Ottantottesimo giorno del #ArtsakhBlockade. Urge missione internazionale nel Nagorno-Karabakh per prevenire la pulizia etnica degli Armeni. Riconoscere l’Artsakh!
[Korazym.org/Blog dell’Editore, 09.03.2023 – Vik van Brantegem] – Oggi è l’88° giorno dell’illegale e sadico #ArtsakhBlockade da parte del regime autocratico, dispotico e genocida della dinastia Aliyev in Azerbajgian, forte della sua decennale impunità. L’ordine della Corte Internazionale di Giustizia legalmente vincolante apre la strada a tutti gli attori internazionali capaci – Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, il Consiglio Europeo, l’Organizzazione per la Sicurezza e Cooperazione in Europa – di agire e di aprire del Corridoio di Berdzor (Lachin) e di sanzionare Aliyev e sodali. E infine, è fondamentale riconoscere la Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh e di obbligare le forze armate della Repubblica di Azerbajgian di ritirarsi dai territori occupate dell’Artsakh (e dell’Armenia). Tutto il resto è fuffa e aria fritta.
Maria Zakharova, Portavoce del Ministero degli Esteri della Federazione Russa, ha fatto sapere, che “la ricerca di modi per risolvere la situazione intorno al Corridoio di Lachin e al Nagorno-Karabakh in generale continua”. Zakharova ha affermato che c’è comunicazione con l’Armenia e l’Azerbajgian in collaborazione con il Ministero degli Esteri russo e con la partecipazione della forza di mantenimento della pace russa in Nagorno-Karabakh, senza fornire ulteriori dettagli.
Ecco, fuffa e aria fritta: “ricerca” e “comunicazione”, senza azione, che ha permesso Aliyev di far entrare il #ArtsakhBlockade nel 88° giorno consecutivo, di continuare con le violazioni del cessate il fuoco e con la campagna di fake news e disinformazione, e di far uccidere tre poliziotti dell’Artsakh.
«L’Ambasciata degli Stati Uniti in Armenia dà il benvenuto a Yerevan al Consigliere senior per i negoziati sul Caucaso, Louis Bono. Durante la sua visita del 7 marzo, Bono incontrerà funzionari del governo armeno e altri per discutere del sostegno degli Stati Uniti ai negoziati tra Armenia e Azerbajgian per raggiungere un accordo di pace globale, compresa una soluzione politica a lungo termine per il conflitto del Nagorno-Karabakh».
Louis Bono, il co-Presidente statunitense del gruppo di Minsk dell’Organizzazione per la Sicurezza e la Collaborazione in Europa, Consigliere senior per i negoziati sul Caucaso del Dipartimento di Stato degli Stati Uniti, ha detto in un intervista dell’8 marzo 2023 con Karlen Aslanyan per Azatutyun, il servizio armeno di Radio Liberty [QUI], che la questione del Nagorno-Karabakh farà parte del processo di pace tra Armenia e Azerbajgian: «Per avere un accordo di pace sostenibile, duraturo ed equilibrato, deve includere il Nagorno-Karabakh, e ci impegniamo a portarlo a termine. Riconosciamo la sua importanza. Prima di tutto, il Nagorno-Karabakh farà parte del processo di pace. Penso entrambe le parti lo hanno accettato. Ma, come ho già detto, non siamo qui per imporre condizioni su alcun accordo. È importante che le parti stesse raggiungano un accordo. Siamo ottimisti di poter lavorare con le parti, ma non sarà facile. Richiederà molto duro lavoro e impegno da tutte le parti».
Dichiarazione della Delegazione dell’Unione Europea presso le Nazioni Unite e le altre organizzazioni internazionali a Ginevra, durante il dibattito generale del 52° Consiglio dei Diritti Umani, 7 marzo 2023
«L’Unione Europea resta preoccupata per il fatto che la continua interruzione della libertà di movimento attraverso il Corridoio di Lachin incida sui diritti umani nel Nagorno-Karabakh, compresi i diritti alla salute, all’istruzione e all’alimentazione. L’Unione Europea invita le autorità azere e tutti i responsabili a garantire la libertà e la sicurezza di movimento lungo il corridoio, in linea con la dichiarazione trilaterale del 9 novembre 2020, e a rispettare l’ordinanza della Corte Internazionale di Giustizia del 22 febbraio 2023» (Nostra traduzione italiana dall’inglese).
Dichiarazione dell’Alleanza Evangelica Mondiale e del Consiglio Ecumenico delle Chiese, durante il dibattito generale del 52° Consiglio dei Diritti Umani, 7 marzo 2023
«L’Alleanza Evangelica Mondiale e il Consiglio Ecumenico delle Chiese sono profondamente preoccupati per la situazione umanitaria nel Nagorno-Karabakh e per il blocco in corso da parte dell’Azerbajgian del Corridoio di Lachin, la strada che collega il Nagorno-Karabakh all’Armenia. Dal 12 dicembre, l’assedio ha messo in pericolo migliaia di vite. Colpisce il sostentamento di 120.000 civili Armeni che hanno un disperato bisogno di cibo, cure mediche e rifornimenti e altri beni essenziali. Anche la fornitura di energia è stata ripetutamente interrotta, lasciando la popolazione con combustibili, calore ed elettricità limitati e impedendo il funzionamento di scuole e ospedali a causa del freddo intenso. Questo blocco viola la legge sui diritti umani e il diritto umanitario internazionale. Viola anche l’accordo di cessate il fuoco firmato nel novembre 2020 che richiedeva il mantenimento del corridoio che avrebbe assicurato il collegamento del Nagorno-Karabakh con la Repubblica di Armenia. Chiediamo all’Azerbajgian l’immediata revoca del blocco per consentire il passaggio libero e sicuro di civili, trasporti e merci lungo il corridoio e per garantire un accesso umanitario senza ostacoli per alleviare urgentemente le sofferenze della popolazione armena del Nagorno-Karabakh e promuovere il pieno godimento dei diritti umani fondamentali di tutti senza alcuna discriminazione» (Nostra traduzione italiana dall’inglese).
«Qualcosa non sta bene di questo influencer colombiano di Instagram, che fa un servizio fotografico sorridente a Shushi, durante un viaggio di propaganda finanziato dal governo azero, ad alcuni chilometri di distanza dalla finta “eco-protesta” che l’Azerbajgian sta usando per intrappolare 120.000 persone. È il giorno 80 del blocco azero» (Lindsey Snell).
Non permettere che la storia si ripeta. «Siamo condannati al perenne ritorno dell’uguale? Io credo che la storia non sia la ruota del criceto. Esiste un margine di libertà, esiste l’imprevisto: Dio non se ne sta sopra le nubi liceo come un re fannullone» (Renato Farina).
Il Ministero della Difesa dell’Armenia comunica che il Ministero della Difesa dell’Azerbajgian continua a diffondere fake news, affermando che unità delle Forze Armate dell’Armenia hanno aperto il fuoco contro le postazioni di combattimento azere situate nella parte orientale della zona di confine armeno-azera durante la notte dell’8 e 9 marzo.
Il Ministero di Difesa dell’Artsakh comunica che il Ministero della Difesa dell’Azerbajgian ha diffuso disinformazione affermando che unità delle forze di difesa dell’Artsakh hanno aperto il fuoco dall’8 marzo alle 21.30 al 9 mazo alle 04.15 contro le postazioni di combattimento delle forze armate dell’Azerbajgian situate nei territori che hanno occupati delle regioni di Shushi, Martuni, Askeran e Qashatagh dell’Artsakh.
Non riuscendo a fornire alcuna prova a giustificazione dell’atto terroristico e dell’omicidio di 3 poliziotti in Artsakh, il regime genocida di Aliyev prepara nuovamente un terreno di false narrazioni per ulteriori aggressioni contro il popolo dell’Artsakh, pur mantenendo il #ArtsakhBlockade illegale per 88 giorni, violando l’ordine della Corte Internazionale di Giustizia. Non ha senso che l’Artsakh e l’Armenia siano interessati all’escalation. È l’Azerbajgian che commette regolarmente crimini contro l’umanità, in particolare con il #ArtsakhBlockade da 88 giorni.
Dichiarazione del Ministero degli Esteri dell’Armenia sulla disinformazione diffusa dall’Azerbaigian, 8 marzo 2023
«Il 7 marzo, il Ministero della Difesa dell’Azerbajgian ha diffuso un altro messaggio volto a fuorviare la comunità internazionale, affermando che lo stesso giorno una colonna di veicoli militari delle Forze Armate dell’Armenia, accompagnata dalle forze di pace russe, è passata lungo la strada Stepanakert-Ghaibalishen-Lisagor e che il personale delle Forze Armate dell’Armenia è stato trasportato lungo la stessa strada.
Sottolineiamo ufficialmente che questa informazione è completamente falsa, non ha e non può avere alcun fondamento fattuale e non corrisponde alla realtà.
Con tali “scandalose rivelazioni”, l’Azerbajgian sta cercando di distogliere l’attenzione della comunità internazionale da:
1. L’atto terroristico compiuto dalle forze armate azere il 5 marzo, a seguito del quale sono stati uccisi tre dipendenti del servizio passaporti del Ministero degli Interni del Nagorno-Karabakh e un dipendente è rimasto ferito.
2. Il fatto che l’Azerbajgian non stia attuando la decisione giuridicamente vincolante della Corte Internazionale di Giustizia sul Corridoio di Lachin e abbia tenuto bloccato il Corridoio di Lachin a dispetto della decisione della Corte.
3. Il fatto di non aver adempiuto ai propri obblighi internazionali sul Corridoio di Lachin assunti dalla dichiarazione tripartita del 9 novembre 2020.
Per distogliere l’attenzione della comunità internazionale da questi fatti evidenti, l’Azerbajgian ha adottato la pratica della disinformazione e dell’escalation, cercando di creare una falsa base informativa per lanciare una nuova aggressione non solo contro il Nagorno-Karabakh, ma anche contro la Repubblica di Armenia.
Inoltre, per “giustificare” il suo comportamento, l’Azerbajgian continua la sua politica di presentare l’Armenia in Occidente come estremamente filo-russa, e in Russia come estremamente filo-occidentale.
L’Armenia ha ripetutamente affermato che nessuna munizione o merce di importanza militare è stata trasportata attraverso il Corridoio di Lachin sia prima che dopo il suo blocco dal 12 dicembre 2020.
Inoltre, ribadiamo che la Repubblica di Armenia non dispone di un esercito nel Nagorno-Karabakh. La proposta di inviare una missione conoscitiva internazionale nel Nagorno-Karabakh per verificare l’autenticità di queste informazioni è stata ripetutamente respinta dalla massima leadership dell’Azerbajgian.
Riaffermando il desiderio dell’Armenia di raggiungere la pace nella regione, sottolineiamo ancora una volta la necessità dell’invio immediato di una missione conoscitiva internazionale nel Nagorno-Karabakh e nel Corridoio di Lachin per prevenire nuove aggressioni azere e gli evidenti preparativi dell’Azerbajgian per sottomettere il popolo del Nagorno-Karabakh alla pulizia etnica e al genocidio» (Nostra traduzione italiana dall’inglese).
La macchina della disinformazione azera ha diffuso suo social come “prova” un filmato, girato non si sa dove, non si sa da chi, non si sa quando, con camion non identificati, che dovrebbe dimostrare quello che l’Azerbajgian afferma, cioè, che l’Armenia trasporta armi e personale militare armeno in Artsakh. Guardiamo, osserviamo, cerchiamo, ma non c’è ombra di armi e di personale militare armeno nel filmato.
Il filmato diffuso da Caliber.az il 7 marzo 2023, ovviamente è stato rilanciato anche da Rahman Mustafayev, Ambasciatore della Repubblica di Azerbajgian nel Regno dei Paesi Bassi, sempre in prima linea della disinformazione, con il seguente commento, nello tipico stile diplomatico di Baku: «Non ci sono prove più forti delle vere intenzioni dell’Armenia di tramare provocazioni militari e scontri nella regione del Karabakh di Azerbajgian, di questo video. La creazione di posti di blocco azeri non è solo un diritto sovrano dell’Azerbajgian, ma anche l’unico modo per garantire la nostra sicurezza nazionale».
[*] Strada sterrata Stepanakert-Ghaibalishen-Lisagor.
[**] Autostrada interstatale Stepanakert-Berdzor (Lachin)-Goris.
«Non ci sono prove più forte di questo video», della falsificazione dei fatti e della disinformazione senza limiti della leadership autocratica dell’Azerbajgian. Caliber.az – che è sempre in prima fila nel diffondere informazioni false per giustificare l’aggressione l’Azerbajgian sta pianificando contro gli Armeni – involontariamente fornisce semplicemente un’altra prova che l’Azerbajgian sta commettendo un lento genocidio bloccando vicino a Sushi (città dell’Artsakh occupata dalle forze armate dell’Azerbajgian) la cruciale autostrada interstatale Stepanakert-Berdzor (Lachin)-Goris lungo il Corridoio di Berdzor (Lachin), costringendo i cittadini dell’Artsakh a utilizzare strade sterrate di montagna per sopravvivere.
Al riguardo, ripetiamo quanto abbiamo pubblicato il 6 marzo: «Abbiamo ricevuto numerosi messaggi privati che chiedevano informazioni sulla possibilità di traserimenti di armi dall’Armenia al Nagorno-Karabakh dopo l’agguato di ieri. In risposta, questi brevi osservazioni.
Nessuna informazione open source o non open source verificabile in modo indipendente in cui ci siamo imbattuti dalla conclusione della guerra del 2020 suggerisce che siano in corso trasferimenti di armamenti dall’attuale governo in Armenia alle autorità de facto di Nagorno-Karabakh.
Inoltre, dal 2018, e definitivamente dalla guerra del 2020, le autorità di Yerevan hanno preso sempre più le distanze dal Nagorno-Karabakh e dai 120.000 Armeni rimasti lì, nonostante questi ultimi possedessero la cittadinanza armena.
L’Armenia ha ritirato il suo personale militare rimanente dal Nagorno-Karabakh dopo la guerra del 2020, in pratica modificando la sua dottrina di difesa decennale di essere il principale garante per gli Armeni etnici in Nagorno-Karabakh, non prima di un grande rimescolamento politico e politiche di tipo epurazione verso precedenti funzionari militari di alto rango o politici a favore del mantenimento di una dottrina di difesa orientata al Nagorno-Karabakh.
Quello che abbiamo ora nel Nagorno-Karabakh è simile alla situazione del 1988: una popolazione locale a maggioranza etnico-armena con pochissimi mezzi di difesa, isolata e bloccata.
La differenza questa volta è un Azerbajgian politicamente e militarmente organizzato, tecnologicamente superiore negli armamenti, pur lungo dall’essere un Paese democratico, gioca un ruolo significativo nella sicurezza energetica di numerosi Paesi, quindi forti interessi diplomatici ed economici.
Sebbene le autorità di difesa azere abbiano riferito in numerose occasioni di trasferimenti di armi dall’attuale governo armeno a Nagorno-Karabakh, questi rapporti non sono stati verificati in modo indipendente. Oltre a quest’ultimo, l’orientamento politico che regna a Yerevan va contro il sostegno alla causa del Nagorno-Karabakh.
Al di là delle dichiarazioni periodiche che affermano la necessità di difendere i diritti umani e le garanzie di sicurezza per le persone nel Nagorno-Karabakh, nessuno sforzo diplomatico, politico, economico o militare tangibile da parte di Yerevan dal 2018 si è materializzato in modo positivo a favore della causa del Nagorno-Karabakh.
Inoltre, Yerevan ha cercato di “lanciare” la questione del Nagorno-Karabakh alla Russia dal 2020, lasciando a quest’ultima l’incarico di mantenere una fragile pace che coinvolge 120.000 dei suoi stessi cittadini, mentre cerca legami diplomatici più stretti con la Turchia, uno dei principali partecipanti alla guerra del 2020.
Per riassumere: l’attuale leadership dell’Armenia non ha una posizione pro-Nagorno-Karabakh, né vi è alcuna indicazione che sia a favore della difesa militarmente dei suoi parenti etnici nel territorio tanto quanto Baku lo è per rafforzare la sua presa su ciò che resta dell’enclave» (Nagorno Karabakh Observer, 6 marzo 2023 – Nostra traduzione italiana dall’inglese).
Si è svolta una manifestazione dell’8 marzo in piazza delle fontane a Baku. I slogan: “Qadınları qətl etmə!”, “Konvensiyanı rədd etmə!” (Non uccidere le donne!, Non rifiutare la convenzione!). Come previsto, il regime paranoico di Aliyev ha inviato un esercito di agenti di polizia. Le proteste senza l’interferenza della polizia in Azerbajgian sono strettamente limitate a quelle in cui gli Azeri chiedono la guerra ai loro vicini Armeni, o bloccano l’ancora di salvezza per 120.000 Armeni per mesi. Una protesta “libera” in Azerbajgian è quella orchestrata dallo Stato. Questo è un dato di fatto, non un’opinione.
Un’altra sezione dell’autostrada Goris-Berdzor (Lachin)-Stepanakert – il tratto di circa 5 km Tegh-Kornidzor [all’inizio del Corridoio di Berdzor (Lachin] – sarà aperta al traffico dal 1° aprile. I lavori saranno completati entro l’estate. Allo stesso tempo, il corridoio stesso è stato bloccato dall’#Azerbaigian vicino a Shushi per 3 mesi.
L’Ufficio del Difensore dei Diritti Umani della Repubblica di Artsakh ha pubblicato il rapporto sull’attacco terroristico azerbajgiano del 5 marzo scorso. L’Iniziativa italiana per l’Artsakh ha pubblicato una traduzione italiana [QUI].
Una goccia di bene in un mare di male
Quei cinque camion di aiuti spediti dagli Armeni ai Turchi
di Renato Farina
Tempi, 1° marzo 2023
Riferisco con stupore felice e un poco tremante. Durerà? Per la prima volta in 35 anni è stato aperto un valico tra Turchia e Armenia per consegnare aiuti alle vittime del terremoto in Anatolia, dove nel 1915 terre e città furono ripulite da quel popolo di Cristiani Caucasici per destinarlo al massacro. I discendenti dei sopravvissuti hanno stipato di viveri 5 camion che hanno attraversato il valico di Alican. A riferirlo è stata l’agenzia ufficiale turca Anadolu, che ha persino pubblicato una foto dei camion. E ha citato il Viceministro degli Esteri armeno, Vahan Kostanayn: «Gli aiuti inviati dall’Armenia hanno attraversato il ponte di Margara sul confine turco-armeno e si stanno dirigendo verso le zone colpite dal sisma». Gli ha fatto eco l’inviato speciale della Turchia per l’Armenia, Serdar Kilic: «Ricorderò sempre il generoso aiuto inviato dal popolo armeno per alleviare le sofferenze del nostro popolo». Impressiona il linguaggio identico, non entrano in gioco idee diverse su che cosa è giusto e sbagliato.
Il samaritano che soccorre lo sventurato è il patrono dell’amore al prossimo in Turchia e in Siria, in Armenia e in Russia, ovunque. E ciascuno, a qualunque nazione appartenga, qualsiasi lingua abbia appreso da sua madre, o tradizione religiosa abbia attinto con il latte dalle sue mammelle, sa che questo è bene.
La ruota del criceto e l’imprevisto
Soccorrere chi è stato seppellito dalle macerie, tendere la mano per tirarlo fuori di lì, aprire il tascapane per cavarne il cibo per lui e i suoi figli: questo è essere uomini. Nel 1988 l’Armenia occidentale fu colpito da un sisma di magnitudo 7, ci furono 25 mila morti, dei quali 15 mila nella sola Gyumri. Accorsero per primi i friulani. E insieme a loro i Turchi. Quel valico da cui stanno passando i soccorrevoli camion armeni fu aperto allora per consentire l’afflusso in senso contrario di viveri, medicine, tende!
Durò pochi giorni quell’abbraccio con l’antico nemico. Io stesso accorsi a Gyumri – avevo energie allora – e vidi la Mezzaluna rossa all’opera e mi dissi: d’ora in poi mi ricorderò solo del bene, perché lì sta lo scopo per cui mi ha partorito mia madre: vivere nell’amore e dare pace.
Accidenti, dopo un attimo, tutto come prima, il muro della diffidenza si alzò quasi immediatamente. Ponti e valichi chiusi. Infine l’alleanza dei Turchi con gli altri popoli del medesimo ceppo etnico: Azeri e Turkmeni dell’Azerbajgian. Contro chi? Contro gli Armeni: gli stessi ai quali un istante prima, con sincerità, i Turchi avevano versato vino e olio come fece il samaritano con il viandante ferito. Passano gli anni, e siamo al settembre del 2020, all’aggressione contro l’Artsakh/Nagorno-Karabakh, e la volontà sempre ritornante di ripetere il genocidio, incamerando l’intera Repubblica armena nel rinascente impero ottomano.
E ora, i camion armeni soccorrono l’impero del sultano Erdoğan… il quale è rimasto colpito, non se l’aspettava, ha detto grazie, con semplicità. Quanto durerà questa benevolenza nel dolore che ci accomuna? Von Kleist nel meraviglioso racconto Il terremoto in Cile rileva come in pochi giorni il popolo passò dalla pietà degli uni verso gli altri alla ferocia. Siamo condannati al perenne ritorno dell’uguale? Io credo che la storia non sia la ruota del criceto. Esiste un margine di libertà, esiste l’imprevisto: Dio non se ne sta sopra le nubi liceo come un re fannullone.
La «brezza leggera» di Elia
Ripenso ai 5 camion carichi di beni vitali. Non riusciamo a consegnare ai 120 mila Armeni assediati dagli Azeri cibo e medicine, e li portiamo agli alleati di chi soffoca la nostra gente. Che senso ha? Conviene essere buoni? La dolcezza talvolta spezza le ossa all’odio. Accadrà almeno stavolta? Mi domando se un atto di gratuità avrà risonanza appena l’ultimo giorno, quando suonerà la tromba del giudizio, oppure purificherà già prima le acque purulente della storia. Non è a disposizione della nostra sapienza la risposta. Ma la gratuità, la bontà, sono già un pezzo di paradiso.
In queste mie lettere mensili ho raccolto il bene in una goccia d’inchiostro e il male l’ho versato sulla pagina rovesciandolo da un secchio. Sono ancora arciconvinto che il Presidente dell’Azerbaigian Ilham Alyiev e quello turco Erdoğan coltivino il disegno di eliminare l’anomalia armena del Caucaso. Eppure esiste qualcosa che supera pregiudizi e ideologie, sfonda le porte dell’inferno inondandolo di un vento fragrante. È il profeta Elia che descrive Dio nella Bibbia come «una brezza leggera». Io l’ho sentita per un giorno e una notte agitare con la sua carezza il lago di Sevan come a benedire l’umana compassione.
Il Molokano
Indice – #ArtsakhBlockade [QUI]