Non guardare indietro, guarda avanti! Il viaggio in Peru di Don Gigi, all’alba di una nuova vita, con il fuoco già acceso dal 2005

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Segue un reportage della solidarietà ideata, stimolata e eseguita sotto la guida di Mons. Luigi Ginami, Fondatore e Presidente della Fondazione Santina Onlus. Alle sue parole e ai suoi video ho niente da aggiungere. Come mi ha insegnato il mio caro amico e collega Werner Kaltefleiter, corrispondente dello ZDF, su cosa serviva dal punto di vista comunicativa a San Giovanni Paolo II, offro a Don Gigi la possibilità di presentare con le proprie parole se stesso e la sua missione con la Fondazione Santina, intitolata a sua madre. Ne è ben capace, sia in parole sia in video. E si nota che ha lavorato per 25 anni nell’Ufficio Informazione e Documentazione della Seconda Sezione della Segreteria di Stato, l’organismo che sovrintende (anche se come vanno le cose va reso al passato…) al lavoro strategico della Sala Stampa della Santa Sede e all’impegno di tutti i media della Santa Sede.

In quanto segue, Don Gigi non fa sconti a nessuno, e richiede lo sforza di leggere, vedere e ascoltare. In questo siamo uguali, visto che neanch’io faccio sconti, e ci comprendiamo. Don Gigi non è solo un prete verace, dimostra anche di essere un comunicatore di razza. Riporto quindi quanto mi ha inviato in questi giorni e adopero solo un editing redazionale “soft”, per quanto ritengo necessario per la pubblicazione in questa mia rubrica Blog dell’Editore. Le pagine che seguono svelano tutti i segreti di questa umile opera di solidarietà nel nome di Mamma Santina, una solidarietà vestita di chiarezza e trasparenza, nell’intento di aiutare i poveri del mondo.

Buona lettura, buona visione e buon ascolto… e accendete vostro fuoco.

Visita all’Asilo di Villa San Roman, costruito da Fondazione Santina Onlus.

I Report di Mons. Luigi Ginami
18-27 giugno 2021

Oggi è il 18 giugno 2021 e lascio il Vaticano senza alcun rimpianto per lanciarmi con tutte le mie forze in una nuova vita, che lunedì 21 giugno mi porterà in Perù. Le date sono magiche. Il 18 giugno 1996 il mio vescovo mi chiedeva di lavorare in Segreteria di Stato e il 18 giugno 2021, dopo 25 anni, termino il mio servizio nella Festa di San Gregorio barbarigo, mio santo patrono a cui devo la mia vocazione! E il 21 giugno è la data in cui festeggio 35 anni di sacerdozio: in quella data volo in Perù. NON HO ALCUN RIMPIANTO… ma incredibile gioia di dedicarmi in modo libero a Fondazione Santina! il Vaticano non è la vita, la Vita è fuori, è altro: molto di più e molto meglio. La Vita è questo:

Fondazione Santina – Video promo viaggi di solidarietà 2021 – viaggia con noi!

Report 46/1
#VoltiDiSperanza N. 33
Non mires atras, mira adelante!


È il 21 giugno 2021. È una data magica e misteriosa per me. Sto volando in Perù per il 46° viaggio di solidarietà, con il quale inaugureremo domenica prossima a Puerto Maldonado nell’Amazzonia peruviana una parte del seminario minore ristrutturato con l’aiuto della Caritas di Bergamo. Ho lasciato Roma venerdì scorso 18 giugno, Festa di San Gregorio Barbarigo e mio protettore- E oggi sono in aereo, siamo nel centro dell’Oceano Atlantico e più o meno a metà del viaggio. Siamo una manciata di persone a bordo, il Covid-19 picchia molto forte in Perù, anche perché oggi in questa parte dell’emisfero non si entra in estate, ma in inverno: è il solstizio d’inverno, mentre da noi in Italia il caldo è forte ed entriamo nella stagione estiva.

Andiamo al dunque: non lavoro più in Vaticano, non lavoro più in Segreteria di Stato, non più passaporto prestigioso, non più incarico altisonante, non più rapporti in forza di una istituzione di cui fai parte! Nulla di tutto questo. Cosa mi rimane in mano? Due cose semplici, ma sulle quali dal 2005 ho giocato la mia vita: il mio sacerdozio e Fondazione Santina con gli amici della Associazione. Lasciare 25 anni di servizio spesi con passione ed intelligenza al servizio della Santa Sede, non è facile, non si dimenticano facilmente. Se fosse così, non avrei lavorato bene, oppure non sarei di carne ed ossa.

La difficoltà di questo viaggio è quella di viaggiare in sé stessi, riscoprendomi prete di una Chiesa meravigliosa come quella di Bergamo ed a capo di una Associazione di alcune centinaia di persone che fanno della carità uno stile di vita in tanti luoghi del mondo. Non vi nascondo che entrando nella mia bella casetta in città alta a Bergamo la notte di venerdì scorso, sono scoppiato a piangere pensando ai tanti anni passati in Vaticano. È vero, lascio per sempre il Vaticano, ma non lascio certamente i soci di Roma che hanno condiviso con me tanti anni e dico a loro che ci rivedremo a fine mese di luglio.

Venticinque anni non si dimenticano e non si possono dimenticare. Ma grazie al cielo, dal 2005 quella vita mi era cominciata ad essere stretta e pur compiendo con coscienza il mio lavoro… Il mio cuore era sempre più fuori di lì. I miei migliori amici di questi anni? Sono 32 e con questo viaggio saranno 33 i volti di speranza che ora mi danno coraggio, conforto e sostegno. Non sono potenti cardinali di curia, oppure potenti monsignori fasciati di rosso a darmi esempio e forza: no sono loro e quando le lacrime si presentano, loro con grande forza me le asciugano…

Non è la Curia romana con le sue onorificenze a darmi forza, assolutamente no! Sono invece i preti di Bergamo che mi stanno vicini e apro questo libretto, che insieme scriveremo nei prossimi giorni, con il nome di Don Roberto Trussardi. Chi è don Roberto, prima di tutto non è un monsignore, poi non è di Curia, ma è il Direttore della Caritas di Bergamo. Un uomo sui cinquanta anni, bergamasco, dai toni asciutti ma dal cuore grande ed anche di sincera cordialità.

“Ciao Don Roberto, sono Don Gigi sto partendo per il Perù quando mi puoi dare la lettera da leggere alla inaugurazione del Seminario finanziato dalla Caritas di Bergamo”.
“Gigi questa sera io celebro la Messa prefestiva alla chiesa del Galgario in città, se vieni te la consegno così lunedì la porti con te!”.
“Grazie Don Roberto, ci vediamo qualche minuto prima della celebrazione”.


Nel caldo pomeriggio prendo la macchina e scendo in città bassa, ci incontriamo sulla porta, ho un paio di jeans e una maglietta bianca… Lui arriva, mi consegna la lettera e poi va in sagrestia. Il brano del Vangelo sembra la mia vita: un mare in tempesta. Il prete lo spiega con parole taglienti e belle che mi impressionano profondamente, parla delle tempeste della vita, accenna al libro di Giobbe nella prima lettura, e poi sulla capacità di cambiare riva nella propria vita, abbandonare una sponda conosciuta ed iniziare una vita nuova. Non guardare indietro, guarda avanti! Questa frase l’avevo scritta a grandi caratteri in un carcere di massima sicurezza del Perù – uno dei posti più orribili da me visitati a 5100 metri di nome Challapalca – l’aveva suggerita durante la Messa ai carcerati il Vescovo Ciro di Juli, che in questi giorni incontrerò. Non mires atras, mira adelante!

Don Roberto continua la sua omelia in modo spietato e ha la capacità di rivoltarmi le budella: in mezzo alla gente, ascolto la sua omelia. Non ne perdo neppure una parola e cerco di farla scendere nel cuore… Parla di preti che hanno avuto una nuova destinazione, di come la vita per tutti riserva imprevisti, solo che quel brano di Vangelo è una foto istantanea di un mare in tempesta che ho nel cuore e che neppure riesco a celare molto bene. Mi guardo nei miei jeans e nella mia maglietta bianca, penso ai miei 60 anni… Ed invoco da Gesù la pace e la calma mentre ricevo la comunione. Lavorando per molto tempo fuori dalla Diocesi e in Vaticano in una posizione di prestigio – o ritenuta di prestigio – si rischia di venire identificati come coloro che vedono il Papa tutti i giorni, oppure che parlano e trattano argomenti con importanti personalità. Meno male che in questi anni ci ha pensato Santina nel 2005 a togliermi quelle idee dalla testa, a togliermi la talare filettata ed a rimettermi una semplice camicia da prete in ufficio, magari a maniche corte per l’onorificenza del 28 maggio.

Santina e la sua eredità mi è stata più vicina il 3 maggio di quando lei era in vita! Quando ho saputo che lasciavo il Vaticano, il suo ricordo mi ha buttato sulla 500 per tornare a casa mia a Bergamo immediatamente e li pregare, meditare e ricevere con serenità e calma gli eventi tra mura in cui lei aveva vissuto e che trasudano ancora il suo dolore. Ma non solo Santina mi è stata vicina, mi sono stati vicini i 32 amici incontrati nel mondo, mentre facevo il trasloco, mentre impacchettavo le poche cose di Roma, e poi mi siete stati vicini tutti voi che leggete questo report che vi giunge dal l’Oceano Atlantico: Silvana, ormai padrona di casa a città alta, Gianfranco, Franca, Paolo, Emanuele, Silvia che è corsa in comune per il permesso scaduto della mia auto, oppure Annalisa e la sua mamma che domenica mi hanno ospitato a casa. Tutto questo calore umano è stato ed è il mio sostegno.

A quello pensavo durante il ringraziamento dopo la comunione e per questo ringraziavo Dio. Ci alziamo in piedi il prete recita l’orazione dopo la comunione e poi i soliti avvisi della settimana e della vita parrocchiale, ascolto con curiosità. Gambe accavallate, mascherina, jeans e maglietta t-shirt bianca rasato a zero, scarpe di Ismaele con i segni della SLA. E lui? Lui, Don Roberto in modo semplice quanto gratuito inizia a parlare di me: “Qui in chiesa questa sera con noi vi è un mio amico prete Don Luigi. Lui lunedì 21 giugno partirà per il Perù dove andrà ad inaugurare un’opera di solidarietà finanziata dalla Chiesa di Bergamo in una terra di grande povertà. Siamo vicini a lui nella preghiera e lo accompagniamo in questo viaggio caratterizzato anche dalla forte pandemia”.

Le vecchiette e gli anziani si guardano attorno alla ricerca del prete che non riescono a vedere. Don Roberto conclude la Messa e va in sagrestia. Lo raggiungo e con gli occhi pieni di lacrime lo ringrazio per la predica ma soprattutto per le parole finali che mi hanno fatto sentire benvenuto. Ecco quello di cui ha bisogno di sentire un prete, un fedele dirmi benvenuto! Le cordiali parole di Don Trussardi quella sera mi hanno calmato profondamente e mentre lui parlava e la pace entrava nel cuore risentivo le parole di Gesù nel Vangelo dette per me quella sera: “Uomo di poca fede perché dubiti, ci sono io, passa all’altra riva! Sentirsi accolti, sentirsi a casa pur viaggiando questa sera in Perù è il segreto di noi preti. Non sono i posti di prestigio o di valore a dare senso alla vita, ma il posto del cuore da valore alla vita.

Molte volte esistono monsignori con fascia rossa pieni di presunto potere e vuoti di cuore. Guardavo i miei jeans e la mia maglietta bianca. Mentre premevo l’acceleratore tornando a casa, guardavo la scarpa che portavo di Ismaele malato di SLA e mi dicevo, ma queste scarpe sono molto meglio della mia fascia da monsignore e sinceramente a casa non so neppure dove sia, mentre so bene dove sono le scarpe di Ismaele! Ci penserà Silvana a ritrovare con Natale e Bruna la mia veste filettata, io sono partito per il Perù non con la veste filettata ma con il crocifisso che Ismaele stringeva forte nelle mani quando non ne poteva più.

Padre José Luis mi sta aspettando a Lima ed anche lui come Don Roberto mi dirà: bentornato! Poi domani volerò sulle Ande e sarà Olinda a dirmi bentornato! E giù nell’amazzonia sarà Padre Carlos e il Vescovo David a dirmi bentornato! Ma tra tutte queste persone chi ha saputo portare la pace nel cuore è Francesco, il Vescovo di Bergamo, che in un lungo colloquio di due ore mi ha salutato scrivendomi due parole piene di luce: Bentornato e Benedetto! (19 maggio 2021). Con queste bellissime parole mi reco in Perù, continuo ancora con più passione l’attività di Fondazione Santina e della Associazione…

Molti impegni ci attendono, come l’inaugurazione del bagno assistito a Sant’Andrea Ionio in Calabria dove un grande sacerdote, Don Varano che sento a me tanto vicino in questo momento, ha dato vita ad una bellissima realtà di accoglienza degli anziani. Andremo a celebrare i cento anni della sua nascita. Ma poi ci attende Vietnam, Messico, Kenya e molto altro!

Scrivendo queste note ho trovato serenità: se l’esperienza di una vita si chiude in Vaticano, se ne apre un’altra altrettanto bella in via arena 5 a Bergamo, nel nome di Santina ed a servizio della nostra Chiesa bergamasca.

Oggi è il 21 giugno 2021. È il mio onomastico. È l’anniversario della mia ordinazione sacerdotale 35 anni fa. Ma è anche il 21° giorno del 21° anno del 21° secolo ed è il giorno più lungo dell’anno. Sono convinto che la stagione della mia vita che si è aperta sarà il giorno più lungo di tutta la mia vita e quello più pieno di sole!

E chiudo questo report con un messaggio di auguri, tra i centinai di oggi. È di Luigi Spadera e dice così: “Caro Don gigi, tanti auguri. Auguri per il tuo anniversario, affinché il tuo sacerdozio continui imperterrito a supporto dei fedeli in tutto il mondo. Auguri per la nuova vita, che ti dia soddisfazioni più di quella che hai vissuto fino ad ora. Auguri per un soggiorno in Perù privo di preoccupazioni. Auguri per un sereno onomastico e che San Luigi, che morì nell’aiutare gli appestati invece di godersi il marchesato, ti protegga sempre da ogni malattia. Un caloroso abbraccio. Tranquillo, ti ho già fatto il bonifico per me, Gabriella e Flavia. Tuo Luigi Spadera”.

Mancano ancora cinque ore di volo. Ora rileggo e questa sera vi invio da Lima. Sarà notte da voi, ma quando da qualche parte è notte, in un’altra è luce ed ora io sono con la luce! O almeno spero e ci credo! Bentornato e Benedetto. Benedetto è la parola che più mi piace… È l’ha detta il MIO Vescovo.

Video – Inizia il lavoro del viaggio. Visita all’Asilo di Villa San Roman, costruito da Fondazione Santina… e un mate di coca con tre donne del barrio, tra le quali la mitica Annamaria. Nel pomeriggio a Puno dal Vescovo Carron e dalle bambine dal Taller Miranda. Dopodomani incontro il Vescovo a Juli e poi partenza per l’Amazzonia dove inauguriamo il Seminario.

REPORT N. 46/2
Carezza di fuoco

Sto scrivendo dall’auto che dai 4100 metri delle Ande mi porterà nella foresta amazzonica di Puerto Maldonado, dove domenica inaugureremo il seminario minore che abbiamo ristrutturato. Con me Olinda ed Hernan e l’autista Mario. Incredibile ed incantevole Paese il Perù: in 12 ore di macchina si passa dal freddo e desolato panorama delle Ande fatto di condor, lama, alpaca, patate e orzo alla lussureggiante foresta amazzonica che sorge sulle sponde del Rio Madre de Dios, che in Brasile si butta nel Rio delle Amazzoni. Clima tropicale attorno ai 37 gradi e dove le stagioni non hanno grande influenza. La natura è superba lussureggiante, i colori ti entrano nel cuore e poi… Pappagalli bellissimi, scimmie e farfalle da capogiro: grandi e colorate come in un cartone animato.

Hernan soffrirà un po’ di adattamento e anche Olinda: gli andini hanno abitudine ai 4000 metri e il caldo di Mazuko è per loro una grande prova.

Scrivo di ieri, Festa di San Giovanni Battista e che ho trascorso a Juli con i dieci bambini in adozione a distanza. La notte tra il 23 e 24 giugno è speciale in Perù, è la notte più lunga dell’anno ed è il solstizio d’inverno. Inti-Raymi è la grande festa che gli Inca celebravano in onore del sole in questa giornata del 24 giugno, ed ancora oggi liturgie colorate si svolgono al Cuzco per celebrare la luce del sole! Nella bellissima lingua quechua si attende il sole e si celebra la luce con danze e parole di grande poesia.

Il 21 giugno, giorno del mio viaggio, si è celebrato il capodanno andino. La cultura degli Inca conosciuta poco da noi occidentali mi insegna molte cose, come il rispetto della madre terra con il culto della Pachamama e l’onore ed il rispetto per la luce ed il calore del sole che molto è presente nel Cantico delle creature di San francesco. La notte è stata freddissima e l’acqua è ghiacciata, non ci possiamo lavare… Ma ho trascorso questa notte in una grande pace, e con un riposo profondo. Dalla finestra le stelle luminose e la luce della luna mi fanno compagnia, con l’occhio che non è nel verso del cuscino guardo il cielo con il viso coperto fino al naso da tre pesantissime coperte di alpaca e sulla testa un cappello di lana.

Mi dà pace guardare al cielo e penso alla luce. Gigi è la notte più lunga dell’anno e sulle Ande tutti attendiamo la luce dell’alba… Quale è la mia luce? Il successo, la carriera, la bella vita… O è altro? attendendo il giorno non si pensa alla sera, ma all’alba e quindi mi dico: non devo pensare al passato in Vaticano con magari velati stupidi rimpianti, ma pensare che verrà l’alba! Fuori, vicino alle latrine i campesinos hanno acceso fuochi. È bellissima questa notte: per attendere la luce gli Incas accendevano fuochi che accompagnavano la notte più fredda dell’anno.

Freddo e buio forse accompagnano anche te, che mi stai leggendo d’altra parte del mondo… E allora ti chiedo: hai acceso un fuoco? E quale è il tuo fuoco? Molte volte i nostri fuochi sono fatui e pieni di illusioni, una buona cena, una bella e tranquilla vacanza, posti influenti e di prestigio: fuochi fatui e talvolta demoniaci, che dobbiamo spegnere, perché poi all’ improvviso è la vita che li spegne e ti rivolta le budella regalandoti disorientamento, depressione e disgusto.

Con questo viaggio io ho acceso un fuoco nella mia notte fredda e lunga e si chiama Fondazione Santina e il mio incontro con gli sfigati delle Ande e dell’Amazzonia. Ma poi mi sono accorto che dal 2005 questo fuoco lo avevo già acceso e forse quel piccolo fuoco dell’esperienza di Santina è divenuto un incendio in Tanti paesi del mondo.

La luce dei fuochi mi incuriosisce e mi alzo con la temperatura di -12 °C. Guardo dalla finestra e il grande fuoco. Vede attorno i contadini che si scaldano, lontano il gregge delle dodici pecore che dormono vicine per ripararsi dal freddo formidabile.  La semplicità dei campesinos, i fuochi, le stelle in cielo, il gregge delle pecore creano nel mio cuore una grande pace pensando che dall’ Italia sono volato sulle Ande per scoprire il fuoco nella mia vita nelle situazioni estreme.

Proprio questo meraviglioso quadro che vi sto descrivendo, mentre la radio propone canzoni cretine nel nostro viaggio verso l’Amazzonia, mi mette al riparo e mi protegge dal passato e mi impone di guardare avanti con fede e gioia! Sprofondo in un sonno pesante regalatomi dai fuochi della notte di San Giovanni Battista.

Mi sveglio all’alba e istintivamente guardo l’aurora: il sole rosso del primo mattino mi commuove, mi metto in ginocchio verso il sole prendo il mio consumato Vangelo che ho tenuto stretto al cuore tutta la notte e leggo lentamente la pagina della Risurrezione, poi prendo l’anello messicano di oro che mi compromette con il sangue delle vittime della violenza dei narcos e con studiata lentezza me lo pongo al dito: me lo ha benedetto il Vescovo Francesco e poi il Cardinale Parolin durante il nostro saluto. Guardo la mano con l’anello e mi ripeto che il mio fuoco nel freddo e nel buio dell’esistenza sono loro. i poveri e coloro che soffrono. Ma loro hanno un nome ed avranno un nome: sono i 32 volti di speranza e saranno gli altri che incontrerò in questo viaggio e nei prossimi viaggi…

Dopo questa breve ed intensa preghiera mi vesto e parto in jeep per Juli sulle sponde del lago Titicata. Nel viaggio verso Puerto Maldonado la nostra auto si ferma. Siamo al santuario del Señor Ochepuno. Siamo a 4897 metri. Due bellissimi condor stanno volando eleganti, imponenti: mi impressiona come sanno scegliere le forti correnti per giocare maestosi nel cielo, rimango a bocca aperta per la meraviglia, una breve preghiera al noto santuario e poi in auto di nuovo, ora la strada diventa a curve e scendiamo dai 4897 metri al caldo dell’amazzonia, ma…

Ritorniamo a noi! Ieri mattina, dopo la notte dei fuochi carica di meditazione preghiera pace e tranquillità, stavo dicendo che mi metto in jeep per Juli. A Juli abbiamo un programma di dieci bambini in adozione a distanza. Saranno loro il mio fuoco oggi e le loro terribili storie! Il Vescovo Ciro celebra la Messa. Siamo tutti insieme nelle prime file, rigorosamente con le mascherine di protezione. Prendo in braccio la piccolina di sei anni Cinthya, seguiamo la Messa. Alla fine il vescovo vuole fare gli auguri a coloro che si chiamano Giovanni. Alla destra la mia Juana che ben conoscete. Mons. Ciro la chiama, lei timida arrossisce sale all’altare. Il Vescovo chiede per lei e per altre due persone un applauso. Scoppia forte un applauso da tutti noi. Lei dice in lingua aymara che oggi è anche il giorno del suo compleanno, compie 39 anni…. Scoppia un secondo forte applauso.

Mons Ciro domanda alla gente, ma voi sapete chi è la Juana? Qui vi è un prete del Vaticano che la conosce bene, chiedo a lui di dirci chi è Juana. La sua domanda mi coglie un po’ all’improvviso. Tolgo Cinthya dalle mie ginocchia, mi alzo e salgo l’altare lentamente. Prendo il microfono, inghiotto e inizio a parlare: i bambini mi guardano con occhioni bellissimi e tutti i campesinos sono curiosi di sentire il padre bianco che viene dall’Italia…

“Forse Mons. Ciro ti sei dimenticato di dire che dal 3 maggio io non lavoro più in Segreteria di Stato e che non ho alcuna connessione con Papa Francesco, anche se lui ha letto il libretto che parla di te Juana! E tu lo sai bene: mi piace raccontare di come Papa Francesco abbia letto il libretto e ne abbia pubblicamente parlato nel suo viaggio in Perù nel 2016. Mi piace sapere che Papa Francesco conosca la storia della miseria e della povertà di Juana… La gente si fa ancora più attenta, quasi orgogliosa che la storia di Juana rappresenti tutte le loro storie di sofferenza e povertà.

Amici, che leggete questo lungo Report, conoscete tutti la storia di Juana ma non conoscete il bellissimo fatto avvenuto nella chiesa di San Giovanni Battista che ha come protagonisti Juana e Gigi. Con brevi parole racconto come Papa Francesco abbia letto il libretto “Juana” e come abbia così conosciuto la povertà della terra andina… Tornato in Perù dopo tale fatto ho portato a Juana il libretto, che la riguardava e ho fatto vedere il breve video in cui il Papa parlava ai Vescovi del Perù, proprio di lei. Non vi dico l’emozione e la commozione della donna nel vedere quelle immagini, vi dico che le conservo come un grosso ricordo nel cuore: lei con Maria Luz, Alicia, Susana, Monica… Le quattro figlie!

Terminate le mie brevi parole l’assemblea applaude, Juana sottovoce mi dice: padre vorrei dire una parola. Mio sorprende. È analfabeta e parla aymara. La guardo negli occhi e con gioia le do il microfono. Tutti fanno silenzio e in uno spagnolo molto elementare e scorretto inizia il suo discorso: “Padre, ho sentito che non lavori più in Vaticano: io sono felice di questo, perché hai detto che ti dedicherai di più a Fondazione Santina e quindi a noi. Sai, il Papa ha tanti preti vicini, anche senza te il Vaticano continuerà, ma io se non ci fossi stato tu non sarei qui! Ero disperata quando sei venuto a dormire nella mia baracca. Mi hai sorpreso: mai un prete era venuto a dormire da me! Ricordi il grosso ratto nella notte? Poi ti sei preso cura di Maria Luz, Susana e Alicia. Quando la mia piccola ha subito violenza, sei stato tu a sistemarla nella casa protetta, pagando le spese che mai avrei potuto sostenere… Sono felice che il Papa abbia conosciuto e amato la mia storia, ma sono più felice che tu l’abbia conosciuta e condivisa. Mi hai fatto vedere il video in cui lui parlava di me… Ma ha anche parlato di te, dicendo di te, che sei di una Diocesi che ha buoni preti e tu sei un prete buono. Continua a fare quello che sai fare in onore di Santina. Sarai felice più che in Vaticano, perché essere vicino ai poveri è più che essere vicini al Papa!

Lei mentre mi parla mi fissa con i suoi piccoli occhi neri e sembra leggermi il cuore – i poveri hanno sempre la capacità di leggere il cuore – forse sei preoccupato per il tuo futuro a Bergamo. Non ti devi preoccupare hai chiuso una porta per aprire un portone. Magari non sarà proprio un portone, ma la porta scassata di casa mia, e sarà ancora più bello! Che bel regalo mi hai fatto oggi nel venire a trovarmi il giorno del mio compleanno ed onomastico… Una grande sorpresa!

Non mi accorgo, ma sto piangendo. Le lacrime scendono dai miei occhi e le parole di Juana mi fanno bene, sono un grande calmante alle mie tempeste. Ma tu guarda, dovevo volare per 16 ore di aereo per sentirmi dire queste parole taglienti e forti! E da chi? Dalla Juana, che non sa né leggere né scrivere? Dio è davvero grande e gioca con noi. Queste parole le ha messe sulla bocca di Juana, non di un dotto sacerdote o del mio confessore… Juana lentamente continua: “Vorrei oggi farti un regalo, non solo mio ma di tutte le famiglie che aiuti qui a Juli e nel mondo. Sono povera, non ho nulla, ma so di cosa hai bisogno in questo momento: una carezza! E così dicendo la povera donna alza la sua mano sporca sulla mia guancia destra e mi regala una lenta e dolcissima carezza. La sua carezza incontra sulla mia guancia le mie lacrime e le pulisce. I segni delle mie lacrime rimangono però anche sulle sue mani luride rigate ora da un segno più chiaro della pelle portato dalle lacrime, la sua palma destra è bagnata dalle mie lacrime che rigano il sudicio permettendo di vedere meglio la bianca pelle.

Scoppia un fortissimo applauso che non sento. Sono i miei occhi a comandare il mio cervello, prendo delicatamente la sua mano, la guardo e lentamente la bacio. Poi, al suo orecchio destro sussurro questa frase: “Juana ho letto nella Bibbia una bella frase che dice così: Dio asciugherà ogni lacrima! Non mi aspettavo che Dio si mostrasse a me attraverso di te per asciugare lacrime che lui conosce. Ti posso dire che da quando ho terminato il mio lavoro in Vaticano questa è stata la più bella frase di consolazione ed incoraggiamento. E ti posso dire che questa carezza è una carezza al cuore ed è il più bel regalo che ho ricevuto da quando ho lasciato il mio lavoro di 25 anni. Forse lasciare quel lavoro aveva un grande significato, quello di avere questo regalo ed in consegna le tue splendide parole…”.

La gente in chiesa è curiosa e vorrebbe capire quello che dico sottovoce, ma la loro curiosità è delusa… Abbraccio teneramente Juana e tenendole la mano scendo i gradi dell’altare con la pace nel cuore ed una grande gioia, quella di aver trovato il fuoco nella notte buia e fredda e questo fuoco si chiama Juana e la sua storia.

Video – 46° viaggio di solidarietà di Fondazione Santina Onlus: l’Amazzonia peruviana.

La ristrutturazione del Seminario minore di Puerto Maldonado in Perù

Nella foresta amazzonica peruviana a Puerto Maldonado, il Vescovo ha chiesto alla Fondazione Santina di ristrutturare il Seminario minore, rifacendo le stanzette dei ragazzi con bagno indipendente. Il numero dei seminaristi è piccolo, sono solo poco più di una decina. La richiesta era particolarmente importante e bella per la Fondazione Santina: aiutare una Diocesi per accogliere i ragazzi in discernimento è tanto bello ed il significato è grande. Con l’aiuto di Dio, e con Santina che ci ha messo una buona parola, questa bella opera si è compiuto in un territorio nuovo e bello come è l’Amazzonia peruviana, di cui parla il libretto “Maritza” di Mons. Luigi Ginami (Collana #VoltiDiSperanza N.15, Ed. Velar 2018).

Lettera di ringraziamento di Mons. David Martínez de Aguirre Guinea, Vescovo di Puerto Maldonado, 16 marzo 2021.

Con la lettera di ringraziamento, il Vescovo di Puerto Maldonada, Mons. David Martínez de Aguirre Guinea ha inviato – come sempre è richiesto per una totale trasparenza dei movimenti bancari – alla Fondazione Santina la ricevuta dalla banca peruviana del Vicariato Apostolico di Puerto Maldonado di 15.000 Euro. Il Vicariato Apostolico peruviano ha ricevuto il totale somma senza alcuna spesa bancaria per la transazione, perché come sempre tali spese sono tutte a carico di Fondazione Santina. Neppure un centesimo che la Fondazione Santina è usato dalla struttura, ma tutto viene inviato ai poveri. I progetti sono piccoli, ma con grande tenacia e chiarezza vengono conclusi tutti.

Il Covid-19 che flagella anche Puerto Maldonado con la variante brasiliana, a cui si aggiunge il dengue, non ha bloccato il lavoro della Fondazione Santina ed è fiera di quanto compiuto, tutto in ordine e tutto chiaro. Se viene data un euro non lo tengono, ma lo polverizzano in un anno in opere di bene. “Per questa opera di carità – ha detto Mons. Ginami il 17 marzo scorso – sono particolarmente grato al mio Vescovo di Bergamo S.E. Mons. Francesco Beschi perché, come potete vedere, nella targa in marmo apposta alla fine dei lavori la Caritas di Bergamo ha sovvenzionato il progetto. Sono particolarmente grato a Mons. Beschi che ho definito il Vescovo del Covid-19, perché la mia bellissima e amata Diocesi di Bergamo, che ha perso 6700 persone e 40 preti, non si è ripiegata sul proprio dolore. La Bergamo crocifissa ha saputo aiutare altri posti del mondo crocifissi e Puerto Maldonado nell’Amazzonia peruviana è uno di questi! Una piccola delegazione a fine giugno si recherà in Perù per inaugurare la nuova ala di questo Seminario, che ora ha un po’ di Bergamo dentro di sé. Grazie al Vescovo David per la sua bellissima lettera. Fondazione Santina si augura che questo sia solo l’inizio di una più articolata collaborazione”.

Video – Viaggio per la Fondazione Santina Onlus nell’Amazzonia peruviana per inaugurare la ricostruzione del Seminario minore della Diocesi di Puerto Maldonado.

REPORT 46/3
L’inaugurazione del Seminario minore di Puerto Maldonado, 27 giugno 2021

Il caldo umido si sente anche nella sera di incanto qui al Seminario che sorge sulle rive del grande fiume Rio Madre de Dios. È stata una giornata intensa e chiedo a Padre Persi un luogo tranquillo in cui scrivere. Si carica di una sedia di legno con braccioli e mi fa strada fra la fitta vegetazione di bambù, banane, noci di cocco verso la riva. Percorriamo una cinquantina di metri ed uno spettacolare panorama mi appare, per molti versi mi richiama il Vietnam per la lussureggiante vegetazione. Il grande Rio Madre de Dios scorre tranquillo e dall’alto di una ventina di metri lo ammiro nella sua maestà. Questi enormi fiumi danno vita ad una vegetazione che non si incontra facilmente in Europa, anzi non si incontra proprio. Alla mia destra quattro bambù ed alla mia sinistra a pochi metri cinque alveari dove le api depongono il miele. Mi sono cosparso di repellente per evitare la puntura di insetti.

Cala la sera recito la preghiera del vespro e nel cuore scende la pace di un Dio che mi vuole bene. Veramente, il creato è il segno di Dio! In mezzo al verde ed alla sua natura ogni preoccupazione, ogni ansia si spengono e se ti metti in ascolto della natura. Lei ti calma. Grilli cantano attorno a me in coro, uccelli emettono i loro richiami, un tucano rosso e giallo si appoggia ad un ramo e le luci delle stelle in cielo cominciano a brillare tenuemente tra nubi cariche di rosso per il tramonto.

Un momento prolungato di silenzio e preghiera ridanno calma al cuore e mettono in ordine le giornate frenetiche. Anche lo scrivere aiuta a ordinare i pensieri, a fissare le emozioni importanti, a descrivere il cuore.

È stata la giornata più importante di questo lungo viaggio, il viaggio più lungo dei 46 e che dura 19 giorni. Oggi vi è stata l’attesa inaugurazione di un’ala del Seminario minore, che servirà non solo ai seminaristi, ma anche ai sacerdoti per corsi di formazione e di esercizi spirituali.

La Messa risente di tutte le norme di sicurezza del Covid-19: siamo tutti con mascherina, anche perché qui è facile prendere la variante brasiliana del coronavirus. Siamo vicini al Brasile ed a quattro ore di macchina vi è Porto Velho, dove abbiamo realizzato una cappella in una discarica… Vecchi e bellissimi ricordi.

Video in diretta registrato sulla pagina Facebook della Parroquia San Vicente de Paúl da Sr. de Qoyllority.

La mattina si apre dunque con la Messa alle ore 09.00 che presiedo e viene ripresa sulla pagina Facebook del seminario e di una parrocchia di Puerto Maldonado. Gli otto seminaristi del Seminario minore hanno un camice e con me concelebra il Rettore Padre Carlos il rettore, il Padre spirituale Padre Persi e un anziano padre domenicano. Ci sono circa settanta persone con distanziamento. I canti e le preghiere sono bene animati e danno un profondo senso di condivisione.

In seguito a questo primo momento di preghiera vi è un secondo momento quello nel quale formalmente inauguriamo l’ala nuova del Seminario, nella quale con Hernan ed Olinda siamo ospitati. Vestiti ancora con i paramenti liturgici usciamo dall’aula e ci rechiamo davanti alla porta che è ben adornata a festa. Nel centro pende una bottiglia di spumante ed un nastro colorato è pronto per essere tagliato. E poi vi è la targa in marmo di Fondazione Santina da scoprire.

Padre Carlos ringrazia con semplici parole tutti, in modo particolare la Caritas di Bergamo che ha contribuito all’opera. Poi è la volta di Olinda che legge una traduzione in spagnolo della lettera di augurio del Direttore della Caritas di Bergamo Don Roberto Trussardi…

Padre Carlos mi guarda e mi dà la parola. Ho nel cuore tanti sentimenti, dopo tanti progetti inaugurati nel mondo, di cui ben sei in Perù. Vorrei dire un milione di cose, ma alla fine il mio discorso dura meno di un minuto: “Questa bella inaugurazione non è un punto di arrivo, ma bensì è un punto di partenza: prometto che realizzeremo qui per voi i lavori per rinnovare la cucina e il refettorio, e vi do un appuntamento: ci vediamo il prossimo anno, per inaugurare la nuova struttura, va bene?”.

Prendo il martello e come per le altre sei bottiglie dei sei progetti precedenti assestò un forte e secco colpo, la bottiglia si rompe e la struttura viene così bagnata dalla festa rappresentata dal vino, la gente applaude… È la volta del taglio del nastro, chiamo anche Olinda. Al un lato vi è padre Carlos e dall’ altro io ed Olinda. Lentamente strappiamo il velo ed appare la targa della nostra Fondazione.

Questo per me è il momento più commovente, la firma di Santina presente nel logo è una firma tremula di una donna percorsa dalla sofferenza e dal dolore! Non riesco a trattenermi e dico mente la gente applaude: “Vedete? Questa firma, la firma di mia madre Santina. Non è chiara immediatamente e questo è dovuto al fatto che la mano che scrisse questa firma era quella di una donna disabile divorata dal dolore, piena di cicatrici, muta, incapace di muoversi, di mangiare, di cambiarsi… Ma sempre con un incantevole sorriso. Proprio questa firma oggi si trova in targhe di opere compiute in Perù, Messico, Brasile, Kenya, Iraq, Gaza, Italia e Vietnam. Dio usa proprio la debolezza per celebrare la sua forza! E Santina è conosciuta nel mondo per la sua fragilità, non per la sua forza. Questo ci ricorda che nel momento in cui ci sentiamo deboli, fragili, in un momento in cui la vita ci toglie tutto, proprio in quel momento la vita si presenta a noi con il suo mistero, come quello di Santina! Quando siamo deboli è allora che siamo forti”.

Mentre dico queste parole, le dico a me stesso prima e alla mia grande debolezza di questi mesi, lo dico alla mia incapacità di capire, di vivere con più fede, di dare forza alla mia debolezza. Taglio il nastro lentamente, mi viene in mente il Kenya a settembre, con in braccio la mia piccola Santina ad inaugurare il dormitorio a Mambrui. Mi viene in mente l’Iraq in aprile, tagliando un nastro rosso ad Erbil di una nuova infermeria.

Durante la spietata epoca del Covid-19 questa è la terza opera che inauguriamo all’estero, senza dimenticare a Bergamo i due ventilatori polmonari nell’Ospedale Papa Giovanni XXIII. E ce ne saranno subito altre: in Vietnam dove abbiamo costruito una rete di elettricità per il piccolo villaggio delle risaie di Khe Nhao, sulle montagne del nord del Vietnam, a pochi chilometri dalla Cina. Oppure in Messico, dove stiamo costruendo una palestra nel terribile carcere di Las Cruces. Senza dimenticare l’Italia dove presto inaugureremo in Calabria a Sant’Andrea Ionio un bagno assistito in una casa per anziani. E molte altre opere ci attendono ancora. Ma la cosa singolare è che ognuna di queste opere porta la firma tremula non di una donna potente, di prestigio, ma di Santina, che ha fatto solo la terza elementare e che nella vita ad ottanta anni è divenuta esperta nel soffrire. Questo è lo strumento che Dio usa per fare del bene, quello che il mondo scarta e reputa inutile o addirittura dannoso. Santina ha saputo costruire con la sua fragilità una serie incredibile di buone opere nel mondo e forse la più buona opera che ha compiuto è stata quella di cambiare il cuore del figlio, che dal 2005 si sente un’altra persona: sono 16 lunghi anni di nuovo seminario ad arrivare ad oggi per cercare di plasmare nel figlio un cuore libero, e capace di verità, e disposto a sacrificare per la verità il proprio personale prestigio, scegliendo di vivere per il merito e non il successo. Il Cardinale Martini sempre mi raccomandava: “Gigi vivi per il merito, mai per il successo, perché il Vangelo ha merito, non sempre successo!”. E Santina con la sua fragilità è l’icona di una vita di povertà, austerità e dolore vissuta solo per il merito. Perché Santina dalla vita non ha mai avuto successo, ma le sue opere mostrano il merito e queste opere non le dobbiamo cercare, perché sono sotto gli occhi di tutti.

E a voi così lontani, questa notte giunga questo report. Non mandatemi a quel paese se il vostro cellulare vedrà giungere un messaggio nella notte. Portate pazienza e continuate a leggere. Farà bene al vostro cuore e così ci sarete più vicini nel continuare le nostre opere di bene.

Ho terminato di benedire tutto il complesso rinnovato. I ragazzi del Seminario minore hanno preparato alcuni spettacoli di festa. Usciamo nel grande campo sportivo: bellissime danze, vestiti colorati degli indios dell’Amazzonia, ore liete e belle per fare festa.

Il Vescovo David ci raggiunge al telefono e al microfono tutti possono sentire la sua voce: è un messaggio di augurio a tutti e di benvenuto ad Olinda, Hernan e Don Gigi. Lo accogliamo con gioia: davvero siamo sulla strada giusta, la strada del bene! Ma la strada del bene è stretta e dura, e forse io questo non lo riesco a capire in questi giorni.

Si è fatto buio e non distinguo più le piante. È meglio ritornare al Seminario. Uso l’ipad sul quale ho scritto come torcia e lentamente rientro al Seminario per inviare a tutti voi questo terzo report che vi giunge nel cuore della notte dalla Regione Madre de Dios, nell’Amazzonia del Perù, un paese al quale sono debitore perché una donna peruviana, Olinda, per sette anni ha servito mia madre con slancio e dedizione, ed ora è tornata a vivere a Villa San Roman a Juliaca. Anche Olinda forse non ha avuto troppi successi nella vita, ma il merito sì! Come la mia amata Santina!

Video – La bellissima inaugurazione del Seminario minore a Puerto Maldonado, ristrutturato dalla Fondazione Santina e la Caritas di Bergamo.

Foto di copertina: Visita all’Asilo di Villa San Roman, costruito da Fondazione Santina Onlus.

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