Numeri ufficiali Covid-19 del 4 marzo 2021. L’EMA avvia la valutazione del vaccino russo Sputnik V. Mosca: «Pronti a fornire dosi per 50 milioni di europei»

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Ringraziando i nostri lettori e sostenitori, ricordiamo che è possibile inviare comunicazione presso l’indirizzo di posta elettronica del “Blog dell’Editore”: QUI.

I dati Covid-19 ufficiali del Ministero della salute di oggi giovedì 4 marzo 2021

Ricoverati con sintomi: 20.157 (+394) (+1,99%)
In terapia intensiva: 2.475 (+64) (+2,65%) [con 232 nuovi ingressi del giorno] [*]
I pazienti in terapia intensiva aumentano per il 15° giorno consecutivo.
Deceduti: 98.974 (+339) (+0,34%)
Vaccinati [**] e percentuale sulla popolazione (aggiornato al 4 marzo 2021 Ore 14:31) 1.517.624 (2,54% di una platea di 50.773.718 persone da vaccinare)

Dati aggiornati al 4 marzo 2021 ore 18:47 – Fonte Agenas.

La soglia del 30% per le terapie intensive e del 40% per le aree non critiche è individuata dal decreto del Ministro della Salute del 30 aprile 2020. Per area non critica si intendono i posti letto di area medica afferenti alle specialità di malattie infettive, medicina generale e pneumologia [QUI].

[*] Dato molto importante, perché permette di verificare al di là del saldo quante persone sono effettivamente entrate in terapia intensiva nelle ultime 24 ore oggetto della comunicazione.
[**] Persone che hanno completato la vaccinazione (prima e seconda dose). Vaccinazione in tempo reale: QUI.

Il sistema “Tutor” per verificare il “trend” dell’epidemia

Media giornaliera dei decessi: 262 (-).

Tabella con i decessi al giorno, il totale dei decessi e la media giornaliera dei decessi [A cura dello Staff del “Blog dell’Editore”]: QUI.

Il punto della situazione a cura di Lab24

Le più recenti informazioni sulla capacità diffusionale della variante inglese indicano un incremento del valore dell’indice Rt compreso tra 0,4 e 0,7 rispetto al ceppo originario di Wuhan: in termini più semplici, a parità di condizioni ambientali, quando il Sars-CoV-2 esprime un Rt di 1.0 la variante del Kent raggiunge 1.4-1.7. Da questo possiamo facilmente dedurre che per mettere sotto controllo il virus attualmente in circolazione, con l’obiettivo minimo di una stabilizzazione del numero dei casi e quindi con un Rt di 1.0, dobbiamo attuare misure pari a quelle che ci avrebbero consentito, con il virus originario, di arrivare a un Rt di 0.3-0.6. L’obiettivo immediato, in presenza di questa variante più contagiosa, è quindi l’abbattimento rapidissimo del numero dei casi: che non può essere raggiunto applicando le stesse misure che abbiamo adottato negli ultimi mesi. Il massimo che abbiamo ottenuto è stato infatti la stabilizzazione del contagio, con un valore di Rt che si è mosso a lungo in area 0.8-1.1. Aggiungere a questo valore l’ulteriore “peso” della variante inglese farebbe esplodere il numero dei casi, e parallelamente complicherebbe la campagna vaccinale.

Due esempi pratici possono essere di aiuto: partiamo dalla differenza nel numero dei contagi. Con un Rt di 1.0 un singolo contagiato ne contagia un altro, e l’epidemia resta stabile nel tempo. Con un Rt di 1.5 (quindi nel range della variante inglese) un singolo caso ne genera 39 dopo 4 passaggi, 244 dopo 6 e 8.536 dopo 10. Per semplicità, e maggiore comprensione, possiamo sostituire i passaggi con le settimane: assumendo che tra il momento dell’infezione e la possibilità di trasmetterla ad altri trascorra all’incirca questo intervallo di tempo. È facile capire che un ritmo di questo tipo è insostenibile, con moltiplicatori dell’epidemia ben diversi da quelli sbandierati da chi (in modo erroneo) parla di “al massimo” un 50% di casi in più facendo la semplice differenza tra 1.0 e 1.5.

Secondo esempio, sui vaccini. Per calcolare la soglia teorica dell’immunità di gregge si utilizza la formula 1-1/R0, valore che per il ceppo originario di Wuhan è stato stimato in 2.5. Otteniamo 1-1/2.5, poi 1-0.4 e quindi il risultato finale: 0.6. In altri termini l’immunità di gregge si ottiene vaccinando il 60% della popolazione. La variante inglese aggiunge “almeno” il 40% al valore di R0 del Sars-Cov-2 precedente, portandolo a 3.5. Se rifacciamo la stessa operazione (1-1/3.5) otteniamo come risultato finale 0.72: la soglia teorica dell’immunità di gregge si è alzata al 72%. L’effetto al rialzo ha ricadute immediate sul calcolo della soglia minima vaccinale: che ci dice quante persone devono essere effettivamente vaccinate considerando l’efficacia del vaccino stesso. Con un’immunità di gregge teorica del 60%, e un vaccino con efficacia 95%, dobbiamo vaccinare il 63% della popolazione. Se portiamo l’immunità di gregge teorica al 72% (come effetto della variante inglese) per ottenere l’immunità di gregge nella vita reale dobbiamo vaccinare almeno il 75% della popolazione. I valori di Rt e R0, molto criticati in queste ultime settimane, sono in realtà importantissimi se utilizzati in modo corretto e, possibilmente, tempestivo.
Da questi due semplicissimi esempi vediamo come una variazione apparentemente banale, da 1.0 a 1.5, produca nel tempo effetti imponenti (Fonte Lab24.ilsole24ore.com/coronavirus).

Se festeggiamo con uno spritz pare brutto!?🤣🍹

L’ho scritto in un post il 28 febbraio 2021:
«Zingaretti 27.02.2020 – Parola d’ordine: normalità!
Zingaretti 27.02.2021 – Parola d’ordine: dimissioni!».

Un amico commentava: «Da quelle parti non si dimette nessuno…». Sono sicuro che l’amico sia più che felice di aver sbagliato previsioni.

Vaccini anti-Covid, l’EMA avvia la valutazione del russo Sputnik V
Mosca: «Pronti a fornire dosi per 50 milioni di europei»
Open, 4 marzo 2021

L’European Medicines Agency (EMA) (Agenzia Europea per il Farmaco) non è in grado di prevedere le tempistiche generali. La revisione continuerà fino a quando non saranno disponibili prove sufficienti per la domanda formale di autorizzazione all’immissione in commercio.
L’Agenzia ha dato il via alla valutazione del vaccino russo contro il Coronavirus Sputnik V, sviluppato dal centro nazionale russo di epidemiologia e microbiologia Gamaleya. A darne notizia è la stessa Ema sui suoi canali ufficiali. Secondo l’Agenzia, gli ultimi studi indicano che il vaccino Sputnik V contro il Coronavirus innesca la produzione di anticorpi e cellule immunitarie che prendono di mira il virus Sars-CoV-2 e possono aiutare a proteggere contro il Covid. Intanto da Mosca arrivano le prime reazioni.

A presentare la domanda di valutazione dello Sputnik V per l’Unione europea è stata la filiale tedesca del gruppo farmaceutico russo R-Pharm, come sottolinea l’EMA nella sua nota. Una decisione che si basa sui risultati di studi di laboratorio e studi clinici sugli adulti. La revisione continuerà fino a quando non saranno disponibili prove sufficienti per la domanda formale di autorizzazione all’immissione in commercio. L’EMA non è in grado di prevedere quali saranno le tempistiche generali, ma evidenzia che «dovrebbe richiedere meno tempo del normale grazie al lavoro svolto durante la revisione progressiva».

Brasile, Bolsonaro contro lockdown: “Basta piagnistei, uscite”

Il Presidente brasiliano Jair Bolsonaro torna a criticare il lockdown come misura di contenimento dell’epidemia di Covid-19. “Non chiudetevi in casa, non siate codardi. Dobbiamo affrontare i nostri problemi. Basta piagnistei, basta lamentarvi, fino a quando volete piangere?”, ha detto Bolsonaro intervenendo ad un incontro pubblico a Goias, un giorno dopo che il Brasile ha registrato il record di vittime di Covid-19. “Rispettiamo ovviamente i più anziani, i malati, quelli che hanno delle comorbidità, ma che fine farebbe il Brasile se chiudessimo tutto?”, ha aggiunto. Nelle immagini pubblicate dai media locali si vede Bolsonaro parlare in pubblico senza mascherina (Fonte SkyTG24).
Il Brasile é governato da un folle e in passato abbiamo anche visto le sue performance.

Cosa ci ha insegnato questo anno di pandemia, secondo il grande storico Yuval Noah Harari
di Elena Tebano
Il Punto | la newsletter del Corriere della Sera, 3 marzo 2021


«Nella guerra tra l’uomo e gli agenti patogeni, l’uomo non è mai stato così potente». È la constatazione alla base del lungo articolo che lo storico israeliano Yuval Noah Harari dedica sul Financial Times alle lezioni di questo primo anno di pandemia. Un’analisi fatta con lo sguardo di chi è abituato a considerare i tempi lunghi della storia e le evoluzioni destinate a lasciare un segno duraturo sul nostro vivere. Harari paragona l’epidemia di Covid-19 a quella della Spagnola del 1918 e mostra quanto sia cambiato da allora. Un secolo fa l’umanità sarebbe stata incapace di riconoscere e isolare il virus, accertare le sue modalità di trasmissione (e quindi come prevenirlo) e trovare il vaccino in meno di un anno. Nel 1918 sarebbe stato impossibile anche contenere i contagi con il lockdown senza incorrere in una crisi alimentare e in un collasso economico senza ritorno.

Harari ricorda che «mentre nel 1349 un bracciante medio raccoglieva circa 5 stai al giorno al giorno (una misura agricola anglosassone corrispondente a circa 27 kg di grano, ndr), nel 2014 una mietitrebbia ha stabilito un record raccogliendo 30 mila stai in un giorno». Oggi è possibile mietere un campo di grano osservando il distanziamento sociale, solo un secolo fa non lo era. Lo stesso vale per i trasporti: «nel 1582, la flotta mercantile inglese aveva una capacità di carico totale di 68 mila tonnellate e richiedeva circa 16 mila marinai – scrive ancora Harari -. La nave container OOCL Hong Kong, battezzata nel 2017, può trasportare circa 200 mila tonnellate e richiede un equipaggio di sole 22 persone». Non solo: Internet ci ha permesso di continuare a svolgere una moltitudine di lavori stando a casa. «Nel 1918, l’umanità abitava solo il mondo fisico, e quando il virus mortale dell’influenza spazzò questo mondo, l’umanità non aveva un posto dove scappare. Oggi molti di noi abitano due mondi, quello fisico e quello virtuale – spiega Harari -. Quando il coronavirus ha iniziato a circolare nel mondo fisico, molte persone hanno spostato gran parte della loro vita nel mondo virtuale, dove il virus non poteva seguirle».

Da qui arrivano le prime lezioni dell’epidemia. Da una parte c’è il ruolo fondamentale di una serie di “professioni sottopagate” inscindibili dalla dimensione fisica dell’esistenza (infermieri, lavoratori della sanità, camionisti, cassieri, addetti alle consegne) che hanno permesso a tutto il resto della società di trasferirsi online. Dall’altra c’è la nuova fragilità del mondo virtuale. Nel 2020 Internet ha retto, nonostante l’enorme trasferimento di attività sul web (non era scontato), ma cosa succederebbe se domani si “rompesse” o fosse attaccato?

«Dopo il 2020 sappiamo che la vita può andare avanti anche quando un intero Paese è in isolamento fisico. Ora provate a immaginare cosa succederebbe se la nostra infrastruttura digitale si bloccasse. La tecnologia informatica ci ha reso più resistenti di fronte ai virus organici, ma ci ha anche reso molto più vulnerabili ai virus informatici e alla guerra informatica -avverte Harari -. La gente spesso si chiede: “Qual è il prossimo Covid?”. Un attacco alla nostra infrastruttura digitale è il candidato principale. Ci sono voluti diversi mesi perché il coronavirus si diffondesse nel mondo e infettasse milioni di persone. La nostra infrastruttura digitale potrebbe collassare in un solo giorno. E mentre le scuole e gli uffici possono rapidamente spostarsi online, quanto tempo pensate che ci vorrebbe per tornare dalla posta elettronica alla posta ordinaria?».

Allo stesso tempo l’epidemia, mostrando la potenza della digitalizzazione, ci ha fatto capire la pericolosità degli abusi della sorveglianza digitale. Anche da qui dobbiamo imparare, sostiene Harari: imponendo dei limiti all’uso dei dati raccolti grazie alle tecnologie digitali, una assoluta trasparenza nella loro gestione, ed evitando la concentrazione di dati, anche a costo di essere più inefficienti («Il monopolio dei dati è la ricetta per la dittatura»).

L’ultima lezione dell’epidemia, forse la più importante, è quella che riguarda il ruolo della politica. Ci ha fatto vedere quanto fosse importante e insieme inadeguata nella sua forma attuale.

«I successi scientifici e tecnologici senza precedenti del 2020 non hanno risolto la crisi del Covid-19. Hanno trasformato l’epidemia da una calamità naturale in un dilemma politico» scrive Harari. Hanno fatto sì cioè che fosse la politica a dover scegliere come usare al meglio gli strumenti senza precedenti messi a disposizione dalla scienza e della tecnica. Spesso non ci è riuscita, prima di tutto per un’incapacità di collaborare in nome del bene comune. I successi della scienza sono stati il prodotto di uno sforzo congiunto da parte dei ricercatori di tutto il mondo, che si sono scambiati informazioni e conoscenze. Mentre gli scienziati collaboravano – però – la maggior parte dei leader politici litigava (con la notevole eccezione dell’Unione europea su alcune scelte, aggiungiamo).

«I politici non sono riusciti a formare un’alleanza internazionale contro il virus e a concordare un piano globale» spiega Harari. «È triste vedere che molti non riescono a capire un semplice fatto su questa pandemia: finché il virus continua a diffondersi ovunque, nessun paese può sentirsi veramente al sicuro. Supponiamo che Israele o il Regno Unito riescano a sradicare il virus all’interno dei loro confini, ma il virus continui a diffondersi tra centinaia di milioni di persone in India, Brasile o Sudafrica. Una nuova mutazione in qualche remota città brasiliana potrebbe rendere inefficace il vaccino e provocare una nuova ondata di infezioni».

Che fare dunque? Tre cose, subito, secondo lo storico israeliano: proteggere la nostra infrastruttura digitale, rafforzare i sistemi sanitari pubblici, in ogni Paese, e infine «stabilire un potente sistema globale per monitorare e prevenire le pandemie». Capendo finalmente che sui problemi complessi globali (l’epidemia ma anche la crisi climatica), non deve più esistere un noi e un loro. E che non può esserci benessere per i ricchi se non iniziamo a proteggere anche i più poveri. Potrebbe essere la lezione più difficile da imparare.

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