Papa Francesco ai Trinitari: state con i giovani

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L’anno 2019 è l’anno del Capitolo Generale dell’Ordine della Santissima Trinità e degli Schiavi, che si celebra ogni sei anni attorno alla festa della Santissima Trinità. L’Ordine della Santissima Trinità e degli Schiavi è una famiglia religiosa fondata da Giovanni de Matha (1154-1213) con una Regola propria, approvata da Innocenzo III il 17 dicembre 1198 con la bolla ‘Operante divine dispositionis’.

Nella Chiesa questa è la prima istituzione ufficiale, che si dedica al servizio della redenzione, armata solo della misericordia e con l’unica intenzione di riportare la speranza nella fede ai fratelli che soffrono sotto il giogo della schiavitù. Giovanni de Matha fonda un nuovo e originale progetto di vita, con aspetti profondamente evangelici, nella Chiesa, che collega la Trinità e la redenzione degli schiavi: l’ordine è ‘Ordine della Santissima Trinità e redenzione degli schiavi’, le case dell’ordine sono ‘case della Santa Trinità per la redenzione degli schiavi’, e i fratelli di Giovanni de Matha sono ‘fratelli della Santa Trinità e della redenzione degli schiavi’.

Ed al termine il Capitolo Generale dell’Ordine, durante il quale è stato eletto nuovo superiore padre Luigi Buccarello, è stato ricevuto da papa Francesco, che li ha invitati ad ‘aprire le case ai giovani’, ad aiutarli ad armonizzare le aspirazioni, a dare loro maggiore protagonismo:

“Il tema del vostro Capitolo ruota intorno alla pastorale giovanile e vocazionale. Un tema vitale per la Chiesa, come ha messo in luce il recente Sinodo dei Vescovi dedicato ai giovani, e sicuramente anche di grande importanza per il vostro Ordine. Non è facile centrare l’obiettivo in questa pastorale. Il lavoro vocazionale, qualsiasi lavoro vocazionale, non è proselitismo…

D’altra parte, la cultura del grande vuoto provocata dal pensiero debole e dal relativismo che invitano a vivere ‘alla carta’, la cultura del frammento dove i grandi temi hanno perso significato, e l’immanentismo in cui vivono chiusi tanti giovani potrebbero far pensare che non c’è spazio per una proposta vocazionale nella fede alle nuove generazioni. Ma tirare questa conclusione sarebbe un grave errore”.

Infatti il papa ha chiesto una pastorale giovanile dinamica: “Infatti, anche oggi ci sono giovani che cercano ardentemente il senso pieno della propria vita; giovani che sono capaci di dedizione incondizionata alle grandi cause; giovani che amano appassionatamente Gesù e che mostrano una grande compassione per l’umanità”.

Ha chiesto loro una pastorale di discernimento: “Ci sono giovani che forse non parlano di significato e di senso della vita, ma che cosa intendono quando cercano con ansia la felicità, l’amore, il successo, la realizzazione personale? Tutto questo fa parte del mondo delle aspirazioni dei nostri giovani, che hanno bisogno di essere ordinate, come fece il Creatore all’inizio dei tempi, passando dal caos all’ordine del cosmo”.

Ed ha chiesto di comprendere le aspirazioni dei giovani: “E’ qui che potete e dovete entrare anche voi, per aiutare i giovani ad armonizzare le loro aspirazioni, a metterle in ordine. Senza dimenticare che essi, giustamente, chiedono che sia dato loro un certo protagonismo in tutto questo. I giovani non sopportano ambienti in cui non trovino il loro spazio e non ricevano stimoli. Devono essere protagonisti, questa è la chiave, e protagonisti in movimento, non quieti”.

Per assecondare tali aspirazioni ci vuole creatività: “Ci vuole creatività, che parta dalla conversione pastorale a cui siamo chiamati noi, per poter arrivare a loro e fare una proposta evangelica che li aiuti a discernere la vocazione a cui sono chiamati nella Chiesa. Sia il Documento finale del Sinodo sia l’Esortazione apostolica ‘Christus vivit’ vi potranno aiutare nell’impegno di raggiungere i giovani là dove siete presenti come Ordine Trinitario”.

Ha quindi indicato alcune strade per essere competenti nelle sfide: “Prima di tutto vicinanza e accompagnamento. I giovani ci vogliono vicini. La pastorale giovanile e vocazionale esige accompagnamento e questo comporta vicinanza, farsi presenti nella vita dei giovani, come Gesù con i discepoli di Emmaus. I giovani vogliono avervi come compagni di strada, per cercare insieme i ‘pozzi di acqua viva’ dove poter saziare la sete di pienezza che tanti di loro sentono”.

La vicinanza si mostra nell’apertura delle case: “Aprite le vostre case e comunità ai giovani, perché possano condividere la vostra preghiera e la vostra fraternità, ma soprattutto aprite loro i vostri cuori. Che si sentano amati per quello che sono, per come sono. Siate per i giovani dei fratelli maggiori con i quali possano parlare, dei quali si possano fidare. Ascoltateli, dialogate con loro, fate discernimento insieme. Questo stanca! E questo è il prezzo: la vostra stanchezza. Che sentano che li amate veramente e per questo potete proporre loro la misura alta dell’amore”.

La seconda indicazione è quello di essere una Chiesa in ‘uscita’: “C’è bisogno di andare incontro ai giovani, non solo a quelli vicini, ma anche ai lontani. Non limitarsi ad accogliere quelli che vengono da voi, ma andare anche incontro a quelli che si sono allontanati. Accoglierli così come sono. Non disprezzare mai i loro limiti. Sostenerli e aiutarli fin dove è possibile. E, dopo averli incontrati, c’è bisogno di ascoltarli, chiamarli, suscitare il desiderio di muoversi per andare oltre le comodità in cui si adagiano”.

Quindi occorre una pastorale ‘capace di rischiare’ per un cammino di santità: “Questa è la motivazione, la forza di tutta la nostra vita religiosa, e anche della nostra azione con i giovani: portarli a Dio. Davanti alla tentazione della rassegnazione, nella pastorale giovanile e vocazionale vi è chiesta l’audacia evangelica per gettare le reti, anche se può non sembrare il tempo o il momento più opportuno.

Davanti a una vita sonnolenta, addormentata e stanca, vi è chiesto di rimanere svegli, per poter svegliare; vi è chiesto di essere profeti di speranza e di novità, profeti della gioia con la vostra stessa vita, sapendo che la miglior pastorale giovanile e vocazionale è vivere la gioia della propria vocazione. E nessuno va escluso da questo”.

Ed ha concluso citando una lettera di un carcerato, invitandoli al coraggio: “Alcune settimane fa ho letto una lettera di un carcerato. La lettera comincia così: ‘Caro Fra Cristoforo’. In carcere aveva trovato I promessi sposi e ha cominciato a leggerli, e ha visto che questo Fra Cristoforo aveva fatto le stesse cose che aveva fatto lui. Da lì incominciò l’inquietudine, l’inquietudine…, e questo carcerato aspetta il momento di uscire dal carcere per entrare in un seminario. Dio chiama ovunque, Dio non fa preferenze di persone, chiama tutti. Siate coraggiosi!”

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