193° giorno del #ArtsakhBlockade. Altre armi all’autocrate azero: quanto è debole la politica estera italiana

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[Korazym.org/Blog dell’Editore, 22.06.2023 – Vik van Brantegem] – Nessun cambiamento nella situazione umanitaria nella Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh. Il territorio rimane in completo isolamento con nessun transito consentito attraverso il Corridoio di Berdzor (Lachin). Il 13 giugno 2023 il Parlamento europeo ha discusso il blocco del Corridoio [QUI]. Conclusione del capo della politica estera europea, Josep Borrell Fontelles, Alto rappresentante dell’Unione Europea per gli affari esteri e la politica di sicurezza, Vicepresidente della Commissione Europea: «Beh, mi piacerebbe fare più gente, ma ho le mani legate…». Il Newsweek Senior Editor-at-Large, Josh Hammer, condividendo le sue impressioni dal viaggio del Philos Project (una comunità di Cristiani che promuove un impegno Cristiano positivo nel Vicino Oriente) in Armenia ha detto: «L’Armenia è l’unico Paese a maggioranza Cristiana nella regione. Il viaggio era fondamentalmente per arrivarci e mostrare alcuni segni del sostegno americano».

Come abbiamo riferito [QUI e QUI], nelle scorse settimane è stata diffusa la notizia della vendita all’Azerbajgian di (almeno) due aerei da trasporto militare da parte di Leonardo. Tale fornitura si aggiunge a quelle precedenti nel solco di sempre più stringenti contatti, anche nel campo della Difesa, tra l’Italia e l’Azerbajgian. Le organizzazioni e associazioni armene in Italia confidano che il governo italiano voglia modificare la propria posizione: gli antichi legami restano, il gas (e il caviale) di Baku prima o poi finisce.

Con un comunicato, il Coordinamento delle organizzazioni e associazioni armene in Italia, osserva con estrema preoccupazione non solo il rafforzamento dell’arsenale bellico azero con crescenti forniture e addestramenti anche dallo Stato italiano, ma soprattutto l’assoluta assenza di Roma, ormai appiattita sulle posizioni del regime azero, nelle discussioni internazionali sul contenzioso armeno-azero, come peraltro ben evidenziato dalla mancata partecipazione ai recenti vertici organizzati sul tema dall’Unione europea.

In particolare il Coordinamento delle organizzazioni e associazioni armene in Italia osserva:
– L’Italia continua a fornire armi e assistenza a un Paese formalmente in guerra, in violazione della legge 185/1990.
– Nell’attuale prima forza politica di governo è presente una qualificata lobby filo azera (parlamentari e ministri) che non ha alcuna remora nel manifestare la propria vicinanza al regime azero nonostante gli indici internazionali di settore collochino l’Azerbajgian agli ultimissimi posti per libertà di stampa, rispetto dei diritti civili e politici, percezione della corruzione (al riguardo: RSF, Freedom house, Trasparency).
– La conclusione di accordi commerciali anche con le peggiori dittature non deve essere alibi per “dimenticare” quei principi e valori democratici che sono alla base delle istituzioni italiane.
– La politica estera dell’Italia, nel caso specifico, è caratterizzata da debolezza, paura e incapacità di assumere un ruolo che non sia quello di mero esecutore di ordini altrui.
– L’Italia non ha speso una sola parola di solidarietà o comunque di attenzione verso la popolazione armena dell’Artsakh/Nagorno-Karabakh, che è isolata dal resto del mondo da oltre sei mesi a causa del blocco azero lungo il Corridoio di Lachin.
– L’Italia, nonostante sensibilizzazioni politiche e diplomatiche al riguardo, non ha inteso intervenire con azioni umanitarie – a differenza di quanto fatto da altre nazioni europee – per ottenere la liberazione di almeno alcuni prigionieri di guerra armeni ancora illegalmente detenuti nelle carceri azere a quasi tre anni dalla fine della guerra.

Come cittadini italiani di origine armena – si legge nel comunicato del Coordinamento delle organizzazioni e associazioni armene in Italia – siamo sconcertati di fronte alla politica italiana e registriamo con amarezza i commenti internazionali sui social riguardo al comportamento delle istituzioni e la loro vicinanza a un autocrate guerrafondaio e ai sospetti che le azioni di taluni siano motivate solo da tornaconti economici.

Nonostante i secolari rapporti culturali, religiosi e sociali fra la nazione armena e quella italiana, con amarezza il Coordinamento delle organizzazioni e associazioni armene in Italia constata come l’Italia abbia oggi fatto una scelta di campo, schierandosi dalla parte di una pericolosa dittatura come quella azera e rinunciando alla propria dignità politica e istituzionale.

Le organizzazioni e associazioni armene in Italia confidano che il governo italiano voglia modificare la propria posizione: gli antichi legami restano, il gas (e il caviale) di Baku prima o poi finisce.

L’Italia arma la dittatura dell’Azerbaijan contro gli Armeni
di Letizia Leonardi
Assadakah Roma News, 25 settembre 2022


Nessuno lo dice ma l’Italia, oltre a inviare armi all’Ucraina, rifornisce anche l’armamentario bellico del dittatore azero Aliyev. È di questi giorni la notizia che l’Azerbaijan riceverà presto un velivolo da addestramento e attacco M346 dal produttore italiano Aermacchi [foto di copertina]. Ma non è tutto perché pare che aerei militari, volando da Milano a Baku, sui radar, abbiano intercettato un volo partito da Milano diretto a Baku che trasporterebbe armi. Se queste notizie fossero confermate l’Italia, contrariamente a tutti i valori europei, membro dell’UE e della NATO, sta armando una dittatura genocidaria. Ci si chiede se, queste “consegne” del governo italiano uscente al dittatore azero, proprio in questo momento, costituiscano una sorta di “buonuscita” pagata da Baku a qualche politico italiano. Illazioni? No, ipotesi che qualcuno delle segrete stanze dovrebbe verificare.

D’altra parte, della consegna di questo jet trainer avanzatissimo già si parlava a fine luglio dello scorso anno. Ilham Aliyev, presidente della Repubblica dell’Azerbajgian, aveva infatti annunciato un nuovo importante traguardo per la strategia di difesa del Paese acquistando gli aerei Alenia Aermacchi M-346 Master (M-346) dall’Italia. Questo moderno velivolo è utilizzato per addestrare piloti di caccia di quinta generazione. L’acquisto, da parte dell’Azerbajgian, di attrezzature militari sempre più sofisticate dimostra l’intenzione, non certo pacifica, del governo azero che ha dimostrato mire espansionistiche anche verso il territorio sovrano dell’Armenia.

Alenia Aermacchi, dal 2000, ha portato avanti lo sviluppo dell’M-346 Master come il miglior strumento di addestramento per i futuri piloti e permettere agli studenti di ottenere il livello più alto in termini di formazione. L’M-346, con i suoi motori turbofan Honeywell F124 sarà in grado di effettuare voli transonici senza utilizzare un postcombustore. Ha un’ottima manovrabilità grazie ai materiali altamente tecnologici e alle soluzioni aerodinamiche. Può raggiungere 1.085 km/h a un’altezza di 1.500 metri. Questi caccia di quinta generazione uniscono tutte le capacità dei cacciabombardieri delle generazioni precedenti con l’aggiunta della tecnologia stealth. Velivoli che possono colpire prima di essere identificati, volando praticamente indisturbati nello spazio aereo nemico, dato che sono dotati di difese antiaeree e possono ottenere la superiorità aerea anche in inferiorità numerica.

L’accordo aveva rappresentato una importante partnership tra Italia e Azerbajgian, un’ulteriore prova della volontà della società Sinalco di rafforzare le connessioni tra l’Italia e l’Azerbajgian. Il problema è che, dopo questi accordi, l’Azerbajgian, il 27 settembre 2020, ha attaccato brutalmente gli Armeni dell’Artsakh (Nagorno-Karabakh), con l’appoggio di Erdoğan, con le armi di ultima generazione (anche con armi non convenzionali e vietate fornite da Turchia, Israele e Ucraina) e con i terroristi jiadisti inviati dal dittatore di Ankara. E, dopo diverse violazioni del cessate il fuoco, l’Azerbajgian il 12 settembre scorso ha alzato il tiro e ha attaccato anche il territorio sovrano della Repubblica di Armenia, aggressione condannata, purtroppo ancora solo a parole, da diversi politici italiani, dall’America e dall’Unione Europea. Ecco perché questo invio, che speriamo venga bloccato, rappresenta l’ennesima, e si spera ultima vergogna italiana. Auspichiamo che il nuovo governo e parlamento puniscano i dittatori e difendano Paesi come l’Armenia, il primo Paese cristiano del mondo, da sempre amico dell’Italia.

Addestramento congiunto con la partecipazione dei militari di Azerbajgian e Turchia

Il Ministero della Difesa dell’Azerbajgian riferisce di esercitazioni congiunte con la Turchia che coinvolgono aerei bombardieri di tipo Mi-35 e Mi-8 in decollo dalla base aerea di Kala sulla penisola di Absheron, ingaggiando obiettivi terrestri in un campo di addestramento militare ad ovest di Baku: «Secondo il piano approvato, si svolge l’esercitazione congiunta “Alpan-2023” con la partecipazione di personale militare dell’aeronautica militare dell’Azerbajgian e delle forze armate turche. Secondo lo scenario dell’esercitazione svoltasi nel nostro Paese, i veicoli aeronautici effettuavano voli dagli aeroporti di base e svolgevano compiti di difesa aerea, centro di controllo di comando e strutture di concentrazione del nemico convenzionale a distanza e ravvicinata e altri episodi. L’obiettivo principale dell’addestramento è migliorare le capacità teoriche e pratiche del personale, nonché garantire l’interazione delle unità e aumentare la loro capacità di combattimento».

La sessione del Consiglio dei Ministri degli Esteri della CSTO a Minsk

Nel quadro della sessione del Consiglio dei Ministri degli Esteri dell’Organizzazione del trattato di sicurezza collettiva (CSTO) del 20 giugno 2023, Alexander Lukashenko, Presidente della Bielorussia, ha ricevuto i Ministri degli Esteri degli Stati membri della CSTO. Durante l’incontro, il Ministro degli Esteri della Repubblica di Armenia, Ararat Mirzoyan, ha informato i partecipanti sui recenti sviluppi nella regione, in particolare al confine tra Armenia e Azerbajgian, nonché nel Nagorno-Karabakh.

Il Ministro Mirzoyan, ricordando ancora una volta la continua occupazione da parte dell’Azerbajgian del territorio sovrano dell’Armenia, uno stato membro della CSTO, ha toccato le continue azioni aggressive dell’Azerbajgian contro il territorio sovrano dell’Armenia e i confini riconosciuti a livello internazionale, oltre a prendere di mira posizioni armene e obiettivi civili al confine con l’Armenia nei giorni scorsi. Ha anche sottolineato la loro influenza destabilizzante sulla stabilità e la sicurezza regionali. In questo contesto, il Ministro Mirzoyan ha sottolineato l’imperativo della risposta mirata della CSTO.

Il Ministro degli Esteri dell’Armenia ha anche toccato la situazione tesa all’interno e intorno al Nagorno-Karabakh, comprese le provocazioni dell’Azerbajgian nell’area di responsabilità del contingente di mantenimento della pace russo, l’incidente al ponte Hakari del 15 giugno 2023, nonché le questioni umanitarie che derivano dal blocco illegale del Corridoio di Lachin che dura da più di sei mesi, nonché dal crescente pericolo di pulizia etnica da parte dell’Azerbajgian.

Il Ministro Mirzoyan ha sottolineato che le citate azioni dell’Azerbajgian mirano a interrompere gli sforzi per raggiungere la stabilità nel Caucaso meridionale compiuti non solo dall’Armenia, ma anche da tutte le parti interessate a garantire stabilità e sicurezza nella regione.

Presentando la visione della parte armena volta a stabilire una pace duratura nella regione, Ararat Mirzoyan ha sottolineato l’importanza di rinunciare all’uso della forza o alla minaccia dell’uso della forza, risolvere i problemi esistenti attraverso un dialogo costruttivo, nonché, tra le altre questioni, affrontare i diritti e le questioni di sicurezza del popolo del Nagorno-Karabakh.

Successivamente, il Ministro degli Esteri dell’Armenia ha partecipato alla sessione del Consiglio dei Ministri degli Esteri della CSTO in formato ristretto e allargato. Sono state discusse le questioni all’ordine del giorno della sessione, comprese le attività della CSTO e gli sviluppi regionali. Nella sessione in formato ristretto dei Ministro degli Esteri della CSTO, Ararat Mirzoyan ha nuovamente toccato gli ultimi sviluppi nel Caucaso meridionale, sottolineando che sullo sfondo dell’escalation dei conflitti con l’uso della forza e la situazione instabile nel Caucaso meridionale, sta diventando più ovvio che l’adempimento incondizionato degli obblighi del trattato, le conclusioni adeguate della CSTO e le chiare valutazioni delle gravi violazioni ai confini dell’Armenia sono di grande importanza.

Commissione europea contro il razzismo e l’intolleranza: l’Armenia è ancora l’obiettivo dell’incitamento all’odio azero

L’Azerbajgian continua a diffondere stereotipi razzisti e perpetuare animosità, ha dichiarato la Commissione europea contro il razzismo e l’intolleranza nel suo sesto rapporto sull’Azerbajgian. Ha affermato che il discorso pubblico in Azerbajgian è stato contrassegnato dall’uso di retorica infiammatoria nelle dichiarazioni pubbliche da parte di politici, anche al più alto livello, e di altre figure pubbliche, nonché dall’ampia diffusione di odio e contenuti disumanizzanti contro l’Armenia.

Il rapporto afferma che esiste un linguaggio discriminatorio nei libri di testo scolastici azeri contro gli Armeni: “In questo contesto, la Commissione europea contro il razzismo e l’intolleranza è profondamente preoccupata per il fatto che l’uso di incitamento all’odio legato al conflitto di lunga durata e agli scontri con il Paese vicino Armenia, sia stato osservato tra i giovani dentro e fuori le scuole e possa alla fine fornire un terreno fertile per ulteriori ostilità”.

La Commissione europea contro il razzismo e l’intolleranza ha affrontato anche la questione del famigerato “Parco dei trofei” di Baku [QUI]: “Anche l’apertura Parco dei trofei di Baku nell’aprile 2021, dove l’equipaggiamento e il personale militare armeno sono stati rappresentati in modo molto negativo, ha sollevato molte critiche. La Commissione europea contro il razzismo e l’intolleranza condivide le gravi preoccupazioni espresse da altri organismi internazionali, tra cui il Commissario per i diritti umani del Consiglio d’Europa e la Convenzione sull’eliminazione di tutte le forme di discriminazione razziale, riguardo al linguaggio “aggressivo” e al regolare ricorso a narrazioni coinvolgente o caratterizzato da conflitto o opposizione, che propagano stereotipi razzisti e perpetuano animosità”.

Ha aggiunto: “La Commissione europea contro il razzismo e l’intolleranza ha ricevuto numerosi rapporti con resoconti espliciti di violenze contro gli Armeni, comprese uccisioni intenzionali o la vasta distruzione delle loro proprietà durante e dopo il conflitto armato del 2020 e gli scontri all’interno e intorno al Nagorno-Karabakh”.

Nota del Difensore dei diritti umani della Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh
20 giugno 2023


In occasione della #Giornatamondialedelrifugiato, sensibilizziamo circa 40.000 persone dell’Artsakh che sono diventate sfollate interne dopo la guerra del 2020, perdendo le loro case, terre e proprietà. Oggi, oltre 15.000 sfollati interni vivono nell’Artsakh sotto il blocco dell’Azerbajgian, alle prese sia con le conseguenze del dopoguerra che con il blocco.

A seguito del #ArtsakhBlockade, la prevista costruzione di circa 3.700 appartamenti per i sfollati interni è stata sospesa fino a nuovo avviso a causa dell’assenza di materiali da costruzione importati in Artsakh dall’Armenia. I sfollati interni continuano a vivere in rifugi temporanei, hotel e dormitori.

Dati i problemi che il bilancio statale dell’Artsakh deve affrontare durante il blocco, più di 29.000 sfollati interni che necessitano di un alloggio temporaneo non ricevono in tempo il compenso mensile per l’affitto dell’alloggio, con il risultato di un significativo deterioramento della loro situazione sociale e delle condizioni abitative.

In condizioni di costante interruzione delle infrastrutture vitali, malnutrizione, mancanza di beni e servizi essenziali, minacce alla sicurezza derivanti da atti dell’Azerbajgian, la salute mentale degli sfollati si deteriora ulteriormente oltre ai problemi psicologici già esistenti a causa della guerra e dello sfollamento del 2020.

Negli anni ’90, a causa della guerra condotta contro l’Artsakh e una serie di pogrom a Baku, Sumgait e Kirovabad, più di 500.000 Armeni sono diventati rifugiati. Molti degli sfollati della guerra del 2020 sono tra quei rifugiati, essendo stati sfollati già 3 volte a causa della continua aggressione dell’Azerbajgian.

La comunità internazionale di fronte all’Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati deve agire tempestivamente e garantire la protezione dei diritti e la sicurezza dei rifugiati armeni e degli sfollati interni, che sono caduti vittime della politica di odio etnico, armenofobia e discriminazione da parte dell’Azerbajgian.

«La polizia azera spruzza gas sul volto dei cittadini. Continuano le violenze della polizia azera contro le persone che protestano contro l’illegalità del deposito d’oro che Aliyev ha trasformato in sua proprietà personale. Questo è l’Azerbajgian» (Səməd Şıxı).

«Questa è la vera situazione con gli “eco manifestanti” in Azerbajgian, non il circo orchestrato dallo Stato nel Corridoio di Lachin con finti eco-attivisti che avevano bloccato la strada della vita di 120.000 Armeni in Artsakh perché “gli Azeri si preoccupano dell’ecologia”» (Lusine Ghazaryan).

«Azerbajgian, Baku 2023. Un Paese di petrolio e gas. Invece di studiare, i bambini in Azerbaigian cercano cibo nei bidoni della spazzatura per strada. Probabilmente le organizzazioni per i diritti umani e per i diritti dei bambini di tutto il mondo vedranno il video girato a Baku, la capitale dell’Azerbaigian. L’autocrate e terrorista Aliyev vive una vita lussuosa con la sua famiglia. Il bilancio statale dell’Azerbajgian riceve miliardi di dollari dalla vendita di petrolio e gas. Oggi questi bambini dovrebbero studiare a scuola, non cercare cibo nei bidoni della spazzatura» (Manaf Jalilzade).

«L’autocrate Aliyev ha ordinato alla polizia di sparare contro il suo popolo.
Nella città di Gadabay in Azerbajgian cittadini stavano protestando contro il governo di Aliyev. Ma non molto tempo dopo, unità di polizia sono state dispiegate nell’area e hanno usato violenza contro la gente. Protestano perché la terra di proprietà di queste persone è stata sottratta loro con la forza dallo Stato. e protestano per tanti altri problemi.
La polizia ha usato proiettili di gomma e vivi e lacrimogeni contro le persone. Inoltre, le donne che protestavano sono state duramente picchiate dalla polizia. Il terrore dell’autocrate Aliyev contro le persone in Azerbajgian continua ad aumentare ogni giorno. I diritti umani e le organizzazioni internazionali non stanno ancora pensando di imporre sanzioni contro Aliyev e di fermarlo. Aliyev è un terrorista selvaggio e puoi vedere quanto sia crudele con la sua gente. Usa le armi e mostra violenza contro tutti, anziani, donne e bambini senza pensarci» (Manaf Jalilzade).

«Continua la protesta dei residenti a Gadabay in Azerbajgian. Ancora una volta, le forze di polizia sono state dispiegate nell’area e sono state commesse atrocità contro le persone. Le organizzazioni per i diritti umani continuano a tacere su questo terrore dell’autocrate Aliyev contro le persone. Sì, sono costretti a tacere, perché Aliyev vende gas all’Europa. Poiché Aliyev vende gas, terrorizza facilmente gli Azeri» (Manaf Jalilzade).

Tra il 1874 e il 1920 furono pubblicati 28 giornali e riviste a Shushi nella Repubblica di Artsakh, attualmente occupata dalle forze armate dell’Azerbajgian: 25 in armeno e 3 in russo. Niente in lingua turca.

Nagorno-Karabakh. Il libro nero di Eric Denécé e Tigrane Yégavian
di Guy Donikian
Lacauselitteraire.fr, 21 giugno 2023

(Nostra traduzione italiana dal francese)

Haut-Karabakh. Le livre noir di Eric Denécé e Tigrane Yégavian, CF2R-Centre Français de Recherche sur le Renseignement (Èditions Ellipses 2022, 408 pagine)

Una trentina di personalità di spicco rispondono in questo libro al silenzio “assordante” dei media e all’assenza internazionale che mantiene una scarsa conoscenza della guerra che ha infuriato in Nagorno-Karabakh e dell’attuale blocco mantenuto dall’Azerbajgian. Sono attori, saggisti, accademici, religiosi che si esprimono per indignarsi e per allertare un’opinione mondiale molto cauta su questo disastro umanitario e culturale… Se tutte le guerre sono “sporche”, alcune lo sono a maggior ragione in quanto sono fatte con colpevole indifferenza.

Ricordiamo i fatti e il contesto. Il Nagorno-Karabakh, popolato da tempo immemorabile da Armeni, si autoproclamò repubblica nel settembre 1991, quando dipendeva dalla SSR azera fino allo scioglimento del blocco sovietico. Da allora, l’Azerbajgian ha continuato a chiedere il suo ritorno nei suoi ranghi, una rivendicazione che ha assunto la forma armata nel 1994 per portare a una “vittoria” per il Nagorno-Karabakh. Da allora le scaramucce ai confini di questo piccolo Paese di 150.000 abitanti, confinante con l’Armenia, non si sono fermate, e nel settembre 2020 l’Azerbajgian è andato all’attacco per recuperare ciò che aveva perso e annientare questa Repubblica di Nagorno-Karabakh. La guerra è stata cruenta ed Eric Denécé, ex analista dell’intelligence, fa il punto sulle battaglie: sono da deplorare circa 6.000 morti, e questo autore denuncia l’uso della putrefazione dei cadaveri da parte dell’Azerbaijan come arma batteriologica per contaminare i ranghi nemici con malattie infettive come colera, epatite-A, dissenteria… L’aggressione azera avrebbe potuto essere fermata dal Cremlino, ma Putin “ha fatto pagare al Primo Ministro armeno, Nikol Pashinyan, il fatto di ‘aver cercato di liberarsi dalla tutela di Mosca”.

Cengiz Aktar, politologo, denuncia la cooperazione militare del regime di Ankara con Baku, cooperazione che ha pesato molto e che continua a farlo nella vittoria di Baku. “Dal 2010, il regime di Ankara è stato coinvolto a tutti i livelli del sistema militare azero, dall’addestramento dei cadetti alla nomina di alti ufficiali – compreso il capo di stato maggiore –, dalla vendita di armi alla costituzione di unità tattiche e strategiche operazioni come abbiamo visto durante l’ultima guerra del Karabakh. Questa guerra, ha continuato, ha consolidato la cooperazione militare azera-turca e ha reso permanente la presenza militare di Ankara in Azerbajgian. La Turchia trae certamente benefici pecuniari da questa presenza”. E Cengiz Aktar conclude: “Mi sembra quasi impossibile arrivare a qualsiasi soluzione finché resta in piedi l’attuale regime di Ankara”.

Tigrane Yégavian, ricercatore presso il Centro francese per la ricerca sull’intelligence (CF2R), nota l’odio distillato dal potere azero per molti anni. “Come puoi vedere, l’incitamento all’odio contro gli Armeni è stato pronunciato per molti anni da molti circoli ufficiali in Azerbajgian, quindi non sorprende che abbia aumentato l’ostilità, le uccisioni e successivamente i crimini di guerra contro gli Armeni. L’esempio più noto di crimine razzista rimane l’assassinio del tenente Gurgen Magaryan a Budapest nel 2004”. La vittoria dell’Azerbajgian viene celebrata a Baku nel dicembre 2020 alla presenza del Presidente Aliyev e del suo omologo turco, occasione per Aliyev per ricordare il carattere azero di alcune regioni storicamente armene. Quanto a Erdoğan, ha dichiarato nel maggio 2020: “Non permetteremo ai terroristi della spada sopravvissuti nel nostro Paese di tentare di svolgere attività. Il loro numero è diminuito molto, ma ce ne sono ancora”. I sopravvissuti alla spada intendono con questo il genocidio del 1915…

La scrittrice Marina Dédéyan ricorda i pogrom di Sumgaït, Baku, nel 1988, 1990, era ieri, le atrocità di cui furono vittime gli Armeni di queste città sono recenti, e di un’altra epoca… E la scrittrice esclama: “Dovremmo indossare lo IAN dei nostri cognomi come una stella gialla?”.

Questo libro pullula di richiami storici, come Igor Lazarev-Dorfmann che mostra come “l’eredità dello stalinismo sia responsabile anche della situazione attuale, situazione denunciata dal deputato Olivier Faure, da Sylvain Tesson, come tante personalità diverse che mostrano anche la responsabilità di un Occidente silenzioso o quasi, e di Stati come Israele per i suoi droni assassini, di Turchia e Russia.

Eric Denécé ha scritto numerosi lavori per il CF2R pubblicati da Ellipses, tra cui Geopolitics at the Challenge of Islamism, nel 2022, con Alexandre Del Valle, e con Benoît Léthenet, Intelligence and Spionage from the First Empire to the Dreyfus Affair, nel 2021.

Indice – #ArtsakhBlockade [QUI]

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