Contro vecchi e nuovi totalitarismi, La Pira profeta e padre costituente

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Parlare di Giorgio La Pira nell’attuale contesto politico potrebbe sembrare una contraddizione, un’illusione antistorica… Nell’era degli slogan, della demagogia, degli ‘haters’, della postverità, la figura di questo padre costituente, giurista, professore di diritto romano presso l’Università di Firenze, si staglia come un monito anzitutto per noi, che ci professiamo cristiani.

L’occasione è la recente pubblicazione del III volume dell’Edizione nazionale delle opere di La Pira, intitolato ‘Principi contro i totalitarismi e rifondazione costituzionale’ e curato dal Presidente Emerito della Corte Costituzionale, prof. Ugo De Siervo.

Nei ‘Principi contro i totalitarismi’ sono raccolti gli scritti relativi alla complessa gestazione della nostra Carta costituzionale, di cui La Pira non soltanto fu redattore, avendo partecipato alla ‘Commissione dei 75’ e, in particolare, alla definizione dei principi fondamentali, ma anche profeta, essendosi distinto in epoca fascista come un deciso oppositore del regime.

Basti pensare che nel luglio 1938, prima dell’emanazione e delle leggi razziali, Giorgio La Pira, sulle colonne del giornale ‘Frontespizio’, lanciava strali a suon di citazioni filosofiche e bibliche contro un sistema che negava il personalismo e la solidarietà tra uomini e che tradiva l’autentica vocazione di integrazione e cooperazione, propria di ogni società organizzata.

Già in queste parole riecheggia l’art. 2 della Costituzione, nel quale si stabilisce che “La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo, sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale”.

La coerenza di questo padre costituente, ispirata al detto evangelico: “Sia il vostro parlare: ‘Sì, sì’, ‘No, no’; il di più viene dal Maligno’ (Mt 5,37), è stata pagata non solo con la persecuzione del regime, ma anche con la critica da parte di intellettuali cattolici che, tuttavia, avevano scelto la via dell’adesione supina al nazionalismo pseudo-clericale del fascismo:

ad esempio, egli è uno dei pochi a svelare, scrivendo nel 1941 sull’Osservatore Romano, il profondo inganno delle ‘belle parole’ del dittatore portoghese Salazar, che si riferiva a patria, famiglia, stato, ordine, lavoro, virtù in ottica puramente demagogica, senza affrontare i problemi ad esse sottesi.

Nonostante ciò, La Pira è stato e rimane uomo di pace: nel 1943, durante la crisi che segue la caduta di Mussolini, è conscio che solo l’unione di tutti gli italiani, antifascisti e fascisti, può risollevare le sorti del Paese.

In un articolo pubblicato il 1° agosto di quell’anno su L’Avvenire d’Italia, intitolato ‘Ricupero’, chiede giustizia, non vendetta, ordine giuridico, non violenza: è ancora una volta il Vangelo, con la parabola del grano e della zizzania, a ispirarlo: se si cerca di estirpare ‘sic et simpliciter’ dal tessuto sociale quanti hanno collaborato con la dittatura, si rischia di ferire ancor più profondamente la Nazione.

Non solo, la Patria, intesa cristianamente contro il ‘nazionalismo materialista e pagano’, in quell’istante supremo che segnerà le sorti per la nostra Repubblica, chiedeva un afflato di fratellanza e carità, perché gli italiani, riconoscendosi non in falsi vincoli di razza, ma di solidarietà, potessero ritornare a essere un popolo unito.

Parole rimaste inascoltate: si pensi all’occupazione nazista, alla Repubblica di Salò e alla guerra civile che si concluse solo nel 1945. A distanza di più di 70 anni, l’eco di La Pira è ancora vivo, così come le ferite che dilaniano la politica e, se non sfociano nel conflitto fisico, è solo per una congiuntura provvidenziale.

Di certo, il tessuto umano è da ricucire, i principi cristiani di solidarietà e personalismo latitano anche tra chi si professa credente; in nome dell’autoaffermazione sociale si continua a calpestare il diritto dell’altro.

Se non sono riusciti la sua parola e lo scritto, possa l’intercessione di questo venerabile padre costituente (ricordiamo che papa Francesco ne ha annunciato la prossima beatificazione) proteggere l’Italia e l’Europa dalle forze disgregatrici.

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