230° giorno del #ArtsakhBlockade. Cronaca dal campo di concentramento della soluzione finale di Aliyev in Artsakh. Baku continua a bloccare gli aiuti umanitari da Yerevan a Stepanakert

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[Korazym.org/Blog dell’Editore, 29.07.2023 – Vik van Brantegem] – Siamo entrati nel giorno 230 della pulizia etnica in Artsakh/Nagorno-Karabakh e non cessa la retorica aggressiva delle autorità statali azeri e di siti web associati al Ministero della Difesa dell’Azerbajgian, con video che minacciano di prendere di mira Yerevan in risposta agli aiuti umanitari inviati dal governo armeno al popolo della Repubblica di Artsakh.

«Il corpo diplomatico accreditato in Armenia ha visitato Kornidzor, Armenia, dove oltre 400 tonnellate di aiuti umanitari sono pronti per essere distribuiti ai bisognosi non appena le autorità preposte lo consentiranno» (Nunziatura Apostolica in Armenia).

A Baku è decisamente andata di traverso la recente dichiarazione del Vice Presidente della Commissione Europea, Josep Borrell, come traspare anche da un post su Twitter di Rahman Mustafayev, Ambasciatore dell’Azerbajgian nei Paesi Bassi: «Josep Borrell: “Abbiamo preso atto della disponibilità di Azerbajgian a fornire merci attraverso la strada Aghdam-Khankendi. Questa non dovrebbe essere un’alternativa alla strada Lachin. Ancora poco chiaro, perché l’Armenia e l’Unione Europea si sono presi la libertà di decidere, cosa dovrebbe e non dovrebbe essere alternativo sul territorio sovrano dell’Azerbajgian».

“Si sono presi la libertà”, non di “decidere”, ma di osservare che il blocco azero del Corridoio di Berdzor (Lachin), l’unica strada che collega l’Artsakh con l’Armenia e il resto del mondo, costituisce una grave violazione:

  • dell’accordo trilaterale di cessate il fuoco del Nagorno-Karabakh del 9 novembre 2020, che stabilisce che il corridoio, largo 5 km, fosse sotto il controllo delle forze di mantenimento della pace russe e l’Azerbajgian avesse l’obbligo di garantire il libero movimento;
  • dell’ordine del 22 febbraio 2023 della più alta corte delle Nazioni Unite, la Corte Internazionale di Giustizia, all’Azerbajgian di “prendere tutte le misure a sua disposizione” per garantire il movimento senza ostacoli di persone, veicoli e merci lungo il Corridoio di Lachin in entrambe le direzioni (non solo l’Azerbajgian ha ignorato l’ordine della Corte Internazionale di Giustizia, ma ha poi installato illegalmente un posto di blocco presso il ponte sul fiume Hakari).

Il blocco ha portato alla carenza in Artsakh di prodotti essenziali come cibo e farmaci. L’Azerbajgian ha anche interrotto l’approvvigionamento di gas ed elettricità dall’Armenia al Nagorno-Karabakh. Poi, tutto il resto, che abbiamo già ricordato innumerevole volte.

Rilevatore della crescente tensione, anche la botta e risposta tra l’Ambasciatore Mustafayev e il suo omologo francese in Armenia (“l’arte della replica”, come diceva il sottotitolo di un libro di Adelino Cattani e Bruno Mastroianni, il disinformatore di Aliyev in Germania non possiede):

«Su invito delle autorità armene, l’Ambasciata francese ha preso atto oggi del persistente blocco da parte dell’Azerbajgian del Corridoio di Lachin, che contravviene agli impegni presi nel quadro degli accordi di cessate il fuoco e pregiudica il processo negoziale» (Olivier Decottignies, Ambasciatore di Francia in Armenia, in un post in francese e uno in armeno, per far capire che si rivolge ad un pubblico francese e armeno).

«L’unica cosa che porta pregiudizio al processo di negoziazione è il rifiuto ostinato di Armenia di riconoscere l’integrità territoriale dell’Azerbajgian, sostenuto dalla Francia. Inoltre, vanno rispettate gli articoli della Dichiarazione dell’Azerbajgian, Armenia e Russia, che la Francia chiama erroneamente “accordo di cessate il fuoco”» (Rahman Mustafayev, Ambasciatore dell’Azerbaigian nei Paesi Bassi, in un post in inglese, per far capire che a lui il pubblico azero e armeno e francese non interessa; sta parlando a Biden, perché sa che solo lui potrebbe decidere di togliere l’assedio illegale e disumano all’Artsakh).

«Signor Ambasciatore, la invito a visitare la Corte Internazionale di Giustizia, che ha sede all’Aia, molto vicino alla sua Ambasciata» (Olivier Decottignies, Ambasciatore di Francia in Armenia).

«La ringrazio per il suo gentile consiglio. Ero lì lo stesso giorno, quando la Corte Internazionale di Giustizia, contrariamente alle bugie dell’Armenia, non ha trovato che il nostro posto di blocco interrompe il movimento lungo la strada Lachin-Khankendi. Lavoriamo insieme per fare rispettare l’Armenia il diritto internazionale» (Rahman Mustafayev, Ambasciatore dell’Azerbaigian nei Paesi Bassi).

Con questa risposta, Mustafayev ripete il suo post del 7 luglio 2023, distaccata dalla realtà, come successivamente la Corte Internazionale di Giustizia ha chiarito con un Comunicato stampa ad hoc: «La richiesta di Armenia del 12 maggio 2023 sulla rimozione del checkpoint di Lachin è stata respinta all’unanimità dalla Corte Internazionale di Giustizia come infondato. Accogliamo con favore questa sentenza della Corte Internazionale di Giustizia che ha riconfermato il diritto di Azerbajgian al controllo dei propri confini e all’istituzione di posti di blocco all’imbocco della strada Lachin». Come ricordiamo di seguito, niente di questo corrisponde a verità.

Però, intanto, l’astuto ambasciatore francese ha portato Mustafayev dove lo volevamo: esporre le sue menzogne e fake news con chiarezza.

1. A margine: ovviamente Mustafayev dice falsamente che è errato parlare di “accordo di cessate il fuoco”, confidando nella poca memoria dei suoi lettori, perché in questo modo vuol far dimenticare che le forze armate del suo Paese violando quotidianamente l’accordo di cessate il fuoco (nella guerra dei 44 giorni scatenata dell’Azerbajgian contro l’Artsakh in piena emergenza Covid), stabilito con la Dichiarazione trilaterale del 9 novembre 2020, firmata anche dal suo Presidente.

2. Nel fondo: visitando la sede della Corte Internazionale di Giustizia, Mustafayev potrebbe anche ricevere un chiarimento che il 6 luglio 2023 la Corte Internazionale di Giustizia, principale organo giurisdizionale delle Nazioni Unite, ha RIAFFERMATO all’unanimità il suo ordine di obbligare l’Azerbajgian a garantire un accesso senza ostacoli attraverso il Corridoio di Lachin. È necessario far capire a Mustafayev che per coloro che non sono soggiogati al suo padrone Aliyev, è evidente che l’ordinanza della Corte, che è chiara e non è cambiata dal 22 febbraio 2023, deve essere pienamente attuata dall’Azerbajgian.

Ma visto che l’Azerbajgian, come regola, fa ricorso a speculazioni e false interpretazioni, arrivando addirittura ad farneticare, che con la decisione del 6 luglio 2023, la Corte avrebbe autorizzato il posto di blocco illegale presso il ponte Hakari, la Corte Internazionale di Giustizia con un Comunicato stampa del 14 luglio 2023 ha chiarito la questione, ricordando che il 6 luglio 2023 «ha emesso un’Ordinanza riguardante la richiesta dell’Armenia di modificare l’Ordinanza del 22 febbraio 2023 indicando una misura provvisoria nel Caso concernente l’Applicazione della Convenzione Internazionale sulla l’eliminazione di tutte le forme di discriminazione razziale (Armenia c. Azerbajgian)».

Il Comunicato stampa ricorda che, «con ordinanza del 22 febbraio 2023, la Corte, con tredici voti contro due, aveva indicato il seguente provvedimento cautelare: “La Repubblica di Azerbajgian, in attesa della decisione finale sul caso e in conformità con i suoi obblighi ai sensi della Convenzione internazionale sull’eliminazione di tutte le forme di discriminazione razziale, adotterà tutte le misure di cui dispone per garantire il libero movimento di persone, veicoli e merci lungo il Corridoio di Lachin in entrambe le direzioni”.

Nel suo ricorso, l’Armenia ha chiesto in particolare alla Corte di modificare il suo Ordine includendo il seguente provvedimento provvisorio che impone all’Azerbajgian, in attesa della definizione della controversia nel merito, di “procedere al ritiro di tutto il personale schierato sul Corridoio di Lachin o lungo di esso dal 23 aprile 2023 e ad astenersi dal dispiegare personale sul o lungo il Corridoio”.

Con ordinanza del 6 luglio 2023, la Corte ritiene che, “anche se si può ritenere (…) che vi sia stato un cambiamento nella situazione che prevaleva quando ha emesso il suo ordine del 22 febbraio 2023, la (…) richiesta riguarda ancora accuse di interruzione del traffico lungo il Corridoio di Lachin. Le conseguenze di tale interruzione per le persone di origine nazionale o etnica armena sarebbero le stesse riscontrate dalla Corte nell’ordinanza di cui sopra. Inoltre, la misura prescritta dalla Corte si applica indipendentemente dalla causa dell’interruzione del traffico”.

Di conseguenza, la Corte conclude che le circostanze alle quali l’Armenia fa riferimento nel suo ricorso non costituiscono un cambiamento della situazione che giustifichi una modifica dell’ordinanza del 22 febbraio 2023.

Con il dispositivo dell’ordinanza 6 luglio 2023, definitiva e inappellabile, vincolante per le parti, la Corte: “(1) All’unanimità, ritiene che le circostanze, così come le si presentano oggi, non sono tali da richiedere l’esercizio del suo potere di modificare l’ordinanza 22 febbraio 2023 recante misura cautelare; 2) All’unanimità, riafferma la misura cautelare indicata nella sua ordinanza del 22 febbraio 2023”».

Nel riportare la storia della procedura, il Comunicato stampa riferisce un fatto significativo: «In data 21 aprile 2023 l’Azerbajgian ha depositato eccezioni preliminari di incompetenza della Corte e, ai sensi di quanto previsto dal comma 3 dell’art. 79bis del Regolamento della Corte, il procedimento di merito è stato pertanto sospeso. Il Presidente ha fissato al 21 agosto 2023 il termine entro il quale l’Armenia può presentare una dichiarazione scritta contenente le sue osservazioni e osservazioni sulle obiezioni preliminari sollevate dall’Azerbajgian».

Ecco, se la Corte non fa ordinanze a favore dell’Azerbajgian, per Aliyev è INCOMPENTENTE. Quindi, l’Azerbajgian continuerà ad ignorare qualsiasi ordinanze della Corte non in suo favore e a far ricorso a speculazioni e false interpretazioni che capovolgono le ordinanze che non piacciono ad Aliyev.

AIUTI UMANITARI PER IL NAGORNO-KARABAKH – CIBO PER LA VITA

Intanto, i 20 camion con 400 tonnellate di aiuti umanitari per l’Artsakh stanno ancora fermi a Kornidzor, in attesa di poter proseguire a destinazione lungo il Corridoio di Lachin.

Il Prof. Dott. Gulmammad Mammadov, Vice Capo dell’Unione pubblica “Ritorno al Karabakh” il 27 luglio in un post su Twitter, fuori ogni logica e buon senso, nonché in disprezzo dalla Dichiarazione trilaterale del 9 novembre 2020, delle Ordinanze della Corte Internazionale di Giustizia e della Dichiarazione di Josep Borrell, ha proposto  «2 percorsi per il famigerato cargo per andare a Khankendi» [“il famigerato cargo” destinato a Stepanakert consiste in aiuti umanitari per uno/due giorni della popolazione dell’Artsakh]:

«PERCORSO 1:
Entrare in Iran da Syunik
Entrare in Azerbaigian da Astara
Andare a Khankendi via Aghdam
PERCORSO 2:
Entrare in Georgia da Lori
Entrare in Azerbajgian dal Gazakh
Andare a Khankendi via Aghdam».

Tutto chiaro. Proposta da manicomio.

La nostra proposta è che Mammadov – nella speranza che capisca, perché sfortunatamente il suo IQ pare non essere molto elevato – aderisca all’accordo sulla libera circolazione dei trasporti attraverso il Corridoio di Berdzor (Lachin), che il suo Presidente ha firmato il 9 novembre 2020 e che l’Unione Europea, gli USA, il Canada, la Russia e tanti altri hanno approvato. In questo modo non ci sarebbe una crisi umanitaria in Artsakh.

L’Azerbajgian il 9 novembre 2020 ha firmato una Dichiarazione trilateriale con un accordo di cessate il fuoco dal giorno successivo. Di seguito, ha infranto tutte le disposizioni cruciali di questo accordo, incluso il cessato il fuoco. Aliyev firma accordi e li rispetta. Perché qualcuno, specialmente gli USA, dovrebbe ancora avere fiducia in una parola che dice Aliyev? Cosa aspettano le Nazioni Unite, gli USA e il Consiglio Europeo di sanzionare Aliyev?

Anche il Segretario Generale del Consiglio d’Europa, Marija Pejčinović Burić, è intervenuto sulla grave crisi umanitaria creata dall’Azerbajgian in Artsakh. Nella dichiarazione del Segretario Generale del Consiglio d’Europa si legge tra altro: «Sono estremamente preoccupata per la gravità della situazione umanitaria e dei diritti umani in Nagorno-Karabakh e il mio pensiero va agli abitanti che sono duramente colpiti. Chiedo ancora una volta con forza il ripristino della libertà di movimento nel Corridoio di Lachin». Tra Josep Borell, Vice Presidente della Commissione Europea, il Parlamento Europeo e il Consiglio d’Europa, c’è un chiaro riconoscimento che i commenti imprudenti di Charles Michel sulla strada via Aghdam sono stati usati come arma contro Yerevan da Baku.

Dichiarazione del Ministero degli Esteri della Repubblica di Armenia sulla visita dei rappresentanti delle missioni diplomatiche e delle organizzazioni internazionali accreditate in Armenia nell’area circostante il ponte Hakari – 28 luglio 2023

Il 28 luglio, accompagnati dal Vice Ministro degli Esteri della Repubblica di Armenia, Vahan Kostanyan, i rappresentanti delle missioni diplomatiche e delle organizzazioni internazionali accreditate nella Repubblica di Armenia hanno visitato l’area circostante il ponte Hakari.
Kostanyan ha informato i diplomatici e i rappresentanti delle organizzazioni internazionali accreditate in Armenia sui dettagli della situazione derivante dal blocco illegale del Corridoio di Lachin da parte dell’Azerbajgian, affermando che l’Azerbajgian ostacola la consegna degli aiuti umanitari del beni di prima necessità al Nagorno-Karabakh.

I rappresentanti del corpo diplomatico hanno preso conoscenza della situazione sui carichi di aiuti umanitari urgenti alimentari e medici inviati al Nagorno-Karabakh per decisione del gruppo di lavoro sulla crisi umanitaria.

Dopo la visita, il Vice Ministro degli Esteri della Repubblica di Armenia, Vahan Kostanyan, il Governatore di Syunik Robert Ghukasyan, il Vice Ministro della Salute, Armen Nazaryan, nonché il Vice Ministro del Lavoro e degli Affari Sociali, Anna Zhamakochyan, hanno incontrato i rappresentanti del corpo diplomatico a Goris. Durante l’incontro, Kostanyan ha osservato in particolare: «La vera crisi continua ad aggravarsi nel Nagorno-Karabakh. Dal 12 dicembre, 120.000 residenti del Nagorno-Karabakh sono stati di fatto sotto blocco per più di 220 giorni. E questo è accompagnato da gravi problemi umanitari. La fornitura di elettricità e gas è stata interrotta nel Nagorno-Karabakh per diversi mesi, il che ha causato gravi problemi sul terreno. Da molto tempo c’è una grave carenza di cibo e medicine nel Nagorno-Karabakh, letteralmente tutti i diritti delle persone continuano ad essere violati al momento. È difficile immaginare che in questo caso la comunità internazionale non unirà i suoi sforzi per risolvere la crisi umanitaria nel Nagorno-Karabakh. Questi 7 mesi hanno dimostrato che l’Azerbaigian non solo non ascolta gli appelli della comunità internazionale ad aprire il Corridoio di Lachin, ma mostra anche un eccezionale disprezzo per gli ordini della Corte Internazionale di Giustizia delle Nazioni Unite del 22 febbraio e del 6 luglio, secondo cui l’Azerbaigian deve garantire il movimento senza ostacoli di persone, veicoli e merci in ambedue le direzioni lungo il Corridoio di Lachin, così come previsto dalla dichiarazione trilaterale del 9 novembre 2020, firmata anche dal Presidente dell’Azerbaigian. I camion con rifornimenti umanitari inviati dal governo armeno, che avete appena visto, sono una vivida prova che le dichiarazioni rilasciate dall’Azerbajgian in precedenza sull’apertura del Corridoio di Lachin non hanno nulla a che fare con la realtà. Sono sicuro che avrete letto anche le dichiarazioni della dirigenza azera di questi giorni, che sono molto difficili da considerare costruttive. Infatti, le dichiarazioni delle autorità azere e le azioni a cui assistiamo dimostrano che esiste una chiara tendenza a creare condizioni incompatibili con la vita delle persone che vivono nel Nagorno-Karabakh, che, a loro volta, porteranno alla pulizia etnica nel Nagorno-Karabakh. Credo che nel XXI secolo questo non possa essere accettabile per una società civile, e spero che tutto ciò che avete visto qui oggi sarà trasmesso chiaramente alle vostre capitali. Ci aspettiamo che tutte le capitali facciano dichiarazioni appropriate e intraprendano azioni, che consentiranno di sbloccare e aprire il corridoio Lachin un giorno il prima possibile».

Commento del Ministero degli Esteri della Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh al Comunicato stampa del Ministro degli Esteri russo a seguito dell’incontro trilaterale di Mosca, 27 luglio 2023

In relazione al Comunicato stampa reso dal Ministro degli Esteri russo a seguito dei colloqui trilaterali con i Ministri degli Esteri di Armenia e Azerbajgian, avvenuti il 25 luglio 2023, riteniamo necessario precisare quanto segue.
La Repubblica di Artsakh apprezza molto gli sforzi di mediazione di lunga data della Federazione Russa, sia a livello nazionale che come Copresidente del Gruppo di Minsk dell’OSCE. Siamo grati alla Russia per il suo eccezionale contributo nel porre fine all’aggressione di 44 giorni dell’Azerbajgian e per la sua missione di mantenimento della pace nell’Artsakh.
Abbiamo preso atto che durante l’incontro, la parte russa ha presentato la sua valutazione delle misure che devono essere prese prontamente e senza indugio per fornire alla popolazione dell’Artsakh cibo, medicinali e altri beni essenziali e garantire la fornitura ininterrotta di elettricità e gas.
Pur non mettendo in discussione l’impegno della Russia nell’aiutare le parti a trovare una soluzione a lungo termine al conflitto Azerbajgian-Karabakh e facilitare la normalizzazione delle relazioni tra Armenia e Azerbajgian, riteniamo necessario rilevare che la visione del dialogo tra Stepanakert e Baku proposta da la parte russa non è equilibrata. L’affermazione secondo cui è necessario un dialogo per concordare i diritti derivanti dagli obblighi internazionali, comprese le convenzioni sulla protezione dei diritti delle minoranze nazionali, riflette il punto di vista di una sola parte: l’Azerbajgian. Un tale approccio predetermina l’esito di ogni potenziale dialogo e quindi ne indebolisce e svaluta il significato.
L’affermazione che il conflitto Azerbajgian-Karabakh sia un problema di garantire i diritti di una minoranza nazionale è una falsa narrazione promossa dall’Azerbajgian con l’obiettivo di distorcere l’essenza del conflitto e giustificare la negazione del diritto all’autodeterminazione del popolo dell’Artsakh, principio fondamentale del diritto internazionale, più volte invocato dalla stessa Federazione Russa. I tentativi di trovare una soluzione al conflitto Azerbajgian-Karabakh basati sulla logica della salvaguardia dei diritti delle minoranze nazionali sono distaccati dalla realtà e non possono portare a una pace giusta, equilibrata e dignitosa. Sullo sfondo della palese inosservanza da parte dell’Azerbajgian delle disposizioni della Dichiarazione trilaterale del 9 novembre 2020, e il suo obbligo internazionale di attuare le decisioni legalmente vincolanti della Corte Internazionale di Giustizia, osservare le norme del diritto umanitario internazionale ed eliminare tutte le forme di discriminazione razziale, le affermazioni che suggeriscono che l’Azerbajgian aderirà volontariamente a qualsiasi meccanismo sono prive di qualsiasi fondamento. I tentativi di imporre una tale visione della risoluzione dei conflitti sono carichi di conseguenze catastrofiche.
Per quanto riguarda l’osservazione che la questione più delicata dei negoziati “resta il problema delle garanzie per i diritti e la sicurezza degli Armeni del Nagorno-Karabakh nel contesto dell’assicurazione dell’integrità territoriale dell’Azerbajgian in piena conformità con la Dichiarazione del 1991 firmata dal leader delle ex repubbliche sovietiche ad Alma-Ata”, riteniamo opportuno ricordare ancora una volta che, al momento della firma del presente documento, la Repubblica di Artsakh aveva completato il processo di secessione dalla Repubblica Socialista Sovietica di Azerbajgian in ottemperanza alla legislazione dell’Unione Sovietica e le norme del diritto internazionale.
Inoltre, la Dichiarazione di Alma-Ata, come qualsiasi documento internazionale, dovrebbe essere guidata dagli scopi e dai principi della Carta delle Nazioni Unite e da altre norme e principi di diritto internazionale universalmente accettati. Pertanto, la Dichiarazione di Alma-Ata contiene gli stessi principi e norme della Carta delle Nazioni Unite, compreso il diritto all’autodeterminazione. Tuttavia, l’interpretazione del rapporto tra diverse norme giuridiche è soggetta alla logica generale dello sviluppo del diritto internazionale e della prassi internazionale. A questo proposito, riteniamo necessario sottolineare che il diritto alla secessione, fondato sul principio dell’autodeterminazione dei popoli, prevale sul principio dell’integrità territoriale degli Stati nei casi di massicce gravi violazioni dei diritti umani e di politiche discriminatorie. Questa formula, in particolare, è descritta nella Dichiarazione sui principi del diritto internazionale concernente le relazioni amichevoli e la cooperazione tra gli Stati, più volte invocata dal Ministro degli Esteri russo. Esprimiamo il nostro consenso all’interpretazione più volte fornita dalla parte russa in merito al rapporto tra i principi del diritto all’autodeterminazione e l’integrità territoriale. Questo approccio si è affermato anche nelle pratiche giudiziarie di vari Paesi.
Esortiamo con forza gli attori internazionali affinché nella risoluzione del conflitto Azerbajgian-Karabakh siano guidati esclusivamente dai principi del diritto internazionale e dagli interessi delle persone che per quasi 8 mesi sono state sull’orlo di una catastrofe umanitaria, nonché sotto la crescente minaccia di pulizia etnica.

Lettera farneticante dal Mili Mailis azero ai parlamentaro italiano

Il Membro del Parlamento della Repubblica di Azerbajgian Milli Majlis, Azer Karimli, Capo del Gruppo di Lavoro sulle Relazioni Interparlamentari Azerbajgian-Italia Milli Majlis della Repubblica di Azerbaigian, il 27 luglio 2023 ha indirizzato ai membri del Gruppo di Amicizia Italia-Azerbajgian dell’Unione Interparlamentare del Parlamento della Repubblica Italiana, una lettera in inglese.

La lettera riporta l’identica disinformazione e le solite menzogne diffuse dalla propaganda di Baku. Il testo parla per sé e non ha bisogno di commento, leggendo che parla in modo negazionista di “presunta scarsità di cibo e medicinali”. Si esprime come il bue che dice cornuto all’asino. Definire questa lettera farneticante è dire poco. Poi è offensivo per i destinatari, perché suppone che non sono capace di intendere. Ecco il testo integrale nella nostra traduzione italiana:

«Vi informiamo che le recenti informazioni sulla presunta scarsità di cibo e medicinali per gli Armeni residenti nelle aree in cui le forze di mantenimento pace russe sono temporaneamente di stanza nella regione di Garabagh in Azerbajgian è una manipolazione politica volta a lasciare perplessa la comunità internazionale e minare l’integrità territoriale e sovranità della Repubblica di Azerbaigian. La chiusura da parte delle forze separatiste della strada Aghdam-Khankendi, proposta dall’Azerbajgian per il trasporto di beni umanitari a Khankendi e nei villaggi circostanti, rivela le vere intenzioni di coloro che stanno dietro a questa campagna. Mirano a ostacolare la reintegrazione dei residenti Armeni di Garabagh nella società azera, o quanto meno a prolungare il processo il più possibile.
La leadership armena ha costantemente affermato il suo riconoscimento di Garabagh come territorio dell’Azerbajgian, negando così la necessità per gli Armeni etnici di importare cibo e altri beni dall’Armenia. Per quanto riguarda la situazione con la strada Lachin, è parte integrante del territorio sovrano dell’Azerbajgian, pertanto l’Azerbajgian ha istituito un posto di frontiera sulla sua terra per comodità dei suoi cittadini. Questo diritto dell’Azerbajgian è stato confermato nell’ultima sentenza della Corte Internazionale di Giustizia. In realtà, è l’Armenia che sembra incapace di accettare questi sviluppi, poiché ha avviato le ostilità aprendo il fuoco contro la guardia di frontiera azera, impegnato in sabotaggi contro la nostra bandiera nazionale e continuato a interrompere le attività sulla strada Lachin, impedendone così l’utilizzo. Se la parte armena sostiene veramente l’integrità territoriale dell’Azerbajgian, non dovrebbe opporsi al trasporto di merci attraverso la strada Aghdam-Khankendi e astenersi dall’ostruire il processo di reintegrazione.
La comunità internazionale deve dimostrare una posizione responsabile nei confronti di quanto sopra, non lasciarsi influenzare dalle manipolazioni da parte armena e, invece, contribuire a trasmettere all’Armenia l’importanza di impegnarsi in un dialogo costruttivo».

Ormai il disco è rotto e i bugiardo credono nelle bugie che diffondono

«Rapporti: sono diventati più frequenti i casi di utilizzo da parte di formazioni armate armene illegali sul territorio dell’Azerbajgian di interferenze radio contro i sistemi di navigazione satellitare GPS di aerei passeggeri di compagnie aeree locali e straniere» (Asāsīyūn).

Il Ministero della Difesa dell’Artsakh informa che il 28 luglio, il Ministero della Difesa dell’Azerbajgian ha diffuso ancora una volta la falsa notizia secondo cui le unità competenti dell’esercito di difesa dell’Artsakh avrebbero soppresso i sistemi di posizionamento GPS degli aerei civili che volavano attraverso lo spazio aereo dell’Artsakh dal 24 al 27 luglio, sostenendo che è stato creato una seria minaccia alla sicurezza del traffico aereo.

È chiaro che ad ogni costo l’Azerbajgian cerca di creare motivi per giustificare l’uso della forza contro il popolo della Repubblica di Artsakh.

Indice – #ArtsakhBlockade [QUI]

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