Papa Francesco, la sfida del Sinodo della sinodalità e il “grande inganno”

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[Korazym.org/Blog dell’Editore, 06.02.2023 – Andrea Gagliarducci] – Un articolo sulla rivista America del Cardinale Robert McElroy [QUI] – e il successivo intervento di McElroy in un podcast [QUI] – ha aperto un dibattito destinato a durare per tutto il processo sinodale, che si concluderà nel 2024. McElroy ha parlato della necessità di una “inclusione radicale” delle persone LGBT, di donne e di altri nella Chiesa Cattolica.

L’argomento era questo: il cammino sinodale passa per le assemblee continentali, il cui tema è Allarga lo spazio della tua tenda [QUI]. E allargare la tenda significa anche decostruire quelle che il porporato chiama le “strutture di esclusione” della Chiesa. Abbiamo bisogno di una Chiesa al passo con i tempi, che consenta a tutti di fare parte del processo decisionale, e metta da parte la dottrina per essere, invece, sinodale, secondo lo spirito reale del termine.

È un argomento che nasce alla vigilia delle tappe continentali del Sinodo e, ovviamente, il Cardinale McElroy ha lanciato la sua provocazione in vista della tappa nordamericana. Insomma, il cardinale si rivolgeva ad un pubblico preciso, ad una certa intellighenzia democratica che, almeno nella Chiesa negli Stati Uniti, sembra essere minoritaria rispetto, invece, ad un orientamento proprio dei vescovi, che va in direzione opposta. Pensate al cammino di “rinnovamento eucaristico” avviato dalla Conferenza Episcopale Statunitense.

Il tema lanciato dal cardinale è però più universale. In Europa, ad esempio, i suoi effetti si vedono nel cammino sinodale della Chiesa in Germania. Questo percorso, tra l’altro, ha provocato diversi moniti da parte di Papa Francesco. Non è un caso che siano stati resi pubblici i resoconti dell’incontro interdicasteriale con i vescovi tedeschi di giugno [QUI], cosa che non accade mai. Non sorprende, che i Cardinali Parolin, Ladaria e Ouellet hanno scritto alla Conferenza Episcopale Tedesca [QUI] sottolineando come la decisione ultima di un concilio sinodale si scontrerebbe con alcune prerogative del rapporto tra Roma e la conferenza episcopale.

Ma dalla Germania hanno risposto che il Papa non capiva. Altrimenti, non avrebbe reagito in quel modo. E anche quando a Roma è stato fatto notare loro che era lo stesso Papa Francesco a non volere un simile cammino sinodale, i vescovi tedeschi hanno sostenuto di aver spiegato a Roma come procede un cammino sinodale.

Sto parafrasando, ovviamente, e forse esagerando per enfasi. Ma la sostanza del botta e risposta è proprio questa, e contengono tutti gli elementi che hanno fatto commentare a Larry Chapp che quello di McElroy è un “grande inganno” [QUI].

Chapp sostiene che c’è un forte senso di autoritarismo in quelle parole. Siamo democratici – per riassumere le parole di Chapp – solo fino a quando non raggiungiamo le nostre conclusioni, e quando arriviamo a quelle, la democrazia finisce e le nostre ragioni vengono affermate con la forza. A quel punto non c’è più discussione e non c’è più sinodalità.

Questo vale per McElroy, ma vale anche per chi porta avanti lo stesso dibattito e le stesse argomentazioni in situazioni e aree geografiche diverse.
Bisogna ammettere che Papa Francesco ha, in qualche modo, contribuito a questo “grande inganno”. Dapprima sul Sinodo della Chiesa in Germania ha espresso in più occasioni preoccupazione, ma poi alcuni temi del Sinodo sono stati da lui riproposti in forme e modi diversi, anche contraddittori.

La questione dell’omosessualità ne è un esempio: il Papa mostra di accogliere le coppie omosessuali ma poi approva un documento della Congregazione per la Dottrina della Fede [QUI], che ha un solido accento pastorale ma rifiuta le benedizioni alle coppie omosessuali.

Poi, con parole indirette, prende le distanze dal documento, i cui autori vengono poi emarginati. Tuttavia, in un’intervista con The Associated Press [QUI], si spinge fino ad affermare che l’omosessualità è un peccato. Rendendosi conto che le sue parole hanno creato un “buco” nell’opinione pubblica, scrive a Padre James Martin, S.I. [QUI], il guru della pastorale LGBT, che bisogna capire che il Papa non può essere preciso quando parla in un’intervista a telecamere accese.

In questa ambiguità continua, in questa distinzione continua tra situazioni e azioni, il pensiero del Papa appare non chiaro o, comunque, non definito. Ed è qui che probabilmente si insinua la possibilità di mettere in atto il “grande inganno”. Non sappiamo se il Papa ne sia consapevole o se agisca solo in buona fede. Prendiamo solo atto della situazione.

Il problema è che questo tipo di dibattito si sposta anche nelle assemblee sinodali, e da lì finirà al Sinodo. Papa Francesco ha più volte ribadito che il Sinodo non è un Parlamento. Eppure, sempre più spesso, l’istinto a comprendere l’evoluzione della dottrina, tentando così di applicarla, viene attribuito a un generico sensus fidelium. Ma lo stesso sensus fidelium a cui si appella Papa Francesco, sostiene che il centro si conosce meglio dalla periferia. Come puoi vedere, è un cane che si morde la coda.

Ma il Sinodo è un processo che deve portare a cambiamenti sostanziali nella dottrina della Chiesa? E soprattutto, perché dovrebbe portarne? La stessa domanda fu posta durante il Concilio Vaticano II, dopo di che si è detto che era necessariamente dirompente. Tuttavia, posto che la rottura non è avvenuta con il Concilio perché ci sono documenti, atti e narrazioni per certificare la volontà dei padri conciliari, si tenta un processo più leggero, come un cammino sinodale. Almeno questo è il sospetto.

Ma c’è un fatto da non sottovalutare. Il Concilio Vaticano II era nato per fare il punto sul lavoro che la Chiesa aveva svolto sul campo. Quindi non si trattava solo di un aggiornamento ma della necessità di auto-comprendere qualcosa di già fatto che non era stato valutato.

Per intenderci, quando Paolo VI pensava al Sinodo come un “camminare insieme”, pensava anche ai tanti esempi della Chiesa che cammina insieme. Non parlo solo dei tanti incontri a livello episcopale che si sono svolti. Un elenco relativamente completo di quelli europei si trova nella “nota semplice” che l’allora Monsignor Roger Etchegaray scrisse durante il Concilio [QUI], dando vita a quello che doveva diventare il Consiglio delle Conferenze Episcopali Europee.

Invece, i laici hanno guidato iniziative che sono state poi incorporate nella Chiesa. Basti pensare alle Opere Missionarie, divenute poi Pontificie, nate dal genio e dall’impegno di laici per la causa del Vangelo. Si pensi all’Azione Cattolica in Italia, fondata da un laico. Anche la preghiera dell’Angelus domenicale è nata da un’intuizione di un laico, Luigi Gedda, che l’ha trasmessa a Pio XII.

Ci sono molti più esempi. Dopotutto, era una Chiesa che in pratica era già sinodale. E forse il peccato più grande che possono commettere gli uomini di Chiesa è quello di dimenticare ciò che la Chiesa è sempre stata. In un mondo dove le ondate della secolarizzazione avevano attaccato il senso stesso della fede cristiana, sono stati i laici a sostenere i vescovi e, insieme ai vescovi, a costruire una nuova Chiesa.

Naturalmente, le percezioni possono essere diverse. Ci sono stati gesti minacciosi e situazioni terribili. Ma non c’è stato nulla nella storia dell’umanità che non sia stato raggiunto attraverso una gerarchia e un’élite. E quando questi sono stati sostituiti in nome della democrazia, hanno dato il via a nuove élite.

Ma forse va riconosciuto che le élite della Chiesa sono sempre state impegnate per il bene comune, con tutti i loro difetti ed errori umani. In America Latina c’è un esempio straordinario nelle reducciones, le missioni dei gesuiti.

In questo dibattito sinodale, il “grande inganno” è descrivere la Chiesa per quello che è in teoria e non guardare invece a quello che in realtà è ed era.

Il “grande inganno” è quello di portare i problemi a un livello troppo terra a terra, perché possano essere veramente compresi.

Il “grande inganno” è parlare di dottrina e cambiamenti dottrinali quando non è questo il punto. Il punto è, invece, se la Chiesa possa parlare autenticamente di Cristo. Ecco dove sta il futuro.

Questo articolo nella nostra traduzione italiana è stato pubblicato dall’autore in inglese sul suo blog Monday Vatican [QUI].

Il vaticanista e saggista Andrea Gagliarducci è membro del Comitato di Redazione della Tappa Continentale del Sinodo. Lavora per il gruppo EWTN come Vatican Analyst per Catholic News Agency e vaticanista di ACI Stampa. Ha collaborato per i quotidiani La Sicilia, Il Tempo e Il Fatto Quotidiano ed è stato tra gli autori del portale online di informazione religiosa Korazym.org. Gestisce il blog in lingua inglese Monday Vatican e quello in lingua italiana Vatican Reporting. È consulente del Consiglio delle Conferenze Episcopali Europee. Tra le sue pubblicazioni, Cristo Speranza dell’Europa (Città Nuova 2021) sulla storia del Consiglio delle Conferenze Episcopali Europee; Linguaggi Pontifici (Editoriale Romani 2022) con Monsignor Stefano Sanchirico sul cerimoniale vaticano.

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