‘Luca era gay, adesso sta con lei’: una frase da censurare (SECONDA PARTE)

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‘Luca era gay’: avevamo parlato di questa canzone, la scorsa volta. Canzone in cui Povia racconta la storia di un uomo che ha vissuto per 22 anni come attivista gay, prima di ‘ritornare all’eterosessualità’ e sposare una donna. L’Ordine degli psicologi in Italia aveva affermato riguardo all’uomo del testo che ‘credeva di essere gay quando in realtà non lo era’ e che canzoni simili sono fuorvianti, discriminanti, perché fanno passare per malattia l’omosessualità (quando non lo è).

Eppure, io vedo una contraddizione in questa presa di posizione: se esiste la possibilità che qualcuno ‘creda di essere gay senza esserlo’ (per ben 22 anni…), perché non raccontare storie in cui questo ‘autoinganno viene risolto’, come nel caso di Massimiliano (l’uomo a cui la canzone si ispira)? Magari può aiutare altri, che pensano di essere omosessuali senza davvero esserlo.

Ieri ascoltavo su Youtube la testimonianza di Luca Di Tolve, attivista gay per anni, che poi ha vissuto il passaggio all’eterosessualità. Nessuno lo ha costretto ad approdare all’eterosessualità. Anzi, lui dice: “Non avevo mai sentito nessuno dirmi che l’omosessualità fosse peccato, sbagliato… al contrario, tutti mi facevano pensare che era la cosa più normale del mondo assecondare le mie pulsioni e io credevo che potesse essere così e basta”.

A 14 anni, frequentò un consultorio dove lo psicologo gli disse: ‘Non preoccuparti per quello che senti, sei semplicemente omosessuale’ e invitò la madre a ‘lasciarlo libero di seguire la sue pulsioni’. Lei non lo ostacolò, tanto che a 17 anni – ancora minorenne – già frequentava i locali gay ed era stato ingaggiato come ballerino nelle discoteche.

Nulla a che vedere con le storie in cui gli adolescenti sono portati di peso a fare terapie riparative o a ricevere esorcismi ‘per guarire’ dall’omosessualità.  Nel suo caso (potremmo dire menomale!) erano tutti pronti a sostenere la sua libertà. Peccato che pochi si siano preoccupati anche del suo bene e di ascoltare davvero  quel ragazzo, in un’età delicata come la pubertà e l’adolescenza. E così Luca, pur continuando a sentire forti le sue pulsioni omosessuali (e assecondandole per 12 anni, con l’approvazione di chi aveva intorno) ha vissuto infelicemente da gay ‘molto a lungo’.

Per vie traverse, ormai trentenne, è arrivato a fare un percorso che lo ha portato a ritrovare la sua eterosessualità. Luca ora ha una moglie, è padre di famiglia. E dice di essere felice. Può piacere, non piacere: ma è la sua vita. E merita rispetto come chi si dice orgoglioso della propria omosessualità. Invece Luca dà fastidio: gli viene detto continuamente di tacere. Con le sue scelte sarebbe ‘deviante’. Potrebbe cioè ‘condizionare negativamente’ persone che faticano ad accettare la loro omosessualità.

Certo: il rischio, quando ci si mette a nudo, può essere sempre quello di far immedesimare con noi qualcuno che in realtà vive qualcosa di sostanzialmente diverso. Ma, appunto, questo rischio si corre sempre: non può essere deviante per un adolescente anche ascoltare la storia di un uomo che è diventato donna, perché magari può invogliarlo a fare quel passo prima di aver veramente capito ciò che ha nel cuore?

In una democrazia, o siamo liberi tutti di raccontare cosa ci ha reso felici, o non dovrebbe esserlo nessuno. Io non so quale possa essere il processo per cui da omosessuali si diventa eterosessuali, so solo che ne ho sentite molte di storie come queste, senza trovarci necessariamente insincerità o pretestuosità. Eppure, quante etichette si affibbiano a uomini che si espongono in tal senso! (‘Sei solo un frustrato!’, ‘Sei una pedina del Vaticano’, ‘Sei omofobo!’, ‘Sei un represso che vuole portare altri all’infelicità’).

Trovo inaccettabile che nel 2021, nell’era in cui la libertà conta più della scienza e della religione, persone come Massimiliano (l’uomo che ha ispirato la canzone di Povia) o Luca di Tolve siano derise, bullizzate, invitate a nascondere il loro vissuto. Dobbiamo fare una legge apposita anche per difendere gli ‘ex-omosessuali’?

Un amico mi ha detto: ‘Non capisco quegli etero che vedono negli omosessuali un pericolo per sé’. E ha ragione. Non li capisco neppure io. Come non capisco chi vede un pericolo in un omosessuale che ritorna all’eterosessualità e sposa una donna. Qualcuno (psicologi compresi) potrebbe dire che Luca, come Massimiliano, non era veramente gay.

Possibile, certo. Ma chi è stato, a 14 anni, a dargli un’etichetta ben precisa (“Tu sei gay”), invece di aiutarlo a fare chiarezza? Chi non gli ha permesso di ascoltarsi davvero? “Mi è stato negato di sognare una famiglia, una vita con una donna, anche se dentro di me lo desideravo. Mi hanno detto fin da giovanissimo: tu sei gay e sembrava che non potesse essere diversamente”.

Quanti come Luca oggi sono confusi ma non possono ascoltare sé stessi fino in fondo o ascoltare storie di questo tipo perché oscurate il più possibile dai media? Quante volte in nome di una ideologia si nasconde una parte della realtà? Ma siamo sicuri di fare il bene delle persone con attrazioni per lo stesso sesso mostrando sempre e solo un’unica via possibile? Quanti dovranno ancora vivere per 12, 22, 50 anni senza essere veramente ‘al loro posto’?

Va bene difendere la libertà, certo. Ma, per favore, difendiamola davvero. Mettiamo da parte le ideologie, tutti, e ascoltiamo cosa l’altro ha nel cuore. Nella lettera dell’Ordine degli Psicologi si chiedeva scusa alle persone omosessuali per canzoni offensive come quella di Povia. Mi chiedo quando chiederanno scusa a chi come Luca di Tolve si è visto affibbiarsi – da un loro collega – un’etichetta, senza che la sua storia e la sua affettività venissero analizzate e capite in profondità.

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