La Guardia Svizzera a Carpi: il racconto del vescovo Francesco Cavina

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Da due settimane un gruppo di alabardieri e ufficiali della Guardia Svizzera Pontificia parte per l’ Emilia. Sono volontari e vanno a dare una mano al vescovo di Carpi Francesco Cavina. Un fatto storico per il Corpo e una iniziativa che nasce da una amicizia. Un modo per non dimenticare la gente emiliana e un appello affinché la comunità non si disperda. Anna Artymiak ne ha parlato con monsignor Cavina.

(Le foto sono di Tiziano Guarneri sergente GSP)


Come è nata questa idea di aiutare la Diocesi di Carpi da parte del Corpo della Guardia Svizzera?

L’idea è nata dalla amicizia nei miei confronti. Nel senso che io ho lavorato nella Segreteria di Stato fino a quando sono nominato vescovo a Carpi, pochi mesi fa. Con le guardie c’è stato sempre un rapporto di cordialità e di rispetto reciproco. Per cui quando hanno saputo del dramma del terremoto che ha colpito particolarmente la diocesi di un vescovo che loro conoscono molto bene, hanno chiesto di poter offrire la loro solidarietà e il loro aiuto alla popolazione.

 

 

Lei come si è sentito?

Io sono stato colpito veramente dalla presenza e da una gesto veramente di grande affetto e di grande amore. Devo dire quando sono ripartiti, (comunque spero che possano ritornare)  mi è venuta una stretta  al cuore perché ho percepito che partiva un gruppo di persone che mi hanno manifestato affetto, amore e solidarietà. E anche tanta professionalità. Per cui è chiaro che tutto questo ti fa piangere il  cuore una volta che sono ripartiti. Però per me hanno contributo moltissimo ad aiutar la gente ad avere uno sguardo positivo sulla Santa Sede e sulle istituzioni collegate con la Santa Sede. Credo che possa fare bene alla Chiesa e al Santo Padre.

La gente come ha reagito?

La gente devo dire è rimasta profondamente colpita e ammirata dalla professionalità, dalla educazione, e dalla bravura di questi ragazzi. Sopratutto la prima volta  che sono stati messi a guardia dell’ospedale cittadino che era stato evacuato. Gli operatori sanitari più di una volta mi hanno ringraziato perché si sentivano veramente protetti e sicuri. Sono rimasti veramente entusiasti. Tanto è vero che la popolazione ha chiesto che possano ritornare. E in effetti sono tornati per tre fine settimana di seguito. E per farlo hanno messo a disposizione i giorni liberi dal servizio.

Devo dire che la presenza della Guardia ha aiutato moltissimo a far comprendere alla gente, alla popolazione, ai nostri cattolici, innanzitutto la vera natura della Santa Sede in questo momento così particolare. Soprattutto, ha risvegliato nei cristiani e non solo, posso dire anche in non cristiani, un’ attenzione e amore verso il Santo Padre veramente commovente. Loro hanno interpretato giustamente come un gesto del Santo Padre nei confronti delle popolazioni colpite dal terremoto. Proprio la gente ha percepito la venuta della Guardia Svizzera come un dono che il Papa ha voluto fare alla diocesi di Carpi e un segno di affetto nei confronti del vescovo. Quindi, e’ stato un momento veramente molto bello e di grande solidarietà.

In quali settori si sono impegnate le guardie svizzere?

Si sono resi disponibili per aiutare gli adolescenti con iniziative di animazione proprio per aiutare a superare il trauma, per cui hanno giocato con questi ragazzi, hanno familiarizzato suscitando veramente tanta gioia. Qui nella città c’è un oratorio cittadino molto frequentato. In questo momento si sono divisi in squadre.  Quando i ragazzi gli adolescenti hanno saputo che erano  guardie svizzere erano particolarmente semplici nel loro modo di porsi e nel gioire di questa presenza. Per loro è stata una cosa veramente eccezionale. La guardie mi hanno aiutato a smontare tutto il Palazzo vescovile che è gravemente danneggiato, liberando il Palazzo dalle opere d’arte, portando via i mobili preziosi che correvano rischio di essere distrutti. Il Palazzo ha subito molte lesioni per il terremoto. Anche qui devo dire sono rimasto colpito dalla bravura di questi ragazzi che in due ore e mezzo hanno svuotato un Palazzo enorme di tutto il contenuto. Hanno ricevuto l’ammirazione non solo della popolazione, ma anche dei vigili del fuoco, carabinieri che comunque erano presenti e li hanno assistiti.

Il Palazzo è stato molto danneggiato?

A questo riguardo vorrei fare un appello per chi volesse contribuire a rimettere in piedi il Palazzo vescovile e la Curia. Io gliene sarei profondamente grato perché in una situazione di emergenza come questa non avere una Curia che possa funzionare e il Palazzo vescovile è un fatto grave.  Adesso abbiamo i diversi uffici della Curia nelle varie parti della città perché non abbiamo più un luogo per poter operare in unione e comunione. No c’è più un luogo di riferimento.  È chiaro che non posso togliere i soldi dagli aiuti che arrivano. Avrei bisogno di un benefattore che potesse dire, io ho mi faccio carico del Palazzo vescovile e della curia di Carpi.

A Roma come in tutto il mondo arrivano le notizie sulla situazione dei terremotati in Emilia Romagna. Ma come mi ha detto giustamente una guardia svizzera bisogna andare e vedere a capire come stanno le cose. Com’ è la situazione al momento, in quali condizioni vivete?

Anzitutto vorrei ribadire che la Diocesi di Carpi è stata la più colpita in assoluto. E la Diocesi di Carpi è nella Provincia di Modena e accomuna Modena con Carpi.  Dal punto di vista civile sono la stessa cosa, ma dal punto di vista ecclesiastico sono due realtà diverse. Una cosa è la Diocesi di Modena e un’altra cosa la Diocesi di Carpi. La nostra Diocesi è quella più colpita, noi abbiamo ventiquattro chiese distrutte. Il resto delle chiese sono totalmente inagibili per gravi danni strutturali. Abbiamo al momento solo tre chiese che possono funzionare che sono le ultime chiese moderne. Le canoniche quasi tutte sono state distrutte, per cui i parroci e i sacerdoti vivono o presso parenti o presso amici, come il vescovo che vive ospite accampato insieme alle suore in una famiglia che ci accolti in casa. Se uno viene a Carpi, sembra che non sia successo nulla perché non è crollato nulla. In realtà molte strutture sono pericolanti. Tra queste c’è anche la Cattedrale che ha bisogno di essere messa in sicurezza perché la cupola corre il rischio di crollare. Facciamo fatica a trovare gli interlocutori nelle autorità civili, c’è una rivalità continua tra una istituzione e l’altra. Poi, non si riesce ad arrivare a concretizzare nessun intervento. Poi, se andiamo alla zona nord della Diocesi una parte di Mirlandola veramente lì, c’è la distruzione totale, non solo delle chiese, delle canoniche, ma dei paesi. Per cui il patrimonio artistico e culturale è andato distrutto. Cerchiamo di assicurare l’aiuto di quello che si può. Anche un centesimo, anche l’obolo della vedova va bene per una struttura. Speriamo che entro l’inverno si possa assicurare la ripresa della attività parrocchiali. Veramente il tessuto sociale e il tessuto ecclesiale corre di rischio di disgregarsi in una maniera irreparabile. Saremo molto grati a chiunque ci possa aiutare.

Quali sono le prime necessità al momento?

Di necessità immediate non ne abbiamo. Non abbiamo bisogno di cibo, non abbiamo bisogno di vestiti, non abbiamo bisogno medicinali perché per questo veramente la protezione civile ha garantito. Noi dobbiamo pensare all’immediato futuro che è l’inverno che arriverà. Ecco perché abbiamo bisogno di queste strutture di legno prefabbricate che garantiscono la vita della comunità. Per qualunque aiuto basta andare al sito della Diocesi di Carpi, anche per un piccolo versamento, si troveranno i numeri di conti correnti per poter dare il proprio aiuto e proprio contributo. Di queste strutture parrocchiali di cui abbiamo bisogno ce ne sono una cinquantina, comprese le canoniche, le strutture che possano contenere gli uffici parrocchiali e l’abitazione del parroco. Come dicevo prima, ciò non è andato distrutto attualmente non è accessibile. Quindi è uno sforzo economico cui la Diocesi non riesce a far fronte da sola. Non sappiamo che aiuti che arriveranno dal governo, dallo Stato, perché non è chiaro, non riusciamo ancora a capire. Noi ci affidiamo alla generosità della gente. Io veramente anche tramite questa intervista mi faccio mendicante, e stendo la mia mano per la mia gente, per la mia Diocesi per poterla salvare. Corriamo rischio di perdere una Diocesi. La popolazione sostanzialmente reagisce bene, ma è duramente provata da queste continue scosse. Una molto forte anche di questa notte. Ha bisogno di vedere che la vita riprende. Le strutture, i luoghi di incontro, luoghi dove poter celebrare l’Eucaristia, luoghi dove poter potersi riunire nel nome del Signore, sicuramente darebbero un elemento di grande serenità in un momento così difficile e di grande fatica.

La gente come sta?

Al momento la gente vive quasi tutta all’esterno o in tende o in macchina, perché le scosse continuano e hanno paura. L’elemento dominante è la paura. Per questo, ripeto queste strutture diventano necessarie per aiutare la gente a ritrovarsi. La gente si ritrova, perché trova conforto nel Signore, nella casa di Dio, nel luogo dove il Signore.

La gente lavora, gli studenti vanno in scuola?

Le scuole sono quasi tutte distrutte, e molte aziende sono crollate,  per cui ragazzi non vanno nella scuola e delle aziende si cerca di capire cosa funziona. È un sforzo faticoso e difficile.

Le guardie hanno promesso di tornare?

Si, pensano di continuare questa loro presenza non so fino quando. E’ chiaro che devono ottenere tutti i permessi dalla Segreteria di Stato, ma come il desiderio loro mi è stato confermato.

 

Si ricordano i numeri di conto corrente attivati dalla Diocesi di Carpi in collaborazione con Caritas Diocesana per far fronte alle necessità dei sacerdoti e delle comunità parrocchiali.

I conti correnti sono intestati a:

DIOCESI DI CARPI indicando la causale
“EMERGENZA TERREMOTO 2012”
1 – UNICREDIT DI PIAZZA MARTIRI
codice Iban
IT09V0200823307000028478401

2 – BANCO SAN GEMINIANO E SAN PROSPEROcodice IbanIT83Z0503423300000000023005

3 – BANCA POPOLARE DELL’EMILIA ROMAGNA codice IbanIT36Y0538723300000001466626


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