Cisf: Lavoro, via dai luoghi comuni

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Dal 30 maggio al 3 giugno, a Milano ed in altre sette città lombarde, si terrà il 7^ Incontro Mondiale della Famiglia. E nella città fervono gli incontri preparatori, specialmente quelli di studio e riflessione, organizzati dal CISF. Dopo il primo appuntamento con il prof. Luca Diotallevi, oggi alle ore 21 il Cisf propone un incontro con Vera Negri Zamagni, Professore di Storia economica all’Università di Bologna per un approfondimento e dialogo su famiglia, lavoro e festa in preparazione al Settimo Incontro Mondiale delle Famiglie, presso l’auditorium ‘Don Alberione’, a Milano, organizzati da Famiglia Cristiana in collaborazione con la diocesi di Milano, il Centro Internazionale Studi Famiglia, le Acli e il Movimento Cristiano lavoratori.

 

 

“Ci sentiamo spesso dire, o diciamo noi stessi, che oggi la situazione è peggiore del passato o che la colpa della crisi è della politica o degli imprenditori o, ancora, che se la famiglia fosse al centro della vita sociale le cose andrebbero meglio: bene questi sono luoghi comuni assolutamente inadeguati a spiegare la realtà in cui oggi viviamo e non ci fanno prendere coscienza della vera realtà delle cose”. Il sociologo Luca Diotallevi ha aperto con queste considerazioni forti il primo incontro del ciclo dei ‘Lunedì in famiglia’ dal titolo ‘Fare famiglia con il lavoro che non c’è. Giovani e lavoro’.

Diotallevi, professore di sociologia all’Università di Roma Tre, vicepresidente del Comitato organizzatore della 46.ma Settimana sociale dei cattolici italiani che si è celebrata a Reggio Calabria nell’ottobre 2010, ha ormai un’esperienza trasversale dei fenomeni legati al mondo del lavoro: “Girando per le diocesi italiane spesso mi viene posta la domanda sull’attuale situazione italiana e credo che occorra essere schietti su alcuni punti, che diventano altrettanti luoghi comuni”. Semplice il percorso fatto nella serata dallo studioso,  sfatare questi ‘luoghi comuni’ sul lavoro e sulla società per capire come agire di fronte ai preoccupanti dati che vedono la disoccupazione giovanile (15-24 anni) in Italia attestata al 30%, cioè il doppio della media dei Paesi Ocse, e i giovani ‘Neet’ (che non lavorano né studiano ma semplicemente ‘aspettano’) addirittura al 21% (il dato più alto dell’Ocse).

Secondo il prof. Diotallevi in Italia prevalgono troppi luoghi comuni condizionanti come il posto di lavoro ‘sicuro’: “E allora via con i luoghi comuni, ‘dolce veleni’ per giustificarci di fronte a una realtà altrimenti inspiegabile. Il ‘posto di lavoro sicuro’ è il mito degli italiani da sempre, un qualcosa che dovremmo derubricare in fretta. Il posto di lavoro è un bene molto sofisticato che va creato, non esiste in natura. Più esso è stabile più è sofisticato perché è il risultato complesso di un’impresa che ha successo. Chiedere semplicemente il posto di lavoro significa affrontare la crisi in modo ingenuo o truffaldino: se vogliamo lavoro ci servono imprese che sappiano produrre qualcosa che  il mercato si aspetta”.

Un luogo comune, quello del posto di lavoro, che va rivisto, a partire dagli ambienti ecclesiali: “Soprattutto al Centro-Sud la posizione della chiesa di fronte alla crisi riflette un atteggiamento generoso ma non adeguato perché fa riferimento a un qualcuno che ‘deve darci il lavoro’, cosa che nemmeno la dottrina sociale della Chiesa intende in questo senso così semplificato”. E qui scatta il secondo luogo comune: l’attesa che lo Stato si attivi per creare ‘posti di lavoro’: “La Dottrina sociale della Chiesa parla della dimensione plurale della società. Il bene comune, e quindi anche il lavoro, è prodotto da diversi soggetti – imprese, famiglia, Stato, sindacati, partiti… – ma ciascuno con procedimenti diversi, con modalità che gli sono proprie. Perciò non possiamo rivolgerci alla politica per chiedere cose che sono fuori dal suo compito”.

Un altro luogo comune da combattere è quello del ‘familismo’, che segna decisamente la società italiana, cioè il prospettare il modello di società come ‘una grande famiglia’: “Parlare e pensare così significa mentirci, non possiamo far funzionare tutta la società come la famiglia, perché la pluralità delle forme di aggregazione e di associazione è in sé un valore e significa che ogni soggetto ha regole proprie di azione con un solo obbligo comune: quello di collaborare nelle rispettive competenze, soprattutto tra il soggetto famiglia e il soggetto scuola”. La famiglia, infatti, ha il suo specifico ruolo: “Ad essa è affidato il compito di educare la persona ad accogliere la vita, è palestra di libertà e di dialogo, è scuola a relazionarsi all’altro sesso. Ma sono funzioni chiaramente temporanee: una famiglia che non lascia uscire i suoi membri per generare nuove famiglie ha qualcosa che non funziona”.

La serata è terminata con la testimonianza di una giovane coppia di sposi, Annachiara Desiderio e Gennaro Ferraioli, membri del progetto Policoro, un percorso che “cerca di unire giovani, lavoro e Vangelo per un’azione sociale che, sperando non in ‘qualcosa’ ma in ‘Qualcuno’, cerchi di creare lavoro attraverso un’impresa di successo, cambiando la mentalità sul lavoro dei giovani avendo sempre presente la vocazione territoriale dell’impresa”.

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