Papa alle autorità giapponesi: proteggete la vita

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Ormai la visita apostolica del papa in Giappone sta volgendo al termine e nel penultimo giorno ha incontrato le autorità del Paese ed il corpo diplomatico con un discorso che riprende i pilastri del suo pontificato, con il particolare accento sul valore del dialogo, della pace, della giustizia nei confronti degli esclusi e dei dimenticati ma anche con un richiamo a continuare sulla strada della solidarietà, della difesa della vita, nel pieno rispetto della dignità e dei diritti dei membri della famiglia umana, ricordando le relazioni storiche tra Giappone e Chiesa Cattolica, risalenti al XVI secolo:

“Le relazioni di amicizia tra la Santa Sede e il Giappone sono molto antiche, radicate nella stima e nell’ammirazione che i primi missionari ebbero per queste terre… Storicamente sono stati molti i contatti, le missioni culturali e diplomatiche che hanno alimentato questo rapporto e hanno contribuito a superare momenti di maggiore tensione e difficoltà. Anche questi contatti sono andati strutturandosi a livello istituzionale a beneficio di entrambe le parti”.

Riprendendo il motto della visita il papa ha sottolineato che il Giappone è molto attento all’importanza della vita: “Come nazione, il Giappone è particolarmente sensibile alla sofferenza dei meno fortunati e delle persone con disabilità. Il motto della mia visita è ‘Proteggere ogni vita’, riconoscendo la sua inviolabile dignità e l’importanza di mostrare solidarietà e sostegno ai nostri fratelli e sorelle di fronte a qualsiasi necessità”.

Quindi dopo la visita a Nagasaki ed Hiroshima il papa ha ribadito la necessità del dialogo: “La storia ci insegna che i conflitti tra popoli e nazioni, anche i più gravi, possono trovare soluzioni valide solo attraverso il dialogo, l’unica arma degna dell’essere umano e capace di garantire una pace duratura.

Sono convinto della necessità di affrontare la questione nucleare a livello multilaterale, promuovendo un processo politico e istituzionale in grado di creare un consenso e un’azione internazionali più ampi”.

Infatti il dialogo è necessario nella costruzione di un mondo giusto con particolare riferimento alle Olimpiade del prossimo anno: “Una cultura di incontro e dialogo (caratterizzata da saggezza, visione e ampiezza di orizzonte) è essenziale per costruire un mondo più giusto e fraterno. Il Giappone ha riconosciuto l’importanza di promuovere contatti personali nei settori dell’istruzione, della cultura, dello sport e del turismo, sapendo che questi possono contribuire notevolmente all’armonia, alla giustizia, alla solidarietà e alla riconciliazione, che sono il cemento della costruzione della pace.

Possiamo vedere un esempio evidente di questo nello spirito olimpico, che unisce atleti di tutto il mondo in una competizione che non si basa necessariamente sulla rivalità ma sulla ricerca dell’eccellenza. Sono certo che i Giochi Olimpici e Paralimpici, che l’anno venturo si terranno in Giappone, serviranno da stimolo per far crescere uno spirito di solidarietà che superi i confini nazionali e regionali e cerchi il bene di tutta la nostra famiglia umana”.

Per il papa la pace ha necessità del dialogo: “In questi giorni ho nuovamente apprezzato il prezioso patrimonio culturale che il Giappone, nel corso di molti secoli di storia, è stato in grado di sviluppare e preservare, e i profondi valori religiosi e morali che caratterizzano questa antica cultura.

Il buon rapporto tra le diverse religioni non è essenziale solo per un futuro di pace, ma anche per preparare le generazioni presenti e future a valorizzare i principi etici che servono come base per una società veramente giusta e umana”.

E l’altra necessità della pace è la cura della ‘casa comune’, prendendo spunto dall’albero che caratterizza il Giappone, il fiore di ciliegio: “Tuttavia, la delicatezza del fiore di ciliegio ci ricorda la fragilità della nostra casa comune, soggetta non solo ai disastri naturali ma anche all’avidità, allo sfruttamento e alla devastazione per mano dell’uomo. Quando la comunità internazionale ha difficoltà a rispettare i propri impegni per proteggere il creato, sono i giovani che, sempre più, parlano ed esigono decisioni coraggiose”.

Però il rispetto dell’ambiente ha bisogno del rispetto dell’ ‘ecologia’ umana: “In questo senso, un approccio integrale per la protezione della nostra casa comune deve considerare anche l’ecologia umana. Un impegno per la protezione significa affrontare il crescente divario tra ricchi e poveri, in un sistema economico globale che consente a pochi privilegiati di vivere nell’opulenza mentre la maggioranza della popolazione mondiale vive nella povertà.

Conosco la preoccupazione per la promozione di vari programmi che il governo giapponese attua a questo proposito e vi incoraggio a continuare nella formazione di una crescente consapevolezza di corresponsabilità tra le nazioni. La dignità umana deve essere al centro di ogni attività sociale, economica e politica; occorre promuovere la solidarietà intergenerazionale e, a tutti i livelli della vita comunitaria, bisogna dimostrare preoccupazione per coloro che sono dimenticati ed esclusi”.

Ed ha concluso l’intervento con un pensiero ai giovani, futuro di ogni Nazione: “Penso in particolare ai giovani, che spesso si sentono oppressi di fronte alle difficoltà della crescita, e anche alle persone anziane e sole che soffrono di isolamento. Sappiamo che, alla fine, la civiltà di una nazione o di un popolo non si misura dal suo potere economico ma dall’attenzione che dedica ai bisognosi, come pure dalla capacità di diventare fecondi e promotori di vita…

E nel proporvi questi pensieri, desidero incoraggiarvi nei vostri sforzi per dar forma a un ordine sociale sempre più capace di proteggere la vita, sempre più rispettoso della dignità e dei diritti dei membri della famiglia umana”.

Nel saluto iniziale il primo ministro Shinzo Abe ha ringraziato il papa per la sua instancabile opera in favore dei poveri e degli svantaggiati: “Un esempio che anche il Giappone vuole seguire perché non si può abbandonare nessuno nell’abisso della disperazione”. Nelle parole del primo ministro anche il contributo di tanti giovani impegnati in zone povere del mondo per dare speranza a tutti perché cresciuti con l’idea che è importante sognare in grande per il futuro.

La giornata del papa, accolto dalla musica argentina, era iniziata incontrando le vittime del triplice disastro, avvenuto nel 2011 a causa di un terremoto, che scatenò uno tsunami che diede il via al disastro nucleare della centrale di Fukushima uccidendo almeno 18.000 persone, dopo aver ascoltato le testimonianze dei sopravvissuti:

“Possa questo incontro servire affinché, tutti insieme, rivolgiamo un appello alle persone di buona volontà perché le vittime di queste tragedie continuino a ricevere l’aiuto di cui hanno tanto bisogno. Senza risorse di base: cibo, vestiario e riparo, non è possibile condurre una vita dignitosa e avere il minimo necessario per poter ottenere una ricostruzione, che a sua volta richiede di sperimentare la solidarietà e il sostegno di una comunità.

Nessuno si ‘ricostruisce’ da solo; nessuno può ricominciare da solo. E’ essenziale trovare una mano amica, una mano fraterna, in grado di aiutare a risollevare non solo la città, ma anche lo sguardo e la speranza”.

In particolare ha ricordato le conseguenze dell’incidente nucleare: “In tal senso, vorrei ricordare particolarmente l’incidente nucleare di Daiichi a Fukushima e le sue conseguenze. Oltre alle preoccupazioni scientifiche o mediche, c’è anche il lavoro immenso per ripristinare il tessuto della società.

Fino a quando i legami sociali non saranno ristabiliti nelle comunità locali e le persone avranno di nuovo una vita sicura e stabile, l’incidente di Fukushima non sarà completamente risolto. Ciò implica, al tempo stesso, la preoccupazione per il prolungarsi dell’uso dell’energia nucleare, per cui hanno chiesto l’abolizione delle centrali nucleari”.

Riprendendo l’enciclica ‘Laudato sì’ papa Francesco ha chiesto una pausa di riflessione sul ‘paradigma tecnocratico’ del progresso: “E’ dunque importante, in momenti come questo, fare una pausa, fermarci e riflettere su chi siamo e, forse in modo più critico, su chi vogliamo essere. Che tipo di mondo, che tipo di eredità vogliamo lasciare a coloro che verranno dopo di noi?

La saggezza e l’esperienza degli anziani, insieme all’impegno e all’entusiasmo dei giovani, possono aiutare a plasmare una visione diversa, una visione che aiuti a guardare con grande rispetto il dono della vita e la solidarietà con i nostri fratelli e sorelle nell’unica, multietnica e multiculturale famiglia umana.

Quando pensiamo al futuro della nostra casa comune, dobbiamo renderci conto che non possiamo prendere decisioni puramente egoistiche e che abbiamo una grande responsabilità verso le generazioni future. In tal senso, ci è chiesto di scegliere uno stile di vita umile e austero che risponda alle urgenze che siamo chiamati ad affrontare”.

Infatti nelle testimonianze iniziali un sopravvissuto del terremoto, Toshiko Kato, aveva detto: “Mi sono reso conto del fatto ovvio che oggi è la continuazione di ieri e che sono collegati con il domani. La vita è la cosa più importante e nessuna buona vita è persa. Mentre prego per sapere come proteggere la vita dei più piccoli che soffrono nel mondo, voglio pensare a cosa posso fare della vita che mi è stata donata e andare avanti un po’ alla volta”.

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