Novantaseiesimo giorno del #ArtsakhBlockade. Mobilitazione militare azera su larga scala intorno all’Artsakh. Le vacanze di Nowruz (20-24 marzo) si avvicinano…
[Korazym.org/Blog dell’Editore, 17.03.2023 – Vik van Brantegem] – La situazione ha contorni sempre più minacciosi nel Caucaso meridionale (Artsakh/Nagorno-Karabakh, Armenia, Azerbajgian). Il Corridoio di Berdzor (Lachin) è ancora chiuso, da 96 giorni. La dura retorica massimalista di Baku rifiuta qualsiasi opzione che non sia l’integrazione forzata degli Armeni dell’Artsakh senza alcuna autonomia o garanzia di sicurezza internazionale. Aliyev parla agli Armeni dell’Artsakh nello stesso modo in cui parla ai suoi prigionieri politici. Attraverso la forza e la coercizione. Non è possibile non riconoscere quanto è irragionevole il regime autocratico dell’Azerbajgian. In realtà, questa è stata la loro posizione da sempre. Loro stessi stanno dimostrando perché il riconoscimento internazionale dell’indipendenza della Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh è l’unica vera soluzione per raggiungere la pace nel Caucaso meridionale. Sotto assedio, l’Artsakh è ora in massima allerta, poiché gli osservatori locali segnalano una mobilitazione militare azera su larga scala intorno all’Artsakh, che potrebbe segnalare un attacco imminente.
«Il rischio di un nuovo attacco azero in Nagorno-Karabakh è altissimo. Baku sta attivamente preparando il terreno per la nuova escalation da settimane. Ci sono rapporti su concentrazioni di truppe azere in prima linea. Devono essere prese tutte le misure per prevenire questo attacco» (Tigran Grigoryan, Capo del Centro Regionale per la Democrazia e la Sicurezza a Yerevan).
Nel contesto della tensione crescente tra l’Iran e l’Azerbajgian, il Bey del Beylik di Azerbajgian, Ilham Aliyev, durante l’incontro dell’Organizzazione degli Stati Turchi il 16 marzo ad Ankara, ha sottolineato «la forza del mondo turco», evidenziando che «oltre 50 milioni di Azeri vivono in tutto il mondo e che i confini del mondo turco non sono limitato ad una certa geografia». Inoltre, ha affermato che «la decisione del governo sovietico nel novembre 1920 di separare il Zangezur occidentale [la provincia Syunik di Armenia, al confine con l’Iran], la nostra terra storica, dall’Azerbajgian e consegnarla all’Armenia, ha portato alla separazione geografica del mondo turco».
Nei giorni scorsi abbiamo riferito, che affiliati del Corpo della Guardia Rivoluzionaria Islamica dell’Iran hanno pubblicato sui social media un video in cui si afferma che “la Repubblica Islamica di Iran si opporrà fermamente a qualsiasi piano progettato per cambiare i confini internazionali” diretto a Turchia e Azerbajgian, evidenziando i confini dell’Armenia. Ciò segue la dichiarazione del Primo Ministro dell’Armenia che ha riferito, come abbiamo riportato, che l’Azerbajgian cerca di riprendere le operazioni militari su larga scala contro lo stesso Armenia e il Nagorno-Karabakh nel prossimo futuro, inclusa la creazione di un corridoio attraverso l’Armenia fino all’exclave del Nakhichevan, che taglierebbe il confine dell’Iran con l’Armenia: il fantomatico “Corridoio di Zangegur”, pretesa avvallata soltanto dalla Turchia, che collegherebbe l’Azerbajgian direttamente con la Turchia, che l’Azerbajgian pretende per poter riaprire il Corridoio di Berdzor (Lachin), internazionalmente riconosciuto.
Il Corpo della Guardia Rivoluzionaria Islamica dell’Iran ha riferito che il Paese ha messo in massima allerta le sue forze militare. Questo messaggio è degno di nota sullo sfondo delle pessime relazioni della Repubblica Islamica di Iran con il Beylik di Azerbajgian e la dichiarazione del Primo Ministro della Repubblica di Armenia sull’alto rischio di iniziare una guerra.
L’Azerbajgian manda segnali di una possibile azione militare mentre i colloqui sul Karabakh faliscono
Mentre i colloqui tra l’Azerbajgian e gli Armeni del Karabakh mostrano poche promesse, Baku sta lanciando segnali che potrebbe essere in vista un’escalation militare
di Lilit Shahverdyan [*]
Eurasianet.org. 16 marzo 2023
(Nostra traduzione italiana dall’inglese)
I leader dell’Azerbajgian e degli Armeni del Nagorno-Karabakh hanno chiaramente visioni e obiettivi radicalmente diversi per i colloqui che sembravano iniziare sul serio due settimane fa.
Il 13 marzo l’amministrazione presidenziale azera ha invitato i rappresentanti del Karabakh a colloqui a Baku, «per continuare i contatti per il reinserimento». La proposta è stata immediatamente respinta dal Ministero degli Esteri de facto del Karabakh, che ha insistito sul fatto che «tali riunioni dovrebbero svolgersi all’interno di un formato concordato e riconosciuto a livello internazionale» e non politicizzato.
In effetti, l’Azerbajgian vede i colloqui come una componente per stabilire la sovranità sulla regione, mentre i funzionari Armeni del Karabakh si rifiutano di impegnarsi in un dialogo politico senza mediatori internazionali.
I precedenti incontri, che si sono svolti in Karabakh e sono stati mediati dalle forze di mantenimento della pace russe dispiegate lì, avevano lo scopo di affrontare questioni umanitarie, infrastrutturali e tecniche.
Poco prima del primo incontro di alto profilo del 1° marzo, sia l’Azerbajgian che il Karabakh hanno formato gruppi di lavoro per i colloqui. Il deputato Ramin Mammadov è stato nominato in Azerbajgian come il responsabile dei contatti con gli Armeni, mentre la delegazione del Karabakh era guidata dal Capo del Consiglio di sicurezza, Karen Shahramanyan.
L’invito a Baku ha fatto seguito a uno scontro del 5 marzo che ha provocato la morte di tre poliziotti Armeni del Karabakh e di due soldati Azeri.
Il Karabakh e l’Armenia hanno affermato che si è trattato di un attacco azero non provocato contro una pattuglia della polizia all’interno dell’area di controllo delle autorità de facto. Il Ministero della Difesa dell’Azerbajgian ha affermato che i veicoli armeni stavano trasportando «equipaggiamento militare, munizioni e personale» dall’Armenia al Karabakh. Quella dichiarazione suggeriva che questi veicoli avevano cercato di aggirare il blocco del Corridoio di Lachin, l’unica ancora di salvezza del Karabakh verso l’Armenia e il mondo esterno. Il blocco – che l’Azerbajgian nega sia un blocco – è stato mantenuto dai manifestanti sponsorizzati dal governo azero dal 12 dicembre.
Quindi, il 13 marzo, i media azeri hanno pubblicato riprese aeree di quelli che si diceva fossero veicoli armeni che trasportavano armi in Karabakh. Il Ministero degli Interni del Karabakh, nel frattempo, ha affermato che quei veicoli trasportavano civili accompagnati da forze di mantenimento della pace russe.
Due giorni dopo, la polizia del Karabakh ha riferito che tre civili sono stati presi di mira da postazioni di combattimento azere adiacenti mentre si prendevano cura dei loro vigneti.
Lo schema degli incidenti ha portato sia gli osservatori armeni che quelli azeri a chiedersi se l’Azerbajgian si intensificherà presto militarmente in quella che chiamerà una risposta alla provocazione armena.
Tigran Grigoryan, un analista politico originario del Karabakh, ha twittato che l’invito ai colloqui a Baku era un tentativo «di creare un pretesto per iniziare una nuova escalation e dare la colpa a Nagorno-Karabakh, sapendo perfettamente che l'”invito” sarebbe stato rifiutato».
Allo stesso modo Farid Shafiyev, Presidente del Centro di analisi delle relazioni internazionali affiliato al Governo dell’Azerbajgian, ha scritto che il rifiuto degli Armeni del Karabakh di continuare il dialogo a Baku «indica l’alta livello di tensioni, e l’Azerbajgian non tollererà insediamenti illegali e gruppi armati sul suo territorio».
Nel frattempo, l’11 marzo il Ministro della Difesa azero, Zakir Hasanov, ha affermato che l’Armenia «sta cercando di creare artificialmente tensione nella regione» e che «l’esercito azero prenderà tutte le misure decisive necessarie per fermare qualsiasi provocazione». Ha ordinato specificamente un alto livello di preparazione dell’esercito durante le vacanze di Nowruz (20-24 marzo) [QUI].
E le stazioni televisive azere, che sostengono uniformemente il governo, sono state piene di retorica su possibili «provocazioni armene» e «operazioni antiterroristiche» nei prossimi giorni, ha osservato l’emittente indipendente con sede all’estero, Mikroskop Media.
La crescente tensione arriva tra gli intensi sforzi per raggiungere un accordo di pace globale tra l’Azerbajgian e l’Armenia. Il principale punto critico è che l’Armenia insiste su un processo di pace separato mediato a livello internazionale tra l’Azerbajgian e il Karabakh, mentre Baku afferma che il Karabakh e il destino della sua popolazione etnico-armena è un affare strettamente interno.
Hikmet Hajiyev, il Consigliere per la politica estera del Presidente Ilham Aliyev, ha recentemente ribadito quel messaggio e ha assicurato che i diritti e la sicurezza degli Armeni del Karabakh sarebbero garantiti in conformità con la Costituzione e le leggi dell’Azerbaigian, senza privilegi speciali loro concessi.
Il Ministero degli Esteri del Karabakh ha prontamente risposto , osservando che un certo numero di organizzazioni internazionali, tra cui il Gruppo di Minsk dell’OSCE e il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, hanno ancora la questione del Karabakh all’ordine del giorno e ricordando che la Corte Internazionale di Giustizia delle Nazioni Unite ha recentemente ordinato all’Azerbajgian di «garantire il movimento senza ostacoli» attraverso l’autostrada di Lachin.
Il Ministero ha inoltre ribadito la disponibilità del Karabakh a proseguire i negoziati per una soluzione globale del conflitto, «sulla base delle norme e dei principi del diritto internazionale».
In un discorso a una riunione del governo il 16 marzo [QUI], il Primo Ministro armeno Nikol Pashinyan ha ribadito l’obiezione di Yerevan alla retorica di Baku sulla «reintegrazione» degli Armeni del Karabakh, che secondo lui equivale all’intenzione di commettere «pulizia etnica». Ha aggiunto di aver incaricato il Ministero degli Esteri di perseguire i meccanismi di prevenzione del genocidio delle Nazioni Unite. Affrontando le tensioni più recenti, ha affermato: «La propaganda di Stato dell’Azerbajgian ha creato da tempo un background informativo per un attacco su larga scala al Nagorno Karabakh, e le tendenze all’escalation sono visibili anche sul campo».
[*] Lilit Shahverdyan è una giornalista di Stepanakert.
I presunti “eco-attivisti” azeri stanno arrecando un disastro ambientale
Fanno finta di protestare per l’ambiente, ma in realtà da oltre tre mesi hanno isolato 120.000 Armeni dell’Artsakh/Nagorno-Karabakh. Un’azione politica ovviamente, che nulla ha a che fare con la protezione ambientale. Ma che, ironia della sorte, sta avendo gravi ripercussioni negative proprio su tale tema.
Infatti, l’interruzione operato dagli Azeri della linea ad alta tensione che porta elettricità dall’Armenia all’Artsakh, sta costringendo le autorità di Stepanakert ad attingere risorse dal bacino idrico di Sarsang, dove opera la maggiore centrale idroelettrica della regione.
Il livello dell’acqua scende al ritmo di 50 cm al giorno, anche perché quando il livello dell’acqua è basso, come sta accadendo in questo periodo, è necessario un maggior consumo in conseguenza della diminuita pressione sulle turbine.
Questa significativa e inarrestabile diminuzione del bacino di Sarsang avrà disastrose conseguenze in primavera, perché mancherà l’acqua per irrigare i campi. Non solo quelli Armeni dell’Artsakh ma anche e soprattutto quelli in Azerbajgian. I 96.000 ettari di terreno agricolo nelle regioni azerbajgiane di Tartar, Aghdam, Bardi, Goranboy, Yevlakh e Akhjabad rischiano fortemente di rimanere a secco. Con buona pace dei finti “attivisti per l’ambiente” mandati da Aliyev a lasciare senza cibo, medicine, gas e corrente elettrica un intero popolo.
Il bacino idrico di Sarsang è un grande lago artificiale nel distretto di Martakert nel nord della Repubblica di Artsakh. Il bacino si è formato per lo sbarramento di una diga idroelettrica di 125 metri di altezza costruita sul fiume Tartar nel 1976. La superficie complessiva è pari a 14,2 km² per un volume di 575 milioni di metri cubi. L’impianto idroelettrico, che sviluppa una capacità energetica di 50 megawatt è gestito dalla società Artsakh HEK OJSK.
La riserva di Sarsang è circondata da fitti boschi, in un paesaggio molto suggestivo, con pochi insediamenti urbani, meta turistica prima della guerra dei 44 gionri di fine 2020.
L’invaso era stato progettato non solo per la costruzione della centrale idroelettrica ma anche per assicurare adeguata irrigazione ad un’area molto vasta di territorio compresa le regioni azeri menzionati.
Prima della guerra dei 44 giorni del 2020, l’energia idroelettrica rappresentava una delle colonne portanti dell’economia della Repubblica di Artsakh. Nel corso dei trent’anni di lotte per il mantenimento dell’indipendenza, le autorità dell’Artsakh erano riuscite a sviluppare una rete di centrali idroelettriche, che non avevano soltanto garantito l’autosufficienza energetica all’Artsakh, ma gli avevano anche permesso di iniziare ad esportare parte dell’elettricità prodotta alla vicina Armenia.
In seguito alla guerra dei 44 giorni del 2020, l’Artsakh ha perso sia i distretti che la circondavano e che erano stati occupati dopo la prima guerra del Nagorno-Karabakh, sia alcune parti della regione stessa. Dei 4400 chilometri quadrati controllati prima della guerra, agli Armeni dell’Artsakh ne sono rimasti meno di 3000. Tra le diverse perdite territoriali rientrano anche alcuni luoghi strategici per la presenza di centrali idroelettriche e corsi d’acqua. Anche se la diga di Sarsang e altri cinque impianti sono ancora sotto il suo controllo, l’Artsakh ha perso la sua autonomia nella produzione di energia elettrica al cospetto dell’Azerbajgian. Tocca ora all’Armenia, che prima importava piccole quantità di elettricità, fornirla agli Armeni dell’Artsakh.
Tuttavia, le forniture di energia elettrica dall’Armenia verso l’Artsakh s’imbattono in diversi ostacoli. Il decisivo ostacolo è che il distretto di Kelbajar, per cui passano le linee di trasmissione di elettricità tra l’Armenia e il Nagorno-Karabakh, ora è sotto controllo dell’Azerbajgian come parte dell’accordo tripartita di cessate il fuoco del 9 novembre 2020. L’unica altra linea corre lungo il Corridoio di Lachin, che attraverso la montagna porta in Armenia. La limitazione a quest’unica zona della fornitura elettrica, comportava diversi disagi agli Armeni dell’Artsakh, poi aggravato con l’interruzione totale.
Se da un lato gli Armeni dell’Artsakh affrontano le catastrofiche conseguenze della recente sconfitta, dall’altra parte gli Azeri sfruttano i vantaggi derivanti dalle nuove conquiste militari. Gli impianti sotto il controllo dell’Azerbajgian sono ora di proprietà di Baku e vengono ricostruiti dall’azienda Azerenergy. Tre mesi dopo la fine dei combattimenti, il Presidente azero Ilham Aliyev ha inaugurato una centrale idroelettrica di 8 megawatt a Gulabird, nel distretto di Lachin. A giugno di quest’anno gli Azeri hanno poi riaperto altri due impianti di 7,8 megawatt di capacità complessiva nel distretto di Martakert (Mataghis-1 e Mataghis-2). Oltre a questi, contano sugli impianti da 120 megawatt di Khudaferin e Maiden Tower, che attraversano il fiume Araz al confine tra il Karabakh sotto controllo azero e l’Iran. I lavori per le due centrali erano iniziati in epoca sovietica, ma si erano interrotti dopo la conquista armena di quell’area nel 1993. Come pattuito, l’Iran ha continuato a costruire la sua metà del progetto ed è ora l’Azerbajgian, preso possesso della regione, a portare a compimento l’opera.
Dopo il blocca del Corridoio di Berdzor (Lachin), con l’inverno e l’abbassamento delle temperature, le carenze di elettricità hanno rafforzato ancora di più le tensioni.
Il 24 agosto 2022 il governo della Repubblica di Artsakh ha confermato le notizie secondo cui i rappresentanti del governo azero, con le loro controparti dell’Artsakh, hanno visitato il giorno precedente il bacino idrico di Sarsang nel tentativo di risolvere i problemi di distribuzione dell’acqua. Il Governo dell’Artsakh, in una dichiarazione, ha affermato che le due parti, con la mediazione delle forze di mantenimento della pace russe, erano in contatto per questioni di gestione dell’acqua dalla fine della guerra dei 44 giorni del 2020. Mentre bacino si trova nel territorio controllato dall’Artsakh, gran parte dei sistemi di irrigazione e di distribuzione dell’acqua potabile si trovano in aree ora controllate dall’Azerbajgian.
Indice – #ArtsakhBlockade [QUI]