Una riflessione sul prete deejay techno alla GMG di Lisbona

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[Korazym.org/Blog dell’Editore, 11.08.2023 – Vik van Brantegem] – Il 49enne prete portoghese Don Guilherme Peixoto, dal 2006 parroco di Laúndos dell’Arcidiocesi di Braga, a Póvoa de Varzim, nel nord del Portogallo. Da anni usa la musica techno per stare tra i giovani. In parrocchia ha aperto un bar “Ar de Rock Laundos” dove fa il deejay. È un ritrovo per tutta la comunità locale, non solo per i ragazzi. All’alba di domenica 6 agosto ha svegliato i giovani e prima della Concelebrazione Eucaristica presieduta da Papa Francesco a conclusione della XXXVII Giornata Mondiale della Gioventù di Lisbona, gli ha fatto ballare dalla sua console su musica techno, hit famosissime come Jerusalema e The Nights di Avicii, intervallate dal Gloria in versione remix e da alcune frasi di Papa Francesco e San Giovanni Paolo II.

Don Guilherme Peixoto ha la vocazione per la musica fin da ragazzo e da diciassette anni, oltre a fare il parroco, fa anche il deejay. Nel 2006, ha aperto un bar “Ar de Rock Laundos” nella parrocchia di Laúndos, a Póvoa de Varzim, nel nord del Portogallo. «Non è un caffè, non è un bar e non è un club», ha scritto su Facebook. «È molto più di un luogo fisico. È uno spirito orientato alla convivialità tra generazioni, alla riunione di famiglia, dove cerchiamo di far sentire tutti a casa e di farli socializzare senza pregiudizi o restrizioni di età».

Condividiamo di seguito un articolo Il prete dj alla GMG: anche con la console porto speranza pubblicato ieri da Matteo Liut su Avvenire [QUI]. Segue un approfondimento sul tema Non sarà un remix di musica techno a risvegliare nel cuore dei ragazzi il desiderio di Dio pubblicato oggi da Michelangelo Nasca, giornalista vaticanista, docente di Teologia Dogmatica, Presidente di Radio Spazio Noi, l’emittente radiofonica dell’Arcidiocesi di Palermo, e della sezione di Palermo dell’Unione Cattolica Stampa Italiana (UCSI), sul suo sito Porta di Servizio [QUI].

Don Guilherme Peixoto va dove ci sono i giovani e in un’intervista al settimanale cattolico francese Le Pelerin ha spiegato: «Facendo il deejay voglio mostrare ai giovani una visione del mondo, per dire loro che sulla pista da ballo siamo tutti uguali. E quando trasmetto i messaggi di Papa Francesco e San Giovanni Paolo II creo un mix di fede, messaggio di Dio e musica che entusiasma i giovani». Ci sono ovviamente alcuni fedeli che lo criticano ai quali lui risponde con un sorriso: «Ho sempre avuto la fiducia dei miei vescovi, ed è quello che voglio continuare a fare, applicando il messaggio di Francesco: andate dove ci sono i giovani».

Il prete dj alla GMG: anche con la console porto speranza

C’era un prete dj domenica 6 agosto dietro alla console dalla quale è partita il remix techno che ha svegliato con energia tutto il milione e mezzo di ragazzi riuniti al Parco Teje, il Campo della Grazia, per la giornata finale della GMG di Lisbona. E c’è una storia di vita affascinante e profetica dietro a quel prete portoghese, della diocesi di Braga, che ha fatto della musica un mezzo per stare con i giovani, per conoscerli e coltivare amicizie che superano confini e barriere.

Lui è Don Guilherme Peixoto, parroco della parrocchia di San Michele a Laudos (località della città di Povoa de Varzim, nel nord del Portogallo), ha 49 anni compiuti proprio alla vigilia della GMG e coltiva da prima del seminario la passione per la musica, specie la techno. Come ha raccontato in un’intervista uscita l’anno scorso dopo la sua partecipazione a un importante festival musicale, il MEO Sudoeste, quello musicale è un interesse che lo ha aiutato molto nel suo ministero: in parrocchia nel 2006 ha aperto un bar, l’Ar de Rock Laundos per raccogliere fondi per alcuni lavori di restauro in parrocchia. Presto è diventato un luogo di ritrovo per tutti, grandi e piccoli ed è stato il “laboratorio” dove è cresciuto anche musicalmente (ha poi anche deciso di andare a scuola da una nota dj a Porto).

Con la sua console ha avuto modo di avvicinare moltissimi giovani, anche dall’estero, grazie alla partecipazione alle feste studentesche frequentate dai ragazzi del progetto Erasmus. “In tanti mi hanno chiamato al loro matrimonio all’estero”, ha raccontato Don Guilherme, che alla console si presenta sempre con il colletto: “È importante chi sono, fa parte della mia identità”, ha dichiarato. Durante la pandemia il suo impegno è continuato online: è attivo sui social (su Youtube, Facebook, Instagram, TikTok) e ha pubblicato assieme ad altri artisti un brano.

Il salto poi l’anno scorso con il festival dove ha suonato davanti a 10mila persone: briciole rispetto al milione e mezzo di Lisbona.

“Chiedo a Dio di aiutarmi a essere segno di gioia, speranza e fede tra i giovani – dice ancora Don Guilherme –. È la preghiera che faccio sempre prima di suonare. Siamo bombardati da cattive notizie e senza rendercene conto diventiamo facilmente depressi”. Ecco perché il sacerdote portoghese con la sua console cerca di offrire “momenti di gioia e speranza. Per coloro che hanno fede e per coloro che non ce l’hanno, perché tutti ne abbiamo bisogno”.

Energia, gioia e speranza che domenica 6 agosto hanno provato insieme un milione e mezzo di ragazzi.

Matteo Liut

Don Guilherme Peixoto, su un lato dell’altare allestito per la Concelebrazione Eucaristica ha gestito un dj-set per i ragazzi che ballavano sulle note techno, mentre i vescovi, con addosso i paramenti, si divertivano a scattare foto al prete dj-techno.

Non sarà un remix di musica techno a risvegliare nel cuore dei ragazzi il desiderio di Dio

In questi giorni si continua a parlare con entusiasmo del prete dJ che domenica 6 agosto ha offerto un insolito risveglio al milione e mezzo di giovane radunati al Parco Teje, il Campo della Grazia, in occasione della giornata finale della GMG di Lisbona, proponendo un remix di musica techno. L’idea ha sorpreso tantissimi giovani, e ad alcuni è anche piaciuta.

Certamente viviamo in un’epoca dove le domande sul coinvolgimento pastorale dei giovani interrogano un po’ tutti: presbiteri e laici che operano nelle realtà ecclesiali sparse per il mondo e che provano a studiare qualche possibile strategia che favorisca l’incontro e il confronto con questa particolare fascia di età.

La domanda principale – che è anche il vertice della proposta evangelica rivolta ai giovani – , nonostante i repentini cambiamenti epocali, tuttavia è sempre la stessa: Chi vogliamo far incontrare ai nostri ragazzi?

Giovanni Paolo II, nella Lettera Apostolica ai giovani e alle giovani del mondo in occasione dell’anno internazionale della gioventù [QUI], commentando il brano evangelico del “Giovane ricco” (Mc 10,17-22), affermava che l’incontro tra Gesù e il giovane ricco è il «più completo e più ricco di contenuto. Si può anche dire che esso ha carattere più universale e ultratemporale, e cioè che vale, in un certo senso, costantemente e continuamente, attraverso i secoli e le generazioni. Cristo parla così con un giovane, con un ragazzo o una ragazza: conversa in diversi luoghi della terra, in mezzo alle diverse nazioni, razze e culture». «Ognuno di voi – concludeva il Pontefice rivolgendosi ai giovani – in questo colloquio è un suo potenziale interlocutore».

È chiaro, dunque, che se non è cambiata la prospettiva evangelica verso cui vogliamo orientare i giovani, non possiamo ritenere ingenuamente che l’annuncio di Cristo vada rimodulato e riproposto porgendo il fianco a discutibili dinamiche mondane.

Non possiamo commettere l’errore di adeguare i cambiamenti epocali alle prospettive dell’annuncio cristiano, anche a costo di essere “odiati”, così come Gesù stesso ricorda nel suo Vangelo: «Se il mondo vi odia, sappiate che prima di voi ha odiato me. Se foste del mondo, il mondo amerebbe ciò che è suo; poiché invece non siete del mondo, ma vi ho scelti io dal mondo, per questo il mondo vi odia» (Gv 15,18-19).

Non sarà certamente un assolo di chitarra elettrica o un remix di musica techno che risveglierà nel cuore dei ragazzi il desiderio di Dio, anche se quella musica e i modelli in essa contenuti fanno parte del loro mondo! Ecco perché è importante riflettere su queste dinamiche, per non commettere l’errore di considerare il Vangelo una lettura del passato incapace di parlare al cuore dell’uomo.

Non è il Vangelo, la liturgia, la morale, la teologia che bisogna cambiare per dialogare con il mondo. Ancora nella Lettera Apostolica prima citata, di quasi trent’anni fa, Giovanni Paolo II non aveva paura di indicare ai giovani il “tesoro della coscienza”: «Ci troviamo qui in un momento cruciale, in cui ad ogni passo temporalità ed eternità si incontrano ad un livello che è proprio dell’uomo. È il livello della coscienza, il livello dei valori morali: questa è la più importante dimensione della temporalità e della storia. La storia, infatti, viene scritta non solo dagli avvenimenti, che si svolgono in un certo qual senso “dall’esterno”, ma è scritta prima di tutto “dal di dentro”: è la storia delle coscienze umane, delle vittorie o delle sconfitte morali. Qui trova anche il suo fondamento l’essenziale grandezza dell’uomo: la sua dignità autenticamente umana. Questo è quel tesoro interiore, per il quale l’uomo supera di continuo se stesso nella direzione dell’eternità».

Michelangelo Nasca

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