Medico fiscale del’INPS originario del Camerun aggredito: “Io non lascio il mio lavoro”. “Bisogna abituarsi al diverso, bisogna essere umani”. La Nota del Vescovo di Chioggia

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Francesca Moro, la moglie del medico fiscale dell’INPS Dott. Nelson Yontu Maffo, aveva denunciato in un lungo post su Facebook gli insulti razzisti e l’aggressione subiti mentre il suo marito svolgeva suo lavoro. Il fatto è accaduto due settimane fa a Chioggia, Dott. Yontu Maffo, trentenne originario del Camerun in Italia da circa 11 anni, si era recato nell’abitazione di un lavoratore per verificarne le condizioni di salute.

Vicinanza e solidarietà al medico fiscale dell’INPS, unita alla netta condanna per l’episodio di violenza e intolleranza che lo ha coinvolto, sono stati espressi dal Presidente dell’INPS Pasquale Tridico e dall’intero Consiglio di amministrazione, a nome dell’Istituto e di tutti i suoi dipendenti. “Vogliamo rimanga una risorsa di valore a fianco dell’Istituto”. L’Ordine dei Medici Chirurghi e Odontoiatri della Provincia di Padova: “Deplorando ogni forma di razzismo e discriminazione desideriamo tuttavia sottolineare come la categoria medica sia tornata rapidamente ad essere sottoposta a minacce”. Solidarietà e vicinanza è stata espressa anche da diversi esponenti politici e dal sindaco della città che da subito ha preso le distanze su quanto accaduto: “Questa non è la mia città – afferma – e non è la società che vogliamo per i nostri figli”.

Nella sua denuncia su Facebook, il giorno dopo l’aggressione, Francesca Moro ha scritto: “Questa è violenza. Violenza del branco”. A raccontare il dolore della famiglia per una situazione diventata ormai insostenibile è la moglie, in un lungo post su Facebook. “Non importa se sei la persona più buona e corretta del mondo, se ti sei laureato in medicina a Padova, se parli italiano meglio di un madrelingua, se ti presenti sul lavoro sempre ben vestito e con un cartellino identificativo, se sei sempre cordiale ed educato – sostiene -. A Chioggia sei un nero di m…”. Una situazione che la donna ritiene senza via di uscita. “È troppo per un uomo. È troppo per un bravo ragazzo. È troppo per la società del ventunesimo secolo. È troppo per me – dice – che lo amo e non posso continuare ad avere paura di non veder rincasare la sera il meraviglioso padre di mia figlia. Non è più ignoranza, maleducazione o stupidità – sottolinea -. Questa è violenza. Violenza del branco”.

Dopo l’aggressione subito, a caldo Dott. Yontu Maffo aveva detto di voler andare via da Chioggia, dopo mesi di continue, piccole aggressioni verbali. E pensava soprattutto alla figlia di due anni: “Non sopporto l’idea che cresca in una società dove ci sono individui che usano il colore della pelle per insultare”. La sua moglie, in un secondo post Facebook, 4 giorni dopo l’aggressione, ha voluto “sottolineare come in tanti anni a Padova non ci siamo mai sentiti vittime di discriminazione e nonostante evidenti problematiche sociali, la nostra si è dimostra una città inclusiva. In noi prevale la fiducia nel prossimo e la convinzione che gli italiani non siano razzisti. A Chioggia abbiamo avuto modo di conoscere anche persone cordiali e disponibili. Sarebbe un errore fare noi per primi di tutta l’erba un fascio”.

“La tendenza alla generalizzazione dei giudizi, oltre a non giovare alla soluzione del problema, non è sempre innocua”. Questa considerazione apre la Nota del Vescovo di Chioggia, Mons. Adriano Tessarollo, intervenendo sul caso, pubblicato sul settimanale d’informazione della diocesi di Chioggia Nuova Scintilla e riportato il 10 giugno sul sito del settimanale. Nello stesso numero compaiono anche i commenti del Vescovo di Chioggia emerito, Mons. Cesare Bonivento, per 40 anni missionario tra gli indigeni della Papua Nuova Guinea, che dice di “vergognarsi in quanto chioggiotto e soprattutto in quanto missionario” di un episodio così increscioso, e di Andrea Tornielli, Direttore editoriale del Dicastero della Comunicazione della Santa Sede, anche lui chioggiotto.

«Mi torna alla mente», scrive il Vescovo di Chioggia, “l’espressione dell’antico poeta latino Virgilio quando nell’Eneide parla dello spergiuro di Sinone per trarne motivo di riprovazione per tutti i Greci, “ab uno sice omnes” (da uno conoscili tutti). Un sofisma per dire che da alcuni particolari forniti dall’esperienza derivano proposizioni universali. Credo invece non sia così. Come da tanti casi di accoglienza non si deduce che tutti siamo accoglienti, così dai casi di ostilità non giova gridare che tutti sono razzisti. Giova invece trovare le vie che disinnescano tensione e maturano atteggiamenti di rispetto reciproco fra le diversità di ogni tipo, siano esse di natura religiosa, etnica, culturale, economica, partitica”.

“’Oltre alla perentoria condanna dell’accaduto e del contesto in cui si è verificato, in cui alla illiceità del comportamento del lavoratore si è aggiunta un’inaccettabile violenza a sfondo razziale – ha commentato Tridico – vogliamo ringraziare tutti coloro che ogni giorno e con difficoltà cercano di compiere il loro dovere nell’ambito dei controlli sul lavoro, perché è da questa essenziale radice che può scaturire un maggior rispetto del lavoro di tutti e dello Stato. A maggior ragione in questo momento, in cui ogni componente della società civile – nel pubblico e nel privato – vuole contribuire ad una ripresa che determinerà il cambiamento necessario e il futuro del Paese. Il Dott. Yontu è una persona eccezionale, dalle sue parole ho compreso quanto male abbia subito ma anche l’estremo spessore della persona, che vogliamo rimanga una risorsa di valore a fianco dell’Istituto”. Ordine medici e Odontoiatri Provincia di Padova: “Esprimiamo la nostra solidarietà e vicinanza al collega attaccato nello svolgimento delle sue mansioni. Deplorando ogni forma di razzismo e discriminazione desideriamo tuttavia sottolineare come la categoria medica sia tornata rapidamente ad essere sottoposta a minacce”. “Da eroi acclamati nel momento dell’emergenza Covid ora si ritorna ad essere aggrediti – concludono -. È necessaria maggior sicurezza per gli operatori sanitari al fine di salvaguardare e recuperare l’importanza del ruolo del medico nella società”. “L’aggressione tra l’indifferenza di tutti”.

Il medico – secondo quanto riportato – si era recato nel pomeriggio del 2 giugno a casa di un uomo per verificarne le condizioni di salute, varcando la soglia di un grande condominio di periferia. Il lavoratore non c’è e quando si presenta, probabilmente avvertito dalla moglie, non ha alcuna vergogna a mostrarsi in ciabatte e canottiera da mare. Il medico viene subito aggredito: “negro di m…a, da qui non esci vivo – si sente dire -. Tu firmi che ero in casa o ti spacco la testa’”. Dopo pochi secondi dalle parole passa ai fatti. “Quell’uomo mi spingeva – racconta la vittima – premendomi le dita sul torace”, mentre continuava a ripetere “non puoi venire in Italia a fare il c….o che ti pare”. L’aggressore gli strappa il telefonino, poi lo insegue con il motorino e strappa una maniglia della sua auto. Mentre tutto questo avviene dalle finestre del palazzo tutti guardano ma nessuno alza un dito per difenderlo, neppure per chiedere l’intervento delle forze dell’ordine.

Basta denunciare i mali e i problemi o bisogna curarli?
In merito all’episodio di aggressione al medico a Chioggia
Intervento del Vescovo Adriano
Nuovascintilla.it, 10 giugno 2021


Chioggia è stata ancora una volta sulle prime pagine dei giornali per un fatto grave. Passato qualche giorno da quel clamore che non dà alcun apporto alla soluzione del problema, forse potrebbe essere utile qualche considerazione specifica da chi di dovere, senza lasciarsi, come troppo spesso accade, prendere dalla facile tendenza a generalizzare e politicizzare il problema.

Mi torna alla mente l’espressione dell’antico poeta latino Virgilio (Eneide II, 65-66), che partendo dallo spergiuro di Sinone trae motivo di riprovazione per tutti i Greci: ‘ab uno disce omnes’ («da uno conoscili tutti»). Questo ‘procedimento’ è definito un ‘sofisma’ per cui da alcuni particolari forniti dall’esperienza si derivano proposizioni universali. Per es.: «Alcuni uomini sono cattivi, dunque gli uomini sono cattivi». Ritengo che questa tendenza alla generalizzazione dei giudizi, oltre che non giovare alla soluzione del problema, non sia sempre ‘innocua’.  Credo che non è raro che funzionari statali come forze dell’Ordine, medici, impiegati pubblici ricevano tante volte ‘violenze’ verbali e fisiche nell’esercizio de loro servizio, insieme a ricevono insulti di vario genere. E non solo loro.

Come per altri casi l’intervento di chi di dovere deve essere ‘mirato’ alla situazione prendendo le misure in ragione della situazione che ha generato il problema. Forse di quella situazione si è parlato poco o nulla per comprendere la causa remota e prossima che forse ha scatenato la reazione violenta e sproporzionata. Le offese gravi restano e il responsabile ne deve rispondere.

Mi chiedo se davvero la reazione non ci sarebbe stata se il controllore INPS fosse stato un altro. In ogni caso si deve prendere atto che c’è molta strada da fare, e che richiederà tempo, per educarci al rispetto verso ogni diversità: religiosa, etnica, culturale, economica, partitica. Pensiamo quanto pesa in tutte le società la contrapposizione tra famiglie, tribù, classi sociali e popoli.

Credo che non venga un grande apporto alla progressiva soluzione del problema ricorrere troppo spesso al sofisma “da uno conoscili tutti”, affibbiando giudizi generali a intere comunità civili o politiche. Credo invece che interiormente lo aggravi! Come dai tanti casi di accoglienza non si deduce che tutti siamo accoglienti, cosi dai casi di ostilità non giova gridare che tutti sono razzisti.

Giova trovare le vie che disinnescano tensione e maturano atteggiamenti di rispetto reciproco tra le diversità di ogni tipo.

+ Adriano Tessarollo
Vescovo di Chioggia

Dal diario Facebook di Francesca Moro
3 giugno 2021

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Cosa significa essere un medico nero a Chioggia nel 2021.
È il 2 giugno, stai aspettando con la tua bimba che il suo papà torni dal lavoro per mangiare una pizza.  Invece ti arriva una telefonata in cui lui ti dice con voce strozzata che ha chiamato la polizia perché lo stanno inseguendo in moto e lo vogliono picchiare.
Se sei un medico fiscale nero e lavori a Chioggia è questo quello che ti succede.
Succede che in orario di visita un uomo che non era in casa, avvisato telefonicamente dai vicini, arriva in bicicletta indossando il costume e invece di giustificare con vergogna la propria assenza, ti sequestra chiudendo il cancello della palazzina e ti minaccia ripetutamente di morte.
Succede che avvicina la mano a un bastone mentre ti urla “Negro di merda, da qui non esci vivo”, “Non puoi venire in Italia a fare il cazzo che ti pare”, “Tu mi firmi che ero in casa o ti spacco la testa”, poi ti strappa il tablet dalle mani e lo scaraventa su un muretto rompendolo in mille pezzi.
Succede che tutto avviene davanti ai vicini affacciati alle finestre e ai cancelli e, mentre tu chiedi “Per favore chiamate la polizia”, “Per favore aprite il cancello”, loro ti guardano sghignazzando, si piazzano sulla sedia che lui ci ha messo davanti per bloccarti la strada e si prendono gioco di te “No, adesso te la vedi con lui”.
Succede che nonostante le tue richieste di aiuto di fronte a un uomo violento, nessuno viene in tuo soccorso o prova a calmarlo. Anzi, mentre tu tenti di chiamare il 112 in un momento di distrazione dell’uomo, le vicine lo informano che hai chiamato la polizia, che hai il cellulare nascosto tra i fogli e lui te lo strappa privandoti della tua unica possibilità di salvezza.
Succede che per salvarti la vita vieni obbligato a sottoscrivere il falso e quando finalmente riesci ad allontanarti e ad entrare nella tua auto, l’uomo ti raggiunge per dirti “Sei morto, ti vengo a prendere” e con violenza inaudita divelle la maniglia della portiera dell’auto di cui stai pagando le rate, per scagliarla contro il tuo finestrino. E mentre tu tenti di andartene, un altro vicino gli offre un passaggio in moto per inseguirti mentre scappi.
Perché sei nero.
Non importa se sei la persona più buona e corretta del mondo, se ti sei laureato in medicina a Padova, se parli italiano meglio di un madrelingua, se ti presenti sul lavoro sempre ben vestito e con un cartellino identificativo, se sei sempre cordiale ed educato. A Chioggia sei un nero di merda.
E dopo mesi di lavoro in una città tanto ostile ti abitui alla maleducazione della gente che ti accoglie sempre con un “Che cosa vuoi? Vattene da qui” senza mai lasciarti il tempo di dire chi sei.
Ti abitui alla sconcertante mancanza di vergogna di tutti quelli che ti intimano di andartene mentre sei seduto in macchina ad aspettare tranquillo l’orario delle visite.
Ti abitui ad ascoltare il loro agghiacciante “Eh sai (dandoti rigorosamente del tu), ci sono stati dei furti qui in zona” quando chi ha provato a cacciarti malamente è il destinatario della visita fiscale.
Ti abitui al macellaio del paese che, dopo aver parlato mezz’ora serenamente con te e averti indicato alcuni indirizzi impossibili da trovare, chiama la polizia dicendo che c’è un uomo sospetto davanti al suo negozio.
Ti abitui all’ignoranza razzista di una comunità che ti fa tornare a casa ogni sera con l’amaro in bocca, un senso di inadeguatezza e di profonda tristezza.
Cerchi perfino di giustificare la signora che, dopo averti fatto entrare e accomodare in casa per procedere alla visita, scappa improvvisamente impaurita per le scale urlando “Mi vuole derubare, mi ha spruzzato qualcosa in faccia” perché a distanza di due metri da lei hai pulito col disinfettante il tablet prima di appoggiarlo sul tavolo per tutelare la sua salute.
Chissà se qualcuno si è chiesto quanta paura abbia provato l’uomo nero vedendo arrivare il vicino di casa che brandiva un cacciavite.
È troppo per un uomo. È troppo per un bravo ragazzo. È troppo per la società del ventunesimo secolo. È troppo per me, che lo amo e non posso continuare ad aver paura di non veder rincasare la sera il meraviglioso padre di mia figlia.
Non è più ignoranza, maleducazione o stupidità. Questa è violenza. Violenza del branco.
Francesca Moro

Dal diario Facebook di Francesca Moro
6 giugno 2021

[2822 mi piace 8 commenti 133 condivisioni]

Siamo senza parole, addirittura frastornati, per la solidarietà e la quantità di messaggi ricevuti in poche ore.
Abbiamo sentito la necessità di rendere nota la vicenda perché era giusto portare alla luce due grossi problemi che affliggono il nostro Paese: le situazioni di pericolo e le aggressioni di cui molti operatori sanitari sono quotidianamente vittime sul lavoro e le conseguenze di un’aggressione a sfondo razziale su un uomo e la sua famiglia.
Siamo perfettamente coscienti di come le problematiche sociali di questi anni abbiano alimentato paure e pregiudizi di tanti italiani. Crediamo però che anche dove ci sia un’iniziale e forse inevitabile diffidenza, questa non si debba mai tramutare in maleducazione o, peggio, in un’aggressione anche solo di tipo verbale. Le persone vanno giudicate per le proprie azioni e basta.
Ci auguriamo che la solidarietà ricevuta in queste ore possa muovere gli animi di coloro che in futuro si troveranno ad assistere a situazioni di violenza come questa. Perché è la comunità che può fare la differenza.
Per questo vogliamo sottolineare come in tanti anni a Padova non ci siamo mai sentiti vittime di discriminazione e nonostante evidenti problematiche sociali, la nostra si è dimostra una città inclusiva. In noi prevale la fiducia nel prossimo e la convinzione che gli italiani non siano razzisti. A Chioggia abbiamo avuto modo di conoscere anche persone cordiali e disponibili. Sarebbe un errore fare noi per primi di tutta l’erba un fascio.
Stiamo ricevendo numerose richieste per interviste e apparizioni TV, riteniamo però di aver rilasciato sufficienti dichiarazioni. La risonanza mediatica di questo triste episodio ha superato la nostra forse ingenua aspettativa.
In questo particolare momento sentiamo l’esigenza di tornare alla nostra quotidianità e alla riservatezza che ci contraddistingue.
Questa esposizione, positiva per i motivi sopra esposti, si sta rivelando controproducente per la personale elaborazione di ciò che è accaduto. Preferiamo che la vicenda venga ora gestita nelle sedi opportune.
Ci teniamo a ringraziare pubblicamente:
tutto il personale I. N. P. S, in particolare il Direttore regionale Antonio Pone, il Direttore provinciale Vincenzo Petrosino, il Dott. Mario Sanna, il Presidente dell’Istituto Pasquale Tridico e il Direttore generale Gabriella Di Michele.
L’Ordine dei Medici tutto e il Presidente Giovanni Leoni.
Il Comune di Chioggia, il sindaco Alessandro Ferro e la consigliera comunale Barbara Penzo.
I Carabinieri di Padova e il luogotenente Giancarlo Merli.
I giornalisti tutti, che hanno trattato l’argomento con delicatezza e comprensione. In modo particolare Andrea Priante di Corriere del Veneto che, in un momento di fragilità emotiva, per primo ha raccolto la nostra testimonianza.
Nella concitazione di questi momenti abbiamo sicuramente dimenticato qualcuno e ce ne scusiamo.
Ringraziamo infine gli innumerevoli cittadini, anche dalla città di Chioggia, che ci hanno espresso il loro sostegno; non siamo ancora riusciti a leggere tutti i messaggi.
Grazie di cuore.
Francesca Moro

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