh. Ha concluso affermando che la loro presenza mira a denunciare la situazione attuale, attribuendola direttamente alle azioni del regime autoritario azero.

Il Presidente Arayik Harutyunyan ha detto ai funzionari francesi, in riferimento agli sviluppi in Artsakh, che aveva avvertito le autorità francesi già nel dicembre dello scorso anno durante la sua visita di lavoro in Francia e i suoi incontri e che purtroppo le sue previsioni si sono avverate. Ha detto che, nonostante il fatto che Artsakh non abbia più aspettative dal mondo, dalle superpotenze, dalle strutture internazionali, continuerà la lotta. «Certo, l’Azerbajgian si aspetta di mettere in ginocchio il popolo dell’Artsakh con la pressione, ma non ci riuscirà, non sappiamo come inginocchiarci e lotteremo più che possiamo. Per noi è più importante la dignità ereditata nei millenni. Vi ringrazio per questa missione, voglio ricordare che non lo dimenticheremo, mi inchino davanti a voi», ha concluso il Presidente della Repubblica di Artsakh.

La diplomazia francese deve uscire dalla sua zona di comfort e iniziare ad agire, ha affermato Patrick Karam, Consiglier distrettuale dell’Ile de France durante la conferenza stampa. Ha aggiunto: «Mi sono rivolto al mio avvocato, accreditato presso la Corte Penale Internazionale, per sporgere denuncia contro il Presidente dell’Azerbajgian, Ilham Aliyev. L’obiettivo è prendere di mira Aliyev stesso. Lui è il tiranno e dobbiamo lottare contro di lui».

La provocazione “umanitaria-filantropica” dell’Azerbajgian sulla strada da Akna (Aghdam)

Come abbiamo riferito [QUI], Il 29 agosto, l’Azerbajgian ha organizzato un altro spettacolo, annunciando l’invio di 40 tonnellate di farina in Artsakh attraverso la strada Akna (Aghdam)-Stepanakert, presentato beffardamente come “aiuto umanitario”.

Il Presidente dell’Assemblea Nazionale della Repubblica di Artsakh, David Ishkhanyan, per prendere conoscenza della situazione sul campo ha visitato il raduno dei cittadini ad Askeran, che stanno bloccando la strada da Akna (Aghdam) a Stepanakert per impedire a due camion azeri di entrare nell’Artsakh. All’incontro hanno partecipato il Capo dell’amministrazione distrettuale di Askeran, Hamlet Apresyan, il Sindaco di Askeran, Hayk Shamiryan, e il Capo della polizia distrettuale, Arthur Bagunts.

Il funzionamento di un “Corridoio di Aghdam” è inaccettabile, ha affermato Ishkhanyan, spiegando che le recenti discussioni tra le autorità dell’Artsakh hanno fermamente concluso che l’uso di questa strada è inaccettabile per vari motivi. Uno dei motivi principali è che l’unico corridoio, noto come Corridoio di Berdzor (Lachin), deve essere ripristinato senza ostacoli al traffico, come previsto nella Dichiarazione trilaterale del 9 novembre 2020.

Il tentativo dell’Azerbajgian di trasportare forniture “umanitarie” all’Artsakh attraverso la strada di Aghdam rappresenta un’azione provocatoria, volta a ritrarre i loro sforzi dimostrativi per soddisfare i bisogni della popolazione dell’Artsakh.

Inoltre, gli sforzi dell’Azerbajgian per sostituire la presenza della Croce Rossa nell’Artsakh con la propria organizzazione Mezzaluna Rossa sollevano ulteriore preoccupazione, dati i vantaggi di avere la presenza di una tale istituzione internazionale.

Come riporta Armenpress [QUI], video diffusi su Internet mostrano che le forze di mantenimento della pace russe hanno bloccato con barriere di cemento e filo spinato la strada Akna (Aghdam)-Stepanakert, attraverso la quale l’Azerbajgian vorrebbe inviare “aiuti umanitari” all’Artsakh. La strada è stata bloccata anche dalla popolazione dell’Artsakh e sono state montate delle tende. Sottolineano di non aver bisogno dell’aiuto dello stato terrorista dell’Azerbajgian e affermano che l’uso di tale strada per loro è inaccettabile. Anche gli Azeri hanno anche piazzato delle tende nella zona dove sostano i camion azeri, oltre il blocco delle forze di mantenimento della pace russe.

Nel caso qualcuno pensasse che l’invio dei due camion con 10 tonnellate di farina “umanitaria” della Mezzaluna Rossa da parte dell’Azerbajgian fosse tutt’altro che non una trovata pubblicitaria, ora hanno portato ad Akna (Aghdam) – mentre Baku non fa entrare i media stranieri in Artsakh – i rappresentanti dei media stranieri a Baku a coprire la stravaganza degli “aiuti umanitari”, come si apprende dall’account Telegram di Haqqin.az:
«Giornalisti stranieri sulla strada Aghdam-Khankendi
I dipendenti degli uffici di rappresentanza azerbaigiani di un gruppo di organizzazioni mediatiche straniere sono arrivati sulla strada Aghdam Khankendi, dove si trova un convoglio con aiuti umanitari per gli Armeni residenti nel Karabakh, inviati dalla Società della Mezzaluna Rossa dell’Azerbajgian da Baku.
I dipendenti degli uffici di rappresentanza delle principali organizzazioni mediatiche come Bloomberg, BBC, Getty Images, vengono a conoscenza della situazione nel parcheggio dei camion con carichi umanitari.
Nel frattempo, è stato riferito che provocatori armeni hanno montato tende al confine con la regione di Lachin in Azerbajgian».

Un decesso su tre In Artsakh è causato dalla malnutrizione dovuta al blocco

Rivolgendosi ai manifestanti davanti al palazzo del Parlamento, che si erano radunati dopo che le guardie di frontiera azere avevano rapito tre ragazzi dell’Artsakh nel Corridoio di Lachin, il Presidente della Repubblica di Artsakh, Arayik Harutyunyan, ha affermato che la malnutrizione è ora la causa di una morte su tre nel corso del blocco azero. «Fame, carestia diffusa, donne incinte che soffrono di aborti spontanei a causa di questa situazione», ha detto Harutyunyan.

Ha aggiunto che lunedì sera ha tenuto una riunione d’emergenza con le forze politiche per 6 ore, ma non è stata raggiunta alcuna decisione comune. Harutyunyan ha affermato che in quanto Presidente ha il dovere di prendere una decisione. «Dobbiamo risolvere il nostro problema alimentare, il problema umanitario, in un periodo di tempo molto breve, entro pochi giorni», ha detto Harutyunyan. Questo commento ha scatenato la reazione forte dei manifestanti, che hanno affermato di lottare per il diritto a vivere nella propria patria e a costruire un futuro, e non per il cibo. «Stiamo aspettando da così tanto tempo. Siamo arrivati a questa situazione perché avevamo fiducia in tutti, nelle maggiori potenze, nelle Nazioni Unite, abbiamo avuto fede, abbiamo creduto a Putin, abbiamo creduto a Biden, abbiamo creduto a Macron e abbiamo creduto al governo dell’Armenia. Ma siamo rimasti in ostaggio. Non abbiamo amici o supporto. Siamo soli. Risolveremo tutti i problemi insieme», ha risposto Harutyunyan. «A prescindere da tutto, la questione della strada deve essere risolta», ha sottolineato Harutyunyan, promettendo di risolvere presto la questione umanitaria. Ma non si sta discutendo dell’apertura di altre strade tranne il Corridoio di Lachin, ha ribadito.

Il Presidente della Commissione Affari Esteri del Bundestag tedesco: una catastrofe umanitaria e una pulizia etnica minacciano

Michael Roth, il Presidente della Commissione Affari Esteri del Bundestag tedesco, ha scritto in un post su Twitter: «Da metà giugno l’Azerbajgian ha bloccato tutte le consegne di aiuti al Nagorno-Karabakh attraverso il Corridoio di Lachin. Una catastrofe umanitaria e una pulizia etnica minacciano. L’Azerbajgian mette così in pericolo il fragile processo di pace e sicurezza nel Caucaso meridionale. L’Unione Europea e la Germania non devono tacere su questo:
1. Azerbajgian deve togliere immediatamente il blocco.
2. Abbiamo bisogno di una missione conoscitiva del Consiglio d’Europa nel Nagorno Karabakh.
3. La Missione dell’Unione Europea in Armenia (EUMA) va rafforzata e estesa al territorio dell’Azerbajgian».
Ovviamente, i tre punti rimarranno lettera morta. Ciononostante, immediata è stata la risposta dal disco rotto di Nasimi Aghayev, Ambasciatore dell’Azerbaigian in Germania: «L’Armenia vuole utilizzare la strada di Lachin per consegnare armi, soldati, mine e altre forniture militari alle sue 10.000 truppe illegali in Karabakh, continuando a sostenere il separatismo armato in Azerbajgian. Questo è l’obiettivo principale di tutta questa campagna di “blocco”. Stanno usando gli Armeni del Karabakh come ostaggi per la loro politica nazionalista. La strada via Aghdam è percorribile e l’Unione Eureopea e la Croce Rossa ne hanno confermato l’agibilità. Ieri [29 agosto 2023] l’Azerbajgian ha inviato 40 tonnellate di farina agli Armeni del Karabakh. Ma per volere del regime estremista armeno di Khankendi, la strada è stata bloccata. La parte armena dovrebbe fermare gli spettacoli teatrali ed eliminare i blocchi stradali. Azerbajgian è pronto a fornire ai nostri residenti Armeni tutto ciò di cui hanno bisogno e a reintegrarli come cittadini alla pari».

Se l’Azerbajgian insiste da mesi che non esiste alcuna crisi umanitaria nell’Artsakh, perché si mette in imbarazzo su tutte le piattaforme, inviando aiuti “umanitari”?

Il Capo della comunità russa in Artsakh: riteniamo impossibile per l’Artsakh far parte dell’Azerbaigian e coesistere

Artsakhpress riferisce che nel Palazzo della Cultura e della Gioventù di Stepanakert si è svolto un incontro dei rappresentanti della comunità russa dell’Artsakh, iniziato con la benedizione e il discorso dei padri spirituali della Chiesa Apostolica Armena e della Chiesa Ortodossa Russa.

Il capo della comunità russa dell’Artsakh, Alexander Bordov, ha osservato nel suo discorso che la Repubblica di Artsakh/Nagorno Karabakh si trova oggi in una situazione difficile e che solo la forza e la resistenza dello spirito caratteristiche del popolo dell’Artsakh consentono di superare con onore le prove di questi mesi. «Naturalmente ricordiamo che non è stato facile nemmeno per i nostri nonni e padri, perché l’intera storia della Terra Santa del Karabakh è una lotta per la libertà, la vita, il diritto di vivere nella terra dei nostri antenati».

Bordov ha fatto un riferimento storico alle relazioni armeno-russe e in questo contesto anche alla storia della presenza russa nell’Artsakh. Ha affermato che nel corso dei secoli, Armeni e Russi hanno creato legami spirituali, il che suggerisce la necessità di costruire forti relazioni di alleanza per il bene di entrambi i popoli, i Paesi e la Fede. Ha sottolineato che sia la popolazione dell’Artsakh che le forze di mantenimento della pace russe si sono trovate in una situazione difficile, anzi di crisi. «È chiaro che oggi dobbiamo stare dalla stessa parte delle barricate», ha detto convinto Bordov. «Non abbiamo assolutamente nulla contro la popolazione dell’Azerbajgian, ma siamo contrari al blocco e a ciò che è stato portato avanti dalla leadership militare e politica dell’Azerbajgian nella regione del Karabakh, contrariamente alla Dichiarazione tripartita del 9 novembre 2020. Tutto questo, così come la memoria storica dei tragici eventi di Sumgait, Baku, Nagorno-Karabakh, quando furono commessi crimini brutali contro la popolazione armena, dettano l’impossibilità di far parte dell’Azerbajgian e di convivere nella situazione creatasi. Le ferite delle perdite sono troppo pesanti», ha aggiunto Bordov, assicurando di dedicare tutte le sue forze al compito di avere un Artsakh sicuro e prospero.

«La Francia sta intensificando significativamente i suoi sforzi per superare la situazione estremamente difficile nel Nagorno-Karabakh. Le scorte di cibo stanno diminuendo e il rischio di fame di massa è in aumento.
Allo stesso tempo, l’Azerbajgian continua gli arresti illegali della popolazione armena, creando un’atmosfera di terrore e paura nell’Artsakh. Baku ha condannato a 10 giorni di carcere i giovani armeni rapiti al checkpoint del Corridoio di Lachin. In Azerbajgian è detenuto ancora Vagif Khachatryan, che l’Azerbajgian ha rapito al checkpoint presentando false accuse.
Sebbene l’Azerbajgian abbia reagito duramente, credo che il sostegno diplomatico della Francia sia un’opportunità anche per l’Azerbajgian. Infine, è necessario trovare una soluzione alla difficile situazione creatasi attorno al Nagorno-Karabakh.
Il Presidente francese ha recentemente condannato il blocco del Nagorno-Karabakh da parte dell’Azerbajgian. “Ci dispiace e condanniamo questo, ma non è più il momento della diplomazia. Abbiamo sempre detto che siamo a favore della sovranità del popolo. Oggi stiamo facendo di tutto per stabilire una pace duratura tra Armenia e Azerbajgian e per proteggere i popoli e culture. Questo trattato di pace è una necessità, ma deve rispettare il diritto internazionale. La situazione umanitaria è inaccettabile, soprattutto a causa della chiusura del Corridoio di Lachin. Il ruolo della Francia è quello di fare pressione per l’accesso umanitario e stiamo continuando a fare del nostro meglio per raggiungere questo obiettivo. In particolare, continuiamo ad adottare misure per garantire la consegna di cibo e medicinali e mantenere il libero accesso al Nagorno-Karabakh. Inoltre, i confini dell’Armenia sono a rischio”, ha detto il Presidente Macron in un’intervista alla rivista Le Point.
Vediamo che la Francia, in quanto superpotenza atomica e membro permanente del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, agisce come membro responsabile della comunità internazionale. L’Azerbajgian può interpretare questa attività francese come un modo di lavorare filo-armeno. Tuttavia, la Francia non avanza richieste politiche all’Azerbajgian e adotta solo misure pratiche per prevenire una catastrofe umanitaria.
Anche i negoziati promessi da Emmanuel Macron con Ilham Aliyev e Nikol Pashinyan sono una buona opportunità per l’Azerbajgian.
Baku ha rifiutato di conformarsi alla decisione della Corte Internazionale di Giustizia di aprire il Corridoio di Lachin. Come ha ammesso l’altro giorno il Presidente Aliyev, la pressione sull’Azerbajgian si è intensificata. Naturalmente, Aliyev può essere infinitamente orgoglioso della sua volontà e del suo coraggio, ma la pazienza degli attori internazionali potrebbe esaurirsi. Rifiutando le iniziative umanitarie della Francia per trovare soluzioni al conflitto del Nagorno-Karabakh, l’Azerbajgian approfondirà le tensioni e aumenterà la possibilità di guerra.
Tuttavia, l’attività francese rappresenta un’opportunità per l’Azerbajgian di uscire dall’impasse che ha creato e anche per creare finalmente un’opportunità per le trattative Baku-Stepanakert» (Robert Ananyan – Nostra traduzione italiana dall’inglese).

«So che tra i cittadini dell’Azerbajgian c’è il timore che gli Armeni non accetteranno la sconfitta della guerra dei 44 giorni nel 2020 e cercheranno vendetta. Questa non è una paura irragionevole. La vendetta è una tesi piuttosto popolare tra le forze politiche di opposizione armene, che agiscono da posizioni nazionaliste estreme. Il desiderio armeno di vendetta è alimentato dalla retorica estremista e bellicosa, e la minaccia di guerra del Presidente dell’Azerbajgian. Se, dopo il 2020, Aliyev avesse veramente inteso stabilire la pace e avesse perseguito tale politica, ci sarebbero più persone in Armenia a credere nella pace.
Non ho dubbi che se queste forze nazionaliste estreme prendessero il potere in Armenia, non riconoscerebbero l’integrità territoriale dell’Azerbajgian e combatterebbero per impedire che il Nagorno-Karabakh venga incluso nell’Azerbajgian. Non è impossibile che l’Azerbajgian occuperà il Nagorno-Karabakh durante quella guerra, ma queste forze credono che sia possibile sconfiggere l’Azerbajgian e raggiungere le pianure del Kur-Araks. Non eviteranno una nuova guerra con l’Azerbajgian, anche se lo scenario di sconfitta sembra probabile.
Non voglio discutere la questione di chi vincerebbe in una nuova guerra, l’Armenia o l’Azerbajgian. Sto dicendo che in Armenia ci sono molte forze politiche di opposizione desiderose di vendetta. Queste forze criticano aspramente l’attuale governo armeno, che vuole stabilire la pace con l’Azerbajgian e firmare un accordo. Oggi l’Azerbajgian sta ripopolando i sette territori intorno all’Artsakh. Ad esempio, nella città di Lachin sono state costruite nuove case e lì vivono centinaia di persone. È la città più vicina al confine armeno.
Se dovesse scoppiare una guerra contro il Nagorno-Karabakh, gli Azerbajgiani che vivono nelle zone limitrofe soffriranno molto, come avvenne negli anni ’90. È possibile che diventino nuovamente rifugiati. Sono sicuro che le autorità dell’Azerbajgian abbiano tenuto conto della possibilità di questo scenario mentre si preparavano ad una nuova guerra. Ci sono forze politiche influenti in Armenia che non esiterebbero ad entrare in guerra se salissero al potere in Armenia. In altre parole, i timori della società azera che la guerra possa ricominciare e che vi sia il rischio di diventare profughi sono giustificati.
C’è anche la paura della guerra in Armenia. Allo stesso tempo, una parte significativa della società armena è convinta che l’Azerbajgian inizierà una guerra. Inoltre, si ritiene che in caso di occupazione del Nagorno-Karabakh, l’Azerbajgian avanzerà false rivendicazioni sui territori sovrani dell’Armenia. In altre parole, l’Azerbajgian non si accontenterà solo della conquista del Nagorno-Karabakh. Questo punto di vista è rafforzato da Ilham Aliyev, che chiama azeri i territori sovrani armeni e parla del possibile ritorno degli Azeri contro la volontà dell’Armenia.
A differenza del leader armeno, dopo la guerra dei 44 giorni del 2020, Aliyev ha ripetutamente utilizzato una retorica belligerante, insultato gli Armeni e rilasciato dichiarazioni di natura nazista. L’opposizione nazionalista armena accusa Nikol Pashinyan di non aver risposto ad Ilham Aliyev con lo stesso vocabolario estremista. Il 13 settembre 2022 l’Azerbajgian ha occupato i territori sovrani dell’Armenia con un’area di almeno 150 chilometri quadrati.
In breve, sia la società dell’Azerbajgian che la maggioranza dei cittadini armeni vivono nell’attesa della guerra futura. Questa è la situazione in cui gli Azeri hanno paura degli Armeni e gli Armeni hanno paura degli Azeri.
Come dovremmo procedere quando entrambe le nazioni non vogliono la guerra ed entrambe hanno paura di questo scenario? Penso che il pericolo di una nuova guerra sarà definitivamente scongiurato se il trattato di pace prevede la vittoria di entrambe le nazioni. Non ci sarà pace a scapito della sconfitta e dell’umiliazione di una delle parti.
L’Azerbajgian è stato umiliato per 26 anni, ha raccolto le forze e ha iniziato una guerra. In Armenia si sostiene che da parte armena si dovrebbe fare lo stesso.
Nel lungo termine, Armenia, Azerbajgian e Georgia possono diventare una mini-Unione Europea. I tre popoli possono creare una casa caucasica dove tutti i popoli vivranno in pace, armonia e prosperità economica e coopereranno liberamente. L’Azerbajgian costruirà i suoi gasdotti e oleodotti attraverso il territorio dell’Armenia. L’Armenia trasporterà le sue merci in Russia attraverso il territorio dell’Azerbajgian. Sarà la situazione in cui un armeno andrà a Baku a bere il tè, non seduto su un carro armato, ma in visita turistica. Gli Azeri verranno a Sevan per nuotare, non per dichiarare quel lago come territorio dell’Azerbajgian, ma per riposarsi d’estate. Non considero questi scenari un’utopia.
La tesa situazione militare-politica di oggi non consente ottimismo. Vivendo in Armenia, vedo che, a differenza delle forze nazionaliste estreme, la maggior parte degli Armeni è pronta per una vera pace con l’Azerbajgian. Tuttavia, i passi estremisti dell’Azerbajgian ritardano il momento della firma dell’accordo di pace.
Penso che le paure reciproche di Armeni e di Azeri dovrebbero spingerli a costruire la vera pace.
Condannare alla fame 120.000 Armeni del Nagorno-Karabakh avvicina lo scoppio di una nuova guerra. Per stabilire una pace reale è necessario tenere conto delle paure e dei problemi degli Armeni del Nagorno-Karabakh. Non può esserci pace duratura se non si tengono conto degli interessi degli Armeni del Nagorno-Karabakh, della loro sicurezza e dei loro diritti.
Nuovi morti e spargimenti di sangue stremeranno entrambi i popoli. Non può esserci un vincitore e i successi saranno solo temporanei. Cari Armeni e Azeri, avete scritto migliaia di ragioni per cui è necessario continuare la guerra invece di cercare la pace. In ogni caso, potrebbe fornire almeno una ragione per la quale i nostri due popoli lottano per la pace?» (Robert Ananyan – Nostra traduzione italiana dall’inglese).

NOI PREGHIAMO IL SIGNORE PER QUESTO MIRACOLO
NON DOBBIAMO SPERARE CHE VENGA DAGLI UOMINI,
QUELLO CHE SOLO IL SIGNORE POTREBBE DARCI

Indice – #ArtsakhBlockade [QUI]

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