Ricordando il Concilio Vaticano II

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A custodire il ricordo degli anni straordinari del Concilio ecumenico Vaticano II siamo ancora in molti. Lo ricordiamo come evento profetico che si è impresso nella memoria e, più ancora, nella coscienza di tutta la Chiesa. Lo ricordiamo non come visione di scene ecclesiali esterne e coreografiche ma, piuttosto, come tipica opera straordinaria dello Spirito santo e, per usare un’espressione cara a Giovanni XXIII e a Paolo VI, di una “nuova Pentecoste”.

I contenuti dottrinali dei documenti promulgati sono divenuti patrimonio fondamentale per la Chiesa, protesa, allora, verso il terzo millennio. Quanti hanno letto, non dico studiato, i 16 documenti conciliari? Talvolta, purtroppo, si parla invano, si contraddice, si frantuma, con schizofrenie d’ogni tipo – schizein è scisma –, provocando diaboliche fratture all’interno delle comunità dei credenti.

I pilastri del Concilio rimangono sempre le quattro fondamentali Costituzioni: Sacrosanctum Concilium, prima costituzione a carattere liturgico, teologico e rituale; Dei Verbum, con le sue suggestioni rivelazionali; Lumen gentium, col suo carattere ecclesiologico, comunionale e ministeriale che rivela la nuova concezione della Chiesa, popolo di Dio, Corpo e Sposa di Cristo; Gaudium et Spes, con le sue vivificanti aperture culturali.

Lumen Gentium, in particolare, svela e rivela l’immagine “sempre antica e sempre nuova” della Chiesa, contemplata come mistero radicato nel Mistero della Trinità e proiettata nel cuore della storia come popolo di Dio articolato nella sua gerarchia, nei laici, nell’universale chiamata alla santità e, nel mistero della Chiesa, la beata Vergine Maria. La Chiesa, Corpo e Sposa di Cristo, vivificata dalla presenza del suo Sposo e Signore e dall’effusione del suo Spirito, è proiettata, oltre la storia, nella sua indole escatologica. Custode e Serva dell’opera salvifica di Cristo, la Chiesa la vive nella sua dimensione sacramentale.

Il beato Giovanni Paolo II, al termine del grande Giubileo del 2000, definiva il Concilio Vaticano II qualificandolo come «la grande grazia di cui ha beneficiato la Chiesa nel corso del XX secolo» e aggiungeva: «in esso ci è offerta una sicura bussola per orientare nel cammino del secolo che si apre» (Novo millennio ineunte, 57; EV 20/117).

Dopo secoli d’immobilismo rituale, in questi ultimi cinquant’anni abbiamo assistito al manifestarsi di mutamenti ecclesiali ed extra-ecclesiali, sociali e culturali d’immensa portata. Come accade sempre in ogni fase di passaggio, ciò ha comportato squilibri, confusioni, divisioni e tante perplessità su ciò che era, che è e che sarà; nello stesso tempo, grazie a Dio, ha portato tanti germi di speranza e fecondi fermenti di vita nuova. Il Concilio è un’energia in movimento e in questa dinamicità c’è tutta la ragione della propria esistenza. Come in primavera nessuno può fermare il risveglio della natura, così anche nella vita della Chiesa nessuno potrà mai bloccare la sua crescita e la maturazione attraverso le continue primavere che la rigenerano a nuova vita.

Il 4 dicembre 1563 si chiudeva il Concilio di Trento. Esso ha avuto una singolare importanza per la liturgia romana, non soltanto per avere predisposto un’edizione scientifica dei libri liturgici, ma soprattutto per avere adeguato la liturgia alla mutata situazione dei tempi d’allora. All’esuberanza creativa del periodo gotico, era succeduto un periodo di decadenza e di scissioni che compromisero l’unità della Chiesa occidentale romana. Quel Concilio doveva ristabilire e purificare la tradizione liturgica e garantire e proteggere l’unità emanando prescrizioni rigorose circa l’uniformità del culto affidando il compito a un potere centrale.

A distanza di 400 anni dalla chiusura del Concilio di Trento, il 4 dicembre 1963 il Concilio ecumenico Vaticano II promulgava la prima Costituzione Sacrosanctum Concilium aprendo una nuova epoca di fresca e ringiovanita vita liturgica. Per la tormentata questione della “musica sacra”, nella 58° Congregazione generale, del 30 ottobre 1963, era stato approvato l’intero cap. VI De Musica Sacra. Votarono 2096 Padri conciliari: favorevoli 2080, contrari 6, con riserva 9, voto nullo 1. Il 22 novembre 1963, stesso giorno in cui era apparso il Motu Proprio “Tra le sollecitudini” di Pio X, nel corso della 73° Congregazione generale, i Padri approvavano l’intero schema di SC. Votanti 2178, favorevoli 2158, contrari 19, voto nullo 1. Il 5 marzo 1967, la Congregazione dei Riti, per completare il Documento Inter oecumenici del 26 settembre 1964, per incarico del Papa emanava l’Istruzione Musicam Sacram, autorevole interpretazione del Cap. VI di SC. Questi documenti, parlando di musica sacra, si limitavano a specificare quegli aspetti che hanno un rapporto con la Riforma liturgica: non hanno, perciò, affrontato problemi musicali di carattere ideologico, storico e applicativo. Il contenuto dei documenti apre così la strada al cammino che la riforma dei Riti era in procinto di intraprendere. Paolo VI, nel discorso per la promulgazione della SC, riferendosi al popolo che, in forza del battesimo, è chiamato a una partecipazione sempre più piena e fruttuosa alle celebrazioni liturgiche, ne dava la motivazione: «perché sciolga in preghiera beata e verace la muta sua lingua e senta l’ineffabile potenza rigeneratrice di cantare… le lodi divine e le speranze umane, per Cristo Signore e nello Spirito santo».

Ed è proprio in riferimento all’azione dello Spirito santo che papa Francesco è tornato a parlare con forza del Concilio Vaticano II e dell’urgenza di farne tesoro per la vita della Chiesa. «Lo Spirito santo spinge le persone e la Chiesa stessa ad andare avanti ma noi opponiamo resistenza e non vogliamo cambiare», ha affermato in una delle sue recenti omelie nella cappella della Domus Sanctae Martae, in cui ha commentato la prima lettura del giorno. In essa, gli Atti degli Apostoli narrano del martirio di santo Stefano che, prima di essere lapidato, annuncia la risurrezione di Cristo, ammonendo i presenti con parole forti: «Testardi! Voi opponete sempre resistenza allo Spirito santo». Stefano ricorda quanti hanno perseguitato i profeti e, dopo averli uccisi, hanno costruito loro “una bella tomba” e solo dopo li hanno venerati. Anche Gesù – osserva il papa – rimprovera i discepoli di Emmaus: «Stolti e lenti di cuore a credere in tutto ciò che hanno detto i profeti!». «Sempre, anche tra noi – rileva il Pontefice – c’è quella resistenza allo Spirito santo. Per dirlo chiaramente: lo Spirito santo ci dà fastidio. Perché ci muove, ci fa camminare, spinge la Chiesa ad andare avanti. E noi siamo come Pietro nella Trasfigurazione e diciamo: “Ah, che bello stare così, tutti insieme!”… ma che non ci dia fastidio. Vogliamo che lo Spirito santo si assopisca… vogliamo addomesticare lo Spirito santo. E quello non va. Perché Lui è Dio e Lui è quel vento che va e viene e tu non sai da dove. È la forza di Dio, è quello che ci dà la consolazione e la forza per andare avanti. Ma: andare avanti! E questo da fastidio. La comodità è più bella».

Oggi – ha proseguito il Papa – sembra che «siamo tutti contenti per la presenza dello Spirito santo, ma non è vero. Questa tentazione ancora è di oggi. Un solo esempio: pensiamo al Concilio. Il Concilio è stato un’opera bella dello Spirito santo. Pensate a papa Giovanni: sembrava un parroco buono e lui è stato obbediente allo Spirito santo e ha fatto quello. Ma dopo 50 anni, abbiamo fatto tutto quello che ci ha detto lo Spirito santo nel Concilio? In quella continuità della crescita della Chiesa che è stato il Concilio? No. Festeggiamo questo anniversario, facciamo un monumento, ma che non dia fastidio. Non vogliamo cambiare. Di più: ci sono voci che vogliono andare indietro. Questo si chiama essere testardi, questo si chiama voler addomesticare lo Spirito santo, questo si chiama diventare stolti e lenti di cuore». Succede lo stesso – aggiunge il Papa – «anche nella nostra vita personale»: infatti, «lo Spirito ci spinge a prendere una strada più evangelica», ma noi resistiamo. Questa l’esortazione finale: «non opporre resistenza allo Spirito santo. È lo Spirito che ci fa liberi, con quella libertà di Gesù, con quella libertà dei figli di Dio»!

Papa Francesco ha poi concluso: «Non opporre resistenza allo Spirito santo: è questa la grazia che io vorrei che tutti noi chiedessimo al Signore: la docilità allo Spirito santo, a quello Spirito che viene da noi e ci fa andare avanti nella strada della santità, quella santità tanto bella della Chiesa. La grazia della docilità allo Spirito santo. Così sia».

Sì! Così sia, così è, così dev’essere. La storia insegna che la profezia, come anche la libertà di coscienza, comporta sempre il martirio.

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