San Giorgio e il drago di Raffaello

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Raffaello Sanzio, San Giorgio e il drago, olio su tavola (31×27 cm), 1505 circa, Museo del Louvre, Parigi.
L’opera si trova citata per la prima volta in un sonetto del Lomazzo assieme al San Michele e il drago, il che ha fatto pensare che le due opere formassero una sorta di dittico, anche per le analogie nelle misure e nel soggetto. Sempre secondo il Lomazzo l’opera era stata ceduta da un milanese “avaro e ignorante” ad Ascanio Sforza, conte di Piacenza. Passata in seguito nelle collezioni del cardinale Mazzarino (almeno dal 1661), finì nelle raccolte reali di Luigi XIV, che sono poi confluite nel Louvre.
In un dolce paesaggio dal sapore tipicamente umbro, fatto di colline e alberelli fronzuti, san Giorgio a cavallo sta per finire il drago con un colpo di spada, che ha già sollevato con la mano destra, mentre la lancia giace ormai spezzata a terra e nel petto del mostro. Il santo indossa una lucente armatura e un elmo con alto cimiero, mentre il mantello è gonfiato dal vento, esaltando il dinamismo della scena. A destra la principessa fugge impaurita, voltandosi per un ultimo sguardo. Tutta la scena è efficacemente impostata lungo la diagonale, con precise rispondenze ritmiche tra l’estremo gesto offensivo del drago, l’impennata del cavallo e la stessa fuga della principessa. Tale stratagemma aiuta l’osservatore a comprendere con un colpo d’occhio l’intera narrazione, nonché a facilitare la scansione dei piani in profondità. Equilibrato è il rapporto tra pathos, visione e movimento, ma si percepisce anche un elegante distacco, quasi aristocratico, nel volto imperturbabile di San Giorgio.
San Giorgio è patrono degli Arcieri, dei Cavalieri, dei Soldati, degli Scout, Esploratori/Guide AGESCI, del Sacro Militare Ordine Costantiniano di San Giorgio.

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