Jacopo Coghe, Pro Vita & Famiglia: «In Parlamento qualcuno ha dormito mentre il gender passava indisturbato». La raccolta di firme per la petizione

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Riportiamo da profilo Facebook di Jacopo Coghe, Vicepresidente di Pro Vita & Famiglia Onlus, la riflessione a proposito dell’ultimo trucco strisciante per mettere il bavaglio con la censura nella pubblicità per strada alla libertà di espressione. Questo è successo con una furbata, come abbiamo spiegato ieri: Il cavallo di Troia del Ddl Zan accompagnato dai senatori alla porta del parlamento, rientra dalla finestra con un rabbioso colpo di coda nel Dl infrastrutture del Governo Draghi.

Ma non è ancora finita. Urge che si sveglia la “gente per bene”, come esorta Coghe. Perché mentre dorme l’ideologia gender e la dittatura arcobaleno striscia in avanti. Quindi, facciamo seguire il collegamento al testo della petizione – aggiornata dopo l’approvazione del Dl Infrastrutture – per chiedere di togliere dal Decreto legge gli articoli 4-bis, 4-tris e 4-quater dal provvedimento.

In prima pagina sulla Stampa la protesto di Jacopo Coghe, Vicepresidente di Pro Vita & Famiglia Onlus. La dittatura gender non è entrata con il cavallo di Troia del Ddl Zan e ora surrettiziamente il Governo Draghi l’ha inserita ugualmente nel Dl Infrastrutture con un emendamento liberticida, a causa del quale non sarà più possibile fare affissioni o camion vela contro il gender, l’utero in affitto e le adozioni per coppie omosessuali. L’Associazione Pro Vita & Famiglia Onlus ha già sperimentato in passato censure su suoi manifesti, quando alcuni Comuni hanno bloccato o stracciato le sue affissioni per norme simili. Non si è arresa allora e non si arrenderà ora. Farà sempre sentire la sua voce perché la libertà di espressione è sacra ed è sancita dalla Costituzione che, proprio il 4 novembre è stata ignorata e violata dal Governo, dalla Camera e dal Senato.

In Parlamento qualcuno ha dormito
mentre il gender passava indisturbato

Quando, lo scorso 27 ottobre, votando la «tagliola», il Senato ha affossato il Ddl Zan, da parte del mondo pro family italiano – insieme alle parole di grande gioia – è arrivato anche un ammonimento forte e chiaro: quello a non abbassare la guardia.

Occhio, si era detto, perché la guerra è ancora lunga. Ora, vuoi per i troppi festeggiamenti per la morte politica della legge contro l’omofobia, vuoi per distrazione, quell’invito a restar lucidi e vigili non è purtroppo stato ascoltato. E non lo è stato neanche nei mesi scorsi a quanto pare.

Solo così si può spiegare quanto avvenuto con il Decreto legge 10 settembre 2021, n. 121 – più noto come Decreto legge Infrastrutture -, che, nel corso dell’esame alla Camera dei Deputati prima e successivamente in Senato (proprio ieri), ha visto, tra le modifiche introdotte, un emendamento – il numero 1294 – proposto dal Pd ed approvato senza illustrazione né discussione, che strizza l’occhio al mondo arcobaleno.

Come già Pro Vita & Famiglia ha avuto modo di denunciare, infatti, esso vieta espressamente «sulle strade e sui veicoli qualsiasi forma di pubblicità il cui contenuto proponga» dei «messaggi lesivi» in tema di «diritti civili» o in ordine «all’identità di genere». Già, si tratta della stessa identità di genere di cui parlava la lettera d) dell’articolo 1 della legge contro l’omobilesbotransfobia.

Per questo serpeggia un certo malcontento tra chi ha sempre difeso la famiglia e la libertà di pensiero e per questo, vista ormai l’impossibilità di togliere quella polpetta avvelenata inserita nel decreto Infrastrutture, un dubbio sorge: dov’erano i politici che hanno a cuore i valori non negoziabili, quando il Pd preparava e serviva quell’emendamento gender? Perché, soprattutto alla Camera dei Deputati, si sono così alacremente distratti e non si sono accorti di questo “piccolo” dettaglio?

Al Senato, lo si è già detto, grazie ad oltre un anno di campagne informative e manifestazioni che hanno visto Pro Vita & Famiglia in prima linea il Ddl Zan è stato fermato. Bene, anzi benissimo.

Quanto accaduto col Dl Infrastrutture dimostra però che questo, da solo, non può bastare. I politici di centrodestra e quanti, in generale, hanno a cuore valori come la vita, la famiglia e la libertà educativa, non possono cioè sperare che ci si sia sempre qualcuno che spieghi loro cosa fare. Devono combattere anch’essi, prepararsi, rimboccarsi le maniche, studiare; e, soprattutto, prestare attenzione a ciò che accade attorno a loro.

Da questo punto di vista, inutile negarlo, tanta parte della sinistra, dei radicali e della galassia Lgbt ha ancora parecchio da insegnare: per determinazione, combattività e costanza. Già, la costanza è probabilmente quello che maggiormente ancora manca, nelle istituzioni, a quanti hanno a cuore i valori non negoziabili. Il che, beninteso, non è un problema solo, si fa per dire, per quanto accaduto per il Decreto legge Infrastrutture.

Dall’eutanasia all’utero in affitto, dalla cannabis legale alle adozioni omogenitoriali, dal «cambio di sesso» per i minori alla minaccia alla libertà educativa, sono infatti molteplici le sfide che ci attendono.

Il punto è che per continuare questa battaglia, a livello politico, non basta più essere – con tutto il rispetto – brave persone. Che è un requisito fondamentale, ovvio: ma non sufficiente. Occorrono anche la capacità di studiare ogni singolo provvedimento, di setacciarne le pieghe, nonché quella di proporre iniziative e atti che possano aiutare la vita, la maternità, la famiglia, i malati, i disabili, la libertà educativa ma anche religiosa.

Tutti temi di enorme spessore antropologico che però, si badi, non ammettono improvvisazione né distrazione. Cioè quello che si è verificato alla Camera con il Dl Infrastrutture e che ha portato lo stesso decreto ad arrivare “blindato” al Senato.

Risultato: l’ideologia gender, pur non è entrata nelle scuole di ordine e grado, come voleva il Ddl Zan, ora è libera, ahinoi, di circolare «sulle strade e sui veicoli». E tutto ciò grazie ad una svista che no, non deve più ripetersi, soprattutto per le sfide che ci attendono.

Jacopo Coghe

La petizione

Ecco il messaggio – aggiornato dopo l’approvazione del Dl Infrastrutture – che Pro Vita & Famiglia Onlus invierà al Ministro delle Pari Opportunità Elena Bonetti, al Ministro della Giustizia Marta Cartabia e al Ministro delle Infrastrutture Enrico Giovannini:

È stato approvato in via definitiva il Decreto legge Infrastrutture e trasporti n. 121/2021, e con esso ha avuto via libera un emendamento proposto alla Camera dalle piddine Alessia Rotta e Raffaella Paita: che vieta «sulle strade e sui veicoli qualsiasi forma di pubblicità il cui contenuto proponga messaggi sessisti o stereotipi di genere offensivi o messaggi lesivi del rispetto delle libertà individuali, dei diritti civili e politici, del credo religioso, dell’appartenenza etnica oppure discriminatori con riferimento all’orientamento sessuale, all’identità di genere».

In questo modo si vuole far rientrare surrettiziamente dalla finestra la nefasta ideologia gender, provvidenzialmente cacciata dalla porta con l’affossamento del Ddl Zan, attraverso la “solita” foglia di fico delle discriminazioni. Con tanto di rimozione dei messaggi pubblicitari e divieto di circolazione per chi non si conforma all’ideologia LGBTQIA+!

Sarà ancora possibile, per esempio, affermare mediante un manifesto o un camion vela che i bambini sono maschi e le bambine sono femmine? Che un bambino nasce da una mamma e un papà? Che l’utero in affitto è una pratica barbara? O si conferirà ai Comuni un’inaccettabile licenza di censura nei confronti di associazioni e realtà che, come Pro Vita & Famiglia, non intendono genuflettersi al pensiero unico? Che fine farebbe, allora, la libertà di espressione sancita dall’art. 21 della Costituzione?

Tuttavia, per trovare applicazione, questa norma liberticida ha bisogno di un decreto attuativo emanato dal Ministro per le Pari Opportunità di concerto con il Ministro delle Infrastrutture e con il Ministro della Giustizia.

Per tutti questi motivi, la petizione di Pro Vita & Famiglia Onlus chiede che il Ministro delle Pari Opportunità Bonetti, il Ministro della Giustizia Cartabia e il Ministro delle Infrastrutture Giovannini evitino di emanare il decreto attuativo al Dl Infrastrutture che finirebbe per porre un intollerabile bavaglio a pubblicità che, ad esempio, esprimano mediante manifesti o veicoli un’opposizione all’ideologia gender o all’utero in affitto.

Firma questa petizione, compilando il modulo, per chiedere al Ministro delle Pari Opportunità Bonetti, al Ministro della Giustizia Cartabia e al Ministro delle Infrastrutture Giovannini di non dare attuazione all’emendamento al Dl Infrastrutture che “resuscita” l’identità di genere (appena affossata col Ddl Zan) e imbavaglia le associazioni che non si piegano al pensiero unico, quindi, di non emanare il decreto attuativo al Dl Infrastrutture che censurerebbe pubblicità, su manifesti o veicoli, che esprimono ad esempio contrarietà al gender, all’utero in affitto e alle unioni civili.

Firma subito questa petizione QUI.

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