Giovanni Paolo II contro la pedofilia – Parte 1 – Le accuse sul operato del Cardinal Wojtyła antistoriche, non obiettive e interessate

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[Korazym.org/Blog dell’Editore, 06.12.2022 – Vik van Brantegem] – Assistiamo sempre di più a tentativi di minare l’autorità di San Giovanni Paolo II, una sorta di “de-santificazione” per mezzo stampa. L’arma che viene usata più spesso, è l’accusa che Giovanni Paolo II non abbia fatto quasi nulla per prevenire gli abusi sessuali su minori o persone vulnerabili nella Chiesa e abbia cercato di insabbiare il problema con una congiura del silenzio. Nel frattempo, è un fatto indiscutibile che Giovanni Paolo II sia stato un Papa che ha intrapreso una lotta decisiva contro i casi di pedofilia e di abusi sessuali, e che ha introdotto standard ecclesiali radicali per affrontare questo tipo di crimini nella Chiesa, sottolineando che “nel sacerdozio e nella vita religiosa c’è non c’è posto per chi farebbe del male ai giovani”. Ha iniziato il processo di purificazione della Chiesa, che è molto importante, è proseguito dopo e continua ancora oggi.

Come accade ciclicamente, ieri abbiamo letto articoli choc a seguito di un “dossier” pubblicato su Trouw [QUI], un quotidiano dei Paesi Bassi (Nederland, che in Italia continuano a chiamare Olanda e i quotidiani “olandesi”, mentre Olanda è il nome di solo due delle 12 provincie neerlandesi: Olanda meridionale e Olanda settentrionale): «Wojtyla coprì preti pedofili: la clamorosa accusa». Leggendo siti e giorni italiani si apprende che «arriva una clamorosa accusa da una inchiesta del quotidiano olandese Trouw, che ha scavato negli archivi del Servizio di sicurezza polacco. Wojtyła, prima di diventare Papa, aveva taciuto e coperto alcuni preti pur essendo a conoscenza delle loro inclinazioni pedofile». E ancora: «Il lavoro meticoloso che ha portato a questa clamorosa conclusione lo ha effettuato in particolare Ekke Overbeek, il quale ha passato tre anni a setacciare gli archivi polacchi: “Ho trovato casi concreti di preti nell’Arcidiocesi di Cracovia, – ha spiegato – dove il futuro Papa era Arcivescovo, che abusavano di bambini. Il futuro Giovanni Paolo II lo sapeva e comunque ha trasferito quegli uomini. Wojtyła, eletto Papa nel 1978, avrebbe dunque coperto preti pedofili consentendo loro di lavorare in altre parrocchie. Un’accusa clamorosa che arriva a quasi 9 anni da quando Papa Francesco lo ha proclamato santo il 27 aprile 2014». E via di seguito: «Per anni, Karol Wojtyła, ancor prima di diventare Papa, avrebbe tenuto in carica preti che commettevano abusi sessuali ai danni di bambini nelle sue parrocchie. Una inchiesta del quotidiano olandese Trouw negli archivi del Servizio di sicurezza polacco rivela che Wojtyla, eletto Papa nel 1978, avrebbe coperto preti pedofili consentendo loro di lavorare in altre parrocchie».

Per questo sorte di giornalismo, a niente è servito la pubblicazione della Posizione sulle attività di Giovanni Paolo II circa i reati sessuali con minori a cura del Consiglio Permanente della Conferenza Episcopale Polacca, che fu pubblicata il 18 novembre 2022 e che abbiamo riportato integralmente il giorno successivo, nella traduzione italiana [QUI], che si conclude così: «È incontestabile il fatto che Giovanni Paolo II sia stato un Papa che, in linea con le conoscenze acquisite, abbia ingaggiato una lotta determinata contro i casi di abuso sessuale sui minori ad opera di alcuni sacerdoti e abbia introdotto norme obbligatorie per tutte le Chiese per fare i conti con questo tipo di crimini».

Un sedicente ricercatore di archivi (per tre anni) non riesce a fare un lavoro professionale, ciò, investigare non con gli occhi di oggi, ma tenendo presente le conoscenze e condizioni di allora. Se poi il tutto viene affidato a sedicenti giornalisti che dimostrano di non essere all’altezza delle cose di cui parlano e in maggioranza utilizzano gli abusi sessuali del clero per colpire la Chiesa e per fare scandali, il gioco è fatto. In modo non obbiettivo e interessati tacciano sui casi di insabbiamento di Papa Franceso, come di nuovo è dimostrato con il caso Rupnik [QUI], ma giocano al massacro di Papi come Benedetto XVI e Giovanni Paoli II, che odiano da morire. Concordiamo con Silere non possum: «Quando si parla di Chiesa bisogna sapere di cosa si parla e non si può utilizzare l’argomento per avere visibilità o arricchirsi».

Il Cardinale Karol Wojtyła scrisse al sacerdote pedofilo, Don Józef Loranc, accusato di abusi sessuali su alcune ragazzine: ogni reato deve essere punito. Il futuro Papa Giovanni Paolo II fu esponente della linea dura contro sacerdoti che avevano compiuto reati a sfondo sessuale.

Al riguardo riportiamo un articolo dell’agenzia stampa cattolica polacca KAI, nella traduzione italiana di ACI Stampa [QUI], nell’ambito del servizio speciale KAI e eKai “Giovanni Paolo II contro la pedofilia”.

“La mancata misura punitiva da parte del tribunale ecclesiale non annulla il reato né cancella la colpa” – ha scritto nel 1971 l’allora Cardinale Karol Wojtyła, Arcivescovo metropolita di Cracovia a Don Józef Loranc, dopo aver lasciato il carcere. La lettera è stata trovata dai giornalisti di Rzeczpospolita Tomasz Krzyżak e Piotr Litka negli archivi dell’Istituto di Memoria Nazionale (IPN). Insieme ad altro materiale a cui hanno avuto accesso esso getta luce sul modo di comportarsi del futuro Papa con coloro che hanno commesso reati sessuali nel periodo del suo ministero a Cracovia. “Nell’opinione degli specialisti di diritto penale ecclesiastico – si legge – questo comportamento differisce in modo significativo dalla pratica allora comune di indulgenza nei confronti di chi aveva commesso tali reati”.

Nel testo precedente – “Pellegrinaggi ecclesiali di predatori sessuali” di Plus Minus del 26-27 novembre 2022 – i giornalisti avevano scritto la storia di Don Eugeniusz Surgent e le decisioni di alcuni vescovi che “sapevano o potevano sapere delle sue attività criminali”. “E sebbene gli fossero state imposte alcune limitazioni, il sacerdote vagava per le diocesi e continuava ad abusare dei bambini […]. Decisioni in merito a Don Surgent furono prese anche dal Cardinale Karol Wojtyła. Ci si potrebbe domandare se fossero state sufficiente, ma ci sembra di aver dimostrato in modo abbastanza convincente che abbia agito nell’ambito delle sue competenze e aveva lasciato l’ultima parola su un’eventuale sanzione al sacerdote, al suo ordinario, il Vescovo di Lubaczów. Sul fatto che Surgent, uscito dalla prigione, abbia lavorato in altre due altre diocesi, l’allora Metropolita di Cracovia, non aveva potuto farci nulla”, hanno affermato i giornalisti Krzyżak e Litka.

L’esempio descritto oggi riguarda Don Józef Loranc [1932], che dal momento dell’ordinazione sacerdotale [1958] fino alla sua morte nel 1992 è stato un presbitero dell’Arcidiocesi di Cracovia. “Dai materiali d’archivio a cui abbiamo attinto, risulta che nel suo caso il Cardinal Wojtyła abbia preso decisioni immediate, in conformità al Codice di Diritto Canonico. E sebbene in seguito abbia gradualmente abrogato le pene canoniche che gravavano su di lui e gli abbia dimostrato ampia misericordia, tuttavia è rimasto vigile”, assicurano i giornalisti.

Citano le successive parrocchie nelle quali ha insegnato religione ai bambini. Vi ha ricevuto relazioni positive anche la polizia segreta fino a quando fu trasferito, nel 1968 alla parrocchia di Jeleśnia. Il 5 marzo 1970 giunse al Comando Provinciale di Polizia Locale di Cracovia una nota della polizia segreta di Zywiec, la cui conclusione si riduceva alla dichiarazione che “insegnando religione nel villaggio di Mutne il vicario della Parrocchia di Jeleśnia, durante le lezioni di religione nella locale cappella parrocchiale corrompe i bambini e si abbandona ad atti osceni con ragazzine minorenni”. I giornalisti hanno presentato relazioni particolareggiate su questo tema; hanno scritto che il 12 marzo 1970 è iniziata l’indagine della Procura Provinciale di Cracovia; l’arresto di Don Loranc nel monastero dei cistercensi di Mogile; l’ammissione della sua colpevolezza “già alla prima udienza”; l’esame psichiatrico, dal quale è risultato che durante i reati aveva “piena consapevolezza del significato di tali atti” e che è caratterizzato da un “alto livello intellettuale”.

“L’Atto d’accusa è stato depositato alla IV Sezione Penale del Tribunale Provinciale di Cracovia il 12 giugno 1970”. ” Emerse l’immagine di un uomo adulto spietato che, sfruttando la sua posizione e autorità, ha abusato dei bambini per molti mesi. Le ragazzine che davanti a lui scappavano all’ultimo banco, venivano da lui rimesse al primo banco e se non volevano “giocare a nascondino”, le puniva “abbassando il voto di condotta”. Durante l’udienza, che “era di natura riservata”, il 10 settembre 1970 il sacerdote fu condannato e due anni di carcere e ad un’ammenda di 500 zloty.

Più avanti i giornalisti si sono concentrati sul percorso ecclesiastico del caso di Don Loranc. E così, alla fine di febbraio 1970, le madri dei bambini molestati hanno reso noto a Don Feliks Jura, parroco di Jeleśnia, ciò che il catechista faceva alle loro bambine. “Le donne si vergognavano molto e per questo non mi dissero i particolari, ma intuendo di cosa si trattasse, neanche io ho chiesto i particolari” – ha riferito il parroco, sottolineando che le relazioni erano praticamente identiche. Ha inoltre “domandato, naturalmente in termini molto generici” alle bambine e si convinse che “le accuse delle loro madri erano fondate”. Don Loranc “è scoppiato in lacrime – davanti a lui – e ha dichiarato: “Ho davvero oltrepassato i limiti della decenza”. Il giorno successivo Don Jura si recò a Łodygowic, dove presentò la questione a Don Jan Marszałek, decano di Żywiec-Północ. Lui mi “consigliò di non indugiare e di andare immediatamente a Cracovia a presentare tutto al Cardinale Karol Wojtyła”.

Il 2 marzo 1970 il parroco entrò per primo nell’ufficio del Metropolita e relazionò tutto ciò che lui stesso aveva stabilito riguardo alla questione di Don Loranc. “Il Cardinal Wojtyła rimase scioccato da tutto ciò, ‘non credendo che Don Loranc avesse potuto arrivare a tanto”. Successivamente nella stanza fu fatto entrare il colpevole.

Il Parroco: “Quando il cardinale si rese conto che la mia relazione era veritiera, perché confermata dallo stesso Don Loranc, dichiarò che in queste circostanze Don Loranc non poteva più svolgere il suo ministero nella Parrocchia di Jeleśnia e che al suo posto avrebbe inviato un altro sacerdote. Raccomandò a Don Loranc di andare da sua madre a Łodygowice e di attendere lì la decisione della Curia”. Qualche giorno dopo il parroco Jura ricevette dalla Curia una lettera. Da essa si evinceva che Don Loranc “è sospeso, cioè non può svolgere nessuna funzione sacerdotale”, inoltre “dovrà risiedere per un certo periodo nel monastero e fare gli esercizi spirituali, inoltre dovrà sottoporsi a cure”.

“Come si vede – scrivono Krzyżak e Litka – in quel momento Wojtyła prese tutte le decisioni necessarie: rapida rimozione del sacerdote dalla parrocchia, sospensione e fino al chiarimento della questione, obbligo di residenza in monastero”. Loranc si sottomise al superiore e si trasferì nell’abbazia dei Cistercensi di Mogiła, dove fu arrestato.

Fu rilasciato con la condizionale dopo aver scontato metà della pena, probabilmente a metà del 1971 [mancano i documenti su questo tema]. Nell’autunno del 1971 il sacerdote si stabilì a Zakopane. Il 27 settembre di quell’anno il Cardinale Karol Wojtyła gli inviò una lettera [che fu intercettata e copiata dalla polizia segreta, e pertanto ne conosciamo il contenuto]. Il Metropolita di Cracovia diede il permesso a Don Loranc di soggiornare “presso la parrocchia della Sacra Famiglia a Zakopane”. Ma sottopose il suo caso anche al giudizio del Tribunale Metropolitano di Cracovia [le questioni penali riguardanti abusi sessuali sono state riservate alla Congregazione per la Dottrina della Fede solo nel 2001], che ha esercitato il suo diritto di clemenza e si è astenuto dal comminare la punizione. Wojtyła – si legge su Rzeczpospolita – lo spiegò a Loranc così: “La mancata misura punitiva da parte del tribunale ecclesiastico non annulla il reato né cancella la colpa. Ogni reato deve essere punito. Se quindi nel suo caso non si è giunti a una pena, è dovuto a particolari circostanze, previste dal Legislatore ecclesiastico nel Can. 2223 comma 3 n. 2. La circostanza particolare che ha indotto i giudici del Tribunale Metropolitano di Cracovia a rinunciare alla punizione, è stata la sentenza del tribunale statale, cioè la punizione del sacerdote da parte delle autorità secolari”. In seguito sottolineò che in considerazione del comportamento di Loranc “che testimonia la volontà di rimediare al male e un sincero cambiamento”, avrebbe reintrodotto gradualmente il sacerdote al ministero. Revocò la pena della sospensione che gravava su di lui dal marzo 1970 e gli permise di celebrare la Messa. Lasciò la decisione di affidare ulteriori funzioni sacerdotali al parroco di Zakopane, ma non fece ritornare Don Loranc alla “missione canonica di catechizzare i bambini e i giovani”, né al ministero della confessione. Questa doveva riceverla “in un secondo momento”.

Don Loranc si stabilì a Zakopane. Ma non insieme agli altri sacerdoti della Parrocchia della Sacra Famiglia, bensì nel convento dei padri albertini in via Kościeliskiej [il canone 2298 del Codice di Diritto Canonico in vigore allora diceva semplicemente che per la correzione di sacerdoti o allo scopo di rimediare a un reato, l’Ordinario poteva collocarlo in una “casa religiosa o di correzione”]. Risiedendo in monastero, Lorenc trascrisse i testi liturgici per l’Ufficio Pastorale della Curia. Nel settembre 1973, Don Władysław Curzydło, parroco di Zakopane, scrisse una lettera al Cardinal Wojtyła, nella quale chiedeva che Don Lorec, “occupato unicamente nella trascrizione”, potesse svolgere “tutte le funzioni pastorali ad esclusione della catechesi”. La richiesta fu accolta, ma Don Loranc non fu nominato vicario parrocchiale – nel novembre 1973 ottenne solo lo status di residente nella parrocchia. Nel luglio 1974 la polizia segreta preparò una denuncia anonima. L’autore, affermando di essere un fedele della parrocchia di Zakopane, scrisse al Cardinal Wojtyła “con imbarazzo”, che “l’autorità della Santa Chiesa non è degnamente rappresentata dai sacerdoti della nostra parrocchia”. E “circolano sempre più forti voci sul comportamento di Don Loranc che si comporta in modo equivoco nei confronti delle ragazze che frequentano l’ora di religione, o che si trattengono a volte nella canonica”.

“Non si può escludere – ritengono i giornalisti di Rzeczpospolita – che il sacerdote si sia effettivamente comportato in modo ‘equivoco’ nei confronti delle ragazze. Però è molto più probabile che fosse una provocazione della polizia segreta”. “Non si sa – si legge più avanti – se quella lettera anonima arrivò sulla scrivania del Cardinal Wojtyła, né se la Curia verificò la segnalazione. Si sa, però, che l’anno successivo Don Loranc fu trasferito alla parrocchia di Chrzanów-Kościelec, dove fu cappellano dell’ospedale locale. Se ci fossero accuse su di lui – non lo sappiamo […]. Un esame del suo fascicolo personale, che si trova nell’Archivio della Curia Metropolitana di Cracovia, potrebbe dare le risposte, ma è inaccessibile fino al 2042”. A Chrzanów il sacerdote abitava nella canonica ed ha svolto il suo servizio nell’ospedale fino al 1983. Da allora negli elenchi del clero compare come residente nella parrocchia di Chrzanów. È morto il 1° ottobre 1992.

Articolo precedente

La Conferenza Episcopale Polacca pubblica la “Posizione sulle attività di Giovanni Paolo II circa i reati sessuali con minori” – 19 novembre 2022

A seguire

Parte 2 – Prof. Buttiglione sulla pedofilia nella Chiesa: non strumentalizziamo la storia – 7 dicembre 2022 [QUI]
Parte 3 – Mons. Oder: accusare Giovanni Paolo II di aver nascosto la pedofilia sotto il tappeto contraddice i fatti – 8 dicembre 2022 [QUI]
Parte 4 – Padre Żak chiede una discussione seria sulle azioni di Giovanni Paolo II – 9 dicembre 2022 [QUI]

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