226° giorno del #ArtsakhBlockade. Cronaca dal campo di concentramento della soluzione finale di Aliyev in Artsakh – 2

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[Korazym.org/Blog dell’Editore, 25.07.2023 – Vik van Brantegem] – Oggi 25 luglio 2023, un’altra fase della lotta per la revoca del blocco illegale dell’Artsakh si conclude con una manifestazione pubblica convocata nella piazza del Risorgimento di Stepanakert. Lo ha detto ad Artsakhpress Lusine Avanesyan, il Portavoce del Presidente della Repubblica di Artsakh, Arayik Harutyunyan, commentando i risultati del sit-in di una settimana compiuto dal Presidente e i prossimi passi che ha delineato: «Durante il sit-in di una settimana, il Presidente Harutyunyan ha avuto una serie di incontri, discussioni e conversazioni telefoniche. Ieri il Presidente ha tenuto una conferenza stampa di due ore con i media stranieri e della diaspora armena sul disastro umanitario creato in Artsakh e sulle prospettive per la risoluzione del conflitto. Queste discussioni con la partecipazione del Presidente Harutyunyan sono state dedicate a chiarire i passi e trovare soluzioni adeguate alla situazione. Il 26 luglio, riassumendo i risultati intermedi del sit-in, della manifestazione e di una serie di altri sviluppi attuali, il Presidente della Repubblica di Artsakh rilascerà una dichiarazione su ulteriori passi da compiere».

«Nessuno può privare il nostro popolo del diritto all’autodeterminazione, che non dipende dal dialogo tra Armenia e Azerbajgian. Siamo ridotti alla fame in una situazione di catastrofe umanitaria: come si può pensare che l’Azerbajgian rispetterà i nostri diritti?» (Arayik Harutyunyan, Presidente della Repubblica di Artsakh).

«Com’è possibile che per Brussel il gas sia più importante del diritto alla vita di 120 mila persone? (Arayik Harutyunyan, Presidente della Repubblica di Artsakh).

«Attualmente stiamo subendo un crimine di guerra, quindi siamo già in guerra. Un’invasione è possibile, non possiamo escluderlo. Noi siamo pronti a morire per il diritto a vivere in pace nella nostra terra. Sta alla comunità internazionale impedire che si verifichi il più grande crimine contro l’umanità del XXI secolo: il genocidio degli Armeni dell’Artsakh» (Arayik Harutyunyan, Presidente della Repubblica di Artsakh).

Ieri il Presidente della Repubblica di Artsakh, Arayik Harutyunyan, nella sua conferenza stampa denuncia: «L’Artsakh può essere considerato un campo di concentramento con tutte le sue conseguenze». Nel contempo, i troll e diplomatici turchi-azeri, nomadi Tartari, continuano a diffondere indisturbati sui social fake-news su “feste e abbondanza di cibo” nell’Artsakh negando il blocco. Questi negazionisti anti-Armeni, propagandisti della soluzione finale del “problema armeno” di Aliyev, sono paragonabili a chi in pieno svolgimento della soluzione finale del “problema ebraico” di Hitler avrebbe diffuso notizie su banchetti e feste degli Ebrei mentre venivano sterminati. Infatti, Hitler fece suonare musicisti ebrei mentre venivano portati alla morte con fame e camere a gas. Aliyev è addirittura peggio, perché nel frattempo siamo passato dal “non lo sapevamo” al “mai più”.

In un post sulla sua pagina Facebook, il Ministro di Stato della Repubblica di Artsakh, Gurgen Nersisyan, ha inviato a partecipare alle manifestazioni parallele, che oggi alle ore 20.00 con raduno simultaneo nella piazza del Rinascimento di Stepanakert e nella piazza Azatutyun (Libertà) di Yerevan, aperto con la preghiera e il discorso del Primate della Diocesi Apostolica Armena di Artsakh, il Vescovo Vrtanes Abrahamyan. «Ancora una volta, invito tutti a partecipare all’incontro per rivolgere la nostra persuasiva richiesta a nome del movimento popolare e del popolo armeno alle autorità della Repubblica di Armenia e a tutti gli Armeni. La nostra unità e il risveglio nazionale avverranno», ha scritto Nersisyan.

Piazza del Risorgimento a Stepanakert, 25 luglio 2023.
Piazza del Risorgimento a Stepanakert, 25 luglio 2023.
Piazza della Libertà a Yerevan, 25 luglio 2023.

Durante la conferenza stampa con i media stranieri e della diaspora armena, riferendosi al blocco da 225 giorni e al blocco totale da 40 giorni dell’Artsakh, il Presidente della Repubblica di Artsakh, Arayik Harutyunyan, ha detto che a seguito del blocco, la popolazione dell’Artsakh si trova oggi nelle condizioni di un disastro umanitario, che si manifesta in tutti gli ambiti della vita, dall’alimentazione alla sanità, dall’agricoltura all’istruzione, aggiungendo che sono già registrati dei morti come conseguenza diretta e indiretta del blocco, dai neonati agli anziani malati cronici: «C’è una grande carenza di cibo, perché prima del blocco, circa il 90% del cibo consumato in Artsakh veniva importato dall’Armenia. Non un solo chilogrammo di cibo è entrato in Artsakh per 40 giorni, e la limitata produzione locale. A causa della quasi mancanza di carburante e di altri materiali e rifornimenti necessari, l’80% dei lavori agricoli non è stato completato, anche la raccolta del grano è stata organizzata in un volume molto parziale, e le imprese economiche parzialmente operative durante il blocco sono state fermate».

Il Presidente ha osservato che il trasporto pubblico è completamente fermo, la sanità e altri servizi essenziali funzionano con grande difficoltà: «Vari farmaci nel sistema sanitario sono stati esauriti, gli altri hanno raggiunto il loro limite estremo, mettendo a rischio la vita e la salute delle persone, i casi di morte e nascite di nascituri e neonati con complicazioni sono raddoppiati, l’anemia tra le donne incinte ha raggiunto il 90%, tutti gli esami e le operazioni programmate sono state interrotte, centinaia di pazienti medici non possono recarsi in Armenia e all’estero per le cure quotidiane, a causa di interruzioni di corrente e mancanza dei servizi necessari, importanti strutture mediche sono fuori servizio».

Riferendosi alle conseguenze dell’interruzione delle infrastrutture, Harutyunyan ha affermato che a causa della mancanza di riscaldamento e dei problemi alimentari, le scuole e gli asili sono stati chiusi completamente o parzialmente in vari momenti, a causa del terrorismo psicologico e della malnutrizione, la ricettività e il progresso dei bambini sono stati fortemente colpiti, centinaia di studenti non possono recarsi in Armenia e all’estero per continuare la loro istruzione. Sono passati 196 giorni da quando l’Azerbaigian ha interrotto la fornitura di elettricità dall’Armenia all’Artsakh, a seguito della quale si verificano interruzioni dei ventilatori per almeno sei ore al giorno e molte imprese economiche hanno smesso di funzionare. E la fornitura di gas è stata completamente interrotta per 158 giorni, con molte conseguenze socio-economiche. Nel settore privato, tutte le fabbriche sono state chiuse, quasi tutte le società di servizi hanno chiuso, oltre l’80% dei lavoratori del settore privato è diventato disoccupato, ovvero più di 15.000 persone, i lavori di costruzione di 3.700 appartamenti, previsti per il 2020, sono stati interrotti. per le famiglie sfollate a causa della guerra, la perdita diretta per l’economia è stata di circa 430 milioni di dollari, pari a circa il 50% del PIL annuo previsto».

Per quanto riguarda le forme di blocco della Repubblica di Artsakh da parte dell’Azerbajgian, il Presidente ha presentato che in particolare il movimento di persone, veicoli e merci è bloccato, le infrastrutture sono interrotte, tra cui elettricità, gas, approvvigionamento idrico e comunicazione. Inoltre, è in atto un blocco di sicurezza, gli attacchi e le provocazioni sono frequenti, è in atto un’intensa militarizzazione dei territori, le sparatorie sono continue in direzione di persone che svolgono lavori agricoli.

«Nell’ambito del blocco psicologico in corso, vengono utilizzate retorica aggressiva, minacce di forza e forza, si crea un’atmosfera di incertezza e paura e si diffondono disinformazione e notizie false con il blocco delle informazioni, vengono bloccate le missioni internazionali di accertamento dei fatti, l’accesso di giornalisti e organizzazioni umanitarie. È chiaro che l’Azerbajgian, nelle condizioni di impunità internazionale, inasprisce continuamente le repressioni contro il popolo dell’Artsakh con lo scopo palese della pulizia etnica e sulla base della politica dell’odio etnico e della discriminazione», ha detto il Presidente Harutyunyan.

Ignorando le richieste della comunità internazionale, l’Azerbajgian ha ampliato e approfondito il blocco e le minacce militari, ha affermato Harutyunyan: «Durante questo periodo, la Corte Internazionale di Giustizia delle Nazioni Unite e la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo hanno adottato sentenze giuridicamente e politicamente vincolanti per garantire il movimento ininterrotto e bidirezionale di persone, veicoli e merci attraverso il Corridoio di Lachin. Inoltre, il Parlamento Europeo, l’Assemblea Parlamentare del Consiglio d’Europa, le autorità legislative ed esecutive di vari Stati, autorevoli organizzazioni internazionali per i diritti umani, hanno avanzato chiare richieste e appelli alle autorità dell’Azerbajgian affinché cessino il blocco dell’Artsakh e si astengano dall’uso della forza o dalla minaccia dell’uso della forza. Tuttavia, l’Azerbaigian non solo ha ignorato le decisioni dei tribunali e le richieste della comunità internazionale, ma ha anche gradualmente ampliato e approfondito il blocco e le minacce militari», ha affermato il Presidente Harutyunyan, aggiungendo che attraverso il blocco dell’Artsakh, l’Azerbajgian persegue una serie di obiettivi:

  • A lungo termine, sbarazzarsi del popolo dell’Artsakh effettuando una completa pulizia etnica dell’Artsakh e chiudendo con la forza la pagina del conflitto.
  • A medio termine, soggiogare violentemente il popolo dell’Artsakh, distruggere la Repubblica di Artsakh e i suoi sistemi di resistenza, spingere il popolo dell’Artsakh ad emigrare, far crollare l’economia dell’Artsakh, ottenere ulteriori mezzi di pressione sull’Armenia, in particolare, al fine di ottenere attraverso il territorio dell’Armenia una strada extraterritoriale tra l’Azerbajgian e il Nakhichevan.
  • A breve termine, sottoporre il popolo dell’Artsakh al terrore psicologico, stabilire un controllo costante sull’entrata e sull’uscita dall’Artsakh, creare condizioni insopportabili per vivere nell’Artsakh, testare e oltrepassare le linee rosse della parte armena, screditare le garanzie internazionali e regionali di sicurezza e di stabilità.

L’Azerbajgian crea deliberatamente tali condizioni di vita per il popolo dell’Artsakh, che mirano alla distruzione totale o parziale del popolo dell’Artsakh. Il ritardo nell’azione decisiva della comunità internazionale sta avvicinando di giorno in giorno il punto di irreversibilità, ha detto il Presidente della Repubblica di Artsakh, Arayik Harutyunyan, durante la conferenza stampa con i media stranieri e della diaspora armena, aggiungendo che il diritto internazionale qualifica tale politica come genocidio e obbliga tutti gli Stati della comunità internazionale a prendere provvedimenti per prevenire il crimine di genocidio: «Le affermazioni dell’Azerbajgian secondo cui la questione dell’Artsakh è una sua questione interna ricordano le giustificazioni della leadership della Germania nazista durante i processi di Norimberga, quando anche gli omicidi di massa erano qualificati come una questione interna. La civile comunità internazionale non ha accettato tali scuse e ha rifiutato l’esistenza del diritto di compiere massicce violazioni dei diritti umani con il pretesto degli affari interni».

«Considerando l’attuale terribile situazione e le crescenti minacce all’esistenza fisica del nostro popolo, oggi dichiaro l’Artsakh una zona disastrata, aspettandomi un’urgente risposta internazionale e sicurezza, sostegno politico e umanitario dalla comunità internazionale, collettivamente e individualmente, ha detto Harutyunyan: «Artsakh è ora l’unica area al mondo che è in completo isolamento e assedio, senza alcun aiuto umanitario e presenza internazionale. Anche se non c’è un sostegno internazionale urgente alle condizioni per dichiarare una zona disastrata, l’Artsakh può essere considerato un campo di concentramento con tutte le sue conseguenze.

Il Presidente dell’Artsakh ha ricordato di aver inviato lettere [QUI] ai Presidenti dei Paesi Co-Presidenti del Gruppo di Minsk dell’OSCE, che sono anche membri permanenti del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, nonché alle agenzie delle Nazioni Unite, descrivendo in dettaglio la situazione umanitaria nell’Artsakh e chiedendo di adottare misure efficaci per rispondere adeguatamente alla situazione. Ha aggiunto:

«È giunto il momento di adottare misure unilaterali come ultima risorsa per prevenire il crimine di massa.
Naturalmente, prima di tutto, nel 2020 abbiamo richieste sulla base della Dichiarazione tripartita del 9 novembre 2020, in particolare dalla Russia, di adempiere agli obblighi di garante della sicurezza, e in particolare dall’Armenia, di astenersi da qualsiasi dichiarazione e azione per riconoscere l’Artsakh come parte dell’Azerbajgian, rispettando il diritto del popolo dell’Artsakh all’autodeterminazione.
Chiediamo che il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, nell’ambito del suo mandato e dei suoi obblighi, adotti misure decisive per prevenire la politica di genocidio attuata dall’Azerbajgian e garantire l’attuazione delle decisioni della Corte Internazionale di Giustizia delle Nazioni Unite e della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo per l’apertura del Corridoio di Lachin.
A questo proposito, considero urgente il coinvolgimento delle Nazioni Unite, del suo intero sistema e delle agenzie specificamente autorizzate ad agire in situazioni di crisi umanitarie.
Chiedo al Segretario Generale delle Nazioni Unite di mostrare responsabilità e leadership morale e politica per mettere in guardia la comunità internazionale sulla difficile situazione del popolo dell’Artsakh. Chiedo che Guterres mobiliti immediatamente e senza esitazione il sistema delle Nazioni Unite per risolvere questa crisi. Sono pronto a presentare personalmente la situazione umanitaria in Artsakh al Segretario Generale delle Nazioni Unite, il Signor Guterres, in un formato online.
Chiedo ai deputati del Segretario Generale delle Nazioni Unite per le questioni umanitarie, nonché per le questioni politiche e di costruzione della pace, di agire ora, di parlare apertamente della crisi in Artsakh e chiedere sforzi immediati da parte della comunità internazionale per fornire un mandato per l’ingresso e la presenza delle Nazioni Unite in Artsakh.
Chiedo ai Direttori esecutivi dell’UNICEF, del Programma Alimentare Mondiale delle Nazioni Unite, del Fondo delle Nazioni Unite per la Popolazione, al Direttore Generale dell’Organizzazione Mondiale della Sanità di seguire il loro mandato e le loro responsabilità per chiedere la loro presenza nell’Artsakh al fine di fornire assistenza urgente e continuativa al popolo dell’Artsakh.
Chiediamo agli attori coinvolti di smettere di sostenere l’agenda criminale dell’Azerbajgian, che non fa che aggravare la sofferenza di persone innocenti, e chiediamo l’attuazione di misure concrete per garantire un ambiente favorevole alla sicurezza stabile del popolo dell’Artsakh e una soluzione pacifica ed equa del conflitto.
Oggi, la prevenzione dei genocidi e di altri crimini di massa è un obbligo assunto dalla comunità internazionale. È inaccettabile che l’obbligo di prevenire il genocidio sia espresso solo dalla disponibilità a far sedere le parti al tavolo dei negoziati. La comunità internazionale, e in primo luogo il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, di cui fanno parte anche i tre Paesi Co-Presidenti del Gruppo di Minsk dell’OSCE, e che è responsabile della pace e della sicurezza internazionale, inclusa la prevenzione dei crimini di massa, ha il mandato, gli strumenti necessari e l’obbligo di fermare la politica di genocidio dell’Azerbaigian», ha affermato il Presidente della Repubblica di Artsakh, presentando le aspettative della comunità internazionale, aggiungendo che, dopotutto, l’impunità internazionale dell’Azerbajgian dovrà pur essere fermata un giorno.

«L’Azerbajgian trasforma l’Artsakh in un campo di concentramento»
Baku ha isolato completamente i 120 mila Armeni dell’Artsakh da oltre sette mesi. «Stiamo finendo cibo e medicine: la comunità internazionale deve impedire il genocidio», tuona il Presidente Arayik Harutyunyan
di Leone Grotti
Tempi.it, 25 luglio 2023


«L’Azerbajgian sta trasformando l’Artsakh in un campo di concentramento». È la durissima accusa lanciata al regime di Baku da Arayik Harutyunyan, Presidente della Repubblica di Artsakh. Da 226 giorni, oltre sette mesi, il territorio del Nagorno-Karabakh è completamente isolato a causa del blocco del Corridoio di Lachin, l’unica strada che collega la regione abitata da 120 mila Armeni all’Armenia e al resto del mondo.

L’Azerbajgian affama gli Armeni dell’Artsakh

Durante una conferenza stampa straordinaria, il Presidente Harutyunyan ha descritto le conseguenze della «catastrofe umanitaria» provocata dall’Azerbajgian «in spregio al diritto» e nell’indifferenza della comunità internazionale. In Artsakh mancano cibo, medicine, prodotti sanitari, latte in polvere per i neonati, riscaldamento, elettricità e benzina.

Il trasporto pubblico, così come quello privato, è completamente fermo, eccezione fatta per due autobus nella capitale e poche ambulanze [che si sono fermati anche, oggi, perché non c’è più carburante rimasto. VvB]. L’agricoltura è al palo per la mancanza di elettricità, interrotta da Baku insieme alle forniture di gas provenienti dall’Armenia. I malati gravi non possono essere curati né essere trasportati, come prima del blocco, negli ospedali dell’Armenia.

Dodicimila persone, pari al 60 per cento della forza lavoro del settore privato, hanno perso la propria occupazione e non possono più sostentare le proprie famiglie. A causa dei continui blackout le scuole non possono funzionare con regolarità e gli studenti sono costretti a studiare a lume di candela, mentre per riscaldare le case gli abitanti devono ricorrere alla legna.

Se dal 12 dicembre al 14 giugno l’Azerbajgian ha permesso almeno il passaggio di alcuni camion della Croce Rossa Internazionale carichi di aiuti umanitari, dal 15 giugno anche questi sono stati bloccati e i negozi sono pressoché vuoti.

«L’esistenza di 120 mila Armeni è a rischio»

«L’esistenza fisica di 120 mila Armeni è a rischio», ha dichiarato il Presidente Harutyunyan. «La comunità internazionale non può più restare a guardare mentre l’Azerbajgian porta avanti in modo meticoloso la sua politica, che altro non è se non un tentativo di pulizia etnica e genocidio ai danni del nostro popolo».

La Corte Internazionale di Giustizia ha già condannato Baku a riaprire il Corridoio di Lachin ma il regime di Ilham Aliyev ha snobbato l’ordine. Ecco perché, continua il Presidente dell’Artsakh, «la comunità internazionale deve prendere provvedimenti unilaterali per far rispettare la sentenza. Il corridoio va riaperto subito». In alternativa, le Nazioni Unite dovrebbero riconoscere ufficialmente l’Artsakh come una zona sottoposta a disastro e di conseguenza «intervenire inviando aiuti via aria».

«Abbiamo diritto all’autodeterminazione»

Rispondendo a una domanda di Tempi, il presidente Harutyunyan ha negato categoricamente che l’Artsakh, come recentemente dichiarato dal Premier armeno Nikol Pashinyan, possa essere riconosciuto come parte dell’Azerbajgian in cambio di solide garanzie di sicurezza per la popolazione armena e del riconoscimento da parte di Baku dell’integrità territoriale dell’Armenia.

«Nessuno può privare il nostro popolo del diritto all’autodeterminazione, che non dipende dal dialogo tra Armenia e Azerbajgian», ha dichiarato il Presidente a Tempi. «Siamo ridotti alla fame in una situazione di catastrofe umanitaria: come si può pensare che l’Azerbajgian rispetterà i nostri diritti?».

«Per l’UE il gas conta più della nostra vita?»

Durante l’ultimo incontro tra Pashinyan e Aliyev mediato dall’Unione Europea, il Presidente del Consiglio Europeo, Charles Michel, ha sostenuto la proposta di Baku, che si è offerta di fornire aiuti all’Artsakh dopo aver cercato di affamarne la popolazione per oltre sette mesi. «Come possiamo fidarci dello stesso Paese che vuole farci morire di fame?», ha tuonato il Presidente dell’Artsakh rispondendo alle domande dei giornalisti e rimproverando Brussel. «Ci tengono alla nostra gente? Benissimo, riaprano immediatamente il Corridoio di Lachin. Non abbiamo bisogno di altro».
Harutyunyan ha rifilato anche un’altra stoccata all’Unione Europea, che ha definito Aliyev «partner affidabile» firmando nuovi contratti per la fornitura di gas con il regime azero: «Com’è possibile che per Brussel il gas sia più importante del diritto alla vita di 120 mila persone?».

Se l’Armenia sembra sul punto di cedere alle richieste dell’Azerbajgian, «una alternativa esiste», dichiara ancora Harutyunyan a Tempi: «La comunità internazionale non deve restare indifferente alla nostra situazione e agire perché questa ingiustizia che non ha eguali oggi nel mondo finisca».

«Fermate il genocidio degli Armeni in Artsakh»

E a chi gli chiede se l’Azerbajgian potrebbe invadere militarmente l’Artsakh, come già fatto nel 2020, il presidente risponde: «Attualmente stiamo subendo un crimine di guerra, quindi siamo già in guerra. Un’invasione è possibile, non possiamo escluderlo».

Noi, ha però ribadito, «siamo pronti a morire per il diritto a vivere in pace nella nostra terra. Sta alla comunità internazionale impedire che si verifichi il più grande crimine contro l’umanità del XXI secolo: il genocidio degli Armeni dell’Artsakh».

Foto di copertina: bambini armeni in Artsakh, nel primo inverno del #ArtsakhBlockade si scaldano intorno ad una stufa a legna.

Indice – #ArtsakhBlockade [QUI]

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