Non rubate la speranza ai rifugiati: dalla Santa Sede l’appello per la Siria

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Tutti nella comunità cristiana sono chiamati ad ascoltare l’appello di Cristo ad accogliere lo straniero, che oggi si presenta a noi con il volto del profugo, del rifugiato e di chi è vittima dell’ignobile traffico di esseri umani, come Papa Francesco ha affermato lo scorso 24 maggio, nell’Udienza ai partecipanti alla XX Plenaria del nostro Pontificio Consiglio: “Non dimenticate la carne di Cristo che è nella carne dei rifugiati: la loro carne è la carne di Cristo!”.

A proposito del dramma dei rifugiati la Chiesa sente il dovere di manifestare la sua vicinanza ai rifugiati e a tutte quelle persone vittime di migrazioni forzate. Il nuovo documento riflette la situazione di rifugiati, sfollati, apolidi e vittime delle diverse forme di traffico di esseri umani. Le ragioni del pronunciamento della Chiesa su questo tema sono molteplici. Anzitutto, esso risponde ai mutamenti nella natura della migrazione forzata che sono avvenuti in questi anni, in secondo luogo, è opportuno tener conto che sono molto diverse le ragioni che costringono uomini e donne a lasciare le loro case e ultimamente si avvalorano e aggravano sempre di più (sono almeno 16 milioni – ha affermato oggi il Cardinale Vegliò, Presidente del Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti – tra cui i richiedenti asilo e i Palestinesi sotto l’Agenzia di soccorso e lavoro delle Nazioni Unite, oltre a 28,8 milioni di sfollati interni a causa i conflitto; a 15 milioni di profughi a motivo di pericoli e disastri ambientali e 15 milioni di profughi a causa di progetti di sviluppo).

A ciò corrisponde l’inasprimento delle normative di molti Governi in tale materia e, non di rado, anche un certo irrigidimento dell’opinione pubblica. Perché pare che la questione si ponga soprattutto sulle modalità per tenere lontani profughi e sfollati. Invece di considerare le ragioni per cui sono stati costretti a fuggire, la sola presenza di rifugiati o di persone deportate è avvertita come problema. 
Il Documento presentato mette l’accento sull’urgenza che siano garantiti almeno i diritti enumerati dalla Convenzione sui Rifugiati del 1951 e richiama l’attenzione al benessere della persona umana, alla tutela della sua dignità e alla promozione della sua centralità.

Il Documento è una guida pastorale che parte da una premessa fondamentale, che fa da filo rosso all’intero documento, cioè che ogni politica, iniziativa o intervento in questo ambito deve ispirarsi al principio dell’importanza di ogni persona umana. La Chiesa, infatti, a partire dalle parrocchie e dalle strutture di base fino alle sue varie componenti, a livello regionale, continentale e globale, non ha paura di assumere le difese di migranti, rifugiati, sfollati e vittime del traffico di esseri umani in ogni area del mondo.

E questo si concretizza in molte forme diverse, come alzare la voce per farsi interprete di chi non riesce a farsi sentire, il soccorso immediato e l’aiuto materiale nelle situazioni di crisi e nelle emergenze, l’assistenza nelle necessità spirituali, il sostegno dell’amministrazione dei sacramenti e la promozione di tutto ciò che può contribuire a guarire, rafforzare e responsabilizzare i singoli e le famiglie.

Il torto più grave è spesso il furto della speranza: i rifugiati necessitano di essere accompagnati spiritualmente per uscire dalla logica della violenza, del risentimento e del dolore, per poter tornare a sentirsi parte della famiglia umana, che deve garantire a ciascuno dei propri membri uno sviluppo materiale e spirituale per far sì che ciascuno possa offrire il proprio personale contributo all’edificazione della pace e della civiltà dell’amore.

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