220° giorno del #ArtsakhBlockade. Il diritto all’autodeterminazione degli Armeni dell’Artsakh non è in vendita

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[Korazym.org/Blog dell’Editore, 19.07.2023 – Vik van Brantegem] – I nomadi azeri-turchi Tartari a Baku propongono come unica soluzione per affrontare la crisi umanitaria, che loro stessi hanno creato per gli Armeni in Artsakh, di utilizzare la strada Barda-Akna (Aghdam)-Stepanakert, partendo dal territorio occupato dall’esercito dell’Azerbajgian. Durante un incontro con l’Ambasciatore russo in Azerbajgian, il Ministro degli Esteri dell’Azerbajgian, Jeyhun Bayramov, ha messo in chiaro che la posizione dell’Azerbajgian è quella di permettere l’assistenza umanitaria solo da Barda attraverso la città occupata di Akna (Aghdam).

Non si arriva a firmare un trattato di pace
perché l’obiettivo dell’Azerbajgian non è la pace,
ma l’occupazione del Nagorno-Karabakh.
Aliyev vuole ottenere tutto
e non rinunciare a nulla.

Il diritto all’autodeterminazione
degli Armeni dell’Artsakh
non è in vendita

Il regime autocratico guerrafondaio genocida dell’Azerbajgian, con il benestare (= la complicità) del Presidente del Consiglio Europeo, Charles Michel, vuole costringere la popolazione dell’Artsakh a ricevere aiuti umanitari dall’Azerbajgian, dopo averla tenuto sotto assedio da 7 mesi, causando la crisi umanitaria. In altre parole, l’Azerbajgian offre la soluzione per superare la crisi umanitaria, dopo averla creata con il suo blocco illegale dell’Artsakh. Insomma, se l’Azerbajgian non avesse isolato l’Artsakh dall’Armenia e dal resto del mondo, non esisterebbe alcuna crisi umanitaria. E visto che il #ArtsakhBlockade non ha ancora ottenuto il risultato auspicato, adesso Baku cambia registro, suonando la stessa partitura.

Questa oscena offerta dell’autocrate guerrafondaio genocida di Baku, Ilham Aliyev, di fornire come Presidente della Repubblica di Azerbajgian aiuti umanitari ai “suoi cittadini Armeni in Karabakh”, arriva mentre li tiene sotto assedio come Comandante in Capo con le sue forze armate. Offrire e sollevare la fama della popolazione dell’Artsakh, quando le condizioni per detta fame sono state create dal lui stesso, è simile all’offerta di uno stupratore che si proponesse come psicoterapeuta della sua vittima.

È assolutamente disgustoso. Come è disgustoso Charles Michel che sostiene e promuove questa oscenità azera con il suo sorrisetto da ebete. È il DARVO applicato dall’Azerbajgian (aggressore) contro l’Artsakh (vittima), con il compiacimento in puro stile DARVO dell’Unione Europea e del Dipartimento di Stato degli USA. L’abbiamo spiegato, comprensibile anche per degli ipodotati, il 9 luglio 2023 [QUI].

Intanto, le vittime dello stupratore si stanno ribellando alla sua offerta di “aiuto”, mentre la comunità internazionale continua a guardare altrove: i residenti di Askeran hanno deciso di installare una barriera sull’autostrada Barda- Akna (Aghdam)-Askeran, «per contrastare i cosiddetti aiuti umanitari agli Armeni dell’Artsakh/Karabakh predeterminati dalle autorità azere», ha dichiarato Alyosha Gabrielyan, residente di Askeran.

L’agenzia 301 informa che «gli Armeni dell’Artsakh hanno bloccato l’autostrada Akna-Askeran, protestando contro l’integrazione dell’Artsakh in Azerbaigian»: «I residenti di Artsakh sono intervenuti bloccando la strada Akna-Askeran con blocchi di cemento. Attualmente, i membri del “Fronte per la sicurezza e lo sviluppo dell’Artsakh” stanno conducendo una manifestazione in quest’area. La posizione non è stata scelta a caso, poiché riflette uno sforzo deliberato per impedire l’integrazione dell’Artsakh in l’Azerbajgian con il pretesto di difficoltà umanitarie, come affermato da Artshak, Abrahamyan, uno dei fondatori del Fronte. L’obiettivo della manifestazione è resistere anche a qualsiasi forma di integrazione socio-economica. La preoccupazione è che ulteriori fasi possano coinvolgere le relazioni commerciali, portando potenzialmente al completo assorbimento dell’Artsakh in Azerbajgian, ha aggiunto Abrahamyan, sottolineando la necessità di attuare misure per contrastare qualsiasi tentativo di integrazione con l’Azerbajgian durante il blocco in corso».

«Il nostro diritto all’autodeterminazione non è in vendita».

«Gli Armeni dell’Artsakh stanno protestando contro la strada che attraversa Aghdam. Lo slogan dice: “Il nostro diritto all’autodeterminazione non è in vendita”. È iniziato dopo la dichiarazione di Charles Michael. Invece di affrontare adeguatamente i seri problemi dell’Artsakh, l’Unione Europea ha creato altri problemi» (Tatevik Hayrapetyan).

Immediata la reazione sui social dei troll turchi/nomadi Tartari. Conosciamo già i falsi post quotidiani pieni di odio e bugie contro l’Armenia di questo troll turco-azero ed i suoi tentativi di spostare la responsabilità e la verità dalle atrocità dell’Azerbajgian contro il popolo armeno dell’Artsakh. Ha iniziato a postare freneticamente su Twitter in modo ossessivo-compulsivo, non controllando più quello che scrive:

«Gli Armeni vogliono commettere un auto-genocidio? Hanno bloccato la strada che passa per Askeran con manifesti “Aghdam la strada della morte”. Nel frattempo, l’Azerbajgian vuole portare aiuti umanitari al Karabakh attraverso Aghdam» (Asāsīyūn).

«Le persone del “movimento” di Ruben Vardanyan [i.e. Agenti russi] hanno bloccato la strada Askeran-Agdam con lastre di cemento. Pertanto, vogliono bloccare il percorso di consegna degli aiuti umanitari attraverso Aghdam e sabotare gli accordi di Brussel» (Asāsīyūn).

«Azerbajgian: vogliamo fornire aiuti umanitari al Karabakh attraverso Agdam. Armeni: continueremo a morire di fame, non ci importa. Cerca il genocida! I Turchi sono responsabili di tutto!» (Asāsīyūn). Involontariamente, la verità è nell’ultima frase.

«La propaganda armena sul “genocidio” fallisce ancora una volta. Prima affermano che l’Azerbajgian vuole commettere un genocidio contro la popolazione armena; Ora bloccano la consegna degli aiuti umanitari dalla città azera di Aghdam» (Asāsīyūn).

«I filmati [delle dimostrazioni a Stepanakert] mostrano come gli Armeni che si bloccano in Karabakh, sembrano sani e ben nutriti. Vogliono bloccare il percorso di consegna degli aiuti umanitari attraverso Aghdam e sabotare gli accordi» (Asāsīyūn).

Ovviamente, non si è fatto pregare il criminale ambasciatore del terrore, che spende il suo tempo in Germania a glorificare la sua autocrazia guerrafondaia genocida:

«Tutte le strade portano ad Aghdam. L’Azerbaigian ha dichiarato di essere pronto a soddisfare tutte le esigenze umanitarie dei nostri residenti di etnia armena in Karabakh attraverso Aghdam» (Nasimi Aghaev).

Non ne è bisogno, basta aprire la strada che porta da Stepanakert all’Armenia e il resto del mondo.

«Il Presidente dell’Unione Europea Michel: “Ho anche preso atto della disponibilità dell’Azerbajgian a fornire ugualmente aiuti umanitari tramite Aghdam”. VERO. Tutte le esigenze umanitarie dei nostri cittadini di etnia armena che vivono in Karabakh possono essere soddisfatte tramite Aghdam» (Nasimi Aghaev).

Un “diplomatico” in Europa che non sa neanche che Michel non è “Presidente dell’Unione Europea” ma del Consiglio Europeo. Questo è lo stesso “diplomatico” che ha sempre negato il blocco dell’Artsakh e che “la strada Lachin” era aperta. Faccia di bronzo.

«La ferrovia da Barda ad Aghdam liberata sarà pronta entro la fine del 2023. In futuro sarà estesa a Khankendi e utilizzata anche dai nostri cittadini di etnia armena» (Nasimi Aghaev).

La ferrovia Barda-Akna (Aghdam) verrà utilizzata certamente dalle forze armate azere di invasione. Gli Armeni autoctoni dell’Artsakh non ne hanno necessità, hanno bisogno che il padrone del “diplomatico” apri il Corridoio di Lachin per il collegamento con l’Armenia.

Gli sforzi osceni della propaganda di disinformazione di Baku con scopi aggressivi e bellici non stanno avendo l’effetto desiderato.

La polizia della Repubblica di Artsakh assicura che “nessun veicolo è passato attraverso il checkpoint di Askeran da Akna (Aghdam) e viceversa, per non parlare dei carichi umanitari”.

Il Ministero degli Interni della Repubblica di Artsakh comunica che le notizie che circolano sui social network seconde le quali agenti del Comitato Internazionale della Croce Rossa, accompagnati dalle forze di mantenimento della pace russe, trasporterebbero carichi umanitari dalla città di Akna (Agdam) sono false e considerate disinformazione.

«Ovviamente sono contrario a privare le persone di cibo, ecc. I civili del Karabakh sono ora vittime del separatismo e dell’irredentismo delle élite. Credetemi se dico che il 99% di tutti gli Azeri preferirebbe che il conflitto non fosse mai iniziato e che gli Armeni vivessero in pace con tutti gli altri» (Adnan Hajizada).

Oh certo, scartiamo il genocidio armeno, i massacri di Armeni in Azerbaigian, lo spopolamento degli Armeni dal Nachicevan, la cancellazione dell’antica cultura armena in Azerbajgian. La mancanza di vergogna non ha limiti al giorno d’oggi, di fronte alla realtà che il brutale autocrate ereditario dell’Azerbajgian, Ilham Aliyev, afferma che salvaguarderà gli Armeni indigeni dell’Artsakh/Nagorno-Karabakh, ma impedisce l’ingresso di cibo e medicine nel Paese attraverso il Corridoio di Lachin (e minaccia di abbattere qualsiasi aereo che dovesse tentare di atterrare a Stepanakert).

Per coloro che non hanno ancora capito la mossa DARVO dello stupratore nomade Tartaro di Baku:

«Guarda, l’Azerbajgian sta costringendo la popolazione dell’Artsakh a ricevere beni umanitari dall’Azerbajgian, dopo un assedio da 7 mesi. L’Azerbajgian ha creato una crisi umanitaria e offre la soluzione per superare la crisi che ha creato. Se l’Azerbajgian non avesse bloccato il Karabakh, non sarebbe scoppiata una crisi umanitaria.
Ricevere merci da Aghdam significa che il Karabakh diventa direttamente dipendente dall’Azerbajgian. Non c’è alcuna garanzia che dopo aver ricevuto carichi dall’Azerbajgian, Aliyev aprirà il Corridoio di Lachin e consentirà il trasporto di carichi dall’Armenia. C’è un’alta probabilità che l’Azerbajgian continui a tenere chiuso il Corridoio di Lachin, mettendo il Karabakh in dipendenza umanitaria dall’Azerbajgian.
Il prossimo passo dell’Azerbajgian sarà costringere il popolo del Karabakh a iniziare a ricevere gas, elettricità, internet e altri servizi dall’Azerbajgian. Quindi, li costringeranno a pagare per questi servizi in manat azero, poi li costringeranno a integrarsi nel settore bancario dell’Azerbajgian, e così via» (Robert Anayan – Nostra traduzione italiana dall’inglese).

Inoltre, come abbiamo già spiegato ieri, la “proposta Aghdam” da parte azera è una doppia provocazione azera, perché la città fantasma di Akna (Aghdam) e il distretto circostante – sotto controllo dell’Artsakh con la prima guerra del Karabakh – come parte dell’accordo trilaterale del 9 novembre 2020 che ha posto fine alla guerra dei 44 giorni dall’Azerbajgian contro l’Artsakh del 2020, sono passati sotto il controllo azero il 20 novembre 2020. Il governo dell’occupante azero ha aperto la città ai turisti dall’Azerbajgian nel 2022.

La città per la sua vicinanza alla capitale Stepanakert, è stata il principale avamposto azero nella prima guerra del Nagorno-Karabakh. Il grande valore strategico di Akna (Aghdam) ha finito con il metterla da subito al centro degli scontri. Da qui l’esercito azero faceva partire razzi contro le postazioni armene dislocate sulle vicine montagne. I bombardamenti incrociati tra l’esercito di difesa dell’Artsakh e l’esercito azero ebbe inizio il 12 giugno 1992, sei mesi dopo l’inizio della guerra. Meno di un mese e mezzo più tardi, il 24 luglio, l’esercito dell’Azerbajgian abbandonò la città, che fu rasata al suolo, rendendola la più grande città fantasma del mondo.

«Se l’Azerbajgian volesse, il trattato di pace con l’Armenia sarebbe stato concluso già. Non è firmata perché l’obiettivo dell’Azerbajgian non è la pace, ma l’occupazione del Nagorno-Karabakh con la tattica degli attacchi militari e delle pressioni estenuanti. Aliyev vuole ottenere tutto e non rinunciare a nulla.
Aliyev considera questo processo non un negoziato durante il quale dovrebbero essere presi in considerazione gli interessi di tutte le parti, ma un processo per sottoporre l’Armenia alla capitolazione.
Durante un dibattito con Nikol Pashinyan alla Conferenza sulla sicurezza di München quest’anno, Ilham Aliyev ha affermato che l’Armenia ha capitolato durante la guerra. Ha mostrato il pensiero di un dittatore medievale. Nel XXI secolo, i leader dei Paesi civili non usano questi termini. Inoltre, l’Armenia non è una parte in guerra; la guerra è stata combattuta tra il Nagorno-Karabakh e l’Azerbajgian.
Il rischio maggiore di far esplodere la fragile situazione della sicurezza è la richiesta illegale di scioglimento dell’esercito di difesa del Nagorno-Karabakh. L’Azerbajgian, non accettando di fornire alcuna garanzia di sicurezza agli Armeni del Nagorno-Karabakh, chiede lo scioglimento dell’esercito di difesa.
L’ultima dichiarazione del Ministero degli Esteri russo è stata che la Russia rinuncia ai suoi obblighi di sicurezza nei confronti del Karabakh. Ciò aumenta ulteriormente la necessità dell’esistenza dell’esercito di difesa. Durante 35 anni, molta inimicizia si è accumulata attorno al conflitto del Karabakh e lo scioglimento dell’esercito di difesa significherà l’inizio di massacri senza ostacoli.
Anche la questione dell’ulteriore attività delle istituzioni statali del Nagorno-Karabakh è essenziale. L’Azerbajgian chiede lo scioglimento dell’Assemblea nazionale del Karabakh, della presidenza e di altre istituzioni.
Anche questo è un approccio distruttivo. L’Azerbajgian rifiuta di accettare che il Nagorno-Karabakh abbia un’amministrazione politica armena comune. Stiamo parlando della formula che Sergey Lavrov stava descrivendo in conferenza stampa con Ararat Mirzoyan – il modello della minoranza serba in Kosovo.
Respingendo questa risoluzione, l’Azerbajgian chiede lo scioglimento del Nagorno-Karabakh come entità politica. Baku afferma che stabilirà un contatto con singole città, gruppi di insediamenti.
Inoltre, da Baku si dice che i leader delle città possono essere rappresentanti della nazione che ha la maggioranza. Ciò può creare l’impressione di una soluzione democratica agli occhi dell’osservatore internazionale. Ma l’Azerbajgian intende cambiare il quadro demografico degli insediamenti Armeni nel piano a lungo termine, insediando gli Azeri e assumendo così la gestione delle regioni armene.
Questi sono solo alcuni esempi di come l’Azerbajgian mina il processo di pace negoziato, non accettando un monitoraggio internazionale di diritti e garanzie di sicurezza.
Si può anche aggiungere la questione della demarcazione, in cui l’Azerbajgian si rifiuta di avviare il processo con la mappa del 1975 e ha offerto 50 commenti. L’Azerbaigian propone di delimitare sulla base di diverse mappe e documenti, e non sulla base di uno solo. Questa proposta mira anche a sconfiggere la demarcazione.
Tutti questi disaccordi potrebbero essere risolti rapidamente e si possono raggiungere soluzioni reciprocamente comprensibili se la pace fosse l’obiettivo dell’Azerbajgian. Queste questioni politiche e umanitarie potrebbero essere discusse durante i negoziati attraverso il meccanismo internazionale Baku-Stepanakert. Ma poiché l’Azerbajgian è massimalista, non prevede una soluzione civile: si sta preparando alla guerra, per questo motivo crea problemi artificiali, sconfiggendo te trattative» (Robert Anayan – Nostra traduzione italiana dall’inglese).

Nell’incontro con la popolazione al sit-in, è stato osservato che il Presidente della Repubblica di Artsakh dovrebbe stare non in una tenda non davanti al suo ufficio in piazza del Risorgimento a Stepanakert, ma montare una tenda davanti alla base militare del contingente di mantenimento della pace russo in Artsakh presso l’aeroporto di Stepanakert o sull’autostrada Stepanakert-Berdzor (Lachin)-Goris davanti al posto di blocco vicino a Shushi. È stato ricordato come Mikheil Saak’ashvili allestì una tenda fuori Tbilisi,Georgia e che questo era bello.

«Questa donna anziana soffre di gravi problemi di salute, non può camminare per lunghe distanze. A causa dell’assenza di carburante, non ci sono trasporti pubblici, il che le lascia nessun’altra scelta che camminare per trovare del cibo. 20.000 civili anziani affrontano immense sofferenze quotidiane a causa del blocco dell’Azerbajgian» (Siranush Sargsyan).

Oggi sono proseguite le azioni di protesta, iniziate ieri a Yerevan per chiedere l’immediato sblocco dell’Artsakh. I manifestanti che hanno partecipato alla manifestazione informativa si sono riuniti davanti all’Ambasciata di Francia e sono rimasti impegnati nella loro causa. Successivamente, hanno proceduto a marciare dall’Ambasciata di Francia all’Ambasciata degli Stati Uniti a Yerevan. In particolare, la protesta ha coinvolto anche i bambini dell’Artsakh che erano stati sfollati dalle loro case ad Hadrut a causa dell’aggressione azera. Le proteste sono coordinate dal Quartier Generale Operativo del Governo della Repubblica di Artsakh a Yerevan.

«Sarebbe meglio se il dittatore Aliyev, che ha cercato di fingere di essere un umanitario inviando 17,6 milioni di aiuti umanitari in Ucraina e costruendo un aeroporto e proprietà per la sua famiglia in Karabakh, cambiasse il sistema fognario di Baku, che è stato lasciato dall’era sovietica. Ogni volta che piove nella città di Baku, emerge la narrazione dello sviluppo trentennale di Aliyev. Dopo la pioggia, la capitale dell’Azerbajgian rimane sott’acqua e la gente soffre molto. Un terrorista come Aliyev si diverte a opprimere le persone. Perché è uno schizofrenico» (Manaf Jalilzade).

«Sadat Guliyev, l’autore del canale telegrafico Maiden Tower, chiede ancora una volta la pulizia etnica nella Repubblica dell’Artsakh. Per giustificare il genocidio, Guliyev ostenta la sua assoluta ignoranza nel campo delle scienze naturali. Questo è un terrorista molto pericoloso» (Ararat Petrosyan, Vicedirettore di Armenpress).

Punire i blocchi, non parlare senza fine, è la via per la pace
di Michael Rubin
Washington Examiner, 17 luglio 2023

(Nostra traduzione italiana dall’inglese)

Quando il leader sovietico Joseph Stalin cercò di strangolare Berlino Ovest fino alla sottomissione 75 anni fa, il Presidente Harry Truman rimase fermo affinché i blocchi dei dittatori non diventassero la norma. Il ponte aereo di Berlino ha portato un sollievo temporaneo. Dopo il fiasco della Baia dei Porci, il successore di Stalin, Nikita Khrushchev, concluse che il Presidente John F. Kennedy era debole e vulnerabile. Ha nuovamente rivolto i suoi blocchi a Berlino, ma Kennedy ha respinto con forza. Berlino Ovest rimase sicura, anche se divisa, fino alla fine della Guerra Fredda.
La credibilità è importante, ma sei decenni dopo Kennedy, la forza d’animo occidentale scarseggia. Quando i dittatori sfidano le democrazie, i diplomatici spesso consigliano il dialogo ma non fanno altro. Ciò ha portato i dittatori ad abbracciare i blocchi e la fame come strumento politico. Meno di un anno dopo che il Primo Ministro etiope, Abiy Ahmed, ha ricevuto il Premio Nobel per la pace, ad esempio, ha bloccato la regione del Tigray del suo Paese per forzarne la sottomissione politica. Quando ha visto che l’Occidente era tutto chiacchiere e niente azioni, ha semplicemente stretto il cappio. Diverse centinaia di migliaia di persone sono morte.
Il Presidente dell’Azerbajgian, Ilham Aliyev, ora ripete il processo nel Nagorno-Karabakh, sede di una delle più antiche comunità cristiane del mondo. Nel dicembre 2022 ha violato un accordo per mantenere aperto un corridoio per consentire il traffico tra la regione popolata da Armeni e il mondo esterno. La scorsa settimana ha persino interrotto le spedizioni della Croce Rossa nella regione. Quando il Segretario di Stato, Antony Blinken, ha chiesto il dialogo, Aliyev ha risposto con proiettili sparati contro una fabbrica americana.
Né la Casa Bianca né il Dipartimento di Stato dovevano essere impotenti. Più di un quarto di secolo fa, il Congresso ha fornito a entrambi gli strumenti per affrontare coloro che avrebbero usato i blocchi e la fame come strumenti di governo.
La fine della Guerra Fredda ha tolto il coperchio a una pentola a pressione. Conflitti locali a lungo soppressi scoppiarono in Etiopia, Jugoslavia e nell’ex Unione Sovietica. Mentre sia la Turchia che l’Azerbajgian hanno bloccato l’Armenia, le autorità americane hanno discusso su come rispondere, specialmente quando un destinatario dell’assistenza statunitense ha interferito con la fornitura di assistenza statunitense altrove. Il risultato fu la Legge sui Corridoi per gli Aiuti Umanitari. Inizialmente parte del disegno di legge sulle operazioni estere del 1996, il Congresso lo inserì come emendamento al Foreign Assistance Act del 1961 l’anno successivo, consacrandolo nella legge statunitense.
Nello specifico, la legge dichiara: “Nessuna assistenza sarà fornita ai sensi del presente capitolo o dell’Atto sul controllo delle esportazioni di armi [22 USC 2751 et seq.] a qualsiasi Paese … [che] vieti o altrimenti limiti, direttamente o indirettamente, il trasporto o la consegna di Assistenza umanitaria degli Stati Uniti”.
Francamente, è buon senso. Gli aiuti non sono un diritto e coloro che dirottano, bloccano o si appropriano indebitamente degli aiuti americani non dovrebbero riceverne essi stessi. A differenza di altre disposizioni che Blinken e diplomatici esauriti rinunciano nella falsa logica che la responsabilità potrebbe ostacolare il dialogo, non vi è alcuna deroga alla Legge sui Corridoi per gli Aiuti Umanitari. Se Abiy vuole bloccare gli aiuti al Tigray o a qualunque minoranza etnica non gli piaccia, allora ogni assistenza americana all’Etiopia dovrebbe cessare immediatamente.
Idem Azerbajgian. La Legge sui Corridoi per gli Aiuti Umanitari non richiede la designazione formale di un blocco, quindi il Dipartimento di Stato non può trovare una via d’uscita con una falsa determinazione. Né richiede che gli aiuti bloccati siano destinati a un Paese. In breve, i funzionari statunitensi potrebbero alzare le spalle e informare Aliyev che non hanno altra scelta che sospendere ogni assistenza fino a quando non toglierà tutti i blocchi e interromperà i suoi sforzi di pulizia etnica.
Troppo spesso i governi cercano di reinventare la ruota. I dittatori sfruttano la rotazione dei diplomatici delle democrazie e la mancanza di memoria istituzionale.
È ora che il Dipartimento di Stato e il Congresso si sveglino. Esistono meccanismi legali per restituire credibilità alla diplomazia americana e combattere la crescente piaga dei blocchi e della pulizia etnica. È tempo che il Congresso invochi la Legge sui Corridoi per gli Aiuti Umanitari, restituisca credibilità alla diplomazia americana e dimostri che prevenire il genocidio non è una linea usa e getta per far avanzare una carriera, ma un obiettivo attivo della politica americana.

Una nazione cristiana in difficoltà
Gli Armeni del Karabakh non dovrebbero sacrificare la loro sicurezza e autonomia
di Sohrab Ahmari
The American Conservative, 18 luglio 2023

(Nostra traduzione italiana dall’inglese)

Il blocco dell’Azerbajgian del Nagorno-Karabakh, l’enclave armena all’interno dei suoi confini internazionali, si sta estendendo all’ottavo mese. Bloccando l’unica strada che collega il Nagorno-Karabakh all’Armenia vera e propria, il regime cleptocratico di Baku cerca di soffocare le aspirazioni all’autodeterminazione degli Armeni del Karabakh e di umiliare Yerevan.
La buona notizia è che la squadra di Biden sembra strettamente coinvolto nella crisi. La cattiva notizia è che Washington potrebbe prepararsi a gettare i Karabakhi sotto l’autobus, anche se il governo è stata d’aiuto all’Armenia vera e propria negli ultimi mesi.
Il 3 luglio, Kristina Kvien, l’Ambasciatore americano a Yerevan, ha scatenato un giustificato sfogo tra gli Armeni dopo aver affermato in un’intervista che “tutte le parti” – intendendo gli Azeri inclusi – concordano sul fatto che “i diritti e la sicurezza dei residenti del Nagorno-Karabakh devono essere garantito”. Il sottotesto, come protestava il governo armeno, era che gli Armeni del Karabakh potevano vivere in sicurezza sotto il governo di Baku, come normali cittadini dell’Azerbajgian.
Kvien ha successivamente chiarito le sue osservazioni, sottolineando che “gli Stati Uniti non presuppongono l’esito dei negoziati sul futuro del Nagorno-Karabakh” e “sostengono un accordo che sia durevole, sostenibile e getti le basi per la pace”. Va abbastanza bene, per quanto va. Tuttavia, le osservazioni originali rivelavano un’allarmante ingenuità riguardo alla realtà del conflitto.
Patria di 120.000 Armeni, un quarto dei quali bambini, il Nagorno-Karabakh è il luogo in cui è stato sviluppato l’alfabeto armeno. Il popolo armeno, la nazione cristiana più antica del mondo, vi mantenne una certa sovranità anche se i grandi imperi si scambiarono per secoli il controllo del Caucaso meridionale. Conosciuto dagli Armeni come Artsakh, il Nagorno-Karabakh è stato anche il luogo di nascita del moderno movimento indipendentista armeno all’interno della Repubblica Socialista Sovietica di Azerbajgian (dove era stato relegato dal commissario per le etnie Stalin).
Durante la disgregazione dell’URSS, i Karabakhis presero il controllo dell’enclave in una guerra con l’Azerbajgian che vide entrambe le parti commettere atrocità, compresi i trasferimenti di popolazione. Tuttavia, nemmeno l’Armenia propriamente detta ha riconosciuto l’autoproclamata Repubblica di Artsakh e la disputa è presto emersa come uno dei “conflitti congelati” più intrattabili del mondo. Nel 2020, tuttavia, gli Azeri sono riusciti a riconquistare gran parte del territorio e, più recentemente, il regime di Baku ha effettuato incursioni militari nell’Armenia vera e propria, diffondendo persino “tortura pornografica” che mostrano le truppe armene che subiscono crimini indicibili.
È un comportamento del genere che fa sussultare gli Armeni quando sentono affermazioni come quella di Kvien. Il regime di Baku non rispetta nemmeno i diritti della sua stessa popolazione, per non parlare dei Cristiani Armeni che considera intrusi, di cui distrugge le antiche croci e i cimiteri e che sono stati oggetto di decenni di ostilità etno-settaria da parte delle autorità. L’idea che gli Armeni del Karabakh possano “integrarsi” in Azerbajgian, o che Baku abbia già accettato di riconoscere i loro diritti in qualsiasi senso significativo, è una fantasia pericolosa.
L’obiettivo degli Azeri, come mi ha detto  l’anno scorso l’analista armeno, Eric Hacopian, durante un viaggio di reportage, è condurre la pulizia etnica del Nagorno-Karabakh, stabilire un corridoio sovrano attraverso l’Armenia proprio con la loro exclave del Nakhichevan, e in ultima analisi realizzare la “Gazaficazione” dell’Armenia: uno Stato di groppa con cui gli Azeri (e i loro alleati Turchi) possono fare quello che vogliono.
Il momento è d’oro, dal loro punto di vista. La Russia, storica protettrice dell’Armenia, è distratta in Ucraina, e i circa 2.000 soldati russi incaricati dalla “comunità internazionale” di proteggere il corridoio tra il Nagorno e l’Armenia vera e propria se ne stanno con le mani in mano. Il leader azero, nel frattempo, è pieno di petrodollari per il lobbismo occidentale. Baku promette più gas di quello che può fornire a una disperata Unione Europea, e si vende come punta di lancia anti-iraniana ai falchi israeliani e americani.
Anche così, le pubbliche relazioni e la marea politica potrebbero cambiare nelle capitali occidentali. Nonostante le ingenue osservazioni di Kvien, il governo Biden e i democratici al Congresso sono stati piuttosto decisi nel loro sostegno all’Armenia; molti funzionari a Yerevan attribuiscono a Nancy Pelosi il merito di aver posto fine all’ultimo assalto degli Azeri guidando una delegazione di solidarietà. I Senatori Marco Rubio e Bob Menendez, intanto, stanno facendo una spinta bipartisan per fermare l’assistenza militare americana a Baku. Questo binomio è particolarmente degno di nota, dal momento che entrambi sono normalmente aggressivi nei confronti di Russia e Iran, ma chiaramente ce l’hanno con il comportamento degli Azeri.
Gli amici dell’Armenia, democratici e repubblicani, devono chiarire al governo Biden che la sicurezza e l’autodeterminazione degli Armeni del Karabakh, e le loro scelte, non possono essere sacrificate in nessuna spinta per una soluzione negoziata del conflitto. Altrimenti, l’America rischia di replicare il tipo di ridefinizione dei confini dall’alto che ha dato origine al problema del Nagorno-Karabakh in primo luogo.

Segnaliamo:
– NAGORNO-KARABAKH/ “L’Ue è schiava del gas e gli azeri restano impuniti: allo stremo 120mila persone”. Intervista con l’Ambasciatore dell’Armenia in Italia, Tsovinar Hambardzumyan. L’Azerbaijan blocca il passaggio di viveri, medicinali e persone verso l’Artsakh: è crisi umanitaria. Nessuno fa niente per bloccare Aliyev. Neanche la Ue. Ecco perchéIlSussidiario.net, 19 luglio 2023 [QUI].
L’Azerbaijan tiene sotto scacco il Nagorno Karabakh. “Chiuso unico accesso, si rischia genocidio”. Le autorità azere hanno illegalmente bloccato il Corridoio di Lachin, unica via per l’autoproclamata Repubblica: 120.000 persone isolate senza rifornimenti di Beppe Boni – Quotidiano.net, 18 luglio 2023 [QUI].
ARTSAKH. Sale la tensione a Stepanakert, i cittadini chiedono l’apertura del valico. La Francia promette armi per la difesaAgcnews.eu, 17 luglio 2023 [QUI].

«Ci costerà, siamo dei cadaveri che camminano ma abbiamo il dovere morale di continuare il nostro lavoro». Il 19 luglio 1992, esattamente 31 anni fa, veniva ucciso dalla mafia il giudice Paolo Borsellino. Meno di due mesi prima, Cosa Nostra aveva ucciso Giovanni Falcone, la sua consorte e la sua scorta. Qui è riassunta la storia dei tempi che viviamo, che vive anche il popolo dell’Artsakh lungo questi stessi decenni. Il mondo è piccolo e non possiamo non chiamarci Armeni.

Indice – #ArtsakhBlockade [QUI]

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