2 nuove interviste papali +1… Come in una “Successione di Fibonacci”

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[Korazym.org/Blog dell’Editore, 12.03.2022 – Vik van Brantegem] – Condividiamo un’analisi di Philip F. Lawler per Catholic Culture del 10 marzo 2023, Altre due confuse interviste papali, e una nota per Il Sismografo dell’11 marzo 2023, I bilanci sui 10 anni di pontificato sono talmente elogiativi che sembrano “coccodrilli”: «Nella maggioranza dei resoconti del decimo anniversario del pontificato, il Papa appare monotono, ripetitivo e scontato. Le domande in alcune interviste recenti cercano il tema che facilità l’elogio e l’ossequiosità». Seguono delle anticipazioni delle due interviste offerte da Vatican News. Poi, a queste due si è accodata una terza, una quarta e una quinta. Non c’è due senza tre e il quattro (e il cinque) vien da sé.

  • Papa Francesco: “Voglio andare in Argentina” di Salvatore Cernuzio su Vatican News del 10 marzo 2023: «Intervista per il sito argentino Infobae in occasione del decimo anniversario di pontificato: le speranze per un cambiamento in Venezuela e per la fine della guerra in Ucraina, le parole forti sulla situazione in Nicaragua, la “disciplina” del celibato, le “resistenze cattive” nella Chiesa, il voto alla Madonna di non guardare la tv tra i temi affrontati»
  • Il Papa: la Chiesa non è una casa solo per alcuni, è per tutti di Paolo Rodari su Vatican News del 10 marzo 2023: «Stralci dell’intervista per la Radiotelevisione svizzera (RSI), che sarà trasmessa in prima serata domenica 12 marzo, vigilia del decimo anniversario dell’elezione: tra i temi del colloquio, le priorità del pontificato, l’accoglienza per tutti, la guerra in Ucraina e gli altri conflitti, i rapporti con il predecessore, l’aldilà»
  • Francesco: sogno una Chiesa più pastorale, più giusta, più aperta su Vatican News dell’11 marzo 2023: «In una intervista con il quotidiano argentino La Nación, il Papa afferma che la Chiesa sta percorrendo il cammino tracciato dal Concilio Vaticano II perché sempre più sia una casa per tutti. Sul Sinodo sottolinea che tutti quelli che vi partecipano hanno il diritto al voto, siano uomini o donne. Sulla guerra in Ucraina spiega il servizio di pace che sta compiendo la Santa Sede. rispondendo ad una domanda sugli errori compiuti durante questi dieci anni di pontificato». Il Papa indica la causa di ogni errore, l’impazienza: «A volte mi sale il sangue alla testa. Poi si perde la pazienza e quando si perde la pace si scivola e si commettono errori. Bisogna saper aspettare». Quindi, il Papa ripete per l’ennesima volta che fa errori. Non importa che si sappia, ma non vuole che lo viene detto: “Mostra poca pazienza con i critici della sua stessa politica”, osserva Phil Lawler e aggiunge: “I suoi critici non sono solo etichettati come arretrati, ma accusati di tradimento, come se qualsiasi disaccordo fosse un attacco personale”.

Poi, oggi sono seguite altre due interviste (e così siamo a cinque):

  • Su Perfil a cura di Jorge Fontevecchia [QUI]
  • Su Il Fatto Quotidiano a cura di Francesco Antonio Grana [QUI]

Fra i proverbi della cultura popolare italiana, “non c’è due senza tre” è uno di quelli più diffusi e conosciuti. La versione più lunga di questo proverbio è “non c’è due senza tre e il quattro vien da sé”, che abbiamo usato come titolo per questo articolo.

Il significato del proverbio è chiaro: un evento che si ripete almeno due volte, non può considerarsi un caso unico ed isolato, quindi è destinato a ripetersi una terza volta. Se una cosa si è già verificata due volte è più facile che si verifichi anche una terza piuttosto che non si verifichi più. L’invocazione può essere speranzosa: dopo che per la seconda volta si è verificato qualcosa in cui speravamo, ci si augura che possa continuare a verificarsi. Oppure pessimistica: se è già andata male due volte, andrà male pure la terza. In chiave ironica viene usato per scherzare sulla sfortuna.

L’origine del proverbio si riallaccia ad antiche superstizioni basate sui numeri magici. In questo caso il numero magico è il tre. Nella religione cristiana il numero tre rappresenta la Santissima Trinità. Tre sono anche le dimensioni del mondo. Rimanda anche alla “Successione di Fibonacci”, dove il terzo numero risulta essere la somma dei due precedenti: 1 + 2 = 3; 2 + 3 = 5; 3 + 4 = 7; 4 + 5 = 9; ecc. Avendo il primo e il secondo, immancabilmente abbiamo il terzo… il quattro e il cinque vengono da sé.

Il commento de Il Sismografo: «Cinque interviste con Papa Francesco in 48 ore e neanche una parola sul caso Rupnik. C’è stato un accordo? – In questi ultimi due giorni, testate importanti con firme conosciute hanno pubblicato cinque corpose interviste con Papa Francesco nella cornice del decimo anniversario del suo pontificato. I temi affrontati in queste conversazioni sono decine e altre decine sono le domande che si ripetono in tutte le interviste da almeno cinque anni. Ormai le domande e le risposte rilasciate dal Pontefice, incluse quelle sull’aereo al rientro di un viaggio, sono un déjà vu. In questo arco di tempo, raramente ci sono state domande difficili e controverse e quindi il Papa ha sorvolato sistematicamente molte questioni rilevanti.
In queste ultime interviste, al Pontefice non è stata mai fatta una domanda sul caso del gesuita Rupnik, abusatore seriale e decennale di molte donne, scomunicato per 14 giorni per aver perdonato in confessione una delle sue vittime. Come ben noto questa scomunica è stata cancellata rapidamente dal Papa. Nelle interviste non si tocca questa vicenda illustrata al Popolo di Dio e all’opinione pubblica in modo opaco e confuso, con non poche contraddizioni e sospette omissioni e imprecisioni. La domanda è semplice: perché gli intervistatori hanno taciuto sulla questione nelle loro conversazioni con il Pontefice? Fra tutte queste tantissime domande non ce n’è stata una sola sul caso del gesuita Rupnik».

Altre due confuse interviste papali
di Philip F. Lawler
Cultura Cattolica, 10 marzo 2023

(Nostra traduzione italiana dall’inglese)

“Le interviste non sono il mio forte”, ha osservato una volta il Cardinale Jorge Maria Bergoglio, spiegando che non sentiva di esprimersi chiaramente quando parlava estemporaneamente. Se Papa Francesco [che l’ha ripetuto nel incontro con i giornalisti ammessi al Volo Papale in occasione del suo primo Viaggio Apostolico. VvB] avesse ascoltato il suo io più giovane, al mondo cattolico sarebbe stata risparmiata un’enorme quantità di confusione.

Sfortunatamente, le interviste con Papa Francesco ora appaiono così regolarmente [come in una “Successione di Fibonacci”. VvB], che potrebbero non attirare più l’attenzione del pubblico, se non fosse per le bombe che così spesso contengono, offrendo ai giornalisti l’opportunità di sollevare nuove domande sulla fede cattolica.

Oggi il servizio Vatican News ha offerto in anteprima due nuove interviste al Pontefice – una con un’emittente italo-svizzera, l’altra con un sito web argentino – previste per il decimo anniversario della sua elezione. Ancora una volta, molti dei commenti del Papa sono inquietanti.

Trattare la fede con leggerezza

Sebbene Papa Francesco insista sul fatto che l’evangelizzazione deve essere la massima priorità della Chiesa, le sue risposte alle domande della Radio e Televisione Svizzera Italiana non danno alcun incentivo ai non cattolici ad entrare nella Chiesa Romana. “Non dobbiamo dimenticarlo”, dice; “la Chiesa non è una casa per alcuni; non è selettiva”. Nel caso in cui ciò non fosse abbastanza chiaro, continua: “Il santo popolo fedele di Dio è questo: tutti”. Ma se tutti appartengono al Popolo di Dio, cioè alla Chiesa, che senso ha diffondere il messaggio evangelico? Perché preoccuparsi del Battesimo?

Lo stesso atteggiamento disinvolto nei confronti della fede è evidente quando il Papa spiega perché chiede sempre ai visitatori di pregare per lui: “Sono certo che tutti pregano. Ai non credenti dico: pregate per me e se non pregate mandatemi buone vibrazioni”. Mandare “vibrazioni”, aggiunge con evidente approvazione, “è un modo pagano di pregare”.

Respingere le critiche

Sebbene dichiari che la Chiesa dovrebbe essere aperta a tutte le opinioni, e specialmente a quelle delle persone che vivono ai margini, il Papa mostra poca pazienza con i critici della sua stessa politica. Parlando al sito web argentino InfoBae, lamenta “la resistenza, il tipo cattivo”. Che tipo di critica accetterebbe, allora? Il Pontefice risponde che “la resistenza buona è che se faccio un buon progetto, vediamo un po’, discutiamone”. Ma cosa succede se, agli occhi di alcuni cattolici, fa un cattivo progetto, del tipo che suscita critiche oneste? Il Papa non risponde a questa domanda (riconosce la possibilità di un onesto disaccordo?), ma conclude che “la resistenza cattiva è quella che si discute qui e va all’indietro cercando anche il tradimento”. Si noti qui che i suoi critici non sono solo etichettati come arretrati, ma accusati di tradimento, come se qualsiasi disaccordo fosse un attacco personale.

Nella stessa intervista il Papa si scaglia contro un critico, “un vescovo americano, molto conosciuto, che è stato nunzio”. Evidentemente si riferisce all’Arcivescovo Carlo Maria Viganò (che non è Americano, ma è stato Nunzio Apostolico negli Usa). E il Papa emette un giudizio del suo critico molto più duro del suo giudizio sui prelati che contraddicono l’insegnamento fondamentale della Chiesa: “Non si sa se quest’uomo sia cattolico o meno, è sul confine”.

Dilettarsi negli affari esteri

Nella sua intervista alla trasmissione italo-svizzera il Papa ripete un’affermazione che ha fatto spesso nelle ultime settimane, dicendo che siamo impegnati in una terza guerra mondiale. Tale affermazione di per sé sembra discutibile, poiché i conflitti attuali non assomigliano alle grandi guerre mondiali del XX secolo. Ma ora il Papa va oltre, dicendo che la guerra in Ucraina è il prodotto di interessi imperiali: “Non solo dell’impero russo, ma degli imperi di altre parti”. Quali altri imperi – notate il plurale – ha in mente? Sta accusando gli Stati Uniti di ambizioni imperiali? Non è questo il tipo di accusa che un Romano Pontefice dovrebbe fare a caso in un colloquio informale.

E nella stessa intervista il Papa fa un’altra osservazione che semplicemente non può essere presa sul serio: “Un tecnico mi diceva: se per un anno non si producessero le armi sarebbe risolto il problema della fame nel mondo”. Non sappiamo chi sia l'”esperto”, né in quale campo risieda la sua competenza. Ma l’affermazione è assurda. Certamente la fine della guerra allevierebbe il problema della fame, consentendo alle agenzie di soccorso di consegnare cibo e agli agricoltori di lavorare i loro campi in pace. Ma una moratoria sulla produzione di armi non porterebbe magicamente cibo sulle tavole delle famiglie bisognose; il problema della fame non ammette una soluzione così semplicistica.

In queste interviste, Papa Francesco fa alcune forti dichiarazioni contro i regimi autoritari, descrivendo il governo del Nicaragua come una “rozza dittatura” ed esprimendo la speranza per un cambio di regime in Venezuela. Ma anche quelle buone risposte sollevano nuove domande: perché non ha condannato con più forza quei due regimi, colpevoli non solo di repressione della democrazia ma anche di attacchi frontali alla Chiesa cattolica?

Visiterà la sua terra natale?

Nell’intervista di InfoBae, Papa Francesco affronta una domanda che ha sconcertato gli osservatori del Vaticano: perché, nei dieci anni del suo pontificato, non ha avuto il tempo di visitare il suo paese natale? “Voglio andare in Argentina”, dice il Papa. In effetti, nel 2017 c’erano piani per una visita del genere, ricorda; ma il viaggio è stato rinviato per evitare uno scontro con le elezioni in quel Paese, e poi l’Argentina è stata esclusa dall’itinerario papale. Ma perché? La domanda rimane senza risposta.

“Non c’è rifiuto di andare”, assicura il Papa al suo intervistatore argentino. Quindi forse potrebbe ancora essere organizzata una visita a casa, anche se a Roma non si vocifera di piani del genere.

Ci sarà più tempo per viaggiare, a quanto pare. Papa Francesco dice che non ha pensato alla rinuncia. Alla domanda su quali condizioni lo spingerebbero a dimettersi, risponde: “Una stanchezza che non ti fa vedere chiaramente le cose. La mancanza di chiarezza, di sapere valutare le situazioni”.

I bilanci sui 10 anni di pontificato sono talmente elogiativi che sembrano “coccodrilli”
Nella maggioranza dei resoconti del decimo anniversario del pontificato, il Papa appare monotono, ripetitivo e scontato. Le domande in alcune interviste recenti cercano il tema che facilità l’elogio e l’ossequiosità
Il Sismografo, 11 marzo 2023


Sono giorni di bilancio sui 10 anni del pontificato di Papa Francesco. Ricorrenza rilevante (13 marzo), in particolare per valutare i progressi nell’annuncio del Vangelo, le difficoltà e i limiti dell’evangelizzazione, lo slancio della missionarietà e della sinodalità, il dialogo o lo scontro con le società del XXI secolo e il profilo della Chiesa nel nuovo ordine internazionale… Ma di tutto ciò non si trova quasi nulla o qualche cenno. Neanche il Santo Padre, nelle ultime tre interviste di queste ultime 48 ore, affronta le sfide del cattolicesimo in quanto profezia di salvezza, forse perché non stimolato dalle domande. Lo stesso Cristo appare sbiadito, sullo sfondo, timido, quasi ininfluente. Intanto alcuni collaboratori di Francesco rilasciano interviste peggiori per conquistare, forse, il premio del migliore adulatore.

La stampa, in particolare quella italiana, è tutta orientata all’insulso culto della personalità, all’elogio e all’ossequiosità non richiesti e al voler innalzare Jorge Mario Bergoglio a figura di leader politico e sociale planetario. Si arriva al punto, addirittura, di dimenticare per esempio le Encicliche, le Esortazioni apostoliche, i discorsi dei Viaggi e le visite in giro per il mondo. Il mantra è il solito: i temi dell’Agenda ONU mescolato con le posizioni del Pontefice che si sovrappongono e alla fine non si distingue tra magistero, opinioni personali, suggestioni giornalistiche o affermazioni ipotetiche. Appare tutto un solo polpettone.

Il Vescovo di Roma è qualcosa in più e diverso dallo statista e dallo stratega. Ma i suoi amici giornalisti che prendono parte a quest’operazione mediatica fanno un grave danno d’immagine a Papa Francesco. In questi giorni abbiamo letto articoli con una tale quantità di aggettivi esultanti, con le stesse domande proposte da anni, ripetitive, scontate e monotone – spesso anche le riposte del Pontefice – che sembra che stiamo leggendo una collezione di “coccodrilli”. Eppure, Francesco, grazie a Dio e nonostante la sua cagionevole salute di ferro – come scriviamo da molto tempo – è vivissimo, attivo, polemico e determinato. Non è, come esce la sua figura dai resoconti di questi giorni, una sorta di antologia di cose già viste, già dette, già manipolate…

Ci sarebbero anche tante cose propriamente religiose, spirituali ed ecclesiali sulle quali parlare con il Pontefice, ma nel bilancio queste materie non ci sono o appaiono marginalmente.

Il Papa: la Chiesa non è una casa solo per alcuni, è per tutti
di Paolo Rodari
Vatican News, 10 marzo 2023


Casa Santa Marta, la residenza dove Francesco abita. Le porte si aprono per la RSI, la Radiotelevisione svizzera di lingua italiana, per una intervista col Papa dedicata ai dieci anni di pontificato e da domenica 12 marzo sera disponibile in forma integrale su Rsi.ch www.rsi.ch. Francesco non pensa alle dimissioni, ma spiega cosa eventualmente lo spingerebbe a darle: «Una stanchezza che non ti fa vedere chiaramente le cose. La mancanza di chiarezza, di sapere valutare le situazioni». Da dieci anni non vive più a Buenos Aires. Di quel tempo gli manca «camminare, andare per la strada». Ma sta bene a Roma, «una città unica», seppure le preoccupazioni non mancano. Siamo «in una guerra mondiale», dice. «È cominciata in pezzetti e adesso nessuno può dire che non è mondiale. Perché le grandi potenze sono tutte invischiate. E il campo di battaglia è l’Ucraina. Lì lottano tutti». Il Papa racconta che Putin sa che lui vorrebbe incontrarlo, «ma lì ci sono tutti interessi imperiali, non solo dell’impero russo, ma degli imperi di altre parti».

Santo Padre, in questi dieci anni quanto è cambiato?
Sono vecchio. Ho meno resistenza fisica, quella del ginocchio è stata un’umiliazione fisica, anche se adesso sta guarendo bene.

Le è pesato andare in carrozzina?
Mi vergognavo un po’.

In molti la descrivono come il Papa degli ultimi. Si sente tale?
È vero che ho una preferenza per gli scartati, ma questo non vuole dire che io scarti gli altri. I poveri sono i prediletti di Gesù. Ma Gesù non manda via i ricchi.

Gesù chiede di portare alla sua tavola chiunque. Cosa significa?
Significa che nessuno è escluso. Quando non sono venuti quelli alla festa ha detto andate agli incroci delle strade e chiamate tutti, ammalati, buoni e cattivi, piccoli e grandi, ricchi e poveri, tutti. Non dobbiamo dimenticare questo: la Chiesa non è una casa per alcuni, non è selettiva. Il santo popolo fedele di Dio è questo: tutti.

Perché alcune persone per le loro condizione di vita si sentono escluse dalla Chiesa?
Il peccato c’è sempre. Ci sono uomini di Chiesa, donne di Chiesa che fanno la distanza. E questo è un po’ la vanità del mondo, sentirsi più giusti degli altri, ma non è giusto. Tutti siamo peccatori. All’ora della verità metti sul tavolo la tua verità e vedrai che sei peccatore.
Come s’immagina l’ora della verità, l’aldilà?
Non posso immaginarlo. Non so cosa sarà. Soltanto chiedo alla Madonna che mi stia accanto.

Perché ha scelto di abitare a Santa Marta?
Due giorni dopo l’elezione sono andato a prendere possesso del palazzo apostolico. Non è tanto lussuoso. È ben fatto, ma è enorme. La sensazione che ho avuto era come di un imbuto al rovescio. Psicologicamente questo non lo tollero. Per caso sono passato davanti alla stanza dove abito. E ho detto: “Rimango qui”. È un albergo, abitano quaranta persone che lavorano in curia. E viene gente da tutte le parti.

Della sua vita precedente, le manca qualcosa?
Camminare, andare per la strada. Camminavo tanto. Usavo la metro, il bus, sempre con la gente.

Cosa pensa dell’Europa?
In questo momento ha tanti politici, capi di governo o ministri giovani. Dico loro sempre: parlate fra voi. Quello è di sinistra, tu sei di destra, ma siete giovani ambedue, parlate. È il momento del dialogo fra i giovani.

Che cosa porta un Papa quasi dalla fine del mondo?
Mi viene in mente una cosa che ha scritto la filosofa argentina Amelia Podetti: la realtà si vede meglio dagli estremi che dal centro. Dalla distanza si capisce l’universalità. È un principio sociale, filosofico e politico.

Cosa ricorda dei mesi di lockdown, la sua preghiera solitaria in piazza San Pietro?
C’era la pioggia e non c’era gente. Ho sentito che il Signore era lì. È stata una cosa che ha voluto il Signore per farci capire la tragedia, la solitudine, il buio, la peste.

Nel mondo ci sono diverse guerre. Perché si fatica a capirne il dramma?
In poco di più di cent’anni ci sono state tre guerre mondiali: ‘14-18, ‘39-45, e questa che è una guerra mondiale. È cominciata in pezzetti e adesso nessuno può dire che non è mondiale. Le grandi potenze sono tutte invischiate. Il campo di battaglia è l’Ucraina. Lì lottano tutti. Questo fa pensare all’industria delle armi. Un tecnico mi diceva: se per un anno non si producessero le armi sarebbe risolto il problema della fame nel mondo. È un mercato. Si fa la guerra, si vendono le armi vecchie, si provano le nuove.

Prima del conflitto in Ucraina ha incontrato più volte Putin. Se lo incontrasse oggi cosa gli direbbe?
Gli parlerei chiaramente come parlo in pubblico. È un uomo colto. Il secondo giorno della guerra sono stato all’ambasciata di Russia presso la Santa Sede a dire che ero disposto ad andare a Mosca a patto che Putin mi lasciasse una finestrina per negoziare. Mi scrisse Lavrov dicendo grazie ma non è il momento. Putin sa che sono a disposizione. Ma lì ci sono interessi imperiali, non solo dell’impero russo, ma degli imperi di altre parti. Proprio dell’impero è mettere al secondo posto le nazioni.

Quali altre guerre sente più vicine?
Il conflitto dello Yemen, la Siria, i poveri Rohingya del Myanmar. Perché queste sofferenze? Le guerre fanno male. Non c’è lo spirito di Dio. Io non credo nelle guerre sante.

Spesso parla del chiacchiericcio. Perché?
Il chiacchiericcio distrugge la convivenza, la famiglia. È una malattia nascosta. È la peste.

Come sono stati i dieci anni di Benedetto XVI al Mater Ecclesiae?
Bravo, è un uomo di Dio, gli voglio tanto bene. L’ultima volta che l’ho visto è stato per Natale. Quasi non poteva parlare. Parlava basso, basso, basso. C’era bisogno che traducessero le sue parole. Era lucido. Faceva domande: come va questo? E quel problema là? Era aggiornato su tutto. Era un piacere parlare con lui. Gli chiedevo pareri. Lui dava il suo parere, ma sempre equilibrato, positivo, un saggio. L’ultima volta però si vedeva che era alla fine.

Le esequie funebri sono state sobrie. Perché?
I cerimonieri si erano “rotti la testa” per fare le esequie di un Papa non regnante. Era difficile fare la differenza. Adesso ho detto di studiare la cerimonia per i funerali dei Papi futuri, di tutti i Papi. Stanno studiando ed anche semplificando un po’ le cose, togliere le cose che liturgicamente non vanno.

Papa Benedetto ha aperto la strada delle dimissioni. Lei ha detto che è una possibilità ma che al momento non la contempla. Che cosa potrebbe portarla in futuro a dimettersi?
Una stanchezza che non ti fa vedere chiaramente le cose. La mancanza di chiarezza, di sapere valutare le situazioni. Anche il problema fisico, può darsi. Su questo domando sempre e seguo i consigli. Come vanno le cose? Ti sembra che devo… alle persone che mi conoscono, anche ad alcuni cardinali intelligenti. E mi dicono la verità: continua va bene. Ma per favore: gridare a tempo.

Lei quando saluta chiede a tutti di pregare per lei. Perché?
Sono sicuro che tutti pregano. Ai non credenti dico: pregate per me e se non pregate mandatemi buone ondate. Un ateo amico mi scrive: …e ti mando buone ondate. È un modo di pregare pagano, ma è un volersi bene. E volere bene a un altro è una preghiera.

Papa Francesco: “Voglio andare in Argentina”
di Salvatore Cernuzio
Vatican News, 10 marzo 2023


Il viaggio in Argentina, la speranza di un cambiamento in Venezuela e la denuncia di una “rozza dittatura” in Nicaragua. È soprattutto sul centro e il sud America il focus di Francesco nella intervista rilasciata al sito di informazione argentino Infobae, a pochi giorni dalla celebrazione dei dieci anni di pontificato. Nel colloquio a Santa Marta con il proprietario del portale Daniel Hadad, il Pontefice spazia da temi geopolitici, come la guerra in Ucraina, a questioni ecclesiali, come l’approccio verso le persone omosessuali e il ruolo delle donne, fino a tematiche più personali (“Perché non guarda più la tv?”).

La situazione in Nicaragua

In particolare, il Papa si pronuncia sulle difficoltà che vivono oggi il popolo e la Chiesa del Nicaragua, dove è stato espulso il nunzio e vietate le processioni della Settimana Santa, oltre ai continui attacchi contro vescovi e sacerdoti. Il Papa denuncia la mancanza di equilibrio di chi guida il Paese e in riferimento al vescovo di Matagalpa, monsignor Rolando Álvarez, condannato a 26 anni di carcere, del quale aveva parlato nell’Angelus del 12 febbraio, aggiunge: “Abbiamo un vescovo incarcerato. Un uomo molto serio, molto capace. Ha voluto dare la sua testimonianza e non ha accettato l’esilio. È qualcosa che non è in linea con quello che stiamo vivendo, è come portare la dittatura comunista del ‘17 o hitleriana del ‘35, portare quelle stesse qui, no? Sono una sorta di dittature rozze. O, per usare una bella definizione argentina, guarangas (grossolane)”.

Il viaggio in Argentina

A proposito di Argentina, immancabile la domanda su un possibile viaggio nel suo Paese natale. “Era previsto per dicembre 2017”, spiega Jorge Mario Bergoglio, ripetendo quanto già affermato sul volo di ritorno dall’Iraq: “Si andava prima in Cile, poi in Argentina e Uruguay. Il programma era quello. Ma cosa è successo? C’erano le elezioni proprio in quel momento. Quindi abbiamo dovuto spostare il Cile a dicembre e poi andare in Argentina e Uruguay a gennaio. A gennaio non trovi nemmeno il gatto… Poi il programma è stato cambiato e sono stati realizzati Cile e Perù. E l’Argentina e l’Uruguay sono state lasciate per dopo… Non c’è un rifiuto di andare – afferma il Papa -. In nessun modo. Il viaggio era programmato. Sono aperto all’opportunità… Voglio andare in Argentina”.

Regime in Venezuela e guerra in Ucraina

Francesco sposta poi lo sguardo sul Venezuela, dichiarando di vedere un barlume di speranza che il regime possa essere cambiato: “Lo penso – dichiara – perché sono le circostanze storiche che li costringeranno a cambiare il loro modo di dialogare… Non chiudo mai la porta a possibili soluzioni. Al contrario, le incoraggi”.

Più cauto il Papa su una soluzione della guerra in Ucraina: “Stanno tutti lavorando per questo. Stanno tutti lavorando”, afferma. “Modi (il primo ministro dell’India, ndr) può fare qualcosa, non so. So che ci sono diversi governanti che si stanno muovendo. C’è un gruppo israeliano che si sta muovendo bene. Ma non sappiamo a cosa porterà”.

Accoglienza alle persone omosessuali

Omosessuali, divorziati risposati, donne, celibato, sono poi gli altri temi che il Papa affronta nell’intervista. Sull’accoglienza alle persone gay, Francesco richiama direttamente alle parole di Gesù: “La grande risposta è stata data” da Lui, dice. “Tutti. Tutti. Tutti dentro. Quando ‘i raffinati’ non volevano andare al banchetto, lasciava che andassero ai crocicchi e chiamava tutti, buoni, cattivi, vecchi, giovani, bambini, tutti. Tutti. La Chiesa è per tutti. E ognuno risolve la sua posizione davanti al Signore con le forze che ha. Questa è una Chiesa di peccatori”.

“Non so dove sia la Chiesa dei santi, qui siamo tutti peccatori”, ribadisce il Pontefice, e come nel primo viaggio a Rio de Janeiro del 2013, ripete: “Chi sono io per giudicare una persona se ha buona volontà, giusto? Se è più simile a uno della banda del diavolo, beh, difendiamolo un po’. Ma oggi c’è molta attenzione a questo problema. Gesù chiama tutti e ognuno risolve il suo rapporto con Dio come può o come vuole, a volte vuole e a volte non può, ma il Signore aspetta sempre”.

Il ruolo delle donne

Sulla stessa scia, il Papa, parlando dei sacramenti ai divorziati risposati – tema centrale nel doppio Sinodo sulla famiglia del 2014-15 -, richiama “la coscienza del vescovo” e suggerisce alle coppie separate “di andare dal loro vescovo, di andare a presentargli la loro situazione”.

Mentre sulle donne rimarca il fatto che ora è maggiore il numero di quelle che lavorano nella Chiesa: un passo avanti necessario perché “il maschilismo è cattivo”, afferma. “A volte il celibato può portarti al maschilismo. A un prete che non sa lavorare con le donne manca qualcosa, non è maturo. Il Vaticano era molto maschilista, ma fa parte della cultura, non è colpa di nessuno. Si è sempre fatto sempre così”. Ma ora le cose stanno cambiando: “Hanno un’altra metodologia, le donne. Hanno un senso del tempo, dell’attesa, della pazienza, diverso dall’uomo. Questo non sminuisce l’uomo, sono diversi. E devono completarsi a vicenda”.

La “disciplina” del celibato

Proprio sul celibato nella Chiesa occidentale Papa Francesco si sofferma per spiegare: “È una prescrizione temporanea… Non è eterna come l’ordinazione sacerdotale… Il celibato, invece, è una disciplina”. “Quindi potrebbe essere rivisto?”, domanda l’intervistatore. “Sì”, replica il Papa.

Resistenze cattive

Hadad cita poi il cardinale 92enne Julián Herranz, quando disse che sui sei Papi con i quali ha collaborato “forse il diavolo ha lavorato con due, Paolo VI e Francesco, sempre per dividere la Chiesa e ostacolare la diffusione del Vangelo”. “Non posso giudicare se sia vero o meno”, è la risposta. “Ma a volte c’è resistenza, ma di quella cattiva. Non quella buona. Perché la resistenza buona è che se faccio un buon progetto, vediamo un po’, discutiamone. La resistenza cattiva è quella che si discute qui e va all’indietro cercando anche il tradimento. Ma o sono ingenuo o non le ascolto”. Di cose del genere nella Chiesa “ce ne sono, sono lì, in un angolo, nascoste”: “Sull’orlo dello scisma, questa è la cosa brutta – commenta il Papa -. Per esempio, il caso di un vescovo americano, molto conosciuto, che è stato nunzio. Non si sa se quest’uomo sia cattolico o meno, è sul confine. Queste resistenze gestite male. Nella Chiesa, fin dall’inizio, c’è stata resistenza”. “Quando mi criticano a testa bassa, lo apprezzo – aggiunge -. A volte non mi piace, ma lo apprezzo”.

Il voto di non guardare la tv

Da qui, un cenno sul voto fatto trentatré anni fa alla Vergine del Carmelo di non guardare la televisione. Era il 15 luglio 1990 e mentre stava con la comunità sulla tv venivano “trasmesse cose che non fanno bene al cuore. Non cose peccaminose, ma quei relativismi che indeboliscono il cuore”. Il giorno dopo, alla Messa della Virgen del Carmen, Francesco ha sentito “che non dovevo vederla, senza alcun problema”. Quindi ha detto “basta”, salvo alcune concessioni brevi. 

Francesco: sogno una Chiesa più pastorale, più giusta, più aperta
Vatican News, 11 marzo 2023


C’è una cosa che ha reso il Papa particolarmente felice in questi anni: “Tutto ciò che riguarda la linea pastorale del perdono e della comprensione delle persone. Dare a tutti un posto nella Chiesa”. È quanto Francesco dice a Elisabetta Piqué, giornalista del quotidiano argentino La Nación, nella sua nuova intervista rilasciata a Casa Santa Marta per il decimo anniversario della sua elezione, il 13 marzo prossimo.

Una Chiesa dalle porte aperte

Il suo sogno è quello di aprire le porte: “Aprire le porte, questo mi va molto. Aprire le porte e percorrere cammini”. E la Chiesa che immagina per i prossimi anni è una Chiesa “più pastorale, più giusta, più aperta” secondo la linea tracciata dal Concilio Vaticano II: “Dobbiamo percorrere questo cammino. Ora, la concretezza di questo è difficile”. L’intervistatrice sottolinea il fatto che Francesco guardi molto alle “pecorelle smarrite” e che questo atteggiamento ha messo in crisi alcuni cattolici, come accaduto al fratello maggiore nella parabola del figliol prodigo: “Succede sempre – ha affermato il Papa – Una parola chiave di Gesù è ‘tutti’. Per me questa è la chiave dell’apertura pastorale. Tutti dentro casa. È un chiasso, ma tutti dentro casa”.

Certo, sottolinea, ci sono resistenze e opposizioni di fronte ai cambiamenti, anche “Gesù ha avuto molta opposizione” ma occorre agire nella “libertà dello Spirito Santo” e cercare la volontà di Dio. Francesco parla della formazione dei futuri sacerdoti e indica la necessità di una revisione dei seminari.

Le riforme

Sulla questione delle riforme, rileva che “i dicasteri sono stati riorganizzati e lo stesso Collegio cardinalizio è ora più libero”. Per quanto riguarda il fronte economico, ha reso omaggio al cardinale Pell che lo ha aiutato a mettere in moto la riforma economica: “Gli sono molto grato”. Adesso – afferma – “la Segreteria per l’Economia mi sta aiutando molto in questo senso. Prima c’era padre Guerrero, che in tre anni e mezzo ha sistematizzato le cose, e ora c’è un laico, Maximino Caballero”.

Sulla conversione del papato citata nel suo documento programmatico, Evangelii Gaudium, ricorda quanto fatto da Paolo VI, “un grande uomo, un santo”, da Giovanni Paolo II, “il grande evangelizzatore”, da Giovanni Paolo I, “il pastore vicino che voleva mettere fine a certe cose che non andavano bene”, e da Benedetto, “un uomo coraggioso” che si è distinto per la profondità del suo magistero: “È stato il primo Papa ad affrontare ufficialmente la questione degli abusi. Era un grande teologo, ma era un uomo che si metteva in gioco. Mi manca Benedetto perché era un compagno”.

Il diritto di voto al Sinodo

Sulla sinodalità sottolinea che è un processo in corso: “Circa dieci anni fa c’è stata una seria riflessione ed è stato redatto un documento che ho firmato, insieme ai teologi” in cui si diceva: “Questo è il massimo a cui siamo arrivati, ora c’è bisogno di qualcosa di più”. Per esempio, era accettato da tutti che le donne non potessero votare: “Così, nel Sinodo per l’Amazzonia, è stata posta la domanda: perché le donne non possono votare? Sono forse cristiane di seconda classe?”. La giornalista chiede se ora voterà solo una donna o tutte e il Papa risponde: “Tutti coloro che partecipano al Sinodo voteranno. Invitati o osservatori non voteranno. Chiunque partecipi a un Sinodo ha il diritto di votare. Che sia uomo o donna. Tutti, tutti. La parola ‘tutti’ per me è fondamentale”.

I pericoli dell’ideologia gender

Francesco afferma poi che non sta scrivendo una nuova enciclica e risponde negativamente alla domanda se gli sia stato chiesto di scrivere un documento sul tema del gender. A questo proposito ribadisce di fare “sempre una distinzione tra il lavoro pastorale con persone di diverso orientamento sessuale e l’ideologia del genere. Sono due cose diverse. L’ideologia del genere, in questo momento, è una delle colonizzazioni ideologiche più pericolose. Va oltre la sfera sessuale. Perché è pericolosa? Perché diluisce le differenze, e la ricchezza degli uomini e delle donne e di tutta l’umanità è la tensione delle differenze. È crescere attraverso la tensione delle differenze. La questione del genere diluisce le differenze e rende il mondo uguale, tutto smussato, tutto uguale. E questo va contro la vocazione umana”.

Ucraina: l’azione di pace della Santa Sede

L’intervistatrice introduce quindi il tema dell’Ucraina, chiedendo al Papa se i massacri che si stanno compiendo in questo Paese possano essere definiti un genocidio: “È certamente una parola tecnica, genocidio” – risponde Francesco – “ma è ovvio che quando si bombardano le scuole, gli ospedali, i rifugi, l’impressione non è tanto quella di occupare un luogo, ma di distruggere … non so se questo sia un genocidio o meno, deve essere studiato, deve essere ben definito dalle persone, ma di certo non è un’etica di guerra a cui siamo abituati”.

Il Papa aggiunge che il Vaticano sta agendo in questo momento per vie diplomatiche, “per vedere se si può ottenere qualcosa”, ma precisa che “non c’è un piano di pace” del Vaticano, c’è piuttosto “un servizio di pace” che va avanti con discrezione, con quanti sono aperti al dialogo, anche in vista di un incontro di rappresentanti a livello mondiale su questo tema: “Il Vaticano sta lavorando”.

Il Papa poi ribadisce: “Sono disposto ad andare a Kiev. Voglio andare a Kiev. Ma a condizione di andare a Mosca. Andrò in entrambi i posti o in nessuno dei due”. Alla domanda se andare a Mosca sia impossibile, risponde: “Non è impossibile … Non sto dicendo che sia possibile. Non è impossibile. Speriamo di farcela … non c’è nessuna promessa, niente. Non ho chiuso quella porta”. Però Putin la chiude o no? chiede l’intervistatrice. E il Papa: “Ma forse si distrae e la apre, non lo so”. “La guerra mi fa male – aggiunge – ecco cosa voglio dire. La guerra mi fa male”.

Il viaggio in Argentina

C’è poi il tema di un possibile viaggio in Argentina. Il Papa ribadisce che desidera andare in Argentina e che se finora non l’ha fatto è per una serie di motivi che si sono sommati nel tempo: “Non c’è stato alcun rifiuto di andare, era tutto programmato … è successo che le cose si sono complicate … ci sono stati due anni di pandemia che hanno fatto saltare i viaggi che dovevano essere fatti … Voglio andare, spero di andare. Spero di poterlo fare”. Ma aggiunge: “La salvezza del Paese non verrà dal mio viaggio. Andrò volentieri, ma si pensi un po’ alle cose che si devono fare perché il Paese vada avanti”.

Saper aspettare

Infine, rispondendo ad una domanda sugli errori compiuti durante questi dieci anni di pontificato, il Papa indica la causa di ogni errore, l’impazienza: “A volte mi sale il sangue alla testa. Poi si perde la pazienza e quando si perde la pace si scivola e si commettono errori. Bisogna saper aspettare”.

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