Il Cardinale Joseph Zen ha scritto ai cardinali: “In Cina si uccide la Chiesa”. La pubblicazione su Stilum Curiae e Infovaticana

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“One wonders: from which planet did our leaders in Rome descend? – Ci si chiede da quale pianeta siano discesi i nostri leader a Roma” (Cardinale Joseph Zen, 5 marzo 2019).

Questa mattina, Stilum Curiae in italiano (Joseph Zen scrive ai cardinali: in Cina si uccide la Chiesa) e Infovaticana in spagnolo (El cardenal Zen escribe a todos los cardenales del mundo alertando del “asesinato de la Iglesia en China”) hanno pubblicato questa mattina il testo della lettera che il Cardinale Joseph Zen Ze-kiun, Vescovo emerito di Hong Kong ha inviato il 27 settembre 2019 a tutti i i cardinali e che adesso ha deciso di rendere pubblica, insieme a due allegati, per denunciare la drammatica situazione della Chiesa nella Cina continentale, il silenzio di Papa Francesco (gli aveva promesso di interessarsi del problema e di rispondere ai suoi dubbi sull’accordo segreto, ma da allora non si è più fatto vivo) e di quello che chiama il Cardinale Zen la manipolazione delle parole di Papa Benedetto XVI sulla Cina da parte dei vertici della Santa Sede in particolare del Segretario di Stato di Sua Santità, il Cardinale Pietro Parolin.
Osserva Marco Tosatti su Stilum Curiae, sottolineando l’ovvia importanza del documento: “La lettera è stata resa nota proprio mentre in Cina sta per entrare in vigore (dal 1° febbraio) un regolamento che obbliga tutte le associazioni religiose a diffondere e propagandare i valori del comunismo cinese”.

Scrive Marco Tosatti, nel riportare su Stilum Curiae il testo della lettera e gli allegati: “Inutile dire che le ultime notizie che giungono dalla Cina continentale non possono fare altro che confermare e aumentare le preoccupazioni espresse da tempo da molte persone riguardo all’accordo provvisorio firmato da rappresentanti della Santa Sede e dal governo di Pechino. Buona lettura”.

La Redazione de “Il sismografo” riporta a sua volta la lettera e gli allegati, accompagnata da una nota sopra le righe, che denota in quale stato di coma si trova il giornalismo religiose, la narrazione vaticanista e para-vaticana, insieme ai livelli pietosi su cui si è abbassata “la buona educazione, la correttezza e la professionalità” (ammettendo se c’è ancora), che “le sue caratteristiche umane, morali e professionali”: “Diversi siti e vettori dei social media, quasi sempre in posizioni critiche nei confronti di Papa Francesco o semplicemente contrari al pontificato, pubblicano in queste ore il testo integrale in italiano (e in altri lingue) di ciò che presentano come la lettera del cardinale cinese Joseph Zen al Collegio cardinalizio lo scorso 27 settembre 2019. Vengono pubblicati insieme con la lettera due Allegati firmati dallo stesso cardinale Zen”.
Commenta Marco Tosatti puntualmente su Stilum Curiae: “IL SISMOGRAFO HA PAURA DI CITARE STILUM CURIAE SU ZEN. MISERIE… La lettera è ovviamente interessante. E infatti Il Sismografo, il sito paravaticano gestito dall’allendista Luis Badilla, l’ha ripresa e pubblicata integralmente. In questi casi la buona educazione, la correttezza e la professionalità – quando c’è – impongono che insieme al testo, preso da una fonte non proprio, si pubblichi anche il link del sito da cui lo si è copiato, e naturalmente gli si dia il credito dovuto alle fonti. Pura buona educazione, come lavarsi i denti dopo aver mangiato. Ma forse non usa, dalle parti del Sismografo. Ma forse quelli de Il Sismografo temono di citare siti come Infovaticana e Stilum Curiae, e si sono tranquillamente appropriati del testo nascondendosi dietro questa foglia di fico. (segue la citazione da Il Sismografo riportato sopra). Forse Badilla temeva di essere sgridato dai suoi committenti se avesse citato fonti ‘eterodosse’. Un comportamento del genere qualifica ampiamente una persona. E le sue caratteristiche umane, morali e professionali”.

Card Joseph Zen Ze-kiun consegna una lettera a Papa Francesco (Foto di Alberto Pizzoli/AFP).

Già in novembre 2018 il Cardinale Joseph Zen consegnò di persona una lettera di sette pagine a Papa Francesco, invitandolo a prestare attenzione alla crisi della chiesa sotterranea nella Repubblica popolare cinese, in cui descrivò in dettaglio la difficile situazione dei cattolici sotterranei i in Cina ed il loro grido di dolore. L’8 novembre 2019 ha detto a Uca News che i sacerdoti gli hanno lanciato un grido di dolore dopo l’accordo tra la Santa Sede e il regime comunista della Cina continentale sulla nomina dei vescovi: “(I sacerdoti) hanno detto che i funzionari li hanno costretti ad aprirsi, ad aderire all’Associazione patriottica cattolica cinese e ad ottenere un certificato di sacerdote con il motivo che il papa ha firmato l’accordo provvisorio sino-vaticano”.
Il Cardinale Zen ha sottolineato che l’accordo provvisorio segreto non è stato reso pubblico, il che significa che i fratelli e le sorelle della chiesa sotterranea non sanno cosa fare: “Alcuni sacerdoti sono fuggiti, altri sono scomparsi perché non sanno cosa fare e sono arrabbiati. L’accordo non è rivelato, e non sanno se ciò che i funzionari dicono sia vero o no”.
Il Cardinale Zen ha detto che la Chiesa nella Cina continentale sta affrontando nuove persecuzioni e che la Santa Sede sta aiutando il Partito comunista cinese a sopprimere la comunità sotterranea. Nella sua lettera ha descritto come la chiesa clandestina abbia visto confiscati soldi, con il clero che ha avuto parenti turbati dalle autorità, che vanno in carcere o addirittura perdono la vita per la fede. “Ma la Santa Sede non li sostiene e li considera come problemi, riferendosi a loro come coloro che causano guai e non sostengono l’unità. È questo che causa loro più dolorose”, ha detto il Cardinale Zen.
Nella lettera il Cardinale Zen affermò anche, che la Chiesa cinese non ha la libertà di eleggere i vescovi. “Il Papa ha detto che i membri della Chiesa cinese dovrebbero essere i profeti e talvolta criticare il governo. Sono molto sorpreso che non capisca la situazione della Chiesa cinese”, ha detto il Cardinale Zen.
Il 26 settembre, quattro giorni dopo la firma dell’accordo provvisorio segreto, il Papa ha scritto un messaggio ai cattolici cinesi e alla Chiesa universale spiegando le ragioni della firma dell’accordo: promuovere l’annuncio del Vangelo e stabilire l’unità della comunità cattolica in Cina. Inoltre, dopo la sua visita pastorale in Lituania, Lettonia ed Estonia dal 22 al 25 settembre, il Papa ha detto ai media sul suo volo di ritorno a casa che la gente dovrebbe “rendere omaggio a coloro che hanno sofferto per la fede”, specialmente in quei tre Paesi brutalmente calpestati dai nazisti e dal Partito comunista.
Il Cardinale Zen ha detto che le parole del Papa gli hanno fatto sentire che “non sembra sapere che la loro storia è anche la storia della Chiesa cinese e della situazione attuale”. Sospetta che il Papa sia stato ingannato da persone intorno a lui che non gli hanno raccontato la reale situazione della Chiesa nella Cina continentale.
Il Cardinale Zen ha criticato il Segretario di Stato Cardinale Pietro Parolin, che ha negoziato con il governo della Repubblica popolare cinese. “È molto esperto. Vede anche la brutta faccia della Cina e sa che non sono ragionevoli. Infatti, non si fida della parte cinese. Li usa solo per raggiungere lo scopo di stabilire relazioni diplomatiche”, ha detto.
Il Cardinale Zen ha ribadito che le lettere scritte alla Chiesa nella Cina continentale durante il Pontificato di Papa Benedetto XVI sono state tolte dal loro contesto, soprattutto per quanto riguarda l’esistenza della chiesa sotterranea. Ha detto: “Papa Benedetto XVI non parlava dell’anomalia della chiesa sotterranea stessa, ma la situazione in Cina non è normale. L’intervento del governo significa che la chiesa non può essere pura e porta all’anomalia, così i vescovi, i sacerdoti e i fedeli entrano nella clandestinità”.
Poiché il governo della Cina continentale interferisce ancora con la Chiesa, e i membri della Chiesa vogliono mantenere pura la loro fede, è impossibile chiedere che le chiese ufficiali e sotterranee si uniscano, ha detto il Cardinale Zen. “La nostra linea di fondo è il Papa. Non possiamo attaccarlo. Se questa volta il Papa si sbaglia, spero che ammetta l’errore; se non lo ammetterà, spero che il futuro papa indichi l’errore. Ma in fin dei conti, è ancora la decisione finale del Papa. Se non lo si segue, allora non c’è una regola, quindi i fratelli della terraferma non devono ribellarsi”, ha detto.
Il Cardinale Zen aveva fatto un precedente viaggio a Roma in gennaio 2018, durante il quale ha anche consegnato una lettera al Papa, questa volta per le preoccupazioni verso la Santa Sede che chiedeva a due vescovi riconosciuti (dalla Santa Sede) in Cina di farsi da parte e lasciare il posto ai vescovi illecitamente (ordinati dal Governo delle Cina continentale) (Fonte: UCA News).

“Affidate a lui tutte le vostre preoccupazioni e ansietà, perché egli ha cura di voi” (1 Pt 5:7)

Testo della lettera del Cardinale Zen e e due allegati, a tutti i membri del Collegio cardinalizio

Omnem sollicitudinem vestram proicientes in Eum, quoniam Ipsi cura est de vobis. 1 P. 5:7

27 settembre 2019

Cara Eminenza,
Mi scusi del disturbo che questa mia Le causerà. È che, in coscienza, credo il problema Che presento non riguarda solo la Chiesa in Cina, ma tutta la Chiesa, e noi cardinali abbiamo la grave responsabilità di aiutare il Santo Padre nel guidare la Chiesa.
Ora, dalla mia analisi del Documento della Santa Sede (28/6/19) “Orientamenti pastorali Circa la registrazione civile del Clero in Cina” risulta abbastanza chiaro che esso incoraggia i fedeli in Cina a entrare in una Chiesa scismatica (indipendente dal Papa ed agli ordini del Partito comunista).
Il 10 Luglio presentai al Papa i miei “dubia”. Sua Santità, il 3 Luglio, mi promise di interessarsene, ma fino ad oggi non ho sentito niente ancora.
Il Card. Parolin dice che quando oggi si parla della Chiesa indipendente non si deve più intendere questa indipendenza come assoluta, perché nell’accordo si riconosce il ruolo del papa nella Chiesa Cattolica.
Anzitutto non riesco a credere che ci sia tale affermazione nell’accordo e non la vedo (tra l’altro, perché tale accordo deve essere segreto e non è dato neanche a me, un Cardinale cinese, di averne visione?), ma, ancora più chiaramente, tutta la realtà dopo la firma dell’accordo dimostra che niente è stato cambiato, anzi, Il Card. Parolin cita dalla lettera di Papa Benedetto una frase completamente fuori del contesto, anzi, diametralmente in opposizione a tutto il paragrafo.
Questa manipolazione del pensiero del Papa emerito è grave mancanza di rispetto, anzi, deplorevole insulto alla persona del mitissimo Papa ancora vivente.
Mi fa ribrezzo anche che sovente dichiarano che ciò che stanno facendo è in continuità con il pensiero del papa precedente, mentre l’opposto è vero. Ho fondamento per credere (e spero un giorno di poter dimostrare con documenti di archivio) che l’accordo firmato è lo stesso che Papa Benedetto aveva, a suo tempo, rifiutato di firmare.
Cara Eminenza, possiamo assistere passivamente a questa uccisione della Chiesa in Cina da parte di chi dovrebbe proteggerla e difenderla dai nemici? Supplicando in ginocchio, vostro fratello
Card. Joseph ZEN, S.D.B.

“Dubia” del card. sugli Orientamenti pastorali della Sede circa la registrazione civile del Clero in Cina. (aggiornato 8 Luglio 2019)

Anzitutto sembra strano che un documento assai importante venga emanato dalla “Santa Sede”, senza specificazione di quale dicastero e con nessuna firma dell’autorità responsabile.
Nei paragrafi 1 e 2 il documento espone il problema e la linea generale di soluzione.
1) Il problema è che il governo rinnega le sue promesse di rispettare la dottrina cattolica e nella registrazione civile del clero richiede quasi sempre di accettare il principio di indipendenza, autonomia, autoamministrazione della Chiesa in Cina (si dovrebbe completare con quello che la lettera di papa Benedetto XVI dice al punto 7,8: assumere atteggiamenti, a porre gesti e a prendere impegni che sono contrari ai dettami della loro coscienza di cattolici”).
2) Di fronte alla situazione complessa e che non è sempre la stessa dappertutto, la Santa Sede dà una linea generale di come comportarsi:
da una parte non intende forzare le coscienze, e perciò chiede (omettendo di dire esplicitamente “al governo”) che si rispetti la coscienza cattolica;
dall’altra pone come principio generale che ‘”a clandestinità non rientra nella normalità della vita della Chiesa” (lettera papa Bendetto 8.10), cioè è normale che ne esca.
Riguardo alla citazione della Lettera di papa Benedetto XVI al punto 8,10, mi permetto di trascrivere quasi l’intero paragrafo:
(a) “Alcuni di essi (vescovi) non volendo sottostare a un indebito controllo, esercitato sulla vita della Chiesa, e desiderosi di mantenere una piena fedeltà al Successore di Pietro e alla dottrina cattolica, si sono visti costretti a farsi consacrare clandestinamente.”
(b) “La clandestinità non rientra nella normalità della vita della Chiesa,”
(c) “e la storia mostra che Pastori e fedeli vi fanno ricorso soltanto nel sofferto desiderio di mantenere integra la propria fede,”
(d) “e di non accettare ingerenze di organismi statali in ciò che tocca l’intimo della vita della Chiesa.”
P. Jeroom Heyndrickx e il card. Parolin amano citare solo la parte (b); papa Francesco (nel suo messaggio 26 Sett. 2018) aggiunge anche la parte (c); ma a me sembra che siano importanti anche la parte (a) e (d).
Il paragrafo mostra con chiarezza che la non normalità non è una scelta dei clandestini, la scelta è inevitabile. È la situazione che è anormale! È forse cambiata oggi questa situazione?
3) Il lungo paragrafo 3 cerca di provare che è giustificato ciò che si suggerirà nel par. 5.
Prima prova: la Costituzione garantisce la libertà religiosa.
Domando: Ma che cosa ci dice la lunga storia di persecuzione, nonostante la Costituzione?
Seconda prova: Dopo l’Accordo, “logicamente”, l’indipendenza non deve essere più intesa come indipendenza assoluta, ma solo relativa alla sfera politica.
Anzitutto dico: se non vedo il testo dell’Accordo, mi è difficile credere che abbiano veramente riconosciuto il “ruolo peculiare del successore di Pietro”.
Domando poi: C’è qualcosa di logico nei sistemi totalitari? Unica logica è che, al dire di Deng Xiaoping, “un gatto bianco è uguale a un gatto nero”, purché serva agli scopi del Partito.
Nell’immediato dopo-Accordo niente è stato cambiato nella politica religiosa del partito, tutto è stato ufficialmente riaffermato e i fatti lo comprovano.
Terza prova: Il contesto del dialogo “consolidato” Domando: Ma il documento non riconosce che il governo ha rinnegato le sue promesse, come affermato sia nel primo paragrafo, sia nel paragrafo 9 di questo documento?
Quarta prova: Tutti i vescovi sono legittimati.
Questo prova solo l’infinita generosità del papa o forse l’onnipotente pressione del governo, ma nei perdonati e “premiati” non vediamo alcun cambiamento, nessun segno di ravvedimento, ma chiari atti di baldanzoso trionfo, ridendo degli altri che hanno puntato sul cavallo sbagliato.
4) Il paragrafo 4 dice che le ragioni qui sopra giustificano un atteggiamento nuovo. Qui almeno c’è l’onestà di dire che ciò che si propone è una novità, e che perciò non è in continuazione con il passato, ma negando il passato come già passato, cioè come non più valido.
Si dice anche che la Santa Sede sta cercando di concordare col governo su una formula (che salvi capra e cavoli).
Ma ci domandiamo: “Una formula”? Quel che il governo chiede non è una dichiarazione di una teoria: è tutto un sistema, in cui non ci sarà più la libertà pastorale, ma in tutto si seguiranno gli ordini del Partito, fra cui la proibizione ai minori di 18 anni di partecipare a qualunque attività religiosa.
5) Nel par. 5 ci sono i veri orientamenti pastorali. In breve: si firmi pure tutto quello che richiede il governo, possibilmente con una precisazione scritta che nega poi quello che si firma. Se la precisazione scritta non è possibile, la si faccia verbalmente, con un testimone o senza. Basta che ci sia l’intenzione di non aver accettato in coscienza ciò che di fatto si ha firmato.
Si firma un testo contro la fede e si dichiara che l’intenzione è di favorire il bene della comunità, un’evangelizzazione più adeguata, la gestione responsabile dei beni della Chiesa.
Questa norma generale è ovviamente contro ogni principio di moralità. Se accettata giustificherebbe l’apostasia.
6) Nel par. 6 si dice che la Santa Sede comprende e rispetta chi in coscienza non accetta la regola sopra esposta. Ovviamente questa è compassione verso una minoranza “cocciuta” che non riesce ancora a capire la regola nuova. La laro attitudine è sbagliata, ma la Santa Sede “provvisoriamente” li tollera.
7) Il par.7 parla di certi doveri dei vescovi, citando un documento che non ha niente a che fare con la nostra questione.
8) Nel par. 8 si dice che i fedeli accolgano la decisione dei loro pastori. Cosa vuol dire? Che non hanno la libertà individuale di scegliere? E la loro coscienza non deve essere rispettata?
Ai fratelli che mi domandano sul da farsi, ho sempre dato la risposta: di rispettare le scelte degli altri e di rimanere fermi nella convinzione della propria coscienza. Questo perché non ho nessuna autorità di imporre agli altri i miei giudizi su ciò che è giusto o sbagliato.
Ma la Santa Sede non ha l’autorità e perciò il dovere di chiarire ai membri della Chiesa che cosa è giusto e che cosa è sbagliato? Lo ha fatto con questi “Orientamenti”? Lasciare la clandestinità è da incoraggiare, rimanere nella clandestinità è da tollerare? I Vescovi e sacerdoti hanno la scelta ed i fedeli no?
9) Al par. 9 si dice che la Santa Sede nel frattempo chiede (e di nuovo omette la parola “al governo”) che non si pongano in atto pressioni intimidatorie nei confronti delle comunità cattoliche non ufficiali, come è già avvenuto. (Questo di non nominare la parola “governo” è quasi come la tradizionale riverenza nel non menzionare il nome dell’imperatore.) Infine, si raccomanda a tutti di discernere la volontà di Dio con “pazienza e umiltà”. Ma io mi domando: è andata a farsi benedire la fermezza nella fede?
Poi dice che “il cammino presente è segnato pure da tante speranze, nonostante le difficoltà”. A me pare, invece, che i fatti distruggano ogni fondamento di speranza umana. In quanto a speranza in Dio, essa non può mai essere disgiunta dalla sincera volontà di voler anche soffrire secondo la Sua volontà.
Conclusione
Questo documento ha rovesciato in modo radicale ciò Che è normale e ciò che è anormale, ciò che è doveroso e ciò che è da tollerare.
La speranza dei suoi redattori forse è che la minoranza compatita morirà di morte naturale. Con questa minoranza intendo non solo i sacerdoti clandestini (ai quali da tempo non si danno dei Vescovi quando quegli anziani muoiano, ma neppure più Delegati, perché il vescovo ufficiale della diocesi è già legittimo), ma anche molti fratelli nella comunità ufficiale che con grande tenacia hanno lavorato per un cambiamento, sperando di essere sostenuti dalla Santa Sede, ma vengono invece incoraggiati ad accettare la sottomissione al governo, derisi dagli opportunisti vincitori.
Che il Signore non permetta il compimento di questi desideri, di chi vuole la morte della vera fede nella mia cara patria. Signore, pietà!

Orientamenti pastorali della Santa Sede circa la registrazione civile del Clero in Cina, 28.06.2019

Da tempo giungono alla Santa Sede, da parte di Vescovi della Cina Continentale, richieste di una concreta indicazione circa l’atteggiamento da assumere di fronte all’obbligo di presentare domanda di registrazione civile. Al riguardo, com’è noto, molti Pastori rimangono profondamente perplessi perché la modalità di tale registrazione — obbligatoria secondo i nuovi regolamenti sulle attività religiose, pena l’impossibilità di agire pastoralmente — comporta, quasi sempre, la firma di un documento in cui, nonostante l’impegno assunto dalle Autorità cinesi di rispettare anche la dottrina cattolica, si deve dichiarare di accettare, fra l’altro, il principio di indipendenza, autonomia e auto-amministrazione della Chiesa in Cina.
La complessità della realtà cinese e il fatto che nel Paese pare non esistere un’unica prassi applicativa dei regolamenti per gli affari religiosi, rendono particolarmente difficile pronunciarsi in materia. La Santa Sede, da una parte, non intende forzare la coscienza di alcuno. Dall’altra, considera che l’esperienza della clandestinità non rientra nella normalità della vita della Chiesa, e che la storia ha mostrato che Pastori e fedeli vi fanno ricorso soltanto nel sofferto desiderio di mantenere integra la propria fede (cfr. n. 8 della Lettera di Benedetto XVI ai cattolici cinesi del 27 maggio 2007). Perciò, la Santa Sede continua a chiedere che la registrazione civile del Clero avvenga con la garanzia di rispettare la coscienza e le profonde convinzioni cattoliche delle persone coinvolte. Solo cosi, infatti, si possono favorire sia l’unità della Chiesasia il contributo dei cattolici al bene della società cinese.
Per quanto, poi, Concerne la valutazione dell’eventuale dichiarazione che si deve firmare all’atto della registrazione, in primo luogo è doveroso tenere presente che la Costituzione della Repubblica Popolare Cinese dichiara formalmente di tutelare la libertà religiosa (art. 36). In secondo luogo, l’Accordo Provvisorio del 22 settembre 2018, riconoscendo il ruolo peculiare del Successore di Pietro, porta logicamente la Santa Sede a intendere e interpretare l’«indipendenza» della Chiesa cattolica in Cina non in senso assoluto, cioè come separazione dal Papa e dalla Chiesa universale, ma relativo alla sfera politica, secondo quanto avviene in ogni parte del mondo nelle relazioni tra il Papa e una Chiesa particolare o tra Chiese particolari. Del resto, affermare che nell’identità cattolica non vi può essere separazione dal Successore di Pietro, non significa voler fare di una Chiesa particolare un corpo estraneo alla società e alla cultura del Paese in cui essa vive ed opera. In terzo luogo, il contesto attuale dei rapporti fra la Cina e la Santa Sede, caratterizzato da un consolidato dialogo fra le due Parti, è diverso da quello che ha visto nascere gli organismi patriottici negli anni cinquanta del secolo scorso. In quarto luogo, si aggiunga il fatto di grande rilievo che, nel corso degli anni, molti Vescovi ordinati senza il mandato apostolico hanno chiesto e ottenuto la riconciliazione con il Successore di Pietro, cosi che tutti i Vescovi cinesi sono oggi in comunione con la Sede Apostolica e desiderano una sempre maggiore integrazione con i Vescovi cattolici del mondo intero.
Di fronte a questi fatti, è legittimo aspettarsi un atteggiamento nuovo da >arte di tutti’ anche nell’affrontare le questioni pratiche riguardanti la Vita della Chiesa. Da parte sua, la Santa Sede continua a dialogare con le Autorità cinesi: sulla registrazione civile dei Vescovi e dei sacerdoti per trovare una formula che, nell’atto della registrazione, rispetti non solo le leggi cinesi ma anche la dottrina. cattolica.
Nel frattempo, alla luce di quanto sopra, se un Vescovo o un sacerdote decide di registrarsi civilmente ma il testo della dichiarazione per la registrazione non appare rispettoso della fede cattolica, egli preciserà per iscritto all’atto della firma che 10 fa senza venir meno alla dovuta fedeltà ai principi della dottrina cattolica. Se non è possibile mettere questa precisazione per iscritto, il richiedente la farà anche solo verbalmente e se possibile alla presenza di un testimone. In ogni caso, è opportuno che il richiedente certifichi poi al proprio Ordinario l’intenzione con la quale ha fatto la registrazione. Questa, infatti, è sempre da intendersi all’unico fine di favorire il bene della comunità diocesana e la sua crescita nello spirito di unità, come anche un’evangelizzazione adeguata alle nuove esigenze della società cinese e la gestione responsabile dei beni della Chiesa.
In pari tempo, la Santa Sede comprende e rispetta la scelta di chi, in coscienza, decide di non potersi registrare alle presenti condizioni. Essa rimane loro vicina e chiede al Signore di aiutarli a custodire la comunione con i propri fratelli nella fede, anche di fronte alle prove che ciascuno si troverà ad affrontare. Il Vescovo, da parte sua, “nutra e manifesti pubblicamente la propria stima per i presbiteri, dimostrando fiducia e lodandoli se lo meritano; rispetti e faccia rispettare i loro diritti e li difenda da critiche infondate; dirima prontamente le controversie, per evitare che inquietudini prolungate possano offuscare la fraterna carità e danneggiare il ministero pastorale” (Aposto/orum Successores, Direttorio per il ministero pastorale dei Vescovi, 22 febbraio 2004, n. 77).
È importante, poi, che anche i fedeli laici non solo comprendano la sopra descritta complessità della situazione, ma anche accolgano con cuore grande la sofferta decisione presa dai loro Pastori, qualunque essa Sia. La comunità cattolica locale li accompagni con spirito di fede, con la preghiera e con l’affetto, astenendosi dal giudicare le scelte degli altri, custodendo il vincolo dell’unità e usando misericordia verso tutti.
In ogni caso, nell’attesa di poter giungere attraverso un franco e costruttivo dialogo tra le due Parti, come accordato, ad una modalità di registrazione civile del Clero più rispettosa della dottrina cattolica, e quindi della coscienza delle persone coinvolte, la Santa Sede chiede che non si pongano in atto pressioni intimidatorie nei delle comunità cattoliche «non ufficiali», come purtroppo è già avvenuto.
Infine, la Santa Sede ha fiducia che tutti possano accogliere queste indicazioni pastorali come uno strumento per aiutare coloro che si trovano a dover fare scelte non facili, a compierle con spirito di fede e di unità. Tutti — Santa Sede, vescovi, sacerdoti, religiosi, religiose e fedeli laici — sono chiamati a discernere la volontà di Dio con pazienza e umiltà in questo tratto del cammino della Chiesa in Cina, segnato da tante speranze ma anche da perduranti difficoltà.
Dal Vaticano, 28 giugno 2019, Solennità del Sacratissimo Cuore di Gesù.
Santa Sede

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