Numeri dei contagiati Sars-CoV-2 continuano a SALIRE. Cresce l’esasperazione. Situazione che “inquieta”

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I contagiati di Sars-CoV-2 in Italia sono 97.689, con 73.880 infezioni in corso, 13.030 guariti e 10.779 morti (+756 in un giorno). I pazienti in terapia intensiva sono 3.906.

28 marzo 2020

15 marzo 2020

La curva epidemica, considerando l’incremento dei contagi totali giorno su giorno, si ferma al 29 marzo al +5,6% (+6,9% ieri) confermando il rallentamento in atto a partire dal 20 marzo. Trend in calo, trend in calo… ma quale calo. La curva continua la sua corsa in alto.

I dati di oggi alle ore 18.00 rilevano 756 morti in un giorno… e il Corriere della Sera sottolinea “c’ un percentuale confortante”. Si vede come ci si abitua presto alla gente che muoia. Trend in calo, trend in calo… ma quale calo. La gente continua a morire e ad ammalarsi. Bisognerebbe fare un vademecum delle frasi “lungimiranti e incoraggianti di morte”, di cui è esperto Boris Johnson: “Andrà peggio, dice ai Britannici.

Dopo aver preso atto dei numeri, che ci dicono che il Coronavirus sta continuando a mietere vittime di Covid-19 a ritmi serrati, prima di procedere con questo articolo della sera, una premessa è doveroso. Ed è una premessa tripla.

La prima premessa è una breve riflessione in riferimento alle tante parole inutili che ultimamente (molto più di prima) si leggono dappertutto. Sono un comunicatore e, quindi, non posso permettermi il lusso del silenzio, anche se sento personalmente molto il bisogno, quando sento urlare.

Come sempre, anche in questo periodo così drammatico, ho provato a fare sentire delle parole sì, ma con equilibrio. E una voce del genere non è apprezzata da tutti un questo tempo urlato, perché vuole aiutare a far pensare, sulla via della metacognizione. E su questo faccio seguire una mia riflessione – come terza premessa – che è la risposta ad un commento su Facebook al mio articolo La storia si può ignorare, ma non si può cancellare. Vergogna Germania, Paesi Bassi, Europa. Grazie Cina, Russia, Cuba, Brasile, Venezuela, Albania… https://www.korazym.org/40230/la-storia-si-puo-ignorare-ma-non-si-puo-cancellare-vergogna-germania-paesi-bassi-europa-grazie-cina-russia-cuba-brasile-venezuela-albania/).

La seconda premessa – un corollario alla prima – è una breve riflessione che mi ha inviato un’amico, che sta leggendo di e su Dostojevski, in questo tempo di isolamento.

Premessa 1 – Riportare l’Uomo alla sua dimensione umana, ormai perduta
“Basta! Basta critiche da chi non è in grado di sentire il grido di aiuto. Basta con i pensieri negativi. Basta con i programmi di vendetta futura. È troppo facile pensare male. Difficile è elevarsi al Bene e alla Gratitudine. Questo delicato momento dovrebbe riportare l’Uomo alla sua dimensione umana, ormai perduta. Questo è il tempo di scendere dai piedistalli fatui e inconsistenti. Questo è il tempo solo di inginocchiarsi in grande silenzio” (Valentina Villano).

Premessa 2 – Non è la colpa importante, ma come ci si comporta nei confronti di essa
“Dei fratelli Karamazov nessuno è esente dalla colpa del parricidio: Smerdjakov è l’esecutore materiale, Ivan è l’ispiratore, Dmitrij l’ha desiderato, Alekseij non ha fatto nulla per evitarlo. Non è tuttavia la colpa a decidere del destino dei fratelli, ma l’atteggiamento nei confronti di quella” (Leggendo Marco Salvioli, “Bene e male. Variazioni sul tema, Edizioni Studi Domenicani 2012, Cap. 4). Tanti non lo sanno, e se lo sanno, fanno finta di non saperlo.

Premessa 3 – È l’uomo a fare la storia e non la storia l’uomo. E se l’uomo ha fede cambia pure la storia
“La prego di leggere e di leggere bene (e se possibile anche di capire) prima di commentare. Inoltre, non è obbligato di commentare su un profilo terzo, dove lei è ospite e dove si ragiona, non si inneggia, non ci si arrabbia, ma si esprime pensieri. E per esprimere un pensiero si deve anche saper pensare. Non ho inneggiato a niente e fino a prova contrario so ancora benissimo cosa scrivo (cosa che non si può dire di tutti, anzi di pochi). Ho semplicemente costatato che ci sono Paesi che ci aiutano e altre no… e ho espresso riconoscenza (e mostrarsi grato è una questione di stile e di classe). Non è la prima volta che mi vengono rivolte accuse di vario tipo, di fomentare la propaganda di regimi totalitari (basta prendere conoscenza della storia della mia vita per capire che è una scemenza; c’è un riassunto nelle note biografiche sul mio profilo Facebook, mentre di lei non fa sapere niente). Vero è che ho elogiato l’Albania, un paese povero che ci viene in aiuto come può ad un Italia allo stremo. E sono convinto che è doveroso farlo. Non sono arrabbiato con l’Ue, mi fa semplicemente schifo (non perdo energia con l’arrabbiatura, non posso permettermi questo lusso). Al riguardo la prego di leggere anche fino alla fine (e non solo il titolo e le prime righe), la conclusione e il postscriptum, e leggere questi due piccoli trafiletti un paio di volte. E capirai che ero, sono e rimango convinto europeista. Ma sono un europeista federalista, di un’Europa dei popoli, delle nazioni, non delle banche e della Troika. Non voglio, e non ho mai voluto, una Ue dei burocrati, della Troika che fa pensare allo Zar Ivan il Terribile, di gente senza morale, senza etica, senza cuore e soprattutto senza cervello e lungimiranza. Che succhia il nostre sangue. Che ci vende, VENDE, la moneta euro (che ci ha solamente impoveriti) con interessi. Di cosa stiamo parlando? È l’uomo a fare la storia e non la storia l’uomo. E se l’uomo ha fede cambia pure la storia. E io, grazie al Signore e non per merito mio, ho ancora conservato la fede, nonostante tutto. Buona domenica” (Vik van Brantegem).

Il prezzo del grano vola e sorpassa il petrolio

Vola il prezzo internazionale del grano, che nell’ultima settimana ha registrato un ulteriore aumento del 6% alla borsa merci di Chicago. In Russia sono state limitate le esportazioni, dopo che la scorsa settimana le quotazioni del grano avevano raggiunto i 13.270 rubli per tonnellata, superando il petrolio degli Urali. Questo è quanto emerge da un’analisi della Coldiretti alla fine della settimana al Chicago bord of trade (Cbot), il punto di riferimento mondiale delle materie prime agricole che secondo gli esperti continueranno a crescere.
In controtendenza al crollo fatto registrare dai mercati finanziari nel mondo virtuale, la corsa a beni essenziali nel mondo reale sta facendo aumentare le quotazioni delle materie prime agricole. In una settimana, i contratti future per consegna a maggio del grano, ha detto la Coldiretti, sono aumentate di circa 6%, mentre la soia è salita di circa 2% e il mais di circa 0,7%. Gli effetti della pandemia, ha spiegato Coldiretti, si trasferiscono dunque dai mercati finanziari a quelli dei metalli preziosi (come l’oro), fino alle produzioni agricole, la cui disponibilità è diventata strategica con le difficoltà nei trasporti e la chiusura delle frontiere, ma anche per la corsa in tutto il mondo ad accaparrare beni alimentari di base dagli scaffali di negozi e supermercati. Una preoccupazione che ha spinto la Russia a trattenere per uso interno parte della produzione di grano dopo essere diventata il maggior esportatore di grano del mondo. Il Kazakistan, uno dei maggiori venditori di grano, ha addirittura vietato le esportazioni del prodotto. Si tratta di scelte che, ha sottolineato la Coldiretti, ”dimostrano come i governi si stiano concentrando sull’alimentazione delle proprie popolazioni mentre il virus interrompe le catene di approvvigionamento in tutto il mondo con timori di una crisi alimentare globale”. L’aumento del prezzo del grano, ha osserva la Coldiretti, ”è solo la punta dell’iceberg, con le tensioni che si registrano anche per il riso con il Vietnam, che ha temporaneamente sospeso i nuovi contratti di esportazione, mentre le quotazioni in Thailandia sono salite ai massimi dall’agosto 2013. In aumento anche la soia, il prodotto agricolo tra i più coltivati nel mondo. Una tendenza all’accaparramento che è confermata anche in Italia. Secondo l’analisi della Coldiretti su dati Iri nelle ultime 5 settimane al 22 marzo 2020, nell’ultimo mese di emergenza sanitaria sono praticamente raddoppiati gli acquisti di farina (+99,5%) e sono saliti quelli di riso bianco (+47,3%) e di pasta di semola (+41,9%).

Farina e lievito introvabili nei supermercati. E gli italiani in tempo di lockdown fanno i panettieri…

“La farina? No, è finita”. “La farina? No, terminata, va a ruba”. È così da giorni nei negozi e supermercati. E il motivo è presto detto, visto che assieme alla farina è sparito dagli scaffali dei supermercati anche il lievito. E questo dopo solo 3 settimane. AAAAh annamo bene…proprio bbene…
Basta che guardi le foto su Facebook, con il pane fatto in casa accompagnate da didascalie sulla quarantena/isolamento/distanziamento sociale, che impegna gli italiani ai fornelli: il pane al timo, il pane di segale e avocado, il mio primo pane, ho scoperto che si può fare il pane in casa, sono stufa di studiare e mi sono messa a fare il pane, ecc.
Quindi, gli italiani rinchiusi in casa fanno il pane, fanno la pizza e anche i dolci. Tutti diventati panettieri o pasticceri, per poi postare la produzione casalingo (Ma usare i social per cose utili no? Per informarsi, per istruirsi… E ci lavoro con i social e spero che la rete non collassa con tutte queste abbuffate di pane, pizza e dolci fatti in casa.
Come se non ci fosse un domani. Equilibrio ci vuole, equilibrio senza estremismi. Fino a ieri a casa si e no facevano un piatto di pasta e una insalata, ma oggi sono tutti pizzaioli, con i forni a legna dentro casa o il forno in cucina.
Io ho sempre cucinato (bene), ho sempre fatto pizze (non molto bene) e pane (quando mi veniva e abbastanza ben). Ho 5 kg di farina in casa e il lievito secco in relazione. Ma ce l’ho sempre, non solo oggi (e per il momento in questo mese non ho neanche fatto pizza o pane, solo una volta i pancake di cui sono ghiotto). La mia dispensa, mio freezer, mio frigorifero, mia cantina sono provvisti come sempre. Anche se la riserva di vino sta diminuendo rapidamente… ma cosa volete, l’isolamento va compensato in qualche modo (senno anche le piante finiscono a rispondermi, visto che i gatti lo fanno già da tempo). Non di più, non di meno. Spero solo che, con tutta questa pazzia, un giorno non sarò cornuto e mazziato…
Sembra di stare in tempo di guerra, quando la farina diventa il bene più ricercato e indispensabile, con la vendita aumentata del +186%. Molto di più di carta igienica, detersivi e pasta.
Anche quando si va a fare la spesa, ci vuole equilibrio. Altrimenti il sistema alimentare collassa e chi viene dopo non trova prodotti sugli scaffali. Ma cosa ci fa con 10 kg di farina, ma cosa ci fa. Lasciate la farina anche per vostro prossimo. Equilibrio e giudizio questi sconosciuti… dagli esodi sconsiderati dal nord a sud, fino al saccheggio dei supermercati dove non si trova più la farina, si è dimostrato di non possedere né equilibrio né giudizio. Purtroppo, se non si è all’altezza di capirlo, lo insegnerà il virus a diventare equilibrati. Ci penserà il virus ad educare. Il virus farà divenire giudiziosi. #cipensailvirus #cieducailvirus #celoinsegnailvirus
Ci sarà ovviamente qualcuno che commenterà che forse non è solo questione di fare sfoggio di arte culinaria. Che magari i cittadini disorientati dai modelli di autocertificazione che cambiano continuamente, preferiscono ricorrere al fai da te. Oppure la ritengono una necessità vista le lunghe file davanti ai supermercati.
E c’è anche chi ne trova un motivo di orgoglio nazionale: “Ma ve li immaginate gli americani in quarantena? Noi possiamo fare la pasta, la pizza, il pane, loro al massimo farciscono un tacchino con le verdure”.

Cresce l’esasperazione. Una situazione che inquieta. Nicola Gratteri lancia l’alarme ‘ndrangheta
Fonti: Corriere dell’Umbria, Il Fatto Quotidiano, Avvenire, Il Mattino, Lacnews24

I servizi segreti hanno avvertito con una informativa la Presidenza del Consiglio dei ministri dei possibili pericoli che rischia Sud Italia in questo periodo di emergenza Coronavirus: “Potenziale pericolo di rivolte e ribellioni, spontanee o organizzate, soprattutto nel Mezzogiorno d’ Italia dove l’ economia sommersa e la capillare presenza della criminalità organizzata sono due dei principali fattori di rischio”.

Solo i lavoratori irregolari nell’ultimo anno sono stati censiti in 3,7 milioni dall’ultimo rapporto Istat, con quasi l’ 80% del fenomeno concentrato proprio al meridione. L’ Italia e ancora di più il Sud regge tanta parte della propria economia grazie ad attività in nero. È proprio su queste persone che si sofferma l’informativa dei servizi segreti. Cosa succederà se il Covid-19 rendesse indispensabile (e lo sarà) di prorogare ancora a lungo le misure di distanziamento sociale già in atto? A ciò si aggiunge la criminalità organizzata presente sul territorio.

I primi segnali di insofferenza – più sui social che per le strade – con minacce di “arrembare” i supermercati per accaparrare cibo. E già qualche episodio premonitore. La pandemia di Coronavirus ha già scatenata gesti eclatanti di alcuni esasperati. Primi episodi di insofferenza davanti a supermercati e banche: “Non abbiamo i soldi per la spesa”. “Non abbiamo i soldi per mangiare”.

La polizia è dovuto intervenire davanti ad una banca a Bari, con scene di disperazione di un piccolo commerciante e moglie, messi in ginocchio dal Covid-19, non per motivi di salute, ma a causa di problemi finanziari provocati dalla chiusura della propria attività, per arginare il contagio, dall’11 marzo scorso e tutte le ordinazioni sono state disdette. Gridano davanti alla banca, chiuso al pubblico: “Ci servono 50 euro. Calmati da due poliziotti. lentamente li allontanano.

A Palermo una ventina di persone ha provato a scappare da un supermercato Lidl in viale Regione siciliana con carrelli della spesa piena, per poi essere braccati da polizia e carabinieri: “Non abbiamo soldi e non vogliamo pagare”. In città sono stati assaltati anche alcuni furgoni che trasportavano derrate alimentari.

Un siciliano di Palermo disperato – ma è solo la voce di molti italiani – fa un appello in un video con cui chiede al Presidente del Consiglio dei ministri Giuseppe Conte risposte immediate: “Conte non abbiamo da mangiare. Rivoluzione se non arriveranno aiuti. Non abbiamo più nemmeno un euro, non è che possiamo campare un’altra settimana così”. “Sono 20 giorni che non si lavora e i soldi sono finiti. Non abbiamo più un euro. La settimana prossima non potremo mangiare. Chiedo a Conte una risposta subito. Non domani, non lunedì, ma subito. Conte ci dica stasera quando arriveranno i soldi delle casse integrazioni, quando arriveranno gli aiuti per chi non può mangiare. Quando? Non devono dire arriveranno, oppure aprile, oppure maggio, ma subito”. L’uomo spiega che “se gli italiani non avranno più i soldi per far mangiare i loro figli, daranno l’assalto ai supermercati per procurarsi da mangiare. Faranno la rivoluzione”.

È nato un gruppo Facebook che si chiama “Noi” e ha già avuto moltissimi iscritti, soprattutto palermitani che inneggiano alla rivolta. Si parla di disperazione per le condizioni economiche e si inneggia anche ai “gilet gialli” francesi. Parecchi ci mettono la faccia e dicono che a casa ci può stare chi ha lo stipendio fisso.

Il punto è che alla fine della terza settimana molte famiglie, molte più di quanto si immagina, iniziano ad avere il problema del “piatto a tavola”. E la gran parte di questa povertà che riemerge impietosa è legata al fenomeno, che per quasi il 50% riguarda le Regioni del Sud, del lavoro “in nero”. Una morsa che strangola: per loro, il ”lockdown” ha significato, da un giorno all’altro, la fine di ogni entrata. A porre il problema qualche giorno fa è stato il Ministro del Mezzogiorno Giuseppe Provenzano, subissato di critiche per la sua richiesta di prevedere tutele, appunto, anche per chi sino a ieri ha lavorato in nero. Il Ministro ha dovuto poi precisare che l’intervento da lui immaginato non è una “legalizzazione del nero”, ma la presa in carico di una nuova ampia sacca di povertà non preventivata. Quanto ampia?
Nell’ultima rilevazione dell’Istat sull’economia “non osservata” la presenza lungo tutta la Penisola è stimata di 3milioni 700mila unità di lavoro a tempo pieno “irregolari”, di cui 2milione 696mila dipendenti. La maggiore incidenza nel settore dei servizi e dei servizi alle persone (colf e badanti, gran parte di questo esercito di “invisibili”), in agricoltura (Ministro Bellanova ha chiesto un intervento per regolarizzare i braccianti immigrati, suscitando attacchi della Lega), nell’edilizia, nel commercio, nei trasporti, in alberghi e ristorazione. Per quelli a “nero totale” la fatica inizia a diventare insofferenza e le reti familiari non bastano.

Il dibattito è enorme e anche aggressivo tra chi ritiene che aiutarli sia uno schiaffo alla legalità e chi, invece, specie al Governo, teme la “bomba sociale”. Tra le ipotesi allo studio, allargare le maglie (e la dotazione) del Reddito di cittadinanza. Con tanti rischi e dubbi sul “dopo”, quando si potrà iniziare a riaprire le fabbriche e il “nero” certo non sparirà con la bacchetta magica. Ma tante biografie vanno oltre statistiche, categorie e ragionamenti politico-giuridici e parlano da sole.

C’è la famiglia di tre persone, papà “a nero” in un’azienda di impiantistica, mamma che “a nero” fa le pulizie a ore nelle case private e figlia di 8 anni. I pochi risparmi sono già finiti. «Per ora ci aiuta mia sorella, ma non ce la fa nemmeno lei a fare la spesa ogni settimana per tutti», dicono chiedendo di restare anonimi. Un gruppo di sarte del napoletano che lavora a 3,5 euro l’ora cerca ora le strade per denunciare il “datore” nella speranza di recuperare qualche diritto e contributi arretrati. Gente che qualche mese addietro ha fatto una scelta discutibile, ma sicuramente drammatica: per un centinaio di euro di differenza, tenersi il posto “a nero” – nell’attesa di una regolarizzazione mai arrivata – e rinunciare al Reddito di cittadinanza. Per loro, ovviamente, non c’è cassa integrazione o i 600 euro riservati a parte degli autonomi. Ora hanno bisogno anche di 5 euro di ricarica telefonica per accertarsi che i familiari stiano bene.

Quale sia il margine di tolleranza di questo pezzo d’Italia a “entrata zero” è difficile da dire. Caritas e volontari cercano di individuarli attraverso le reti comunitarie e le segnalazioni dirette, perché sono famiglie che sino a ieri non hanno chiesto mai nulla a nessuno. Le comunità più piccole riescono a sopperire meglio. Don Enzo Miranda, parroco di una piccola frazione di Marigliano, porta personalmente la spesa in case che di colpo sono rimaste col frigorifero vuoto.

Ma se il Paese è più grande, il porta a porta non è sufficiente. E nemmeno i “numeri unici” comunali, continuamente intasati dalle richieste. Occorrono molteplici canali di contatto, per quanto coordinati. E nelle stringenti misure in vigore, servono maglie più larghe per volontari e operatori della carità, anche con punti di distribuzione ordinati e controllati.

In Italia si ammazzano gli imprenditori, non si suicidano i ministri.

Il Procuratore Capo di Catanzaro Nicola Gratteri all’AdnKronos: la ‘ndrangheta presterà soldi ai poveri e si prenderà le imprese, ha l’occasione di consolidare il suo potere, anche quello politico. la soluzione sono aiuti statali immediati a imprenditori e famiglie in difficoltà

«Il rischio più concreto e reale è l’usura. Gli imprenditori avranno difficoltà. Poi dipenderà anche dalla durata di questo blocco. Ma gli imprenditori hanno bisogno di liquidità, di soldi veri in mano, non più e non tanto di non pagare le tasse».
«Noi da sempre sappiamo che il problema dell’élite della ’ndrangheta è quello di giustificare la ricchezza, non di arricchirsi, e quindi presteranno soldi a usura anche a interessi bassi per invogliare, incentivare i commercianti a rivolgersi agli usurai ’ndranghetisti, che sono quelli che sostanzialmente hanno bisogno di meno garanzie per il pagamento. Chi si rivolge a questo tipo di usurai sa perfettamente con chi sta trattando. Il pericolo, quindi, è che ancora di più altre attività imprenditoriali, alberghi, ristoranti, pizzerie, passini di mano a prestanome della ’ndrangheta. Questo è il rischio più concreto e più vicino».
«Gli ’ndranghetisti si presenteranno, come sempre, come benefattori, come gente che aiuta chi ha bisogno, i poveri. Questo lo fanno già, da sempre, dando ai disperati 30 euro al giorno per un lavoro in nero, e questi si sentiranno, sul piano psicologico, ancora più prostrati e ancora più riconoscenti verso chi gli darà questi 30 euro».
«La dipendenza psicologica dei poveri verso di loro aumenterà ancora di più, quindi poi sarà ancora più facile, alle prossime elezioni, rappresentare il modello più convincente quando ci sarà da andare a rastrellare i pacchetti di voti».
Per il Procuratore capo di Catanzaro, dunque, il rischio è un aumento «del consenso per gli ’ndranghetisti proprio sul piano della risposta sostanziale che loro riescono a dare». L’unico modo per impedire che ciò accada, afferma Gratteri, è «dare soldi veri alla gente», ragion per cui, conclude, «è di certo ovvio» che la mossa annunciata ieri sera dal premier Conte è «un passo nella giusta direzione».

19 tonnellate di materiale medico sanitario destinate ad altri Paesi sono state requisite al porto di Gioia Tauro dai funzionari dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli e dalla Guardia di finanza di Reggio Calabria. Si tratta di 364.200 paia di guanti per uso chirurgico, provenienti dalla Malesia, e 9.720 dispositivi endotracheali, provenienti dalla Cina, utilizzati per l’intubazione di pazienti con difficoltà respiratorie. I legittimi proprietari della merce, assolutamente legale, saranno risarciti, a prezzo di mercato, per la mancata consegna. I dispositivi verranno messi a disposizione del Dipartimento della Protezione Civile.
Stranamente, il materiale partiva dal porto di Gioia Tauro in Calabria. Gratteri ha sempre ragione.

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