233° giorno del #ArtsakhBlockade. Cronaca dal campo di concentramento della soluzione finale di Aliyev in Artsakh. Sbloccare l’umanità di Artsakh… per umanizzare la terra
[Korazym.org/Blog dell’Editore, 01.08.2023 – Vik van Brantegem] – Oggi, entrati nel giorno 233 della pulizia etnica in Artsakh/Nagorno-Karabakh, peggiora di ora in ora il disastro umanitario a causa dell’assedio totale dell’Azerbajgian, compreso il blocco continuo dell’aiuto umanitario armeno. Chiediamo per la 233ª volta di rompere il silenzio e di agire per aiutare i 120.000 Armeni della democratica ma non riconosciuta Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh, a sbloccare l’umanità di Artsakh e nel contempo l’umanità dall’essere ostaggio nelle mani dell’autocrate Ilham Aliyev.
«La Svizzera è preoccupata per la continua ostruzione dell’accesso attraverso il Corridoio di Lachin e per il deterioramento della situazione umanitaria. Occorre urgentemente ripristinare il libero passaggio per i civili e per i beni di prima necessità. L’accesso umanitario rapido e senza ostacoli deve essere consentito immediatamente» (Ambasciatore Muriel Peneveyre, capo della divisione Eurasia, Dipartimento federale degli affari esteri della Svizzera).
«Il Comitato Internazionale della Croce Rossa è servito come un’ancora di salvezza per il Nagorno-Karabakh. Quindi l’Azerbaigian ha tagliato la sua ultima fonte rimanente di cibo e medicine essenziali. A più di 7 mesi dall’inizio del blocco dell’Azerbajgian, è ora che gli Stati Uniti e i loro alleati esercitino pressioni su Aliyev. Sono in bilico le vite» (Commissione Affari Esteri del Senato degli USA). L’ora era più di 7 mesi fa. Ma come dice il proverbio, meglio tardi che mai.
Il Difensore dei Diritti Umani della Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh ha riferito che un bambino è svenuto mentre faceva la fila per il cibo. Le code sono diventate all’ordine del giorno in Artsakh, che rimane in totale isolamento da otto mesi. Il pane è razionato a circa 700 g a famiglia.
La tipica reazione negazionista di un troll azero-turco, negando l’evidenza e incapace a comprendere e di intendere, mostrando nel contempo totale assenza di umanità: «Riesci a fare reportage reali o no? Non è un bambino nel video. In secondo luogo, le persone possono svenire di tanto in tanto, una persona che sviene per tutto il tempo non significa nulla, lo svenimento è particolarmente comune in estate».
«Nelle condizioni umanitarie sempre più difficili create in Artsakh a seguito del blocco in corso, migliaia di cittadini sono costretti a fare la fila per ore per ottenere una minima quantità di cibo o beni di prima necessità. In queste code affollate si registrano spesso casi di svenimento, direttamente correlati allo stato di stress eccessivo dei residenti, alla vulnerabilità del sistema immunitario in condizioni di malnutrizione e caldo. La nostra ricerca mostra che il numero di casi di svenimento è in aumento. Ciò dimostra inconfutabilmente che la terribile situazione umanitaria ha conseguenze catastrofiche per la salute pubblica, mettendo a rischio la vita di migliaia di persone» (Difensore dei Diritti Umani della Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh).
Guarda il video e visita il sito UnblockHumanity.com [QUI].
La crisi umanitaria in atto nell’Artsakh/Nagorno-Karabakh)
Appello urgente all’azione
Sblocca l’umanità di Artsakh
… per umanizzare la terra
Dal 12 dicembre 2022 l’Azerbajgian ha imposto il blocco dell’unica strada, un’ancora di salvezza, tra l’Armenia e l’Artsakh/Nagorno-Karabakh attraverso il Corridoio di Lachin, isolando 120.000 Armeni che vivono nell’Artsakh e provocando una terribile emergenza umanitaria. Il Corridoio di Lachin, un valico di 10 km, separa la Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh dalla Repubblica di Armenia. Da quasi 8 mesi, le persone sono private di beni di prima necessità, come medicine, cibo, elettricità e gas.
L’obiettivo di questa iniziativa è aumentare la consapevolezza sulla terribile situazione umanitaria nell’Artsakh/Nagorno-Karabakh e creare pressioni internazionali sull’Azerbajgian affinché ponga fine al blocco disumano e illegale. La petizione dell’iniziativa Sblocca l’umanità di Artsakh chiede alla comunità internazionale di agire e sostenere il popolo armeno nel momento del bisogno.
Agisci adesso prima che sia troppo tardi per sbloccare l’umanità di Artsakh… e umanizzare la terra. Firma la petizione [QUI].
«Non possiamo rimanere in silenzio davanti a un’altra Shoah che si sta svolgendo sotto i nostri occhi», scrive Padre Alex Zanotelli nel suo appello ai giornalisti italiani, che abbiamo riportato ieri: «Rompiamo il silenzio sull’Africa». Vale anche per l’Artsakh.
L’Azerbajgian sta distribuendo tramite gli ambasciatori e dei media azeri una foto falsa a sostegno delle false accuse contro Vagif Khachatryan. Abbiamo smascherato il falso della propanganda azera [QUI].
Secondo i media azeri, il 68enne Armeno, cittadino della Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh, Vagif Khachatryan, rischia 20 anni o l’ergastolo dopo essere stato rapito dalle forze armate azere mentre era in custodia del Comitato Internazionale della Croce Rosse, al posto di blocco illegale presso il ponte Hakari all’ingresso del Corridoio di Berdzor (Lachin) [QUI e QUI]. L’ufficio del procuratore generale dell’Azerbajgian ha accusato Vagif Khachatryan in base agli articoli 103 (genocidio) e 107 (sfollamento forzato della popolazione) del codice penale dell’Azerbajgian.
«Gli Armeni del Nagorno-Karabakh oggi sono prigionieri della cooperazione Azerbajgian-Russia-Turchia. È necessario valutare correttamente i problemi affinché sia possibile trovare una soluzione adeguata. Aliyev ha già dato il via al sequestro di persone del “campo di concentramento del Karabakh” e ai finti processi. Dal 2020 ad oggi, l’Azerbajgian ha effettuato attacchi militari contro il Karabakh, uccidendo civili e militari. Aliyev vieta le forniture umanitarie dalla Croce Rossa e dall’Armenia al Nagorno-Karabakh, facendo morire di fame 120.000 Armeni.
Le forze di mantenimento della pace russe sostengono che Aliyev completi con successo il processo di subordinazione del Nagorno-Karabakh all’Azerbajgian. Le forze di mantenimento della pace russe usano gli elicotteri per consegnare cibo solo a se stesso, diventando un partecipante al programma antiumano di Aliyev. C’è chi dice che i Russi diano sicurezza.
Questa è sicurezza o illusione di sicurezza? Dal 2020 l’Azerbajgian ha occupato gli insediamenti di Hin Tagher, Khtsaberd, i villaggi di Parukh, le alture di Karaglukh e Martakert e le alture vicino alla strada sterrata Goris-Stepanakert appartenenti al Nagorno-Karabakh. Il percorso del Corridoio di Lachin è stato modificato in precedenza.
Di recente, il Presidente del Nagorno-Karabakh, Araik Harutyunyan, ha rivelato che ciò è avvenuto a seguito delle pressioni delle forze di mantenimento della pace russe. C’è un grande pericolo che in seguito l’Azerbajgian disarmi il Nagorno-Karabakh attaccando le strutture dell’esercito di difesa.
È ovvio che le forze di mantenimento della pace russe non impediranno l’attuazione del piano sanguinario di Aliyev. Il Nagorno-Karabakh sarà liberato dallo status di campo di concentramento se inizierà a condurre una politica indipendente, separata dalla Russia.
Il Nagorno-Karabakh dovrebbe diventare una parte negoziale, negoziare in modo indipendente e assumersi responsabilità politiche. Ciò può accadere se gli imminenti negoziati Karabakh-Azerbaigian sono davvero negoziati e non la presentazione di un ultimatum e un ricatto da parte dell’Azerbajgian. Il coinvolgimento internazionale nei negoziati Baku-Stepanakert è necessario se i mediatori internazionali vogliono una soluzione veramente pacifica.
Il piano di integrazione dell’Azerbajgian, che distrugge il Nagorno-Karabakh come entità indipendente, è il preludio al piano di Baku di iniziare una guerra. Nei prossimi negoziati di risoluzione, le proposte del Nagorno-Karabakh dovrebbero essere seriamente discusse e sostenute da mediatori internazionali. A parte il Nagorno-Karabakh, nessun’altra entità ha una migliore comprensione di ciò di cui gli Armeni del Karabakh hanno bisogno per vivere in sicurezza e con i diritti protetti.
Non si può permettere all’Azerbajgian di iniziare una nuova guerra. La pace è possibile solo se si trovano soluzioni equilibrate» (Robert Ananyan – Nostra traduzione italiana dall’inglese).
«Alcuni punti riguardanti la tendenza dell’Armenia a riconoscere l’integrità territoriale dell’Azerbajgian e la dichiarazione del Presidente del Consiglio Europeo, Charles Michel, relativa all’Artsakh.
1. Qualsiasi documento e dichiarazione che riconosca l’Artsakh come parte dell’Azerbajgian è altamente inaccettabile, come hanno dichiarato le autorità della Repubblica di Artsakh, a livello di Presidente, Assemblea Nazionale, Consiglio di Sicurezza e Ministero degli Esteri in tante diciture diverse. È inaccettabile, perché:
1.1. Il popolo dell’Artsakh ha esercitato il suo diritto inalienabile all’autodeterminazione con la norma jus cogens (vincolante) nel 1991 sulla base dei documenti fondamentali del diritto internazionale (Carta delle Nazioni Unite, Patti internazionali sui diritti delle Nazioni Unite, Atto finale di Helsinki, ecc.). Negli anni successivi, il popolo dell’Artsakh ha difeso i propri diritti e dimostrato la propria volontà e capacità di sovranità.
1.2. Sebbene la Repubblica di Artsakh non sia stata pienamente riconosciuta dalla comunità internazionale, tuttavia, la sua indipendenza è stata accettata come una realtà e il suo status è stato riconosciuto a livello internazionale come territorio conteso.
1.3. L’oggetto principale di qualsiasi decisione riguardante lo status e il futuro dell’Artsakh è il popolo dell’Artsakh, gli altri attori grandi e piccoli hanno il diritto solo di esprimere le proprie posizioni, ma non di decidere per conto del popolo dell’Artsakh o di fare dell’Artsakh un oggetto di trattazione.
1.4. Pertanto, ignorare questo percorso passato e i diritti e i gravi pericoli esistenziali degli indigeni e detentori del titolo dell’Artsakh è semplicemente un crimine internazionale.
2. Una delle insidie e delle false argomentazioni abituali dell’Azerbajgian è la tesi della continuità per difetto dei confini sovietici, sulla base della quale si stanno svolgendo i processi di mutuo riconoscimento dell’integrità territoriale di Armenia e Azerbajgian. È infondato e falso per diversi motivi, in particolare:
2.1. La ripartizione territoriale amministrativa dell’URSS non poteva diventare un confine di Stato secondo la logica del principio giuridico internazionale dell’uti possidetis juris (continuità degli ex confini interni), perché tale principio non è un principio universale ed è stato applicato con grandi riserve solo con chiaro accordo reciproco tra alcuni Stati decolonizzanti del Sud America e dell’Africa. Il Kosovo è uno dei buoni esempi di esclusione di tale principio, perché anche nel caso del crollo della Jugoslavia, il principio primario nella definizione dei confini degli ex Stati membri è stato il principio della “secessione riparatrice”, basato indissolubilmente sul diritto dei popoli all’autodeterminazione.
2.2. Anche l’Azerbajgian al più alto livello ha rifiutato la continuità dei confini sovietici, quando il Consiglio Supremo di quel Paese nel 1991 ha adottato la dichiarazione “Sul ripristino dell’indipendenza statale dell’Azerbajgian” e l’atto costituzionale “Sul ripristino dell’indipendenza statale dell’Azerbaigian”. Con quei documenti, l’Azerbajgian rinunciò alla successione dell’Azerbajgian sovietico e si dichiarò successore della Repubblica Democratica dell’Azerbajgian del 1918-1920. Questo fatto è importante sottolineare non solo perché l’Azerbajgian ha inizialmente rifiutato l’applicazione del principio dell’uti possidetis juris, ma anche, nel periodo pre-sovietico, il Nagorno-Karabakh era internazionalmente considerato dalla Società delle Nazioni come un territorio conteso e aveva un territorio molto più esteso rispetto all’ex Oblast autonomo di Nagorno-Karabakh, oltre ad avere un confine comune con l’Armenia.
2.3. Anche se l’Armenia e l’Azerbajgian concordano reciprocamente di utilizzare i confini amministrativi interni dell’URSS ai fini di delimitazione e demarcazione, vale la pena sottolineare che ciò non significa ancora l’esclusione del diritto all’autodeterminazione esterna del popolo dell’Artsakh, almeno nell’ex Oblast autonomo di Nagorno-Karabakh. Era un’enclave negli ultimi decenni dell’Unione Sovietica e non aveva alcuna associazione diretta con i confini delle due ex repubbliche sovietiche. Pertanto, in casi estremi, questa è anche un’opportunità per la Repubblica di Armenia di coniugare in qualche modo la continuità dei confini sovietici con il riconoscimento e la tutela del diritto dell’Artsakh all’autodeterminazione esterna. Tuttavia, la condizione necessaria per questa soluzione è che l’Armenia non cerchi in alcun modo di riconoscere l’Artsakh come parte dell’Azerbajgian e non chiuda l’opportunità e l’obbligo di sostenere la lotta dell’Artsakh per l’autodeterminazione.
3. Le azioni e le dichiarazioni della Repubblica di Armenia volte a riconoscere l’Artsakh come parte dell’Azerbajgian sono inaccettabili e illegali, sulla base sia dei ben noti documenti legali internazionali sia della legislazione interna della Repubblica di Armenia. In particolare:
3.1. La Dichiarazione di Indipendenza della Repubblica di Armenia riconosce chiaramente l’Artsakh come parte della Repubblica di Armenia, “sulla base della decisione congiunta del Consiglio Supremo della Repubblica Socialista Sovietica di Armenia e del Consiglio Nazionale di Nagorno-Karabakh datato 1° dicembre 1989, “Sulla riunificazione della Repubblica Socialista Sovietica di Armenia e del Nagorno Karabakh”. Sebbene in seguito sia stata scelta la via dell’indipendenza dell’Artsakh, deviando dalla disposizione data dalla Dichiarazione di indipendenza armena, ma anche a tale condizione, la possibilità legale dell’Armenia di riconoscere l’Artsakh come parte dell’Azerbajgian è inequivocabilmente esclusa. Pertanto, essendo la pietra angolare della Costituzione dell’Armenia, la Dichiarazione di Indipendenza è una solida base giuridica per riconoscere come incostituzionale e nullo fin dall’inizio qualsiasi trattato internazionale firmato dall’Armenia, che potrebbe riconoscere l’Artsakh come parte dell’Azerbajgian.
3.2. La Dichiarazione di Almaty del 21 dicembre 1991, che fa riferimento anche al diritto all’autodeterminazione, è una dichiarazione derivata dall’Accordo dell’8 dicembre che ha portato alla creazione della Comunità degli Stati Indipendenti (CSI). Il Consiglio Supremo del 18 febbraio 1992, con chiare riserve sulla Repubblica del Nagorno-Karabakh, stabilisce che:
L’articolo 5 è stato integrato con la frase “diritto alla libera autodeterminazione delle nazioni”, ratificando nella seguente versione: “Le parti riconoscono e rispettano il diritto delle nazioni alla libera autodeterminazione, alla reciproca integrità territoriale e all’inviolabilità delle frontiere”.
Il punto 10 recita: “Dopo le parole “aperte a tutti gli Stati membri dell’URSS” nel secondo comma dell’articolo 13 dell’Accordo, aggiungere “anche per le ex entità autonome dell’URSS, che prima dell’adozione della dichiarazione del Consiglio Supremo dell’URSS “sulla cessazione dell’esistenza dell’URSS” hanno tenuto un referendum popolare sulla dichiarazione di indipendenza e, sulla base di esso, il più alto organo esecutivo dell’entità autonoma si è rivolto alla Comunità degli Stati Indipendenti con una richiesta di entrare a far parte dell’organizzazione”.
3.3. L’8 luglio 1992, il Consiglio Supremo dell’Armenia ha adottato una decisione, il cui 2° punto stabilisce: “È inaccettabile che la Repubblica di Armenia consideri qualsiasi documento internazionale o interno con il quale la Repubblica di Nagorno-Karabakh possa essere menzionata come parte dell’Azerbajgian”.
3.4. In altre parole, la Repubblica di Armenia con il suo atto costitutivo, la Dichiarazione di Indipendenza, ha escluso chiaramente e irrevocabilmente ogni possibilità di riconoscere l’Artsakh come parte dell’Azerbajgian, e con le decisioni del Consiglio Supremo, che hanno forza di legge, ha stabilito il diritto alla libera autodeterminazione delle nazioni e ha creato una base legale per la possibilità di adesione dell’Artsakh alla CSI, oltre a considerare direttamente inaccettabile qualsiasi documento che indichi lo status dell’Artsakh come parte dell’Azerbajgian. Quindi, l’Armenia può riconoscere l’integrità territoriale dell’Azerbajgian, ma mai con l’inclusione dell’Artsakh o del territorio di 86.600 km2. In tal senso, la dichiarazione di Nikol Pashinyan sulla disponibilità a riconoscere l’integrità territoriale dell’Azerbajgian insieme all’Artsakh è altamente inaccettabile e preoccupante.
4. Per quanto riguarda le giustificazioni non legali, tenendo conto dell’eccezionale importanza dell’Artsakh nella sicurezza, nelle relazioni internazionali, nell’identità e in altri campi dello stato armeno e della nazione armena, è persino superfluo che molti spieghino perché qualsiasi documento e la dichiarazione dell’Armenia che riconosce l’Artsakh come parte dell’Azerbajgian è inammissibile e inaccettabile.
P.S. E quando mi riferisco alle timide e infondate esortazioni ed espressioni di Michel sui diritti e la sicurezza del popolo dell’Artsakh, a causa del suo uso delle tesi azere, devo chiamarlo “l’ex rappresentante eletto della popolazione dell’ex Olanda meridionale”. E per la Repubblica di Armenia, le questioni dei diritti e della sicurezza del popolo dell’Artsakh non possono eludere il diritto all’autodeterminazione, che in questo caso del resto è il fulcro dei diritti e persino dell’architettura di sicurezza dell’Artsakh e dell’Armenia» (Artak Beglaryan, Consigliere del Ministro di Stato della Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh – Nostra traduzione italiana dall’inglese).
«Il fotografo turco Ugur Gallenkus ritrae due mondi diversi in un’unica immagine. Ottimo lavoro» (Tansu Yeğen).
Segnaliamo
– Una crisi umanitaria senza precedenti minaccia gli Armeni Cristiani del Nagorno-Karabakh di Daniele Bellocchio – Insideover.com, 31 luglio 2023 [QUI]
– Avvertimenti di “crisi umanitaria” nel Nagorno-Karabakh dopo che l’Azerbajgian ha chiuso l’unico collegamento via terra – France 24 English, 31 luglio 2023 [QUI]
Indice – #ArtsakhBlockade [QUI]