Papa Francesco, quale obiettivo in teologia?

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La nomina di Antonio Staglianò, Vescovo emerito di Noto, a Presidente della Pontificia Accademia di Teologia rivela come Papa Francesco vuole che siano i suoi teologi, e come il Papa stesso vede lo sviluppo della teologia.

A Papa Francesco piace infatti citare San Vincenzo di Lerins [QUI] e come definisce lo sviluppo della dottrina. Ma il tema per Papa Francesco è indubbiamente diverso, ed è stato evidente fin dall’Evangelii gaudium. Il problema, per Papa Francesco, non è la dottrina, ma come viene presentata. Si tratta di un approccio prevalentemente pragmatico al problema.

Ma è un approccio in cui si riflette la scelta di Mons. Staglianò, divenuto celebre per la sua teorizzazione della cosiddetta Teologia Pop. È una teologia popolare, “non convenzionale” nelle parole dello stesso vescovo, che mira a presentare il Vangelo in un linguaggio contemporaneo. In particolare, il Vescovo Staglianò ama utilizzare brani di musica leggera, in particolare quelli del Festival di Sanremo. Questo più importante festival musicale italiano è da anni una vera e propria cerimonia collettiva, vista da milioni di persone.

Monsignor Staglianò ha alle spalle solidi studi teologici e diverse pubblicazioni teologiche. Tuttavia, non è un educatore nel senso accademico del termine. In una Pontificia Accademia di Teologia, fondata nel Settecento proprio con lo scopo di formare teologi, il Vescovo Staglianò sembra essere un outsider. Tuttavia, arriva con un ruolo da protagonista.

Come mai? Perché per Papa Francesco la priorità è ringiovanire la lingua. Il Papa potrebbe non avere alcuna intenzione di cambiare la dottrina, ma è convinto che la dottrina debba essere presentata in modo diverso per essere attraente. La dottrina deve comunicare gioia. Non deve mostrare divieti. La dottrina come questione di linguaggio: questo è forse il tema teologico centrale di Papa Francesco.

Ci sono, a questo punto, diverse considerazioni da fare.

Il primo: in tempi moderni i Presidenti della Pontificia Accademia di Teologia sono sempre stati sacerdoti e mai vescovi o arcivescovi. Papa Francesco ha inizialmente proseguito questa tradizione con la nomina del Redentorista Real Tremblay nel 2014. Nel 2019, tuttavia, Papa Francesco ha scelto l’Arcivescovo Ignazio Sanna, allora 77enne, per assumere la Presidenza della Pontificia Accademia di Teologia fino all’età di 80 anni.

Sanna, un teologo ben noto, aveva avuto una notevole esperienza di insegnamento prima dei doveri pastorali a cui era stato chiamato dall’Arcivescovo di Oristano. Di solida formazione teologica, in un’intervista a Vatican News [QUI] subito dopo la sua nomina, ha definito le sfide significative di oggi come, in primo luogo, far capire che la teologia ha ancora un posto nel mondo moderno e, in secondo luogo, entrare in dialogo con le scienze. Inoltre, ha inquadrato le sfide del futuro in termini di questioni relative alla vita e alle questioni familiari.

Papa Francesco lo sostituisce con un altro vescovo, che sembra essere meno convenzionale e più affine al pensiero di Papa Francesco di affrontare grandi questioni anziché temi centrali della dottrina. Guardiamo anzitutto all’essere umano, e il discorso su Dio deve piuttosto essere tutto un discorso umano.

Ma il fatto che il Papa scelga dei vescovi per questi incarichi, mostra come vuole istituzionalizzare il suo pensiero. Da quando è diventato Papa, Francesco ha conferito incarichi episcopali o addirittura nominato cardinali dove ha cercato di rafforzare la sua posizione. Alla fine si tratta di enfatizzare la funzione, come le medaglie assegnate agli ufficiali.

Pertanto, questa rivoluzione della teologia pop doveva essere portata avanti al più alto livello per creare una teologia dal volto umano.

Il secondo fatto è che il Papa sceglie come educatore della nuova scuola di teologi un vescovo residenziale, ortodosso nelle sue pubblicazioni, ma molto pragmatico nelle sue omelie. Non sappiamo se Staglianò riuscirà o meno ad entrare in dialogo con il mondo intellettuale, e speriamo che lo faccia. La sua nomina sembra però un salto nel vuoto, quasi un’imposizione di un modo di pensare o di vedere le cose.

Il terzo dato arriva dal profilo dello stesso Vescovo Staglianò, un pastore che mostra di essere alle periferie (anche del pensiero) come invita sempre a fare Papa Francesco. La nuova linea teologica, quindi, sarà quella di ringiovanire il linguaggio, spiegando il Vangelo da un’altra prospettiva.

Vengono così sminuiti alcuni temi centrali del dibattito, da quello sulla dottrina a quello sui grandi temi della vita e della bioetica, che vanno relativizzati e accantonati per affrontare le questioni che possono attrarre il dialogo.

Quindi, Papa Francesco persegue una teologia del dialogo? A vedere le sue disposizioni, non sembrerebbe così, a partire dal Motu proprio con cui ha abolito la liberalizzazione del rito tradizionale voluta da Benedetto XVI [Papa Francesco, verso la fine o un nuovo inizio? – 26 luglio 2021 e Traditionis custodes – Indice].

Papa Francesco, però, chiede di guardare al linguaggio, distoglie l’attenzione dalle divisioni interne (spesso semplicisticamente bollate come resistenze), e chiama un vescovo a Roma perché si occupi delle sue parole e della sua filosofia.

Queste considerazioni sono spunti di riflessione. Come andrà a finire questo pontificato?

Questo articolo è stato pubblicato dall’autore ieri, 15 agosto 2022 sul suo blog Monday Vatican [QUI].

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