45ª Udienza del Processo 60SA in Vaticano. Seguendo il copione dell’epicedio, lo IOR all’attacco della Segreteria di Stato lancia in resta

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[Korazym.org/Blog dell’Editore, 16.02.2023 – Vik van Brantegem] – Durante la 45ª Udienza del maxiprocesso in corso al Tribunale dello Stato della Città del Vaticano sulla gestione dei fondi della Segreteria di Stato, svoltasi oggi nell’Aula polifunzionale dei Musei Vaticani, sono stati escussi come testimoni innanzitutto Jean-Baptiste de Franssu, Presidente dell’Istituto per le Opere di Religione (IOR), e Alessandro Nardi, ex funzionario dello IOR, nei tempi delle questioni in discussione, Responsabile dell’Ufficio compliance.

Inoltre, sono stati ascoltati anche Giorgio Cutrona, titolare di alcuni negozi di filatelia e numismatica a Roma, e Piergiorgio Cupidi, Responsabile dell’Ufficio filatelico vaticano, ora in pensione, sui rapporti con Onofrio Tirabassi, padre dell’ex funzionario della Segreteria di Stato imputato, Fabrizio Tirabassi, imputato, nella cui casa in Abruzzo sono state trovate casse di monete antiche e francobolli di grande valore.

In tutto questo epicedio iniziato nel 2019, tornano sempre in scena le parole latine vulpes pilum mutat non mores, attestate per la prima volta da Svetonio in Vita di vespasiano, nel De Vita Caesarum. L’adagio latino (tradotto: la volpe cambia il pelo, non i costumi) ha subito una trasformazione nel suo passaggio all’italiano, diventando il proverbio il lupo perde il pelo ma non il vizio, cioè, non importa che il lupo cambia la sua pelliccia, rimane sempre lo stesso. Per estensione – e nella morale comune – i membri del consesso umano possono cambiare i loro atteggiamenti, ma difficilmente cambieranno gli obiettivi che si sono preposti di raggiungere.

Questa breve introduzione, per inquadrare bene quanto scritto oggi dai vaticanisti di lungo corso del Messaggero e del Faro di Roma, rispettivamente Franca Giansoldati e Sante Cavalleri.

Nel suo articolo Palazzo di Londra, all’udienza del processo il mistero del mutuo: «Perchè lo Ior lo negò?» Franca Giansoldati ricorda [QUI]: «Tra tutti i misteri finora affiorati è quello più impenetrabile, perché va a toccare il cuore pulsante del sistema finanziario della banca del Papa accusata dalla Segreteria di Stato di essere “incompetente” e “scorretta”. Al punto da far scrivere al Sostituto alla Segreteria di Stato, Edgar Peña Parra, in una lettera interna: “A questo punto, comprendo la fuga di capitali in atto, soprattutto da parte degli Istituti Religiosi e mi domando: Oggi, a servizio di chi è lo IOR?”. Il fatto è che nella burrascosa compravendita del disgraziato investimento del Palazzo di Londra – oggetto del processo in corso nel tribunale d’Oltretevere – finora nessuno ha ancora voluto (o potuto) rispondere in modo esauriente al perché lo IOR cambiò idea tanto velocemente: in un primo tempo rispose affermativamente alla richiesta della Segreteria di Stato di concederle un mutuo di 150 milioni di euro. I soldi sarebbero serviti a rientrare in pieno possesso dell’immobile ed estinguere un precedente mutuo. Poi però lo IOR, nonostante l’assenso dato, fece una insolita quanto inspiegabile e repentina marcia indietro dopo un mese. (…)
In quel periodo in Vaticano ci fu una burrascosa riunione in Segreteria di Stato come viene evidenziato in un documento interno rivolto dal Sostituto Peña Parra al Segretario di Stato, Parolin. In questo scritto si spiega che la richiesta di anticipazione finanziaria pari a 150 milioni di euro, era utile ad estinguere il mutuo. Il Sostituto riassumeva per filo e per segno: “Il 2 maggio 2019, dopo una lunga trattativa, la Segreteria di Stato otteneva il pieno possesso e controllo del palazzo (…) La transazione avveniva dopo aver ricevuto il nulla osta dell’AIF e dopo aver dato opportuna comunicazione all’autorità finanziaria inglese, la quale non opponeva alcuna obiezione e riconosceva la piena giurisdizione dell’autorità vaticana”.
Peña Parra aggiunge che si era “adoperato con il Direttore dello IOR ad ottenere un’anticipazione finanziaria che permettesse la gestione dell’asset, ottenendo ampie e ripetute assicurazioni al riguardo, nel corso di diverse udienze. Anche su questo punto, chiedevo il parere dell’AIF, trovando piena disponibilità e ricevendo sicure garanzie”. Di seguito il 24 maggio il presidente dello IOR comunicava l’erogazione del credito richiesto, avendo ottenuto dall’AIF (l’authority finanziaria sull’antiriciclaggio ndr) tutte le rassicurazioni ma nel luglio, “come un fulmine a ciel sereno” si apprese che vi erano “diverse obiezioni sollevate. In particolare, ho saputo – scrive Peña Parra – della lettera del 10 giugno del Presidente De Franssu al Presidente Brulhart, con cui si chiedeva se l’ammontare di 150 milioni rientrasse tra gli atti che incidono in modo rilevante sulla dotazione patrimoniale dell’Istituto”. L’AIF rassicurava che l’operazione non avrebbe intaccato il patrimonio o la condizione dell’Istituto, “né la capacità dello stesso di svolgere professionalmente le attività di natura finanziaria”. Ma nonostante tale rassicurazione De Franssu negava il finanziamento “perché intaccherebbe il patrimonio dell’Istituto”.
A questo punto nella ricostruzione cronologica di Peña Parra non mancano gli interrogativi sul perché una “richiesta di un’anticipazione creditizia si sarebbe dovuta trattare in tempi rapidi e certi. Invece, rammento che la richiesta risale al 4 marzo e la risposta definitiva al 9 luglio!”.
Il Sostituto accusa i vertici dello IOR di avere “sollevato obiezioni capziose e pretestuose” dicendo che “la Segreteria di Stato non avrebbe titolarità e personalità giuridica per possedere e amministrare degli Immobili” e che “l’operazione potrebbe essere soggetta a un’inchiesta per riciclaggio di denaro. Al riguardo, ricordo soltanto – scriveva il Sostituto al Cardinale Parolin – che l’anticipazione creditizia è utile alla SdS per estinguere un mutuo pari a 128 milioni di sterline, che comunque dovrà essere pagato per legge il 20 aprile del 2020. Mi domando: quando la SdS pagherà tale somma, dovuta a un intermediario creditizio (Cheyne Capital), incorrerà nel riciclaggio di denaro? E ancora: come è possibile che, dopo 5 mesi di trattativa lo IOR non proceda a detta erogazione, mentre in sole 2 settimane, un altro Istituto bancario (internazionalmente riconosciuto) ha dato disponibilità al credito, dopo averne valutati i rischi, tramite una precisa e dettagliata comfort letter?”
Le accuse sono tutte pesanti e proseguono additando lo IOR di essere stato scarsamente trasparente. “Non ha indicato l’iter da seguire per ottenere il finanziamento e, dopo le diverse rassicurazioni, ha richiesto la documentazione necessaria all’approfondimento solo nella seconda metà del mese di giugno. Alla pronta risposta della Segreteria di Stato, che ha fornito tutti i documenti richiesti, purtroppo non si è dato alcun seguito”.
Infine Peña Parra parla di scorrettezza istituzionale. “Mi spiace far rilevare alcuni atteggiamenti scorretti dal punto di vista istituzionale e poco rispettosi delle indicazioni dei Superiori della Segreteria di Stato”. Inoltre, aggiungeva “ho constatato una grave mancanza di professionalità e una scarsa collaborazione. A questo punto, comprendo la fuga di capitali in atto, soprattutto da parte degli Istituti Religiosi e mi domando: Oggi, a servizio di chi è lo IOR?”».

In riferimento alla testimonianza del Presidente dello IOR, Sante Cavalleri nel suo articolo Ed ora la dirigenza dello IOR prende a spallate la Segreteria di Stato sul Faro di Roma osserva [QUI]: «L’attuale board dello IOR ha deciso di attaccare la Segreteria di Stato nel corso del processo per il Palazzo di Londra, che assume così connotati sempre più surreali. Intanto perché non si comprende quali reati sarebbero stati commessi dai superiori del dicastero più vicino al Papa nel tentativo di accendere un mutuo nella propria banca per razionalizzare un investimento forse infelice ma non certo disonesto. Nel 2019, dopo che il Card. Giovanni Angelo Becciu (accusato non si sa più di cosa dopo che è emersa la congiura che c’era dietro il memoriale – a questo punto privo di qualunque valore probatorio – di Mons. Alberto Perlasca) era stato già promosso alla Congregazione per i Santi, e quindi non c’entrava con questa operazione che gli viene ingiustamente addossata. (…) Un’operazione autorizzata dal Card. Pietro Parolin, Segretario di Stato, e fortemente voluta dal successore di Becciu, Mons. Edgar Peña Parra, attuale Sostituto della Segreteria di Stato. Dove è lo scandalo? Della sua banca la Santa Sede farebbe bene a liberarsi, ma fino a quando c’è chi guida la Santa Sede può evidentemente servirsene sempre nei limiti delle norme. Ma anche ammesso che il prestito non andasse richiesto, perché creare un caso giudiziario fondato sul nulla? Da questa scelta infelice di investire la magistratura vaticana (incompetente per definizione in questa materia) è nato questo processo farsa che ha portato solo discredito alla Chiesa».

L’esame di Jean-Baptiste De Franssu ha occupato oltre la metà della 45ª Udienza, durante la quale il teste ha ripercorso nel dettaglio le trattative con la Segreteria di Stato, partito dalla prima richiesta di un finanziamento di 150 milioni di euro per rinegoziare l’esoso mutuo sul Palazzo di Sloane Avenue, concluse il 2 luglio 2019 con la denuncia dalla quale sono partite le indagini che hanno dato origine al processo in corso, iniziato il 3 luglio 2021 con la citazione in giudizio dei 10 imputati e la prima Udienza del 27 luglio 2021.

La richiesta formale del prestito per il palazzo al numero 60 di Sloane Avenue di Londra era arrivata allo IOR il 4 marzo 2019 con una lettera a firma del Segretario di Stato, il Cardinale Pietro Parolin, cui seguiva il 24 maggio 2019 una lettera con cui l’Autorità di Informazione Finanziaria (AIF) autorizzava a procedere con la concessione del prestito, il che però, secondo il Presidente dello IOR, “non ci esentava da tutti i controlli che l’Istituto doveva fare”.

Più volte durante l’interrogatorio, il Presidente dello IOR ha tenuto a ribadire: “Ognuno nello IOR ha svolto bene il suo lavoro”. De Franssu ha parlato dello scambio di lettere, degli incontri, le email, le telefonate con i vertici dell’AIF, circa il prestito. Giusto – ha sottolineato più volte De Franssu – che la Segreteria di Stato ricercasse condizioni migliori per risparmiare. Allo stesso tempo, l’operazione, ha affermato il teste, presentava non pochi problemi “a livello normativo”, a cominciare dal fatto che lo IOR non è “una banca”, come invece è comunemente definita, e quindi non può emettere prestiti. Tantomeno di quelle proporzioni. Questo avrebbe provocato dei rischi per il possibile impatto sul patrimonio dello IOR. Inoltre, “appena il consiglio dello IOR si era insediato nel luglio 2014, la prima decisione fu che si interrompesse qualsiasi attività di prestito”, ha detto De Franssu, ricordando una particolare situazione annoverata tra gli “abusi commessi nei confronti dello IOR negli anni”. Ovvero la cosiddetta “operazione Malta” per l’acquisto del Palazzo della Borsa a Budapest. “Un furto di 150 milioni di euro”, ha affermato [QUI].

Osserva Andrea Gagliarducci su ACI Stampa [QUI]: «De Franssu ha considerato ogni sollecitazione una pressione, ha collegato al suo rifiuto anche una nota su una transazione dello IOR con l’istituto finanziario INVESCO, “una cosa minima”, ha detto, che però era finita sotto i riflettori anche perché INVESCO era stato per 30 anni la casa di De Franssu. Per tutta risposta, il presidente dello IOR invia al Cardinale Parolin una nota riguardante un processo che lo IOR ha a Malta, per l’acquisto del prestigioso ex Palazzo della Borsa di Budapest. È un caso complicato, dove lo IOR viene anche accusato di aver, una volta aperto il procedimento, rifiutato ogni offerta per l’acquisizione del palazzo che avrebbe ripianato debito e contenzioso solo nella volontà di discreditare il vecchio management dell’Istituto. Saranno i giudici a stabilire la verità processuale. Si nota, però, la volontà di De Franssu di marcare una certa discontinuità con la vecchia gestione, nonostante questa avesse lasciato con un utile di 86,6 milioni di euro che non si è più verificato negli anni successivi».

Dinanzi alla richiesta della Segreteria di Stato, avanzata prima con la lettera del 4 marzo 2019 e poi a maggio da parte dei vertici del Dicastero, partirono tuttavia una serie di interlocuzioni con l’AIF per valutare la possibilità di concedere il credito. Prima, però, bisognava verificare che non si incorresse in “un’accusa di riciclaggio di denaro”. “Era la nostra preoccupazione principale”. A tal proposito, si indagò sul coinvolgimento nell’affare di personaggi come Raffaele Mincione e Gianluigi Torzi (imputati). I nomi di entrambi, ha affermato De Franssu, comparivano in un database internazionale su illeciti finanziari.

L’AIF, organismo indipendente, tuttavia “rassicurava” lo IOR. “Siete protetti, potete procedere”, dicevano gli allora Presidente René Brüllhart e Direttore Tommaso Di Ruzza. Ma sulla base delle informazioni raccolte dall’Ufficio Compliance dello IOR e soprattutto a causa del fatto che la Segreteria di Stato non avrebbe mai presentato la documentazione richiesta, l’Istituto per le Opere di Religione decise di non procedere con il prestito. La decisione fu comunicata alle parti il 9 luglio 2019. Qualche settimana dopo, il 25 dello stesso mese, si tenne una riunione a cui parteciparono i vertici di AIF, IOR e Segreteria di Stato allo scopo di “verificare eventuali soluzioni diverse” e ottenere “sufficienti elementi per evitare il riciclaggio”. “Mai avute le rassicurazioni necessarie”, ha affermato De Franssu.

Più di una volta ha lamentato in aula che nell’incontro di luglio furono accusati di essere “incompetenti” e le loro richieste “irragionevoli”. “Posso accettare io di essere incompetente, ma non che venga messa in discussione l’autorità dello IOR”, ha esclamato. Ha ricordato poi che, finito l’incontro, Di Ruzza, per tutto il tempo in silenzio, lo prese da parte e disse: “Perché sei così ostinato? Se concedi il prestito, ti proteggeremo”. Per De Franssu questi episodi, ma anche altre situazioni in quell’arco di tempo, sono da considerare “pressioni”.

Ad un certo punto “era giunto il momento in cui l’Istituto non aveva altra scelta, date le circostanze create e l’incertezza raggiunta. L’unica cosa da fare era presentare denuncia al Tribunale”, ha detto De Franssu.

Alessandro Nardi ha parlato di “minacce” e tra altro ha riferito di un incontro con Fabrizio Tirabassi (ex funzionario dell’Ufficio amministrativo della Segreteria di Stato, tra i 10 imputati) al ristorante romano Lo Scarpone il 27 giugno 2019. In quell’occasione il teste ha detto di essersi sentito “minacciato” perché Tirabassi gli disse che “dietro l’operazione di Londra c’erano persone pericolose, capaci di commettere omicidi”. Come pubblico ufficiale, tuttavia, non presentò alcuna denuncia (“Ne parlai con De Franssu e con mia moglie”).  Poi, le affermazioni di Nardi sono state sementite dallo stesso Tirabassi, in una dichiarazione spontanea resa durante l’Udienza.

Al termine della 45ª udienza, il Presidente del Tribunale vaticano, Giuseppe Pignatone, ha comunicato che il 16 marzo prossima si svolgerà l’annunciato ascolto come testimone dell’Arcivescovo Edgar Peña Parra, Sostituto della Segreteria di Stato.

Il processo riprenderà domani, quando saranno sentiti, tra gli altri, Mons. Sebastiano Sanguinetti, Vescovo di Tempio-Ampurias, ex Vescovo di Ozieri Vescovo di Ozieri dal 1997 al 2006 e Mons. Corrado Melis, attuale Vescovo di Ozieri.

Indice – Caso 60SA [QUI]

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