Padre Jarek Cielecki di San Charbel evangelizza nel supermercato di Radom. La ricetta della missionarietà del Cardinale Bergoglio nel 2007

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Tutti hanno espresso dei desideri, hanno fatto dei buoni propositi e hanno preso molte decisioni per il 2021. “Ho pensato molto a cosa decidere – dice Padre Jarek -. Poi è nato il pensiero: quest’anno, anche se la pandemia probabilmente non finirà presto, devo andare ad incontrare soprattutto chi non ha più il desiderio, la voglia, il coraggio, di tornare in chiesa. Molti non hanno abbandonato la loro fede o la Chiesa di Gesù, ma si sono semplicemente ritirati dalla vita pubblica. Hanno bisogno di riaprirsi agli altri”. E così Padre Jarek ha fatto il proposito e ha preso la decisione, che ogni venerdì del 2021 sarebbe andato ad evangelizzare con la Croce, almeno per qualche ora: “Sarà la preghiera più bella e ricorderò alle gente di tornare a Cristo”.

Per questo suo pensiero, Padre Jarek ha pregato a lungo nell’Eremo di San Charbel a Florencja vicino a Iłża i Polonia. Nella Cappella del Santissimo Sacramento, dove sono conservate le reliquie di San Charbel, ha baciato la Croce e le mani della statua del santo patrono. Poi, ha preso la Croce lignea – quella che ha portato per molti anni nella Via Crucis durante il ritiro spirituale a Częstochowa. Nella sua parrocchia della Madonna Assunta Madre di Buon Inizio e San Charbel gli chiedevano: “Dove andrai con questa Croce?”. “Vado solo a fare la spesa…”, ha risposto. E si è fermato davanti al supermercato Auchan a Radom. Ovviamente, il suo aspetto attirava l’attenzione delle persone…

Si è avvicinato un passante e gli ha chiesto: “Da dove vieni?”. E così sono iniziati i colloqui, che si sono svolti nei vari reparti del supermercato.

Poi le persone gli parlarono da solo. In uno dei reparti, un uomo ha aperto così tanto il suo cuore, che stava per confessarsi: “Padre, ho l’impressione che il diavolo stia lavorando così duramente oggi, tutti sono nervosi, reagiscono con rabbia… Ero così felice quando ho visto un prete che camminava!”. “Probabilmente distruggerà l’azione diabolica…”, gli risponde Padre Jarek, annuendo. In un altro reparto una donna dice: “Quanto sono bravi tutti a parlare oggi. Mio figlio si è tolto la vita 15 anni fa…”. Padre Jarek ha promesso che l’avrebbe ricordato durante la Santa Messa serale. E la donna ha promesso che sarebbe sicuramente venuta a trovarlo a Florencja.

“Fermati un attimo”, dicevano molti al passaggio di Padre Jarek. Una giovane coppia camminava mano nella mano. “State pensando di sposarvi?”, chiede Padre Jarek. “Non ancora“, rispondono e Padre Jarek propone: “Se volete, pregherò per il vostro amore. Vorresti che vi benedico?”. Si guardarono felici.

Padre Jarek chiede ai bambini che stanno a fare shopping con i loro genitori: “Eravate qui per il canto natalizio? No? Beh, avete un canto natalizio qui oggi” e li ha benedetto, ha chiesto della loro vita e li ha invitato di venire a Florencja (Firenze in polacco). Qualcuno ha avuto un problema: “Non possiamo andare all’estero adesso…” e Padre Jarek tranquillizza: “Non in Italia, ma in quella vicino a Iłża”.

Padre Jarek ha anche benedetto i commessi. Tutti facevano notare che tra loro c’era un prete, ancora con una croce così bella. Alla fine è apparso qualcuno, probabilmente dell’amministrazione del supermercato e ha chiesto se Padre Jarek aveva il permesso di fare quello che stava facendo.
“Cosa sto facendo? Compro cose”.
“Così vestito?”.
“Mi vesto così tutti i giorni. Sono un prete”.
“E la croce?”.
“Porto anche una croce, perché la croce è la salvezza e voglio che siate salvati tutti”.

Non distribuisco volantini. Niente volantini, ma immagini. C’è solo una foto di nostra Madre celeste da cui dipende molto”.

C’erano anche delle persone che non volevano parlare e gli ha augurato tutto il bene. Una signora ha detto di essere di un’altra religione, ma ha accettato comunque la benedizione.

All’uscita Padre Jarek ha benedetto l’intera area. È tornato contento alla sua macchina, ha fatto rifornimento di carburante e il Signore Gesù ha continuato ad agire. “Quando sono entrata per pagare la benzina, la commessa mi ha salutato ad alta voce: Dio ti benedica, padre”. “Che meraviglia che tu saluti così”, le ha risposto Padre Jarek e le ho dato una foto. Un altro commesso non ha accettato l’immaginetta della Madonna: “Non sono credente…”. “Pregheremo per il tuo amico che creda in Cristo, ma gli auguro tutto il meglio…”, ha detto Padre Jarek alla commessa. “Tra una settimana ripartirò, ma solo Dio sa dove mi manderà. Mi sento missionario. La pandemia non mi interessa. Mantengo tutti gli standard sanitari. La Croce ci parla ancora e non ci contagia”.

Intervista al Cardinale Jorge Maria Bergoglio nel novembre del 2007

Questa storia dell’evangelizzazione di Padre Jarek nel supermercato di Radom, mi ha fatto pensare ad un articolo che mi è stato mandato una settimana fa da un amico, che fu pubblicato sul numero 11 del 2007 di 30 Giorni.it: “Quello che avrei detto al concistoro. Intervista con il Cardinale Jorge Mario Bergoglio, Arcivescovo di Buenos Aires” di Stefania Falasca.

In questa intervista, il futuro Papa Francesco parla sulla missionarietà della Chiesa, sul coraggio apostolico di seminare: “Permettere al Signore di parlare… In un mondo che non riusciamo a interessare con le parole che noi diciamo, solo la Sua presenza che ci ama e che ci salva può interessare. Il fervore apostolico si rinnova perché testimoni di Colui che ci ha amato per primo”.

Bergoglio era a Roma per partecipare al Concistoro ordinario pubblico per la creazione di nuovi cardinali, convocato da Papa Benedetto XVI per il 24 novembre 2007, a cui però non ha potuto essere presente per una sciatalgia acuta, come alcuni giorni fa (so cosa significa, perché ne ho sofferto in forma cronica per moltissimi anni e da alcune giorni in forma acuta).

Al Concistoro il Cardinale Bergoglio avrebbe parlato di Aparecida e alla domanda: “Che cosa per lei ha caratterizzato questa quinta Conferenza generale dell’episcopato latinoamericano?”, risponde: “È la prima volta che una Conferenza dell’episcopato latinoamericano si riunisce in un santuario mariano. E il luogo già di per sé dice tutto il significato. Ogni mattina abbiamo recitato le lodi, abbiamo celebrato la messa insieme ai pellegrini, ai fedeli. Il sabato o la domenica ce n’erano duemila, cinquemila. Celebrare l’Eucaristia insieme al popolo è diverso che celebrarla tra noi vescovi separatamente. Questo ci ha dato vivo il senso dell’appartenenza alla nostra gente, della Chiesa che cammina come popolo di Dio, di noi vescovi come suoi servitori. I lavori della Conferenza poi si sono svolti in un ambiente situato sotto il santuario. E da lì si continuavano a sentire le preghiere, i canti dei fedeli… Nel documento finale c’è un punto che riguarda la pietà popolare. Sono pagine bellissime. E io credo, anzi, sono sicuro, che siano state ispirate proprio da questo. Dopo quelle contenute nell’Evangelii nuntiandi, sono le cose più belle scritte sulla pietà popolare in un documento della Chiesa. Anzi, oserei dire che quello di Aparecida è l’Evangelii nuntiandi dell’America Latina, è come l’Evangelii nuntiandi”.

L’Evangelii nuntiandi è un’esortazione apostolica sulla missionarietà. “Appunto – risponde Bergoglio -. Anche per questo c’è una stretta somiglianza. E qui vengo al terzo punto. Il documento di Aparecida non si esaurisce in sé stesso, non chiude, non è l’ultimo passo, perché l’apertura finale è sulla missione. L’annuncio e la testimonianza dei discepoli. Per rimanere fedeli bisogna uscire. Rimanendo fedeli si esce. Questo dice in fondo Aparecida. Che è il cuore della missione. (…) Per me il coraggio apostolico è seminare. Seminare la Parola. Renderla a quel lui e a quella lei per i quali è data. Dare loro la bellezza del Vangelo, lo stupore dell’incontro con Gesù… e lasciare che sia lo Spirito Santo a fare il resto. È il Signore, dice il Vangelo, che fa germogliare e fruttificare il seme. (…) Di per sé tutto ciò che può condurre per i cammini di Dio è buono. Ai miei sacerdoti ho detto: «Fate tutto quello che dovete, i vostri doveri ministeriali li sapete, prendetevi le vostre responsabilità e poi lasciate aperta la porta». I nostri sociologi religiosi ci dicono che l’influsso di una parrocchia è di seicento metri intorno a questa. A Buenos Aires ci sono circa duemila metri tra una parrocchia e l’altra. Ho detto allora ai sacerdoti: «Se potete, affittate un garage e, se trovate qualche laico disposto, che vada! Stia un po’ con quella gente, faccia un po’ di catechesi e dia pure la comunione se glielo chiedono». Un parroco mi ha detto: «Ma padre, se facciamo questo la gente poi non viene più in chiesa». «Ma perché?» gli ho chiesto: «Adesso vengono a messa?». «No», ha risposto. E allora! Uscire da sé stessi è uscire anche dal recinto dell’orto dei propri convincimenti considerati inamovibili se questi rischiano di diventare un ostacolo, se chiudono l’orizzonte che è di Dio”.

Bergoglio ricorda la storia delle comunità cristiane del Giappone che erano rimaste senza sacerdoti per più di duecento anni: “Quando tornarono i missionari li ritrovarono tutti battezzati, tutti validamente sposati per la Chiesa e tutti i loro defunti avevano avuto un funerale cattolico. La fede era rimasta intatta per i doni di grazia che avevano allietato la vita di questi laici che avevano ricevuto solamente il battesimo e avevano vissuto anche la loro missione apostolica in virtù del solo battesimo. Non si deve aver paura di dipendere solo dalla Sua tenerezza…

Bergoglio sottolinea che Dio conduce il suo popolo con cuore di Padre. Che cosa si dovrebbe fare? “Guardare la nostra gente non per come dovrebbe essere ma per com’è e vedere cosa è necessario. Senza previsioni e ricette ma con apertura generosa. Per le ferite e le fragilità Dio parlò. Permettere al Signore di parlare… In un mondo che non riusciamo a interessare con le parole che noi diciamo, solo la Sua presenza che ci ama e che ci salva può interessare. Il fervore apostolico si rinnova perché testimoni di Colui che ci ha amato per primo”.

Qual è la cosa peggiore che può accadere nella Chiesa? “È quella che De Lubac chiama «mondanità spirituale». È il pericolo più grande per la Chiesa, per noi, che siamo nella Chiesa. «È peggiore», dice De Lubac, «più disastrosa di quella lebbra infame che aveva sfigurato la Sposa diletta al tempo dei papi libertini». La mondanità spirituale è mettere al centro sé stessi. È quello che Gesù vede in atto tra i farisei: «… Voi che vi date gloria. Che date gloria a voi stessi, gli uni agli altri»”.

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