L’attacco dei media statali azeri ad una giornalista statunitense, che sta facendo un ottimo lavoro. È segno della sua efficacia
[Korazym.org/Blog dell’Editore, 04.08.2023 – Vik van Brantegem] – Il 23 luglio scorso abbiamo riferito del Global Media Forum “Nuovi media nell’era della quarta rivoluzione industriale”: Il Paese organizzatore del media forum a Shushi ha condannato 120.000 persone tra cui 30.000 bambini a una morte lenta [QUI]. Il convegno, organizzato dall’Agenzia per lo sviluppo dei media dell’Azerbajgian, si è svolto il 21 e 22 luglio 2023 nella città di Sushi della Repubblica di Artsakh, occupata dalle forze armate dell’Azerbajgian.
Il Shusha Global Media Forum:
giornalismo al caviale
a Shushi in Artsakh occupata dall’Azerbajgian
Abbiamo osservato che era strabiliante, che il Presidente dell’Azerbajgian, Ilham Aliyev, seduto di fronte alla platea giornalistica del caviale, abbia concesso tre ore per rispondere alle domande preselezionate. Giornalisti stranieri hanno usato l’occasione per adulare Aliyev (quelli azerbajgiani lo fanno ogni giorni e vorrebbero convertire i loro colleghi stranieri a fare altrettanto).
Il primo posto tra i giornalisti internazionali del viaggio al caviale a Baku e a Sushi via Fuzuli, partecipanti al Global Media Forum, l’avevamo assegnato a Oubai Shahbandar, che se l’ha guadagnato sul campo e i cui servizi da Baku sono stati trasmesso su TRT World, un’emittente pubblica turca che trasmette in inglese 24 ore su 24 da Istanbul ed è gestita dalla TRT, la Società di Radio e Televisione, l’emittente pubblica nazionale della Turchia. Tutti i canali TRT sono governati dal RTUK, il Consiglio Supremo della Radio e della Televisione statale turco. Quindi, il tenore della copertura di Shahbandar non destava meraviglia.
Poi, ieri la giornalista statunitense Lindsey Snell (foto di copertina) ha pubblicato un elenco con 50 nomi di partecipanti al Global Media Forum, raccogliendo un attacco virulento da parte di Turkic World di Baku.
Il post di Lindsey Snell del 31 luglio 2023: «Ecco i giornalisti e gli “esperti” stranieri che si sono recati allo “Shusha Global Media Forum” del governo azero. Questo è incredibilmente immorale, sia perché il blocco in corso dell’Azerbajgian sta facendo morire di fame 120.000 persone della porta accanto nel Nagorno-Karabakh, sia perché la libertà di stampa è inesistente in Azerbajgian».
L’elenco allegato al post (nelle due foto che seguono) non è l’elenco di tutti i partecipanti al Global Media Forum (in un commento al post Lindsey Snell ha osservato: «Speravo che ci aiutassero a completare l’elenco», rispondendo al commento: «I loro nomi erano intesi come un segreto di basso livello?»). In questo elenco (parziale) è presente un unico partecipante dall’Italia: il “research analist” Maurizio Geri [*].
Il commento di Lindsey Snell, riportando il post di Turkic World, Baku: «Poiché tutte le “notizie” dall’Azerbajgian sono controllate dal governo, questo è essenzialmente il governo dell’Azerbajgian che parla di me. Per la seconda volta in una settimana».
Il post di Turkic World, Baku del 3 agosto 2023: «La lobbista filo-armena, la “giornalista” americana Lindsey Snell, ha dimostrato ancora una volta di essere prigioniera della propaganda maligna dell’Armenia».
Baku. Turkic World ha scritto: «La lobbista filo-armeno Lindsay Snell ha iniziato a molestare i giornalisti in visita allo Shusha Global Media Forum – La lobbista filo-armena, la “giornalista” americana Lindsey Snell, nota per i suoi post provocatori contro l’Azerbajgian e la Turchia sui social media, ha dimostrato ancora una volta di essere prigioniera della propaganda maligna dell’Armenia. Così, la giornalista canaglia ha condiviso sul suo account di social network l’elenco dei giornalisti e degli esperti che hanno partecipato allo Shusha Global Media Forum tenutosi dal 21 al 23 luglio.
In realtà sta chiedendo la persecuzione di queste persone, cercando di danneggiare la loro reputazione e giustificando ciò con la loro partecipazione al forum tenutosi nel Paese che avrebbe “bloccato 120mila abitanti del Karabakh”. Va notato che all’evento hanno partecipato 150 ospiti stranieri provenienti da 49 paesi, tra cui agenzie di informazione statali di 34 paesi, 12 organizzazioni internazionali e organizzazioni dei media. Inoltre, tra i partecipanti c’erano 60 leader e rappresentanti dei media locali. Certo, non c’è posto per una ex criminale tra loro. Semplicemente non riesce a digerire il fatto che un numero così elevato di giornalisti stranieri partecipi felicemente al forum dei media a Shusha, assista ai lavori di restauro e ricostruzione nei territori liberati e dimostri l’obiettività e il buon senso che Snell non ha.
Sembra che il giornalismo sia solo uno sfondo per Lindsay Snell. Costei è stata arrestata nell’agosto 2016 quando è entrata illegalmente in Turchia dalla Siria. Nello stesso anno viene arrestato con l’accusa di violazione della zona militare ristretta e spionaggio e, dopo aver trascorso un periodo in carcere, viene espulsa dalla Turchia.
Sarebbe bene che Lindsay Snell usasse almeno il cervello, si svegliasse e capisse in quale “bolla” informativa si trova, esca dall’influenza manipolatoria della parte armena e si renda conto che non c’è “blocco”, nessuna “tragedia umanitaria”, per i “120 mila”. Non stiamo parlando di un numero fittizio di persone. La realtà è che l’Azerbajgian sostiene il reinserimento dei residenti Armeni del Karabakh nella sua società e garantirà loro pari diritti».
Lindsey Snell ha osservato: «L’ho già detto prima: il giornalismo è un hobby per me, e anche un hobby costoso. Non accetto finanziamenti di alcun genere. Pago io stessa per il mio sito web. Se fossi un’imbonitrice, ne avrei uno molto più bello e avrei più tempo per sfornare più lavoro di quello che sono attualmente in grado di fare».
Innanzitutto, questo articolo di Turkic World di Baku, segnalato da Lindsey Snell, è così “approfondito” che non riescono nemmeno a decidere se Lindsey Snell sia maschio o femmina… Almeno, non sono nemmeno in grado di usare in modo corretto e coerente i pronomi di genere appropriati (noi li abbiamo perciò corretti nella traduzione).
Poi, l’attacco di questo organo di stampa statale azero, è la prova che Lindsey Snell è una vera giornalista onesta, che difende la verità, la giustizia e la pace a rischio della sua vita, in diversi parti caldi del mondo. Essere pro-Armeno significa essere pro-giustizia, pro-verità e pro-pace in Artsakh.
La seguiamo da tempo e la ringraziamo per tutto quello che fa, perché è un faro di speranza per i popoli oppressi in balia di ricche dittature criminali che comprano i giornalisti.
L’attacco è un vero complimento, meritato sul campo come una medaglia d’onore, perché è una giornalista veramente instancabile e coraggiosa, che onora la sua professione come pochi. Il giornalismo ha bisogno di più persone come lei.
Il fatto che viene attaccata dalla propaganda turca-azera e che i media statali dell’Azerbajgian parlano male di lei, è la garanzia che Lindsey Snell è sicuramente una brava persona. Ma soprattutto, è un indicatore infallibile che sta facendo un ottimo lavoro che funziona. Significa che esporre la verità sta cominciando a innervosirli e l’unica risposta che hanno è lanciarti insulti. Insultare una persona mostra assenza di controllo e mancanza di argomenti. È comunamente accettato che l’insulto sia una bassezza morale. Schopenhauer lo reputa un’extrema ratio, ovvero l’ultimo stratagemma per vincere una disputa in cui le argomentazioni si sono dimostrate fallaci, e quindi si va a confondere l’avversario cercando di provocare in lui una reazione emotiva. E con Freud possiamo ritenere che l’insulto è il sostituto della violenza fisica. Quando si innesca un’escalation di insulti, che porta alla perdita dell’autocontrollo, l’insulto scade dallo sfogo emotivo verbale nella violenza fisica.
Impossibile prendere sul serio la loro presentazione come “realtà” è che «l’Azerbajgian sostiene il reinserimento dei residenti Armeni del Karabakh nella sua società e garantirà loro pari diritti». L’assurdità è che il Presidente dell’Azerbajgian, Ilham Aliyev, che ha messo fuori legge l’opposizione in Azerbajgian, assicura che garantirà i diritti e la sicurezza degli Armeni del Nagorno-Karabakh sulla base della Costituzione dell’Azerbajgian. Durante la dittatura di Aliyev, la Costituzione dell’Azerbajgian non protegge nemmeno i diritti degli Azeri. Solo la democratizzazione dell’Azerbajgian può portare la pace agli Armeni e agli Azeri. Questo non accadrà sotto il sanguinario dittatore Aliyev; le guerre continueranno e sia gli Azeri che gli Armeni soffriranno e saranno uccisi.
Altrettante impossibile prendere sul serio il condizionale nella loro affermazione che l’Azerbajgian «avrebbe “bloccato 120mila abitanti del Karabakh”». Ricordiamo le colpe dell’Azerbajgian quotidianamente dal 27 settembre 2020, primo giorno della guerra dei 44 giorni dell’Azerbajgian contro l’Artsakh, continuando in modo più intensivo dal 12 dicembre 2022, prima giorno del blocco del Corridoio di Berdzor (Lachin) e dal 15 giugno 2023, prima giorno del blocco totale dell’Artsakh. Ma la causa del disastro nel Caucaso meridionale sono le parole senza azioni della comunità internazionale, che permette la stampa statale azera di diffondere idiozie.
Ancora più impossibile prendere sul serio la loro difesa dei giornalisti che hanno partecipato al Global Media Forum. Guardano con ammirazione la realtà della Turchia per questo?
Sulla base della nuova controversa legge sui social media dell’ottobre 2022, le autorità turche hanno il diritto di controllare e, se necessario, limitare la libertà di parola online in modi che sarebbero impensabili in qualsiasi democrazia, e neanche in Turchia qualche anno fa.
Il governo del Presidente turco, Recep Tayyip Erdoğan, è stato a lungo criticato per aver imbavagliato le voci dissidenti ed esercitato il proprio controllo sui media tradizionali. Ma con un alto tasso di penetrazione, i social media in Turchia sono stati un forum relativamente aperto per il giornalismo e il dibattito indipendenti.
Poi, in vero stile orwelliano, la legge turca mira a criminalizzare la diffusione della disinformazione, come definita dal governo, e a regolamentare i contenuti. Il pacchetto legislativo, passato in parlamento tra proteste e critiche internazionali, prevede fino a quattro-cinque anni di reclusione per storie e post che “diffondono informazioni inesatte” al fine di “creare paura, panico” o “disturbare la sicurezza interna ed esterna della Turchia”, “ordine pubblico” e “salute pubblica”. Ciò praticamente criminalizza qualsiasi informazione che non sia avallata dalle autorità turche e con la nuova legge il giornalismo investigativo è praticamente impossibile.
In un Paese profondamente polarizzato lungo linee politiche, chi può veramente definire “la verità” e individuare la “disinformazione”? Lo lasciamo fare ai pubblici ministeri turchi, come dice la nuova legislazione. L’editorialista specialista di diritti umani, Gökçer Tahincioğlu, ha osservato che la legge ha conferito ampio mandato ai pubblici ministeri per identificare qual è la verità e cercare un corso legale contro ciò che considerano inesatto. In un Paese in cui i tribunali hanno già perseguitato giornalisti ed economisti per aver twittato, proprio nel bel mezzo di una crisi valutaria, che la lira turca rischiava di perdere valore rispetto al dollaro, questo non suona bene.
La nuova legislazione non è stata certamente il primo tentativo del Partito per la Giustizia e lo Sviluppo (AKP) di Erdoğan e dei suoi alleati nazionalisti, di rafforzare i controlli sui media, ma la legge, soprannominata “legge sulla censura” dai gruppi di opposizione e per i diritti, è stato certamente il più duro colpo inflitto alla libertà di espressione. Nel 2020, i legislatori turchi hanno conferito al governo ampi poteri per regolamentare i contenuti dei social media e hanno obbligato le società tecnologiche, tra cui Twitter, Facebook e YouTube, ad aprire uffici in Turchia. Il governo turco ha anche imposto sanzioni pecuniarie e ha minacciato di rallentare il traffico verso questi siti se le loro condizioni non fossero state soddisfatte. Poi, ha stretto le viti di un’altra tacca. I giganti della tecnologia sono tenuti per legge a nominare cittadini turchi per gestire il proprio ufficio locale, conservare i propri dati in Turchia e fornire informazioni sugli utenti se il governo lo richiede, o affrontare blocchi.
Data la popolarità delle piattaforme di social media nel Paese e la facilità con cui il governo turco può etichettare l’attività dei dissidenti come “terrorismo”, la sfida è reale. Le app di messaggistica come Signal, FaceTime e WhatsApp sono ampiamente utilizzate e sono diventate il metodo di corrispondenza preferito sia dai cittadini che dai funzionari. Il governo ora vuole essere regolarmente aggiornato su quanti utenti ci sono, chi parla con chi e, se necessario, di cosa hanno parlato. In alcuni casi, possono richiedere dati di crittografia e limitare l’utilizzo in altro modo. In un Paese con una storia di intercettazioni governative e dove persino i nonni preferiscono WhatsApp per parlare con i familiari, la nuova legge toglie un ulteriore livello di privacy ai cittadini comuni.
I media statali azeri sono andati a scuola sul Bosforo. Stanno cercando di equiparare “lobbista filo-armeno” a “putiniano” e “pro-Russia” in Occidente. Raccontare i fatti lo definiscono diffondere propaganda. Loro diffondono propaganda e la chiamano raccontare i fatti. Quindi, attaccano una giornalista statunitense forte, combattente contro i fake news e la falsa propaganda azera, dando lezioni di libertà di parola. Ecco, l’apparato statale di propaganda azera sta perdendo la testa a causa della copertura mediatica del loro blocco illegale del Corridoio di Berdzor (Lachin). Reagiscono come i mafiosi a cui non importa se la verità viene a galla, basta non raccontarla.
Essere “pro-armeno” significa coprire le notizie senza la narrazione di “ambedue le parti”, nominando l’aggressore e l’aggredito, che altri non fanno. Le autorità azeri sono profondamente sconvolte, perché non possono comprare una brava giornalista, che è prigioniera di nessuno, soprattutto non della diplomazia al caviale, che difendi la democrazia e i diritti umani con grande coraggio.
Quindi, insultano chi racconta il livello della libertà di stampa che ha raggiunto l’Azerbajgian, parlando del regime autocratico di Ilham Aliyev e in particolare del Global Media Forum organizzato dall’Agenzia per lo sviluppo dei media dell’Azerbajgian (nel nome la beffa). Reporters sans frontières classifica l’Azerbajgian al 167° posto (tra Egitto e Bahrein) su oltre 180 Paesi nell’indice della libertà di stampa, con un punteggio di 58,48. La legislazione azera sui media è diventata sempre più repressiva negli ultimi 20 anni e la legge “sui media” entrata in vigore nel febbraio 2022 ha legalizzato la censura (secondo il principio dei due Stati, un fascismo). L’Azerbajgian è un Paese autocratico classificato tra le peggiori dittature al mondo, con due guerre lanciate contro l’Artsakh, l’armenofobia sponsorizzata dallo Stato, i procedimenti illegali contro i prigionieri di guerra, l’occupazione del territorio sovrano armeno e la pulizia etnica in corso nell’Artsakh.
[*] Sul suo profilo LinkedIn, Maurizio Geri si presenta come segue: «Geopolitics, Defense, Strategy, Energy-resources-climate, EDTs, Foresight, Human Security, CIMIC, Hybrid warfare. EU-Caucasus-Central Asia partnership. EU M.Curie Fellow 2024-2026».
Maurizio Geri ha pubblicato una settimana fa sul suo profilo LinkedIn un post a seguito della sua partecipazione al Global Media Forum a Sushi, che riportiamo nella nostra traduzione italiana dall’inglese: «Risposta molto interessante del Presidente dell’Azerbajgian Aliyev alla mia domanda sul possibile ruolo dell’Azerbajgian come ponte tra l’Europa e l’Asia centrale, per il futuro fabbisogno energetico europeo, per evitare la guerra ibrida/armamento di risorse dalla Russia e dalla Cina, in particolare con il progetto di un gasdotto transcaspico. Il Presidente ha dichiarato: “In questi mesi – cioè nel periodo in cui non ci siamo visti (ho incontrato il Presidente a Shusha all’inizio di maggio, ndr) – abbiamo già annunciato la scoperta dal giacimento di gas di Absheron, che possiede almeno 300 miliardi di metri cubi. E il primo pozzo sta già producendo gas più di qualsiasi altro pozzo su Shahdeniz. Quindi, in altre parole, l’espansione del nostro sistema di gasdotti si basa sulle nostre risorse in crescita. Per ulteriore gas dalle coste orientali del Caspio, prima deve essere costruito il gasdotto transcaspico sotto il mare, e da Baku alla destinazione europea, deve essere costruito un altro qualcosa come il corridoio meridionale del gas. E la domanda principale è chi finanzierà questi importanti progetti? E non abbiamo una risposta”. L’Italia o altre imprese europee potrebbero essere interessate e riuscire a convincere il governo del Turkmenistan della crucialità del progetto per la transizione europea? Il tempo dirà se l’Unione Europea sta imparando ad avere una Grande Strategia per il suo futuro oppure no».
Maurizio Geri è analista strategico senior in sicurezza internazionale, politologo e commentatore, con vent’anni di esperienza tra ONG, università, think tank e istituzioni internazionali (in particolare la NATO) su difesa, affari globali, diplomazia e cooperazione, previsione strategica, pace e sicurezza (incluso il recente nesso energia-risorse-sicurezza climatica e sicurezza marittima). Ha esperienza anche sui temi di tecnologie dirompenti emergenti, operazioni multidominio, assistenza alle forze di sicurezza e riforme del settore della sicurezza. Le sue analisi si bilanciano fra ricerche ed approcci teorico-accademici, esigenze dei decisori politici-imprenditoriali e visione politico-strategica. Con un forte background anche nella risoluzione dei conflitti, diritti umani, diritti delle minoranze e democratizzazione, le sue aree di competenza sono l’area nord-atlantica/europea, la regione mediterranea/MENA/africana, il Caucaso/ regione dell’Asia centrale.
Maurizio Geri ha conseguito un Dottorato in Geopolitica e Sicurezza (Confitto e Cooperazione) presso la Old Dominion University in Virginia/USA, un Master in Studi Culturali e un BA in Scienze Politiche/Relazioni Internazionali presso l’Università di Firenze, oltre a molti altri diplomi e certificati nel settore della sicurezza-sviluppo-diplomazia. Ha fatto graduate studies in International Relations and Affairs all’University of North Carolina a Chapel Hill. All’Università La Sapienza di Roma ha conseguito un Master in Donne, Pace e Sicurezza. All’ADA University di Baku, Azerbajgian, ha seguito l’Energy Summer School. Ha studiato tra l’altro i processi di democratizzazione e le crisi democratiche, le transizioni del nuovo ordine mondiale e dell’ordine regionale del Mediterraneo/regione MENA.
Maurizio Geri ha più di 20 anni di esperienza nella ricerca e nelle operazioni su pace e sicurezza, operazioni di stabilità, democratizzazione e diritti umani, in particolare nella regione MENA. Ha svolto attività di ricerca per vari think tank tra cui The Carter Center, The Washington Institute for the Near East Policy, Euro Gulf Information Center, Italian Center for the High Studies of Defense, Three Stones International e altri. È autore di “Minoranze etniche nella democratizzazione dei paesi musulmani” (Palgrave Macmillan 2018). Ha pubblicato diversi articoli, sia accademici che giornalistici, e un libro con Palgrave MacMillan su “Le minoranze etniche nella democratizzazione dei paesi musulmani: Turchia e Indonesia”.
Maurizio Geri ha lavorato come consulente per diversi centri di ricerca e istituzioni internazionali tra cui NATO, UE, EUI, Ministero della Difesa Italiano (Centro per l’innovazione della difesa), Università di Firenze e della Virginia, Euro Gulf Information Center, Trends Research and Advisory etc. È stato un analista strategico per la regione del Medio Oriente e del Nord Africa (MENA) presso il NATO Allied Command Transformation negli Stati Uniti, il NATO Southern Hub in Italia e il quartier generale della NATO in Belgio. Ha esperienza professionale come ufficiale sul campo con diverse ONG (tra cui Peace Brigades International e Nonviolent Peaceforce) e in centri di ricerca negli Stati Uniti, tra cui Carter Center, Nonviolence International e Washington Institute for Near East Policy. Assistente presso il Centro NATO per la ricerca e la sperimentazione marittima a La Spezia.
Che dire? Complimenti!
Postscriptum
«Io, una madrelingua inglese, non ho idea di cosa significhi “moralità sistemata nello scrigno sicuro dell’immoralità”, ma se è ipocrita dire che i giornalisti accettano viaggi pagati a un forum di media da un governo che fa sparire i dissidenti e muore di fame 120.000 è grossolano, va bene. Sono ipocrita» (Lindsey Snell).
«Questo stimato media azero ha già scritto di me. “L’odore bugiardo di Snell”» (Lindsey Snell).
Indice – #ArtsakhBlockade [QUI]