205° giorno del #ArtsakhBlockade. È una questione di Giustizia violata e di Verità negata. E di aggressione impunita

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[Korazym.org/Blog dell’Editore, 04.07.2023 – Vik van Brantegem] – Alla Verità non dispiace di essere interrogata. A una bugia non piace di essere messo in discussione. Il cuore comprende i momenti di Verità, oltre le parole. I professionisti della disinformazione e i troll azeri sui social network continuano a ripetere le loro bugie con la faccia di bronzo, ancora e ancora. In realtà, hanno iniziato a crederci loro stesso, sapendo di mentire. Hanno i miglior insegnanti, esperti del calibro di Ilham Aliyev, il maniaco dell’autocrazia guerrafondaia e genocida dal passato genetico nomade tartaro. Che pena costatare che non ci sia un briciolo di umanità in nessuno di loro.

Il Portavoce del Ministero degli Esteri della Repubblica di Armenia, Ani Badalyan, ha scritto in un post su Twitter. “Invece di occuparsi dei diritti e della sicurezza del popolo del Nagorno-Karabakh, l’Azerbajgian continua la propaganda aggressiva della pulizia etnica, due video sulla nuova operazione “Revenge 3″ contro il Nagorno-Karabakh alla televisione di stato, un sondaggio online in cui l’83% ha affermato sì”. Badalyan ha sottolineato che si tratta di una flagrante dimostrazione di ostilità e che la condanna internazionale e la prevenzione sono obbligatorie.

La difficile trattativa tra Erevan e Baku
di Vladimir Rozanskij
Asianews.it, 4 luglio 2023


Al tavolo voluto da Washington i due Paesi continuano a trattare, presto dovrebbero incontrarsi anche Aliyev e Pashinyan. Ma su diverse “questioni cruciali” l’accordo resta lontano. L’Azerbajgian pone come condizione preliminare il disarmo delle forze di difesa armene nel Nagorno-Karabakh. La replica dell’opinione pubblica armena: “Vogliono la nostra capitolazione”.

Dopo la tre giorni di trattative tra Armenia e Azerbajgian nel centro studi per gli affari esteri “George Schulz” di Arlington in Virginia, conclusasi il 30 giugno a Washington, i Ministeri degli Esteri dei due Paesi in conflitto hanno entrambi dichiarato, senza entrare nei particolari, che ci sono ancora diverse “questioni cruciali” che richiedono ulteriori sessioni di lavoro. Il portavoce del ministero di Erevan ha poi specificato a Radio Azatutyun che servono precisazioni sulla delimitazione delle frontiere tra Armenia e Azerbajgian, sul ritiro delle truppe schierate presso i confini, e la creazione di un meccanismo internazionale di garanzia per il dialogo tra Baku e Stepanakert, la capitale armena del Nagorno-Karabakh.

Nonostante queste difficoltà nella discussione tra le parti, tutti lodano il progresso ottenuto dai due ministri, l’armeno Ararat Mirzoyan e l’azero Džejkhun Bayramov, nella redazione dell’accordo “Sulla pace e il ristabilimento delle relazioni interstatali”, ottenuto al tavolo della mediazione statunitense. Anche sui progressi, del resto, le parti rimangono sempre piuttosto sul vago. Il Segretario di Stato USA, Anthony Blinken, che ha preso parte direttamente alle trattative insieme al Consigliere per la sicurezza Jake Sullivan, si è unito alle dichiarazioni cautamente ottimistiche dei colleghi, e anche alla necessità di compiere ancora molti altri sforzi, perché “è chiaro a tutti che quanto più ci si avvicina alla meta, tanto più si fanno complicate le questioni da definire”.

Baku ha posto come condizione preliminare a qualunque accordo il disarmo delle forze di difesa armene nella zona contesa [*]. Come constata il politologo armeno Tigran Grigoryan, “finora l’accordo riguarda solo questioni secondarie e dettagli, ma non quelle fondamentali”, e quindi in realtà si è piuttosto lontani dalla conclusione. Egli nota che anche gli Americani sono rimasti più misurati di altre circostanze precedenti, ricordando quando a maggio lo stesso Blinken assicurava che “la pace è molto vicina”. Del resto, questo round di trattative si è svolto in un contesto di nuova escalation conflittuale, ciò che non poteva non riflettersi sul tavolo delle discussioni.

Grigoryan ritiene che l’Azerbajgian abbia “usato queste tensioni per costringere gli Armeni a fare delle concessioni, per timore di ulteriori scontri”, soprattutto per insistere sul disarmo degli Armeni. La stampa dell’Azerbajgian martella sulle “provocazioni delle formazioni armate illegali nel Nagorno-Karabakh”, che sarebbero rifornite direttamente da Erevan. Secondo l’analista l’Azerbajgian non è veramente interessato ad una pace complessiva, ma solo “alla firma di un documento con delle concessioni unilaterali, di fatto una capitolazione dell’Armenia”.

I mediatori dovrebbero quindi esercitare maggiore pressione sull’Azerbajgian, per non usare le provocazioni come armi nelle trattative, “perfino in quelle del 2020 non c’erano tutte queste tensioni dopo la guerra dei 44 giorni”. Il fatto che gli USA non prendano chiare posizioni di condanna delle strategie azere, sempre secondo Grigoryan, “indica il timore di far saltare l’intero processo di pace, temono che qualunque rimprovero nei confronti di Baku comporterebbe il suo abbandono del tavolo delle consultazioni”.

Tra qualche settimana si dovrebbero incontrare gli stessi leader dei due Paesi, il Presidente azero Aliev e il Premier armeno Pashinyan, con la partecipazione dei rappresentanti dell’Unione Europea e degli Americani. Blinken ha detto di “attendere con impazienza il prossimo incontro, per sfruttare l’impulso positivo fornito dalle ultime discussioni”, vale a dire “lo spirito di sincerità, apertura e franchezza con cui entrambe le parti hanno affrontato insieme questioni così delicate”.

[*] A qualsiasi osservatore oggettivo è chiaro cosa significa: mentre Azerbajgian continua a rafforzare il suo esercito, le postazioni militari sulle alture nei territori occupati in Armenia e in Artsakh e gli armamenti, il popolo dell’Arsakh non ha il diritto di difendersi. Inoltre, l’Azerbajgian impedisce la presenza di osservatori internazionali in Artsakh. Quindi, vuole effettuare le “Operazioni Vendetta” senza incontrare resistenza e senza occhi esterni.

L’Ambasciatore degli Stati Uniti in Armenia afferma che il popolo dell’Artsakh vivrebbe al sicuro in Azerbajgian

In un’intervista per la televisione di stato armena, l’Ambasciatore degli Stati Uniti in Armenia, Kristina Kvien, ha espresso la sua convinzione che il popolo dell’Artsakh possa vivere in sicurezza in Azerbajgian. Di fronte allo scetticismo – giustificato – del giornalista, Kvien ha assicurato: “Crediamo e speriamo che sia possibile”. Crediamo e speriamo… Quando si vedrà che lei ha torto marcio, sarà troppo tardi per il popolo dell’Artsakh.

Kvien ha inoltre sottolineato che gli Stati Uniti incoraggiano le parti interessate a cooperare al fine di garantire la protezione dei diritti e la sicurezza di tutti. Sentire cose del genere ha dell’incredibile, di fronte alle parole e le azioni della leadership e le forze armate azere.

All’attenzione dell’Ambasciatore USA in Armenia: creda davvero che l’Azerbajgian, che tiene l’Artsakh sotto blocco già da 205 giorni, sia in grado, o meglio, disposto a proteggere i diritti e la sicurezza degli Armeni dell’Artsakh? Ciò che l’Azerbajgian in realtà offre agli Armeni dell’Artsakh è la scelta la sottomissione forzata o la pulizia etnica.

Il popolo dell’Artsakh non farà mai parte dell’Azerbajgian.

Tutte le fazioni nell’Assemblea Nazionale della Repubblica di Artsakh hanno firmato un comunicato in cui esprimono il proprio appoggio all’iniziativa legislativa denominata ‘Voto per l’Armenia’, proposta dal movimento ‘Unificazione’. Essi esprimono il loro sostegno all’iniziativa e i migliori auguri per la sua riuscita attuazione: “In risposta alla situazione in Armenia e nell’Artsakh, questa iniziativa legislativa salvaguarda la volontà collettiva del popolo dell’Artsakh. Garantisce la partecipazione diretta dei cittadini Armeni alla risoluzione delle questioni critiche e dà priorità allo status dell’Artsakh e alla sicurezza dei suoi cittadini nelle politiche interne ed estere. Attraverso ‘Voto per l’Armenia’, prevediamo progressi significativi in queste aree. Questa iniziativa mette in mostra il potere delle persone, affermando che tutto il potere appartiene a loro. L’Artsakh si opporrà alla resa e rifiuterà l’etichettatura della loro giusta lotta come ‘terrorismo’. Riconoscendo che le questioni nazionali dovrebbero essere risolte esclusivamente attraverso processi a livello nazionale, è fondamentale ribadire che nel 1991 il popolo dell’Artsakh ha confermato il proprio desiderio di vivere liberamente e in modo indipendente. Ciò è stato ulteriormente affermato attraverso la Dichiarazione della Repubblica di Nagorno-Karabakh nel 1992, che ha dichiarato l’indipendenza statale dell’Artsakh a seguito di un referendum. Ogni tentativo di revisione del diritto esercitato all’autodeterminazione del popolo dell’Artsakh può avvenire solo per volontà popolare. Pertanto, persone e gruppi particolare non hanno la competenza e l’autorità per prendere decisioni su questioni nazionali cruciali”.

I leader di Artsakh hanno respinto la mediazione degli Stati Uniti il mese scorso per negoziare la sua “integrazione” in Azerbajgian
“È emersa una proposta di dialogo diretto tra Stepanakert e Baku con la mediazione degli Stati Uniti”, ha rivelato a Radio Free Europe/Radio Liberty, Artur Harutiunian, Presidente dell’Assemblea Nazionale della Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh. “L’ordine del giorno è stato, in sostanza, imposto dall’Azerbajgian. Ecco perché, ha detto, Stepanakert ha rifiutato di partecipare ai colloqui mediati dagli Stati Uniti pianificati in un Paese terzo di cui non è stato dato il nome. Invece, l’Artsakh vuole discutere la revoca del blocco del Corridoio di Lachin e affrontare le sue conseguenze umanitarie”, ha aggiunto Harutiunian.
Il Primo Ministro armeno al Presidente americano: apprezziamo molto la posizione degli USA a sostegno dell’integrità territoriale e della sovranità dell’Armenia
Il Primo Ministro della Repubblica di Armenia, Nikol Pashinyan, ha inviato un messaggio di congratulazioni al Presidente degli Stati Uniti d’America, Joe Biden, in occasione del Giorno dell’Indipendenza. Nel messaggio ha detto in particolare: «Apprezziamo molto la posizione degli Stati Uniti nel sostenere l’integrità territoriale, la sovranità e la democrazia della Repubblica di Armenia, che è stata dimostrata in pratica negli anni 2021-2022. Apprezziamo inoltre molto gli sforzi degli Stati Uniti nella direzione di stabilire una pace duratura e stabile nel Caucaso meridionale, regolamentare le relazioni Armenia-Azerbajgian e affrontare i diritti e la sicurezza del popolo del Nagorno-Karabakh. La Repubblica di Armenia continua ad aderire all’agenda di pace per il bene dell’inviolabilità dell’integrità territoriale della Repubblica di Armenia, per il bene dell’indipendenza, della sovranità e dello sviluppo pacifico a lungo termine nella regione».

Il Catholicos Aram I e il presidente Arayik Harutyunyan hanno discusso delle sfide e del diritto dell’Artsakh all’autodeterminazione

Il Catholicos della Grande Casa di Cilicia della Chiesa Apostolica Armena, Sua Santità Aram I Keshishian, ha avuto un colloquio telefonico con il Presidente della Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh, Arayik Harutyunyan, riferisce il Catholicosato di Cilicia. Durante la loro conversazione avvenuta il 30 giugno 2023, Sua Santità Aram I ha ribadito il suo pieno sostegno al popolo dell’Artsakh. Ha poi riferito sui suoi incontri con il Primo Ministro greco, il Primo Ministro canadese e il Presidente cipriota sulla questione dell’Artsakh, e in particolare sulla loro posizione. Il Presidente Harutyunyan ha parlato delle sfide che l’Artsakh deve affrontare attualmente. Gli interlocutori hanno anche sottolineato l’importanza del diritto all’autodeterminazione del popolo dell’Artsakh.

Indice – #ArtsakhBlockade [QUI]

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