A 60 anni dalla morte di don Luigi Sturzo: baluardo per la democrazia

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L’8 agosto 1959 don Luigi Sturzo si spense a Roma, nella casa delle Suore Canossiane; di fronte alla casa, in via Don Orione 8, c’era l’entrata dell’Istituto San Filippo e della parrocchia di Ognissanti nel quartiere Appio. Anziano e sempre più limitato nei movimenti, un giorno fece chiamare il superiore don Gaetano Piccinini e gli disse:

“Non potete immaginare come sono contento di essere capitato a venirmene a morire a Roma, nella parrocchia di don Orione. Ma fatemi un piacere: come vedete, non sono in grado di uscire. Mandatemi ogni settimana un confessore. Pregatene il vostro parroco di Ognissanti che mi faccia questa carità”. Poi subito, quasi prevedendo un’osservazione, aggiunse: “Quando il parroco non potesse venire, che venga pure il vice parroco”.

Nella commemorazione il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha ricordato la sua azione politica per il bene degli italiani: “La sua azione politica, il suo pensiero, i suoi scritti, che ancora costituiscono materia di studio e di riflessione, mostrano con evidenza come egli sia stato uno dei protagonisti della storia democratica italiana… Fu decisivo nel superare il non expedit, nel rendere così i cattolici cittadini pienamente partecipi della cosa pubblica”.

Ed ha indicato la sua partecipazione politica nelle Istituzioni come segno di rispetto per la vita democratica dell’Italia: “Don Sturzo cominciò dalle basi della società, dalla difesa della dignità dei contadini nel mondo agrario di inizio novecento, dalla presenza nel consiglio comunale di Caltagirone, dalla necessità di dare basi popolari alla democrazia, rifuggendo da ipoteche oligarchiche ed elitarie.

La sua idea di laicità dell’impegno pubblico ha precorso i tempi. La sua visione democratica era inscindibilmente legata a una concreta giustizia sociale… Con le sue idee, e gli studi approfonditi negli Stati Uniti, tornò ad alimentare il dibattito nel dopoguerra. Il patrimonio che ha lasciato ha arricchito la cultura democratica che può attingere a valori ed esperienze preziose anche per i tempi nuovi che stiamo vivendo”.

In tale occasione mons. Michele Pennisi, arcivescovo di Monreale, ha ricordato nella cattedrale di Caltagirone il personaggio nella messa di suffragio, partendo dalle sue ultime richieste: “Egli volle il sacerdote, non scelse questo o quel personaggio, ma desiderò quella carità settimanale da chi la Divina Provvidenza gli aveva messo vicino. Prima fu l’anziano don Silvio Ferretti e poi il giovane don Giovanni Pirani. Vari altri sacerdoti ricordarono questi brevi incontri sacramentali con l’anziano don Sturzo.

Era esigente nella puntualità agli appuntamenti. Era alle 18. E si poteva star certi che alle 18.15, si sarebbe usciti dalla sua stanza, liberi di attendere ad altro… Don Luigi Sturzo, durante la sua vita, si interessò personalmente della sorte di molti orfani e ragazzi sprovvisti di aiuti. Per tali ragioni egli ebbe contatto e premure verso la Casa dell’orfano di Trastevere e in via della Camilluccia, a Roma, verso gli Istituti di Reggio Calabria, Palermo e, specialmente, verso la Casa di Noto con la quale aveva un legame particolare”.

In un convegno, svoltosi nei giorni scorsi, il presidente dell’Istituto Sturzo, Nicola Antonetti, ha ricordato una sua conferenza, da esule, a Parigi nel 1925 per una nuova visione europea contro i totalitarismi: “Già dagli anni ’30 sostenne che solo gli Stati Uniti d’Europa avrebbero potuto evitare una linea di conflitto globale e la guerra fredda, che poi abbiamo avuto, fra Est e Ovest.

Ma Sturzo soprattutto ci ricorda, oggi, che senza un’unificazione europea, l’Italia, soggetto economico piccolo e debole, rischia di scomparire di fronte alla grande rivoluzione commerciale e industriale in atto a livello mondiale… E se aggiungiamo, ora, l’invecchiamento in atto in Italia in confronto alle popolazioni africane e asiatiche, noi abbiamo il quadro di un Paese che se si chiude in sé stesso rischia di inabissarsi.

Un rischio che chi fa politica, Sturzo o non Sturzo, dovrebbe aver presente… Una tradizione culturale democratica, liberale, profondamente legata ai principi del cristianesimo, che non si può disperdere, ma è da esprimere per intero in una Europa rinnovata nelle sue istituzioni”.

Occorre ricordare infatti che quando nel corso del secondo conflitto mondiale si aprì il dibattito sugli scopi di guerra, Sturzo fu pronto ad affrontare i ‘problemi dell’Europa futura’, e partì dalla constatazione che “oggi noi stiamo pagando per l’errore di avere creato una Società delle Nazioni comprendente democratici e fascisti, nazisti e bolscevichi; e per un altro errore, quello del ‘non-intervento’ negli affari di altri paesi anche quando essi costituivano un preludio alla guerra”.

Egli auspicò che “dopo la presente guerra, vincitori e vinti dovessero deliberare insieme sullo stesso piano morale per ricostruire l’Europa in uno spirito di armonia, di intesa liberale e di cooperazione”, che vedesse anche la Germania entrare in una “società di Stati basata su principi federali e su quelli della civiltà cristiana…

Il principio federale crea un certo diritto di intervento, in quanto esso comporta comunità di interessi e cooperazione tra gli Stati; tale intervento, quantunque limitato, deve essere efficace… Se non riusciamo a vedere i problemi futuri in questo modo, l’Europa rimarrà militarizzata e noi staremmo seminando i germi di una terza guerra”.

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