Luterani e Santa Sede commemoreranno l’arci-eresiarca Lutero nel 2021 a Roma

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La Santa Sede e la Federazione Luterana Mondiale commemoreranno a Roma il V Centenario della scomunica dell’arci-eresiarca Martin Lutero (Eisleben, 10 novembre 1483 – Eisleben, 18 febbraio 1546), avvenuta il 3 gennaio 1521 con la bolla Decet Romanum Pontificem di Papa Leone X, dopo che Lutero aveva già spregiativamente bruciato in pubblico la bolla Exsurge Domine del 15 giugno 1520, con la quale era stato minacciato di scomunica se non avesse desistito dal proprio intento (“in suo pravo et damnato proposito obstinatum”).
Nella risposta alla bolla di scomunica, Lutero scrisse con arroganza: “Io e tutti i servi di Gesù Cristo riteniamo ormai il trono pontificio occupato da Satana, come la sede dell’Anticristo, noi ci rifiutiamo di ubbidire”. Morì il 18 febbraio 1546 in mezzo a orribili bestemmie contro il Papato, contro la Chiesa e contro i santi. Sentendo arrivare la fine, ha dettato una “preghiera” che finiva così: “Muoio odiando il Papa. (…) Vivo, io ero la tua peste, morto sarò la tua morte, o Papa!”. Durante le sue prediche, Lutero era solito scagliarsi contro la Santa Messa, contro il culto di Maria Santissima Madre di Dio e dei Santi, contro il Papa, ecc.
Il disprezzo che nutriva inoltre per la ragione ha dato vita a due atteggiamenti entrambi erronei e pericolosi: dal punto di vista religioso, la fede senza la ragione conduce al desiderio di tutto ciò che è irrazionale (illuminismo), mentre da un punto di vista filosofico ha portato al pensiero moderno, il quale (da Kant in poi) nega all’intelletto la capacità di conoscere il vero, il reale e Dio stesso [*].

Il 15 giugno 1520, Papa Leone X emanò la bolla Exsurge Domine con la quale dava a Lutero sessanta giorni di tempo per ritrattare le sue eresie, pena la scomunica. Per tutta risposta Lutero, il 10 dicembre 1520, diede pubblicamente fuoco al Corpus Iuris Canonici, nonché alla stessa bolla papale. Il 3 gennaio 1521 la bolla Decet Romanum Pontificem sancì la scomunica di Lutero.

Quindi, sentendo la notizia della commemorazione nel V Centenario della sua scomunica, all’arci-eresiarca sarebbe venuta una sincope, per non parlare dei Padri del Concilio di Trento e suscita perplessità in molti fedeli, come anche in occasione dell’emissione dalle Poste Vaticane il 13 ottobre 2016 di un francobollo commemorativo sul quale figurano Lutero e il suo collega d’eresia Filippo Melantone (1497-1560), inginocchiati davanti ad un crocifisso e sullo sfondo la città di Wittenberg.

I fedeli faticano a comprendere come una figura che ha provocato tante sofferenze alla Chiesa possa essere in qualche modo rivalutata e addirittura commemorato, a Roma, dalla Santa Sede. Questa perplessità è da lunga data. Già in occasione di simili gesti compiuti in passato da altri Pontefici molte voci si erano alzate.
Per esempio nel 1983, in occasione delle celebrazioni protestanti per il cinquecentenario della nascita di Lutero, Papa Giovanni Paolo II ha inviato un messaggio al Cardinale Johannes Willebrands del Segretariato per l’Unità dei Cristiani, in cui dichiarava che sulla base delle recentissime ricerche storiche, si deve ammettere che “è stato messo in luce in modo convincente il profondo spirito religioso di Lutero, animato da una cocente passione per la questione della salvezza eterna”. L’11 dicembre 1983 Papa Giovanni Paolo II si è recato in visita nel tempio luterano in Roma. Già in precedenza, nel corso di un suo viaggio pastorale a Francoforte aveva dichiarato di fronte ai rappresentanti del protestantesimo: “Oggi vengo a voi verso l’eredità spirituale di Martin Lutero, vengo come pellegrino”.
Non deve dunque stupire se il Direttore di La Civiltà Cattolica, Padre Padre Bartolomeo Sorge, S.I. affermava che “il più importante risultato ottenuto fino ad oggi è la revisione del giudizio della Chiesa sulla persona di Lutero”.
A sua volta, durante la sua visita ad Erfurt del 23 settembre 2011, Papa Benedetto XVI ha presentato l’arci-eresiarca come un modello di spiritualità: “Il pensiero di Lutero, tutta la sua spiritualità erano completamente cristocentrici: ‘Cosa promuove la causa di Cristo’ era per Lutero il criterio decisivo di ermeneutica per l’esegesi della Sacra Scrittura. Tuttavia, ciò presuppone che Cristo sia al centro della nostra spiritualità e che l’amore per lui, mentre viviamo in comunione con lui, sia la guida della nostra vita”.
Ecco quanto scriveva, per esempio, Plinio Corrêa de Oliveira il 10 gennaio 1984: “Non comprendo come uomini della Chiesa contemporanea, compresi alcuni tra i più colti, dotti o illustri, mitizzino la figura di Lutero, l’eresiarca, nello sforzo di favorire un’approssimazione ecumenica, direttamente al protestantesimo e indirettamente a tutte le religioni, scuole filosofiche, ecc. Non scorgono il pericolo che è in agguato in fondo a questo sentiero, cioè la formazione, su scala mondiale, di un sinistro supermercato di religioni, filosofie e sistemi di tutti gli ordini, in cui la verità e l’errore si presenteranno frazionati, mescolati e messi alla rinfusa? Sola assente dal mondo sarà – qualora fosse possibile arrivare fino a questo punto – la verità integra: cioè la Fede cattolica, apostolica, romana, senza macchia né tanfo. Su Lutero – a cui spetterebbe, sotto un certo aspetto, il ruolo di punto di partenza in questa strada verso la baraonda universale – pubblico oggi ancora alcuni passi che ben mostrano l’odore che la sua figura di ribelle spargerebbe in questo supermercato, o meglio in questo obitorio delle religioni, delle filosofie e dello stesso pensiero umano” (“Lutero si considera divino!” – “Folha de S. Paulo”, 10 gennaio 1984).

Il 14 gennaio 2020, la Federazione Luterana Mondiale (FLM) e il Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani (PCPUC) hanno tenuto la loro riunione annuale congiunta a Ginevra. Il Segretario Generale della FLM, il Dott. Martin Junge, e il Presidente del PCPUC, il Cardinale Kurt Koch, hanno presieduto l’incontro presso il Communion Office della FLM. Nelle loro riunioni annuali, la FLM e il PCPUC “si aggiornano reciprocamente sugli eventi principali, discutono del loro dialogo bilaterale e prospettano iniziative per il loro lavoro comune”, si legge sul sito ufficiale del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani (PCPUC), che ha pubblicato anche un resoconto dell’incontro del 14 gennaio scorso dal titolo “Ricordare la storia con un’apertura al futuro. Luterani e cattolici commemorano insieme il 500̊ anniversario della scomunica di Lutero”. Nel corso della riunione, la FLM e il PCPUC hanno concordato di commemorare congiuntamente il 500̊ anniversario della scomunica di Lutero, avvenuta nel 1521. L’evento avrà luogo a Roma e comprenderà un servizio liturgico.
“Conformemente all’impegno assunto da luterani e cattolici di muoversi progressivamente dal conflitto alla comunione – si legge nel resoconto -, l’evento congiunto evidenzierà gli importanti risultati ecumenici realizzati negli ultimi tempi. Esso mostrerà come il cammino ecumenico degli ultimi decenni ha permesso di riesaminare un momento doloroso della storia in uno spirito di apertura verso il dono dell’unità, unità per la quale luterani e cattolici continuano a pregare e a lavorare”.
“Per esprimere questa apertura ecumenica”, scrive il PCPUC, l’evento commemorativo “si svolgerà il 25 giugno 2021, data che ricorderà, anticipandolo, il 500̊ anniversario della Confessione Augustana, che fu presentata quel giorno, nel 1530″.
Riferendosi a questo progetto comune, il Dott. Junge ha osservato: “La storia non può essere cancellata. Tuttavia, come credenti, possiamo fare affidamento sul dono della comprensione, della guarigione e della riconciliazione per continuare a plasmare le relazioni tra cattolici e luterani. Ricorderemo gli eventi accaduti cinque secoli fa, tuttavia non rimarremo chiusi nel passato, ma abbracceremo il futuro in cui Dio continua a chiamarci”.
Nelle sue riflessioni, il Cardinale Koch ha affermato: “Non possiamo cancellare ciò che è successo, ma dobbiamo fare in modo che il peso del passato non renda impossibile il futuro. Quando, a 500 anni di distanza, guardiamo alla Dieta di Worms e alla scomunica di Lutero, non torniamo al conflitto sulla nostra via verso la comunione. Piuttosto, vogliamo proseguire il nostro cammino verso la riconciliazione”.

La verità storica

Il fatto è che la “rivalutazione” di Lutero, adesso anche a traverso una solenne “commemorazione” a Roma, si scontra con la stessa verità storica. Le sue opere erano piene di bestemmie contro Nostro Signore Gesù Cristo e contro il Papato. “L’immagine tradizionale di Lutero, per molti aspetti, è incoerente con la realtà storica”, ha scritto lo storico protestante Dietrich Emme, specialista nella vita giovanile del riformatore (nel 1986. 1996 e 2016 nella versione aggiornata di “Gesammelte Beiträge zur Biographie des jungen Martin Luther”, Editore Richard Niedermeier -Gustav-Siewerth-Akademie).
Nel 1510 Martino Lutero, allora monaco agostiniano, si recò a Roma per portare una lettera di protesta in merito a una diatriba interna al suo Ordine. La volgata protestante vorrebbe che, di fronte al desolante spettacolo di decadenza (“una cloaca”, dirà lui con riferimento sia all’Urbe sia alla Chiesa), il monaco di Wittemberg fosse rimasto scioccato. Il che avrebbe innescato in lui prima il rigetto, poi il dubbio e infine la ribellione. Dunque, una reazione forse esagerata ma tutto sommato giustificata. Un’attenta lettura delle fonti originali ci fa vedere, invece, uno spirito irrequieto, dissoluto e già incline alla ribellione. Forse è il caso di gettare uno sguardo su alcuni di questi documenti, che altro non sono che le stesse opere (“Werke”) di Martin Lutero, nelle due edizioni ufficiali: quella di Wittemberg (1551) e quella di Weimar (1883).
L’ingresso di Martino Lutero nell’Ordine agostiniano non fu dovuto tanto a una vocazione religiosa quanto al fatto che era latitante e voleva sfuggire alle autorità. Racconta lo storico protestante Dietrich Emme, che mentre era studente di Giurisprudenza all’Università di Erfurt, Lutero si batté a duello con un compagno, Hieronimus Buntz, uccidendolo. Per sfuggire alla giustizia, egli entrò allora nel monastero degli Eremiti di S. Agostino. Lo stesso Lutero ammise il vero motivo del suo ingresso in monastero: “Mi sono fatto monaco perché non mi potessero incarcerare. Se non lo avessi fatto, sarei stato facilmente arrestato. Ma così fu impossibile, poiché tutto l’Ordine Agostiniano mi proteggeva” (“Weshalb wurde Martin Luther ein Mönch?”, in “MDR-Monatsschrift für Deutsches Recht”, 5/1978),.
Lutero faceva poco o nulla per lottare contro i suoi difetti. I suoi confratelli agostiniani lo descrivono come “nervoso, di umore molto sgradevole, arrogante, ribelle, sempre pronto a discutere e ad insultare”. Egli stesso dirà di sé: “Io mi lasciavo prendere dalla collera e dall’invidia”. Eccitato da cattive letture, orgoglioso al punto di non accettare nessuna autorità, Lutero cominciò a contestare diversi punti della dottrina cattolica fino a rigettarne parecchi. Lutero difendeva le sue rivoluzionarie idee in modo arrogante, ritenendosi “l’uomo della Provvidenza, chiamato per illuminare la Chiesa con un grande bagliore”. “Chi non crede con la mia fede è destinato all’inferno – scriveva -. La mia dottrina e la dottrina di Dio sono la stessa cosa. Il mio giudizio è il giudizio di Dio”. In un’altra lettera ecco cosa dice di se stesso: “Non vi sembra un uomo stravagante questo Lutero? Quanto a me, penso che egli sia Dio. Altrimenti, come avrebbero i suoi scritti e il suo nome la potenza di trasformare mendicanti in signori, asini in dottori, falsari in santi, fango in perle?”. Sulle sue dottrine egli asseriva ancora: “Sono certo che i miei dogmi vengono dal cielo. Io vincerò, il Papato crollerà nonostante le porte dell’inferno!”.
Lutero anzi sosteneva che, per rafforzare la nostra fede, dobbiamo peccare. Così rimarrà chiaro che è Cristo che ci salva e non noi. Quest’idea Lutero la sintetizzava nella sua nota formula: esto peccator et pecca fortiter. In una lettera all’amico Melantone del 1̊ agosto 1521, Lutero affermava: “Sii peccatore e pecca fortemente ma con ancora più fermezza credi e rallegrati in Cristo. (…) Durante la vita presente dobbiamo peccare”. Scrivendo a un altro seguace, Lutero diceva ugualmente: “Devi bere con più abbondanza, giocare, divertirti e anche fare qualche peccato. (…) In caso il diavolo ti dica: Non bere! Tu devi rispondere: in nome di Gesù Cristo, berrò di più! (…) Tutto il decalogo deve svanire dagli occhi e dall’anima”. A un altro amico, egli scrisse ancora: “Dio ti obbliga solo a credere. In tutte le altre cose ti lascia libero e signore di fare quello che vuoi, senza pericolo alcuno di coscienza. Egli non se ne cura, quando anche lasciassi tua moglie, abbandonassi il tuo padrone e non fossi fedele ad alcun vincolo”.
Ovviamente, le conseguenze dell’applicazione di queste dottrine non potevano essere altro che il dilagare del peccato e del vizio. Lutero stesso lo ammette. Per quanto riguardava i suoi seguaci protestanti, egli scrisse: “Sono sette volte peggiori di una volta. Dopo la predicazione della nostra dottrina, gli uomini si sono dati al furto, alla menzogna, all’impostura, alla crapula, all’ubriachezza e a ogni genere di vizi. Abbiamo espulso il demonio – il papato – e ne sono venuti sette peggiori“.
Ma forse in nessun altro campo si è manifestato tanto il cattivo spirito di Lutero quanto nella sua tendenza a bestemmiare, specie contro la Chiesa e il Papato. Alcuni esempi, tratti dalle sue lettere e sermoni:
“Certamente Dio è grande e potente, buono e misericordioso, ma è anche stupido. Deus est stultissimus. È un tiranno”.
“Cristo ha commesso adulterio una prima volta con la donna della fontana di cui ci parla Giovanni. Non si mormorava intorno a lui: Che ha fatto dunque con essa? Poi ha avuto rapporti sessuali con Maria Maddalena, quindi con la donna adultera. Così Cristo, tanto pio, ha dovuto anche lui fornicare prima di morire”.

Lutero fa di Dio il vero responsabile del tradimento di Giuda e della rivolta di Adamo. “Lutero -commenta lo storico protestante Franz Funck Brentano arriva a dichiarare che Giuda, tradendo Cristo, agì per imperiosa decisione dell’Onnipotente. La sua volontà [di Giuda] era diretta da Dio; Dio lo muoveva con la sua onnipotenza. Lo stesso Adamo, nel paradiso terrestre fu costretto ad agire come agì. Egli fu messo da Dio in una situazione tale che gli era impossibile non cadere” (“Luther”, Grasset, 7 ed., 1934).
“Tutte le case chiuse, tutti gli omicidi, le morti, i furti e gli adulteri sono meno riprovevoli dell’abominazione della Messa papista”.
“Perché non acchiappiamo papa, cardinali e tutta la cricca della Sodoma romana e ci laviamo le mani con il loro sangue?”.
“La corte di Roma è governata per un vero Anticristo, di cui ci parla S. Paolo. (…) Credo di poter dimostrare che, nei giorni nostri, il Papa è peggiore dei turchi”.
“Così come Mosè ha distrutto il vitello d’oro, così dobbiamo fare noi con il papato, fino a ridurlo in ceneri. (…) Vorrei abolire tutti i conventi, vorrei farli sparire, raderli al suolo (…) affinché di essi non rimanga sulla terra neanche la memoria”.

Ignác František Platzer, Sant’Ignazio di Loyola fulmina e sconfigge l’eresiarca Lutero col Nome di Gesù, XVIII sec., chiesa di San Nicola sulla piazza della Città Piccola (quartiere di Malá Strana), Praga.

La chiesa di San Nicola viene consegnata nel 1620 ai Gesuiti, che subito pensano alla sua ricostruzione, ma di iniziare i lavori, aprono una scuola elementare e media nelle case adiacenti. Finita la Guerra dei Trent’Anni, la vecchia chiesa viene abbattuta, ma solo dal 1703 si inizia a costruire quella nuova, completamente barocca. Oltre ai quadri ed affreschi nella chiesa ci sono più di 50 statue realizzate da Ignác František Platzer. Tra le statue più importanti ci sono soprattutto quelle che rappresentano i santi gesuitici (presso i pilastri nella navata centrale).
Sant’Ignazio di Loyola (1491-1566) ha vissuto nello stesso periodo i Martin Lutero (1483-1546).
Con la Controriforma inizia la reazione della Chiesa Cattolica, rappresentata da Papa Paolo III, alla riforma protestante di Martin Lutero. Nel 1534 Paolo III, per cercare di venire incontro alle spinte riformatrici della Chiesa di Roma, forma una commissione presieduta dal Cardinale Gasparo Contarini per elaborare un progetto di riforma. Papa Paolo III decide anche di convocare un Concilio e di rafforzare l’Inquisizione istituendo il Tribunale del Sant’Uffizio, con il compito di trovare e punire gli eretici. Nel 1545, a Trento, ha inizio il Concilio voluto da Paolo III, che dura diciannove anni e vede il succedersi di altri tre papi. Il Concilio di Trento ribadisce l’autorità del pontefice e la dottrina cattolica, la validità dei sette sacramenti e delle indulgenze, l’esistenza del Purgatorio. Infine condanna duramente qualsiasi altra dottrina, compresa quella protestante.
Il processo di riforma della Chiesa Cattolica porta anche alla nascita di nuovi ordini religiosi. Nel 1540 Paolo III approva la Compagnia di Gesù, fondata di Ignazio di Loyola, che sarà protagonista di un’intensa attività missionaria.

[*] “La separazione tra ragione e fede che aveva operato l’eresiarca di Erfurt comportava inevitabilmente l’insorgere di due errori estremi: il laicismo da una parte e il settarismo teocratico dall’altra. Sant’Ignazio, invece, ripropone quella che è la specificità cattolica: la compenetrazione, senza confusione, della dimensione soprannaturale in quella naturale e di quella naturale in quella soprannaturale. Il tutto in una prospettiva di militanza, che trovava spiegazione anche nel temperamento tipicamente militare del Santo di Loyola. Nella meditazione cosiddetta dei Due stendardi, ogni uomo è chiamato ad una scelta drammatica: sotto quale stendardo combattere? Sotto quello di Satana o sotto quello di Cristo? Non ne esiste un altro. Chi non vuol scegliere, ha già scelto di rifiutare la Redenzione.
A questo discorso però va aggiunto un particolare, che non ci sembra di secondaria importanza. Lutero, in realtà, non aveva la vocazione né alla vita monastica né al sacerdozio; da qui la sua infelicità. Oggi sappiamo che quando era all’Università di Erfurt, si batté a duello con un compagno, Gerome Bluntz, uccidendolo. Dunque, entrò nel monastero degli agostiniani solo per sfuggire alla giustizia. Lui stesso lo dice: «Mi sono fatto monaco perché non mi potessero prendere. Se non lo avessi fatto, sarei stato arrestato. Ma così fu impossibile, visto che l’ordine agostiniano mi proteggeva». Questa assenza di vocazione lo rese nevrotico e infelice. Si narra che durante la sua prima Messa, al momento dell’offertorio, stava per fuggire e fu trattenuto dal suo superiore”
(Corrado Gnerre).

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