Cosa c’insegna l’attenzione mediatica per il repertorio dei rapper mascherati. Intervista a Marco Brusati

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A seguito dell’attenzione dedicata su Korazym.org alla partecipazione dei rapper mascherati JUNIOR CALLY e M¥SS KETA al 70° Festival di San Remo, ho posto alcune domande al Prof. Marco Brusati sulle reazioni alla notizia: una prima valutazione quantitativa già di per sé si dimostra significativa, perché fa emergere un interesse sopra la norma per questi temi. Questo ci rafforza nella speranza, che non tutto sia perduto. Comunque, la matematica statistica non è sufficiente e sarebbe riduttivo fermarci qui.

Quindi, nella riflessione con Brusati siamo andati oltre, alzando l’attenzione ad un livello superiore, attraverso un’analisi qualitativa delle reazioni.

Nella sua missione formativa, Marco Brusati si sta facendo carico di analizzare e mettere in correlazione i modelli mass-mediali con l’educazione, a partire da quelli musicali, dove si annidano artisti con un repertorio osceno e rivoltante, anti-educativo e anti-etico. Non l’invidio, perché non li ascolterei o guarderei neanche sotto tortura. Già leggere i testi mi mette alla prova.

Brusati è il primo in Italia ad avere sollevato il caso JUNIOR CALLY a Sanremo, cui poi si sono accodati tutti gli altri, spesso senza citare la fonte e la primogenitura della segnalazione, “cosa che invece Korazym.org ha fatto nel rispetto della deontologia professionale”, ha sottolineato Brusati.

Marco Brusati (Codogno, 27 dicembre 1963) è professore a contratto di “Progettazione di eventi” nel master “Pubblicità istituzionale, Comunicazione Multimediale e Progettazione di Eventi” dell’Università degli Studi di Firenze, direttore dell’Associazione Hope, autore, blogger e conferenziere. Progettista di eventi ecclesiali nazionali e internazionali, ha coordinato anche dieci incontri papali, incontrando oltre cinque milioni di persone: il più recente è l’incontro del Papa con le famiglie a Dublino in occasione dell’Incontro Mondiale delle Famiglie.

Quindi, non si tratta di uno qualsiasi, ma di un esperto dell’Osservazione, che si rivolge a lettori che sono disposti a mettersi nell’Ascolto.

Nell’Editoriale del 15 gennaio sul suo blog “Dire Oltre” – che ho ripreso in questo rubrica “Blog dell’Editore” su Korazym.org il 17 gennaio (Occorre ricominciare a distinguere il bene dal male, anzitutto per proteggere i più piccoli. Urge!) e il 19 gennaio (Presidente Rai Foa: “Amadeus riporti Sanremo nella giusta dimensione”. “Eticamente inaccettabile la partecipazione di Junior Cally”) – Brusati ha rilevato le drammatiche criticità nel fenomeno devastante di un rapper di grande successo, decretato in rete da ragazzini sempre più bambini JUNIOR CALLY e in un Editoriale successivo del 31 gennaio di un’altra rapper, M¥SS KETA.

Partendo da qui, Brusati ha offerto una testimonianza del coraggio di fare la scelta di non scegliere il male: “Credo che sia arrivato il tempo – ha scritto – di interrompere questa normalizzazione e ricominciare a distinguere il bene dal male, il grano dal loglio, anzitutto per proteggere i più piccoli”. L’ha rilevato con il bisturi Enrico Davide Gavello, Segretario Generale dell’”Universal Education Charter”, Capo Rappresentante di Uneduch presso le Nazioni Unite: “In primis credo che questo Sanremo ha già ottenuto il suo obiettivo facendo parlare di sé, ma non ha fatto i conti con il pubblico che viva Dio non è tutto stupido. Ergo, sarà un flop e me lo auguro, così visto che lo paghiamo noi grandi e non certo gli adolescenti che ascoltano quello schifo di musica, forse la prossima volta faranno delle scelte cosiddette artistiche un po’ più assennate e sane. Ciò detto, è evidente che esiste un piano mirato, volto ad involgarire e dissacrare la vita e la gioventù, e questo va combattuto!”.

Ho chiesto al Prof. Marco Brusati di rispondere ad alcune domande e le sue risposte vanno lette con particolare attenzione… e soprattutto con molta devozione, perché tratta temi etici riguardante la salvaguardia delle future generazioni che si rivolgono anche e soprattutto a ragazzini sempre più bambini. Questo è loro pubblico che sfruttano e noi abbiamo il compito di salvaguardare le future generazioni dalla degenerazione totale. Siamo sospesi sopra lo strapiombo. Silere non possum!

Quindi, condivido l’analisi di Brusati con miei lettori, che ritengo abbiano un livello di analisi superiore alla media, essendo particolarmente devoti alla lente.

Buon ascolto e buona riflessione.

Prof. Brusati, in data 15 gennaio ha pubblicato sul suo Blog “Dire Oltre” l’Editoriale dal titolo ”A Sanremo l’artista che sul web de-canta un femminicidio e insulta sessualmente le donne? Va bene? In un festival tutto al femminile?”, ripreso su Korazym.org con due articoli, del 17 e del 19 gennaio, che ho firmato nella mia rubrica “Blog dell’Editore”. Come valuta lei, come studioso di comunicazione e formazione, la condivisione su Korazym.org del suo Editoriale?
Marco Brusati:
«Anzitutto a Korazym.org devo riconoscere due meriti. Primo, deontologico: essere la testata cattolica che ha citato il mio Editoriale come fonte insieme a primarie testate laiche come il Corriere della Sera, Il Messaggero, Oggi, Billboard, Dagospia e via dicendo. Secondo, metodologico: avere ripreso integralmente e aggiornato con notizie e commenti il mio editoriale sul progetto artistico di Junior Cally; in sostanza, arricchendolo.
Va considerato che il titolo del primo articolo di Korazym.org ha posto l’accento sulla distinzione tra bene e male, toccando con precisione chirurgica la questione centrale del mio scritto, ovvero la coscienza generazionale sempre meno capace di discernere, schiacciata com’è dal peso di una libertà deprivata della responsabilità dei propri pensieri, parole, opere e omissioni».

Quindi, non stiamo parlando di generi e gusti musicali, neanche del Festival di Sanremo e della partecipazione o meno di questi rapper mascherati.
Marco Brusati:
«Infatti, sia la motivazione, sia la finalità del mio Editoriale non sono mai state quelle di dividere la gente tra favorevoli e contrari alla partecipazione di un artista al Festival (non siamo allo stadio!), ma di sollevare una questione di coscienza negli adulti che ritengono i modelli musicali mass-mediali ininfluenti sull’educazione delle giovani generazioni, persino dei bambini. Lo faccio da sempre e, per quanto potrò, continuerò a farlo».

Perché ha preso la decisione di scrivere suo Editoriale sul rapper mascherato e di pubblicarlo due settimane prima dell’inizio del 70° Festival di Sanremo?
Marco Brusati:
«Era trascorsa oltre una settimana dalla divulgazione del cast del Festival (6 gennaio) e le uniche notizie che venivano divulgate dalle testate tradizionali e online, senza distinzione di orientamento culturale, politico o religioso erano di tre tipi: quantitativo, ovvero i like che l’artista aveva ottenuto sul web; estetiche, ovvero la maschera ed il tipo di musica; informativo, ovvero il racconto neutro dei partecipanti.
Non c’erano notizie che riguardassero i contenuti problematici del suo progetto artistico e dei suoi fruitori, ovvero i ragazzini sempre più bambini, come di norma avviene per il genere Trap, Rap e Hip-Hop.
Ho pensato, allora, di intervenire, sia mettendo sul tavolo – il 15 gennaio – l’ipotesi di una revoca dell’invito come cura medicinale e non punitiva o escludente la persona, sia evidenziando il problema più grave dal punto di vista sociale: la normalizzazione di progetti artistici educativamente sensibili attraverso il loro sdoganamento nel mainstream radiotelevisivo, che contribuisce ad abbassare sempre più la soglia critica di chi è chiamato ad educare le nuove generazioni».

Quali sono stati le reazioni a questa sua presa di posizione?
Marco Brusati:
«Per parlare brevemente di numeri: l’Editoriale è stato letto da oltre 450mila lettori, ha avuto circa 2mila condivisioni dirette dal mio profilo Facebook e ri-condivisioni che si contano nell’ordine delle migliaia. L’articolo di Korazym.org del 17 gennaio che ho condiviso ha superato le 300 condivisioni, soltanto dal mio profilo Facebook con centinaia di altre ricondivisioni [anche l’articolo del 19 gennaio su Korazym.org che ho condiviso sul mio diario Facebook ha superato le 300 condivisioni e sul sito Korazym.org stesso, l’articolo è stato letto alcune decine di migliaia di volte, ottenendo uno share di oltre il 15%, V.v.B.].
Secondo i dati in nostro possesso, le reazioni sul web attivate da questa “denuncia” e riprese da altri opinionisti o esperti sono state milioni, come è facilmente intuibile quando una notizia diventa virale.
Il tutto ha dato anche vita ad un vivacissimo dibattito istituzionale e mediatico, con programmi, petizioni, interrogazioni, atti pubblici e raccolte di firme».

Cosa ci insegnano i risultati di questa copertura, senza esprimere un giudizio sulle singole persone, soprattutto per valutare azioni future?
Marco Brusati:
«È molto interessante osservare cos’ha prodotto tutto questo movimento.
Il sistema dell’entertainment è stato di fatto impermeabile alle reazioni del web.
Il sistema scolastico-educante ha denunciato la problematica con forme ed interventi diversi, ma è atteso oltre la soglia della denuncia per formare i formatori al fine di far fronte alle istanze antropologiche ed educative provenienti dai personal devices come gli smartphones in mano persino ai bambini. In tali istanze, il sistema-musica basato su un micro-polio di produttori ha una funzione primaria.
Il sistema della comunicazione laica ha correttamente ripreso la fonte, incorniciandomi come “di area cattolica”».

Qual è il valore comunicativo di questa cornice?
Marco Brusati:
«Mi sono chiesto come mai sia stata evidenziata la mia appartenenza, mentre, quando interviene un pensatore o un’opinionista di un’altra area culturale questo di norma non avviene. La risposta mi è arrivata dalla giornalista Martina Pastorelli, che è intervenuta nel suo profilo Facebook sul caso specifico con queste parole: “È il classico esempio di informazione-cornice che toglie forza alla sostanza: perché presenta un tema comune (la violenza contro le donne), che dovrebbe unire senza etichettature e al di là di appartenenze politiche e religiose, in un modo che ne sminuisce la gravissima portata. Infatti il meta-messaggio che quel ‘di area cattolica’ comunica è, sostanzialmente: sappiate che chi denuncia è uno di quei bigotti/moralisti/misogeni-loro-sì, di cattolici’”».

In conclusione: le diverse realtà del sistema di comunicazione di area cattolica hanno scelto di non riprendere il suo editoriale che ha aperto il caso. Come si sono mossi?
Marco Brusati:
«Le risposte sono state diverse e non è possibile dar conto di tutte; tuttavia vorrei soffermarmi su uno schema di ragionamento che, in diversi casi, si è reso evidente: non possiamo vietare; meglio dialogare con i giovani; anche questa è un’occasione per parlare con loro. Questo schema, che poi è un metodo, sul piano generale può anche avere una sua validità, ma nel caso specifico lascia aperte questioni sostanziali tra cui: chi, dove e quando può parlare in maniera competente su un tema specifico come questo? Chi forma i formatori, insegnanti e genitori a “leggere” i modelli musicali mass mediali che sono, volenti o nolenti, dentro i processi educativi che sono chiamati a curare? Infine: la realtà, con tutti i suoi tremendi fatti di cronaca nazionale e internazionale è già più che sufficiente per avere occasioni di dialogo: serve anche costruire o ricostruire “artisticamente” una “realtà virtuale” problematica per avere materiale di discussione?».

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