195° giorno del #ArtsakhBlockade. L’Azerbajgian installa una barriera di cemento sul Corridoio di Lachin, rafforzando la pulizia etnica in atto

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[Korazym.org/Blog dell’Editore, 24.06.2023 – Vik van Brantegem] – In risposta alla risoluzione dell’Assemblea Parlamentare del Consiglio d’Europa, l’Azerbajgian ha rafforzato il blocco all’ingresso del Corridoio di Lachin con blocchi di cemento sul ponte Hakari, sotto gli occhi passivi delle forze di mantenimento della pace russe e proprio mentre era in corso il dibattito sulla risoluzione. Mentre la comunità internazionale continua a chiedere di aprire il Corridoio di Berdzor (Lachin), il 22 giugno 2023 l’Azerbaijan si è impegnato in un altro atto di provocazione e comportamento criminale erigendo una barriera di cemento per bloccare l’unica strada che collega l’Artsakh con l’Armenia e il mondo esterno.

L’Azerbajgian ha trasformato il suo checkpoint installato illegalmente sul Corridoio di Lachin in una roccaforte militare, bloccando anche gli aiuti umanitarie alla Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh.

L’installazione della barriera con blocchi di cemento sul ponte Hakari.

L’Azerbajgian non solo ha illegalmente installato un posto di blocco e ostruito la strada utilizzando veicoli blindati, ma sta anche impedendo attivamente qualsiasi movimento con i blocchi di cemento, compreso quello dei veicoli del Comitato Internazionale della Croce Rossa e delle forze di mantenimento della pace russe. Questo incidente serve come l’ennesima dimostrazione delle intenzioni criminali delle autorità azere, di isolare completamente la popolazione dell’Artsakh dal resto del mondo e impegnare tutti i mezzi di repressione possibili.

La barriera con blocchi di cemento sul ponte Hakari.

Poco prima di un prossimo ciclo di colloqui di pace, in un’intervista con Reuters, Jeyhun Bayramov, Ministro degli Esteri dell’Azerbajgian, ha rifiutato la richiesta dell’Armenia di offrire speciali garanzie di sicurezza per i 120.000 Armeni che vivono nell’Artsakh/Nagorno-Karabakh. Bayramov ha sottolineato che «tali garanzie non sono necessarie e questa richiesta rappresenta un’interferenza negli affari interni dell’Azerbajgian».

Abbiamo a disposizione un elenco interminabile di risoluzioni, ordinanze e condanne. Tutte senza alcuna eccezione puntualmente cestinate da Aliyev, seguite ogni volta da un’escalation. Senza la loro attuazione concreta con azioni e fatti, il Consiglio d’Europa, la Commissione Europea, l’Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa, il Dipartimento di Stato, ecc. stanno solo dicendo al regime autocratico di Baku che le chiacchiere sono a buon mercato e l’autocrate Aliyev può continuare le sue violazioni del diritto e degli accordi sottoscritto come se nulla fosse accaduto. Poi, l’ha detto pure lui in chiare lettere che è così. Lo stiamo ripetendo dal principio: una diplomazia credibile richiede azione, non vuota retorica.

La triste storia del batiscafo Titan ha tenuto il mondo con il fiato sospeso. Giorni di ansia, di ricerche affannate, durante i quali media e analisti hanno fatto a gara a capire cosa fosse successo e a raccontare di come i naufraghi del profondo potessero risparmiare aria per tentare di sopravvivere più a lungo.
Tutta questa apprensione non vediamo per la sorte degli Armeni in Artsakh.

I leoni di tastiera sui social che piangono per il dramma dei passeggeri nel batiscafo Titan, sono gli stessi che ignorano il dramma umanitaria che vivono 120.000 Armeni tra cui 30.000 bambini rinchiuso con un blocco totale in Artsakh.

«La mia amica di Stepanakert ha appena pubblicato questa foto sul suo account Instagram con la seguente didascalia: “Non mi scuso per il post antiestetico! Questi sono le dita di mia nipote di 8 anni che ha una carenza vitaminica (indovina qual è il motivo)”. Sono molto triste per questo» (Anita Khachaturova).

«Questo bambino di un anno è in condizioni critiche, la cui vita può essere salvata trasportandolo in un ospedale in Armenia. Ma il despota dell’Azerbajgian non lascia nemmeno che il Comitato Internazionale della Croce Rossa entra nel Nagorno-Karabakh. #ArtsakhBlockade genocida TOTALE! Aliyev sta uccidendo i nostri figli!» (Nara Matini).

L’Artsakh si appella al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite

Il Ministero degli Esteri della Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh ha diffuso un comunicato sulla sempre più grave situazione umanitaria causata dal blocco azero, con un appello alle Nazioni Unite. Lo riportiamo nella traduzione italiana a cura dell’Iniziativa italiana per l’Artsakh:
«Richiamiamo l’attenzione della comunità internazionale sul fatto che per il 9° giorno consecutivo l’Azerbajgian continua il blocco illegale totale del Corridoio di Lachin, il cui controllo, come previsto dal paragrafo 6 della Dichiarazione trilaterale del 9 novembre 2020, è stato assegnato al contingente di mantenimento della pace della Federazione Russa.
Ricordiamo che a causa delle azioni provocatorie della parte azera e del successivo blocco totale della strada attraverso il Corridoio di Lachin, a partire dal 15 giugno, tutti i trasporti di merci umanitarie da parte del contingente di mantenimento della pace russe, in particolare cibo e altre forniture essenziali necessarie per la sopravvivenza dei 120.000 abitanti della Repubblica di Artsakh sono stati fermati. Il Comitato Internazionale della Croce Rossa non è in grado di effettuare l’evacuazione di pazienti gravemente malati dall’Artsakh alle istituzioni mediche dell’Armenia, né di consegnare medicinali vitali alla repubblica. Di conseguenza, le piccole scorte interne di cibo e medicine si stanno rapidamente esaurendo, il che minaccia di trasformare la situazione nella repubblica in una catastrofe umanitaria.
Inoltre, il 22 giugno 2023, la parte azera ha installato blocchi di cemento sul ponte Hakari, bloccando completamente il transito dell’unico collegamento vitale che unisce l’Artsakh con l’Armenia, rendendo tecnicamente impossibile la circolazione dei veicoli lungo la strada. Così, in appena un mese, l’Azerbajgian ha trasformato il suo posto di blocco illegalmente installato e pubblicizzato sulla strada all’interno del Corridoio di Lachin in una roccaforte militare con veicoli blindati, barriere ingegneristiche e personale armato. Dimostra ancora una volta che tutte le azioni della parte azera, compresa la protesta orchestrata di pseudo-attivisti, il blocco della strada Stepanakert-Goris, l’interruzione delle forniture di gas ed elettricità dall’Armenia all’Artsakh, l’attacco ai civili e l’ostruzione dei lavori agricoli in i campi, sono stati deliberati e pre-pianificati e mirano a rendere impossibile la vita degli Armeni in Artsakh.
Le autorità della Repubblica di Artsakh hanno ripetutamente messo in guardia sulle conseguenze negative dell’istituzione illegale di un posto di blocco azero per il movimento sicuro e senza ostacoli lungo il Corridoio di Lachin, che ora è di fatto completamente bloccato, e 120.000 persone in Artsakh, tra cui 30.000 bambini sono tenuti in ostaggio nelle loro stesse case. In queste circostanze, trascurare o ignorare il reale stato delle cose sul campo, dichiarazioni e appelli non mirati, nonché la mancanza di misure specifiche e adeguate da parte della comunità internazionale non fanno che incoraggiare le autorità azere a continuare e intensificare le loro azioni illegali e azioni aggressive.
Chiediamo ai firmatari della Dichiarazione trilaterale del 9 novembre 2020, in primo luogo la Federazione Russa, di adottare tutte le misure necessarie per garantire la rigorosa e piena attuazione dei loro obblighi internazionali.
Facciamo appello al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, che ha la responsabilità primaria del mantenimento della pace e della sicurezza internazionale, nonché a tutti i membri responsabili della comunità internazionale, compresa la leadership dei singoli Paesi e delle organizzazioni internazionali, affinché passino dalle parole ai fatti e, nell’ambito della Responsabilità universale di proteggere, intraprendere tutte le misure necessarie per fermare i crimini di guerra, la pulizia etnica e i crimini contro l’umanità commessi dall’Azerbajgian contro l’Artsakh e il suo popolo».

L’Europa condanna l’Azerbajgian: “Stop all’isolamento del Karabakh: Baku viola i diritti umani e incita all’odio contro gli Armeni”
Il verdetto dopo un dibattito urgente. I timori sull’emergenza umanitaria
di Roberto Travan
La Stampa, 23 giugno 2023


Al termine di un dibattito urgente per «garantire un accesso libero e sicuro attraverso il Corridoio di Lachin», l’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa giovedì 22 giugno ha espresso la sua estrema preoccupazione per l’emergenza umanitaria in Nagorno-Karabakh, nel Caucaso meridionale. Dal 12 dicembre 2022 l’Azerbajgian, nonostante gli accordi firmati nel 2020 con Armenia e Russia al termine della Guerra dei 44 giorni, ha chiuso il Corridoio di Lachin, l’unica via di accesso all’exclave armena, tagliando deliberatamente le forniture di elettricità, gas, cibo, acqua e medicinali: da oltre sette mesi più di 120.000 persone sono completamente isolate prive di qualsiasi mezzo di sostentamento o via di fuga.
Il Parlamento europeo «pur riconoscendo pienamente la preoccupazione dell’Azerbajgian di garantire la sicurezza all’interno del suo territorio e ai suoi confini» si è dichiarato colpito «dal fatto che la leadership azera non riconosca le gravissime conseguenze umanitarie e sui diritti umani derivanti dalla situazione attuale». La risoluzione presentata dell’irlandese Paul Gavan ha richiamato l’Azerbajgian al suo dovere di “proteggere e garantire la sicurezza di tutti coloro che vivono all’interno dei suoi confini internazionalmente riconosciuti”.
L’Assemblea ha espresso la convinzione che «una risposta umanitaria da sola non è sufficiente ed è quindi necessaria una soluzione politica». E ha chiesto urgentemente di affrontare le questioni dei diritti e della sicurezza della popolazione del Nagorno-Karabakh – regione storicamente armena – favorendo il dialogo tra Baku e Stepanakert, le capitali dell’Azerbajgian e dell’autoproclamata Repubblica di Nagorno Karabakh, «anche attraverso un coinvolgimento internazionale neutrale».
Il Consiglio d’Europa ha ricordato le recenti intimazioni della Corte Internazionale di Giustizia: «L’Azerbajgian adotti urgentemente tutte le misure a sua disposizione necessarie a garantire il movimento senza ostacoli di persone, veicoli e merci lungo il Corridoio di Lachin in entrambe le direzioni» e ha quindi invitato Baku a rispettare l’ordine tassativo partito dal Tribunale dell’Aja lo scorso 22 febbraio.
L’Assemblea, rilevando che «le accuse presentate dall’Azerbajgian contro l’Armenia sono state respinte da entrambi i Tribunali internazionali», ha comunque invitato Yerevan a impegnarsi concretamente «nell’allentamento delle tensioni» consentendo «un monitoraggio internazionale per valutare la veridicità delle accuse dell’Azerbajgian riguardo alle armi illegali introdotte in Nagorno Karabakh», tema estremamente caro alla propaganda azera che se è per questo continua a smentire il blocco in corso a Lachin.
Il Consiglio d’Europa ha quindi espresso grande preoccupazione «per la retorica ostile e minacciosa» usata contro gli Armeni dalla leadership azera. Quindi ha esortato l’Azerbaijan ad adottare tutte le misure necessarie «per contrastare l’incitamento all’odio anche da parte di funzionari pubblici di alto livello». Medesimo appello è stato rivolto all’Armenia.
«Pur accogliendo con favore il reciproco riconoscimento dell’integrità territoriale di Armenia e Azerbajgian e considerandolo come il primo passo verso la fine di un conflitto che in trent’anni ha già causato troppe vittime e tragedie», l’Assemblea ha ricordato che «entrambi i Paesi si sono impegnati a risolvere il conflitto con mezzi pacifici nel momento in cui, nel 2001, hanno aderito al Consiglio d’Europa».
La Risoluzione 15796 è stata approvata con 48 voti a favore, 16 quelli contrari (con Azeri, Turchi e Ciprioti anche il leghista Graziano Pizzimenti), 3 invece gli astenuti tra cui le Italiane (in quota FdI) Maria Cristina Caretta ed Elisabetta Gardini.

Indice – #ArtsakhBlockade [QUI]

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