Sull’aereo di Papa Benedetto: il racconto di Albert Link

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Il 18 agosto del 2005 Papa Benedetto XVI partiva per il suo primo viaggio internazionale. La meta la Germania, Colonia. L’occasione la Giornata Mondiale della Gioventù. Il Papa tedesco ereditava non solo la meta del viaggio dal suo predecessore, ma anche lo stile e la forma. Comprese le conferenze in aereo con i giornalisti. Un genere che aveva “inventato” Giovanni Paolo II e che ormai è diventato, anche con Papa Francesco, un appuntamento fisso.

I testi completi, anche con parti inedite, delle conferenze dei 23 viaggi di Benedetto XVI sono stati raccolti  come anche per quelle di Giovanni Paolo II,  nel volume da me curato  “Sull’aereo di Papa Benedetto”, edito dalla Libreria editrice vaticana. La prefazione è dell’ arcivescovo Georg Gänswein e l’introduzione di Padre Federico Lombardi.

E’ un piacere proporvi il testo del discorso che l’amico e collega Albert Link, corrispondente del settimanale Bild a Roma spesso al seguito di Papa Benedetto, ha tenuto il 13 giugno scorso a Roma in occasione della presentazione ufficiale del libro. Con un grazie speciale.  

AA

 

Benedetto XVI non ha quasi mai messo da parte un discorso preparato, per parlare a braccio come ha fatto Papa Francesco. C’e chi dice che sia un peccato, perché i suoi discorsi a braccio erano spesso particolarmente belli e umani. Alcuni erano addirittura brillanti e indimenticabili.

Penso che la maggior parte di noi ricorderà il discorso di Benedetto XVI due giorni prima delle sue dimissioni. Parlò a braccio di fronte a 200 seminaristi della Diocesi di Roma, incoraggiandoli a non arrendersi mai ad un falso pessimismo: “Ci sono anche cadute gravi, pericolose, e dobbiamo riconoscere con sano realismo che così non va, dove si fanno cose sbagliate. Ma anche essere sicuri, allo stesso tempo, se qua e là la Chiesa muore a causa dei peccati degli uomini, a causa della loro non credenza, nello stesso tempo nasce di nuovo. Il futuro è realmente di Dio: questa è la grande certezza della nostra vita, il grande, vero ottimismo che sappiamo. La Chiesa è l’albero di Dio che vive in eterno e porta in sé l’eternità e la vera eredità: la vita eterna.”

La grande certezza

Sono parole pronunciate con la tipica voce bassa, forse anche un po’ sonora. Ma sono parole che, secondo me, hanno tantissimo valore anche per le generazioni future.

L’amore di Benedetto XVI per i libri è sempre stato chiaro per tutti, tanto che già quando era seminarista fu soprannominato “Bücher-Ratz”.

È stato il suo segretario personale, l’Arcivescovo Gänswein a spiegare una cosa importante: mentre Giovanni Paolo II è diventato il papa delle immagini e Papa Francesco finora sembra essere un Papa dei gesti, Benedetto XVI è stato, e rimarrà il Papa della parola. Le sue parole nascono dal pensiero, che l’Arcivescovo Gänswein ha descritto in questo libro come un “mare molto profondo”.

In Germania si dice: „Wer schreibt der bleibt“, „Chi scrive rimane“. Ed è proprio questo che voglio rispondere a coloro che vedono il Pontificato di Benedetto XVI già un po’ nell’ombra del Pontificato di Francesco: Non sono e non saranno dimenticate queste parole dallo stile “calmo e forte” come lo descrive la cara collega Angela. Non saranno dimenticate anche grazie al tuo libro.

Per darvi un breve esempio: vi voglio leggere una risposta dal volo a Madrid per la Giornata Mondiale della Gioventù. La domanda è stata, come raccogliere frutti di lunga durata dopo momenti brevi di grande entusiasmo?

“So dalle altre GMG che sono nate tante amicizie, amicizie per la vita; tante nuove esperienze che Dio c’è. E su questa crescita silenziosa noi riponiamo fiducia e siamo sicuri, anche se le statistiche non parleranno molto, che il seme del Signore realmente cresce e sarà per moltissime persone l’inizio di un’amicizia con Dio e con altri, di un’universalità del pensiero, di una responsabilità comune che realmente ci mostra che questi giorni portano frutto.”

 L’amicizia con Dio

Uno scrittore di successo, il teologo e medico tedesco Manfred Lütz è andato a trovare il Pontefice emerito Benedetto XVI insieme al cardinale Cordes. Intervistando il dottor Lütz, ho appreso che cosa l’ha impressionato maggiormente: “Ha mantenuto la sua serenità e la sua letizia cristiana, fondata sulla sicurezza assoluta nella fede.”

La sicurezza nella fede

E’proprio questo, che mi sembra il filo conduttore dei suoi discorsi in aereo, sempre a braccio. Una sicurezza mai espressa con parole complicate o evasive. Parole, che arrivano “all’intelligenza e al cuore”, come scrive Angela Ambrogetti. Per darvi un secondo bell’esempio dal volo per la Germania, riflettendo sulle persone che si allontanano dalla chiesa in seguito allo scandalo degli abusi:

“Sono nella Chiesa come in una associazione sportiva, in una associazione culturale eccetera, dove ho i miei interessi e se non trovano più risposta esco, o essere Chiesa è una cosa più profonda? Io direi: sarebbe più importante conoscere che essere Chiesa non è essere in qualche associazione ma essere nella rete del Signore, nella quale tira pesci buoni e cattivi, dalle acque della morte alla terra della vita. Può darsi che in questa rete io sia proprio accanto a pesci cattivi e sento questo, ma rimane vero che non ci sono per questi o questi altri ma ci sono perché è la rete del Signore”

La rete del Signore

Adesso parliamo un po dell’atmosfera di queste interviste a bordo:

Da suo corregionale, posso confermare che Benedetto ha un carattere profondamente bavarese. Una caratteristica del suo stile è quella di evitare ogni atteggiamento da maestro, come ogni tanto possono mostrare i Prussiani. Benedetto ha sempre creato un’atmosfera serena sul volo Alitalia 4000. Non cercava mai l’effetto, la sensazione o il trionfo. Non avrebbe mai alzato il suo pollice per una foto in aereo, perché il suo stile semplicemente non è quello. Per tutto questo, c’è una parola simpaticissima nel dialetto bavarese: Non valeva mai fare la figura di un “Gschaftlhuber”.

Alla fine contava solo la parola. Ci si potrebbe allora chiedere, perché le prime file dell’aereo fossero sempre riservate a cameramen e fotografi se di fatto le immagini sono sempre state uguali e forse un po’ noiose, mentre è stata la parola la vera sensazione?

Onestamente non lo so!

Ricordiamoci: Benedetto XVI ha chiuso il suo ultimo discorso in aereo con il suo ormai classico “grazie” – era sul volo per Beirut.

A chi chiede, se i suoi discorsi profondissimi mancano ad alcuni colleghi corrispondenti e personalmente anche a me, rispondo sinceramente: Si.

Anche se la lettura di questo libro di Angela Ambrogetti è una medicina perfetta contro questa nostalgia.

Il dottor Lütz ha parlato anche dell’umorismo, che Benedetto ha mantenuto proprio grazie alla sua sicurezza della presenza di Dio. Il Santo Padre una volta ha sottolineato l’importanza dell’umorismo: prima di tornare a casa nel 2006. Nella sua – e nella mia – amata Baviera che tra l’altro l’ha onorato con la medaglia di Karl Valentin, l’umorista piu famoso di Monaco.

“Io non sono un uomo a cui vengano in mente continuamente delle barzellette. Ma saper vedere anche l’aspetto divertente della vita e la sua dimensione gioiosa e non prendere tutto così tragicamente, questo lo considero molto importante, e direi che è anche necessario per il mio ministero. Un qualche scrittore aveva detto che gli angeli possono volare, perché non si prendono troppo sul serio. E noi forse potremmo anche volare un po’ di più, se non ci dessimo così tanta importanza.”

Volare un po’ di più.

Che bell’idea.  I bavaresi hanno detto addio a Karl Valentin l’11 febbraio 1948, proprio esattamente 65 anni prima delle dimissioni del Santo Padre. Ai suoi funerali, un lunedì grasso, era presente il giovanissimo teologo Joseph Ratzinger. Per non dilungarsi troppo, il comico Karl Valentin avrebbe concluso un discorso del genere così: “ Signori e signore, è stato già detto TUTTO. Ma forse non ancora da … TUTTI!”

 

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