Dal 2015 la ‘perdonanza’ fra i ‘patrimoni immateriali’ dell’Unesco

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A L’Aquila si è concluso il rito della Perdonanza Celestiniana, l’annuale giubileo che si celebra da 719 anni per volere di papa Celestino V: una festa che dal 2015 diventerà anche ‘patrimonio immateriale’ (tradizioni culturali tramandate tra generazioni) dell’Unesco con la firma apposta il 29 agosto tra l’Eni, che finanzierà i lavori in basilica così come quelli per il rifacimento del Parco del Sole, con il Comune de L’Aquila. Il rito della Perdonanza consente di lucrare l’indulgenza plenaria a chi, ‘sinceramente pentito e confessato’, ha visitato la basilica dai vespri della vigilia fino a quelli dell’anniversario dell’inizio del pontificato, come recita la Bolla del Perdono emessa da Papa Celestino nel 1294.

La messa di apertura è stata celebrata dal cardinale delegato Domenico Calcagno, presidente dell’Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica, che ha ricordato ai fedeli il significato della ‘bolla’: “La bolla del perdono è molto chiara sia quanto alle circostanze che hanno suggerito l’istituzione della Perdonanza sia quanto alla finalità della stessa istituzione. Le finalità richiamate sono due: desideriamo che con ancor più venerazione venga onorato San Giovanni Battista con il concorso devoto del popolo di Dio; e tanto più devotamente e fervidamente sarà onorato per il fatto che la supplice richiesta di coloro che cercano Dio sarà esaudita per i meriti di Cristo, della Vergine e dei santi, portando ai pellegrini penitenti i doni spirituali del perdono e della pace”. Ed ha richiamato il valore dell’evento, che si ripete ogni anno:

“L’evento giubilare è un atto religioso della Chiesa che si rivolge a Dio, affinché per la sua misericordia, che ha in Cristo la più alta espressione, e nella Vergine Maria con tutti i Santi l’esemplarità vissuta in piena rispondenza alla volontà del Padre, voglia concordare i doni spirituali che gioveranno alla vita futura. E’ il dono dell’indulgenza chiesta alla misericordia di Dio per la purificazione delle pene meritate con il peccato. Se la colpa è stata rimessa per il pentimento e la confessione, le conseguenze e le pene dovute per il peccato possono così essere riscattate per una sovrabbondante grazia e misericordia di Dio che anticipa nel tempo presente il dono della pace e della recuperata amicizia soprannaturale che può giungere fino a culmine della pienezza possibile”. Concludendo l’omelia il card. Calcagno ha ricordato ai fedeli aquilani la conversione del cuore:

“Ascoltare la parola di Dio e seguire Gesù comporta innanzitutto la conversione del cuore. Non si può invocare la misericordia e la giustizia di Dio e vivere come se Lui non ci fosse, facendo il male e provocando sofferenze, come ci ha ricordato il profeta Isaia. Ecco perché san Paolo, scrivendo agli abitanti di Corinto li supplica ‘lasciatevi riconciliare con Dio’. Perché Dio è amore e grazia: l’ingiustizia e la durezza sono dalla nostra parte”. E nella celebrazione eucaristica per la chiusura della Porta Santa della Basilica di Collemaggio l’arcivescovo metropolita, mons. Giuseppe Petrocchi, ha ricordato che l’arte del perdono è una grazia che viene da Dio:

“L’esperienza religiosa autentica, nella sua dimensione originaria e fontale, non scaturisce primariamente da un impegno teso a servire Dio, ma da una radicale apertura al Suo amore. Il fondamento dell’esperienza di fede non sta nello sforzo di amare Dio, ma consiste anzitutto nel lasciarsi amare da Lui. L’iniziativa, infatti, parte dal Signore: perché è Lui che si muove verso di noi e ci viene incontro: la nostra è sempre una risposta alla Sua benevolenza”. La celebrazione della Perdonanza è quindi un itinerario personale e comunitario di conversione: “Dobbiamo, perciò, chiedere insieme allo Spirito che ci insegni l’arte meravigliosa e difficile di ricevere e offrire perdono.

Perdonare, infatti, è un verbo che, nella sua accezione evangelica, va declinato secondo quattro modulazioni fondamentali, tra loro inscindibilmente connesse: essere perdonati da Dio, perdonare se stessi, dare e chiedere perdono agli altri. Il primo passo, in questo itinerario teologale, sta nel consegnarsi alla paterna compassione del Signore, che ci riconduce alla nostra vera identità. Chi accoglie il perdono di Dio, infatti, acquisisce la forza per superare la scissione che si porta dentro e gradualmente ritrova la propria unità interiore; proprio per questo, diventa capace di perdonarsi e impara a fare pace con se stesso; e solo chi, sapendosi accogliere, abita bene se stesso, è, a sua volta, capace di perdonare il prossimo”.

La ‘circolarità virtuosa’ del perdono fa maturare nella carità e permette di crescere nelle relazioni fraterne: “Seguendo questo dinamismo, il ‘per-dono’, ricevuto e vissuto (l’etimologia della parola esprime la pienezza di un gesto gratuito), diventa un ‘dono-per’ gli altri. Pertanto, la prima abilità da acquisire alla Scuola del Perdono, che siamo tutti invitati a frequentare regolarmente, sta nel farsi raggiungere dalla grazia, che ci guarisce dal peccato e ci rende, davvero, ‘nuove creature’. Sapete bene, carissimi fedeli, che questo prodigio si compie, in noi e tra noi, attraverso il ministero della Chiesa e dei suoi sacerdoti: essi, nel sacramento della penitenza, diventano canali della Provvidenza che cancella le brutture deturpanti dell’egoismo, incrostato nella nostra anima, e ci rende idonei, come specchi limpidi, a rifrangere la gloria di Dio”.

Da questa ‘convenienza’, secondo l’arcivescovo, dipende il futuro della città: “L’impresa di costruire il futuro, tuttavia, richiede, insieme alla fiducia in Dio, anche la tensione a creare rapporti di comunione fraterna, a livello ecclesiale e civile. Senza una condivisa ‘politica del perdono’ e senza l’audacia lungimirante del dialogo costruttivo non ci sarà possibile volare negli spazi alti della novità e della speranza. Anche per L’Aquila la ricostruzione sarà figlia della concordia, cercata e praticata con tenacia profetica. Va pure ribadito che questo progetto, corale e perseverante, non può essere delegato solo ai ‘vertici’ istituzionali e amministrativi…

Ricordiamolo bene: o saremo uniti, o il miracolo de L’Aquila risorta non ci sarà! Oggi siamo chiamati a lavare i nostri occhi nell’acqua limpida della Perdonanza, per avere uno sguardo che non si ripiega nella nostalgia, ricordando solo L’Aquila com’era; e neppure si limita a scrutare L’Aquila come appare oggi; ma, con audacia creativa, sa vedere L’Aquila che verrà”.

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