Cardinal Segretario di Stato Parolin: “La gente è disorientata”. Dice un proverbio indiano: “Se davanti a te vedi tutto grigio, sposta l’elefante!”

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La “dama di Becciu” (cioè, la prima, perché nel frattempo è emerso dalle tenebre anche una seconda, come abbiamo riferito ieri) si sarebbe appropriata di 575mila euro (non 600 mila come ha negato, ma più dei 500 mila che ha ammesso). Dalle carte del caso Becciu – in totale tredici pagine con cui la magistratura vaticana spiega le ragioni per cui deve restare in carcere e poi essere estradata nello Stato della Città del Vaticano, che l’agenzia Adnkronos ha potuto visionare – è emerso che Cecilia Marogna, arrestata dalla Guardia di finanza a Milano il 13 ottobre scorso su mandato di cattura internazionale richiesto tramite Interpol dall’Ufficio del Promotore di giustizia dello Stato della Città del Vaticano, ha effettuato 120 pagamenti in hotel e negozi di lusso con soldi accreditati dalla Segreteria di Stato.

Foto di Vincenzo Pinto/AFP.

A far nascere i sospetti degli investigatori sloveni – come emerge dalle carte giudiziarie vaticane, hanno scritto Ileana Sciarra e Mia Grassi ieri, in un servizio esclusivo dal titolo “Vaticano, ecco carte inchiesta Becciu-Marogna” per l’Adnkronos – sarebbero state una serie di movimentazioni anomale registrate su due conti intestati alla Logsic Doo, la società con sede nella capitale della Slovenia, Lubiana.

In previsione dell’estradizione di Cecilia Marogna nello Stato della Città del Vaticano, sarebbero in corso accertamenti della Guardia di finanza su fondi della Conferenza Episcopale Italiana e sull’Obolo San Pietro. Il Cardinale Angelo Becciu, che si è dimesso da Prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi e ha rinunciato ai diritti e previlegi del cardinalato il 21 ottobre 2020, si è difeso: “Io accusato di peculato? Surreale. Ho dato i soldi alla Caritas”.

Invece, la 39enne cagliaritana, divenuta nota come la “dama di Becciu”, appunto, per il legame fiduciario che la lega all’ex numero due della Segreteria di Stato di Sua Santità, è accusata dei reati di peculato “perché agì da pubblico ufficiale” e di appropriazione indebita aggravata. Gli inquirenti giudiziari vaticani contestano alla faccendiera sarda, nella qualità di amministratrice della Logsic Doo “costituita al fine di svolgere assistenza sociale non residenziale e finanziata dalla Segreteria di Stato”, di essersi appropriata di 575mila euro, “che le erano stati affidati in ragione delle sue funzioni utilizzandoli per acquisti voluttuari incompatibili con le finalità impresse dalla Segreteria di Stato all’atto dell’affidamento stesso” e di aver agito “con più atti esecutivi della medesima risoluzione” e “in concorso con persone allo stato ignote”.

A spingere gli inquirenti vaticani a contestare il peculato – scrivono i giornalisti investigativi dell’Adnkronos, oltre all’appropriazione indebita aggravata, a Marogna, è la convinzione che la manager sarda “agì da pubblico ufficiale”. Nelle loro carte i magistrati dello Stato della Città del Vaticano spiegano che “nell’ordinamento vaticano non esiste la differenza – presente invece nell’ordinamento italiano – tra incaricato di pubblico servizio e pubblico ufficiale” e che “qualsiasi persona titolare di un mandato amministrativo (oltre che legislativo o giudiziario) nello Stato, sia esso nominativo o elettivo, a titolo permanente o temporaneo, remunerato o gratuito, ed a prescindere dalla sua collocazione nell’ambito della organizzazione gerarchica, assume la qualifica di pubblico ufficiale”. In questo senso ritengono che la manager sarda “per l’incarico ricevuto e la natura delle attività che le erano state affidate attraverso la gestione della Logsic Doo – come visto finanziata esclusivamente con fondi erogati dalla Segreteria di Stato -, abbia rivestito la qualifica di pubblico ufficiale”. Circostanza suffragata anche, ricorda Adnkronos, dalla corrispondenza intercorsa tra Becciu e Monsignor Alberto Perlasca, all’epoca Capo dell’Ufficio amministrativo della Segreteria di Stato di Sua Santità, dalla quale emerge come la Marogna “avrebbe dovuto collaborare ad una operazione delicatissima e di grande importanza, vale a dire contribuire alla liberazione di una suora colombiana, missionaria in Mali e rapita dalla città di Karangasso provincia di Bamako nel febbraio 2017, che certamente può essere considerata di natura pubblica e rientrante nella nozione di mandato amministrativo temporaneo”. Ma più di ogni altra cosa, secondo gli inquirenti giudiziari vaticani, conta la dichiarazione del 17 novembre 2017 su carta intestata della Segreteria di Stato sottoscritta da Monsignor Angelo Becciu in qualità di Sostituto della Segreteria di Stato, in cui attestava che “la signora Marogna presta servizio professionale come analista geopolitico e consulente relazioni esterne per la Segreteria di Stato — Sezione Affari Generali”. Una “chiara investitura”, secondo gli inquirenti giudiziari vaticani, “implicante l’esercizio di poteri di natura pubblicistica – quale la gestione e conservazione di fondi pubblici destinati ad una finalità non certamente lucrativa – che la signora Cecilia Marogna, invece, ha svilito sfruttandolo e piegando a proprio unico favore il mandato ricevuto”.
Infine, gli inquirenti giudiziari vaticani, a comprova delle loro deduzioni sul mandato pubblico della Marogna, ricordano nelle carte inviate al Ministro Bonafede la Lettera apostolica dell’11 luglio 2013 “in forma di Motu Proprio del Sommo Pontefice (fonte normativa vincolante) a norma del quale ogni persona titolare di un mandato amministrativo nella Santa Sede, a titolo permanente o temporaneo, remunerato o gratuito, qualunque sia il suo livello gerarchico, è pubblico ufficiale”.

A quanto risulta dalla richiesta di convalida dell’arresto ai fini dell’estradizione fatta pervenire dalla Santa Sede al Ministro della giustizia italiano Alfonso Bonafede – tredici pagine in cui la magistratura vaticana ricostruisce nei dettagli il caso che sta facendo tremare le mura leonine (già messe a dura prova dallo scandalo 60SA, relativo all’acquisto del palazzo di lusso al numero 60 di Sloane Avenue a Londra), che l’Adnkronos ha potuto visionare – a far nascere i sospetti degli investigatori sloveni sarebbero state una serie di movimentazioni anomale registrate su due conti intestati alla Logsic Doo. A seguito della segnalazione, il Corpo della Gendarmeria dello Stato della Città del Vaticano in qualità di Polizia giudiziaria, attraverso accertamenti bancari, ha rilevato che i due conti correnti “risultavano alimentati da nove bonifici emessi dalla Segreteria di Stato tra il 20-12-2018 e l’11-7-2019 per un ammontare complessivo di 575.000 euro” e che molte delle movimentazioni eseguite “riguardavano spese non compatibili con l’oggetto sociale della società”. Dalla visura camerale della società era emerso che la Logsic Doo avrebbe dovuto svolgere attività di assistenza sociale non residenziale mentre dall’analisi degli estratti conto della società era emerso che le spese sostenute dalla Marogna “non avevano alcuna attinenza con le dette finalità assistenziali e umanitarie”. Inoltre, dall’analisi dei conti sono emersi oltre 120 pagamenti tra negozi come Prada, Tod’S, Hogan, Missoni, La Rinascente, Montblanc, Louis Vuitton, Maxmara, Poltronesofa, Auchan, alberghi prestigiosi (come l’Hotel Bagni nuovi di Bormio e l’Hotel Cervo in Costa Smeralda), ristoranti di lusso e, sottolineano gli inquirenti, “ulteriori approfondimenti sono in corso”.

Quanto alle modalità dei pagamenti, negli atti – che l’Adnkronos ha potuto visionare – ci sono una serie di conversazioni via Whatsapp tra il Cardinale Becciu e Monsignor Alberto Perlasca, all’epoca Capo dell’Ufficio amministrativo della Segreteria di Stato.

In particolare, il 20 dicembre del 2018 il Cardinale Becciu (che già non era più Sostituto della Segreteria di Stato) scrive a Perlasca di inviare i soldi alla Marogna, incaricata di mediare per conto della Santa Sede per la liberazione di una suora colombiana rapita e di farlo suddividendo la somma in diverse tranche. “Ti ricordi questione suora colombiana? Pare che qualcosa si muova e il mediatore deve aver subito a disposizione i soldi – scrive Becciu – Li inviamo però a diverse tranche sul conto che più sotto ti indicherò. Primo bonifico: 75.000 euro intestato a ‘Logsic doo’. Causale: ‘voluntary contribution for a humanitarian mission'”.

In un successivo messaggio, Becciu ribadisce a Perlasca la finalità che il fondo avrebbe dovuto assolvere, cioè la liberazione della suora colombiana, alludendo “anche al fatto – sottolineano gli inquirenti – che lo stesso trasferimento fosse stato preceduto dall’autorizzazione della superiore Autorità Sovrana”, ossia il Papa: “Ti ricordo che ne ho riparlato con il SP e vuole mantenere le disposizioni già date e in gran segreto”. Messaggio al quale, peraltro, Perlasca risponde “ok per suora”, lasciando intendere di essere a conoscenza della vicenda.

Agli atti c’è anche lo scambio di messaggi tra Perlasca e Fabrizio Tirabassi, funzionario dell’Ufficio amministrativo della Segreteria di Stato e suo stretto collaboratore, a cui Perlasca indica i bonifici da fare: “Monsignor Perlasca inoltrava il numero dell’Iban del destinatario – corrispondente al conto corrente intestato alla Logsic Doo – a Fabrizio Tirabassi”, rilevano gli inquirenti giudiziari nelle tredici pagine. Peraltro, lo stesso scambio di messaggi tra Becciu e Perlasca, e tra Perlasca e Tirabassi avviene, rilevano gli inquirenti, “anche in occasione della disposizione degli altri bonifici che hanno costituito il deposito della società Logsic doo”, avvenuti tra gennaio e luglio 2019. Questo porta gli inquirenti a concludere, aggiunge l’Adnkronos, “con una certezza che esclude ogni possibile ragionevole dubbio, che la Segreteria di Stato aveva versato alla Logsic Doo, affidandole alla signora Cecilia Marogna, somme per finalità istituzionali”.

E Parolin stia attento ad andare a cavallo nella foresta alle cinque del pomeriggio…

Il riferimento al caso Becciu e allo stillicidio di rivelazioni sui media al riguardo, il Cardinal Segretario di Stato di Sua Santità Pietro Parolin ha spiegato: “Quello che sta succedendo e le varie responsabilità che saranno accettate dall’autorità giudiziaria non possono che creare disorientamento tra i fedeli”, in risposta ad una domanda postagli a margine di un convegno sull’ecumenismo in corso a Roma, aggiungendo anche, se “fa molto più rumore un albero che cade che una foresta che cresce, nella Chiesa la foresta cresce, c’è tanto bene, il male che c’è purtroppo è presente come in ogni realtà ma dovremmo tenere anche tutto il bene che c’è”. Parolin ha dichiarato di non sapere se Becciu alla fine dell’inchiesta delle autorità giudiziarie vaticane verrà sottoposto a processo oppure no. Inoltre, il Cardinal Segretario di Stato ha anche risposto ad una domanda sul fatto che un paio di settimane fa è uscito dalla Commissione cardinalizia di controllo dello IOR: “Un normale avvicendamento”, ha commentato.

Sì sì, e gli asini volano e gli elefanti fanno il nido negli alberi. Sentir parlare l’eminentissimo Cardinal Segretario di Stato è come quando gli animali stanno salendo sull’arca di Noè e l’elefante dice alla pulce: “Dai, non spingere!”, con la pulce che risponde: “Scusa, non ti avevo visto!”. Ecco Parolin non ha mai visto niente e se ha visto, sa tutto, ma non si ricorda… E oggi dice come l’elefante uscendo dal negozio di cristalleria che dichiara: “Tanto col tempo s’aggiusta tutto!”. Dovrebbe invece di ricordarsi, che i coccodrilli sono piatti, perché alle cinque del pomeriggio vanno in giro nella foresta, l’ora in cui gli elefanti fanno paracadutismo…

Parolin lo sa, che tanto il prossimo è lui. Dopo l’esclusione dalla Commissione cardinalizia di controllo dello IOR, verrà escluso da qualcos’altro e non ci sarebbe da meravigliarsi se da qui a breve sarà rimpiazzato. Ricordiamoci sempre che il Revisore generale Libero Milone si lamentava in tempi non sospetti proprio che il Segretario di Stato non provvedeva a presentare i libri contabili della Segreteria di Stato ma temporeggiava e inspiegabilmente non rispondeva alle sue istanze.

24 settembre 2017. Conti Vaticani, Milone a Sky TG24: “Mi dimisi sotto minacce arresto”. In esclusiva televisiva, l’ex Revisore generale dei conti racconta per la prima volta la sua verità sull’improvviso abbandono del suo ruolo lo scorso giugno: “Sono stato allontanato con una messinscena. Mi hanno impedito di vedere il Papa”.

È il 24 settembre 2017 quando Libero Milone, dopo essere stato cacciato, si rivolge ai giornalisti di SkyTG24 per difendersi e dopo tre anni le sue parole hanno tutt’altro rilievo. Ciò che Milone dichiara sul trattamento ricevuto dal Corpo della Gendarmeria purtroppo è vero. Su mandato del Sostituto della Segreteria di Stato Mons. Angelo Becciu, il Commandante Domenico Giani intima a Milone di firmare le dimissioni. Tale fatto è confermato da più fonti interne.

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