I no vax grave danno per i coltivatori diretti

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Le continue manifestazioni dei ‘no green pass’, oltre i commercianti, preoccupano anche i coltivatori diretti, perché con l’avanzare dei contagi e il possibile cambio di colore sono a rischio € 5.000.000.000 di spesa in ristoranti e agriturismi per pranzi e cene nelle festività di fine anno.

E’ l’allarme lanciato dalla Coldiretti al Forum Internazionale dell’Agricoltura e dell’Alimentazione a Villa Miani a Roma in merito al dibattito sul green pass rafforzato con il pressing di molte Regioni sul Governo per introdurre nuove misure ed evitare le chiusure.

 Secondo la Coldiretti 7 italiani su 10 durante le feste di Natale e Capodanno si recano almeno una volta a mangiare fuori in uno dei circa 360.000 tra ristoranti, trattorie, pizzerie, agriturismi presenti nelle regioni italiane dove aumenta il pericolo di un ritorno delle restrizioni con il passaggio o arancione:

 “Le chiusure andrebbero, infatti, a frenare la ripresa della ristorazione già tra i settori più danneggiati dalla pandemia con i consumi alimentari degli italiani fuori casa che nel 2020 sono scesi al minimo da almeno un decennio con un crack senza precedenti per bar, ristoranti, trattorie e agriturismi che hanno dimezzato il fatturato (-48%) per una perdita complessiva di quasi € 41.000.000.000.

 Ma la situazione si ripercuote a cascata sull’intero sistema agroalimentare con oltre un milione di chili di vino e cibi invenduti nell’anno della pandemia. La drastica riduzione dell’attività pesa infatti sulla vendita di molti prodotti agroalimentari, dal vino alla birra, dalla carne al pesce, dalla frutta alla verdura che trovano nel consumo fuori casa un importante mercato di sbocco”.

 E’ quindi una minaccia anche per le 5333 specialità tradizionali salvate dagli agricoltori per sostenere la rinascita dell’Italia che senza un mercato di sbocco assicurato da ristoranti e agriturismi ma anche dall’indotto turistico, con la vendita dei souvenir, rischiano di sparire per sempre.

 Nelle campagne italiani sono addirittura a rischio le semine per il balzo dei prezzi di carburanti e concimi che hanno raggiunto picchi del +143% con costi insostenibili per le imprese agricole impegnate a garantire i rifornimenti alimentari alle famiglie italiane nonostante i problemi legati alla pandemia Covid.

L’impennata del costo del gas, utilizzato nel processo di produzione dei fertilizzanti, ha fatto schizzare verso l’alto i prezzi dei concimi, con l’urea passata da 350 euro a 850 euro a tonnellata (+143%), il fosfato biammonico Dap raddoppiato (+100%) da 350 a 700 euro a tonnellata, mentre prodotti di estrazione come il perfosfato minerale registrano +65%. Non si sottraggono ai rincari anche i fertilizzanti a base di azoto, fosforo e potassio che subiscono anch’essi una forte impennata (+60%):

“A pesare il rialzo dei costi dell’energia elettrica (+40%), ma anche la stangata su carburanti (+30%) e plastiche (+40%) che influisce su trasporti e imballaggi, secondo stime di Consorzi Agrari d’Italia. Persino il costo di un bancale in legno rispetto allo scorso anno è cresciuto (+77%) passando da € 6,80 euro ad € 12.

Il rischio concreto è che molte aziende agricole scelgano di fermare la coltivazione dei terreni per timore di non riuscire a coprire neppure i costi di produzione, con ripercussioni sulla capacità di autoapprovvigionamento alimentare nazionale”.

 Un problema grave per un Paese come l’Italia che deve ancora colmare il pesante deficit produttivo in molti settori importanti dalla carne al latte, dai cereali fino alle colture proteiche necessarie per l’alimentazione degli animali negli allevamenti:

 “L’emergenza Covid sta innescando un nuovo cortocircuito sul fronte delle materie prime anche nel settore agricolo nazionale che ha già sperimentato i guasti della volatilità dei listini in un Paese come l’Italia che è fortemente deficitaria in alcuni settori ed ha bisogno di un piano di potenziamento produttivo e di stoccaggio per le principali commodities, dal grano al mais fino all’atteso piano proteine nazionale per l’alimentazione degli animali in allevamento per recuperare competitività rispetto ai concorrenti stranieri.

L’aumento delle quotazioni conferma che l’allarme globale provocato dal Covid ha fatto emergere una maggior consapevolezza sul valore strategico rappresentato dal cibo e dalle necessarie garanzie di qualità e sicurezza ma anche le fragilità presenti in Italia sulle quali occorre intervenire per difendere la sovranità alimentare, ridurre la dipendenza dall’estero per l’approvvigionamento in un momento di grandi tensioni internazionali e creare nuovi posti di lavoro”.

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