Ventimiglia: dal vescovo una lettera all’Europa

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Fra poco milioni di europei sono chiamati a decidere il ‘destino’ dell’Europa ed il vescovo della diocesi di Sanremo-Ventimiglia, mons. Antonio Suetta, ha affermato che le votazioni sono sempre un esercizio di partecipazione politica: “Saremo chiamati alle urne per il rinnovo del Parlamento europeo; tale appuntamento rappresenta un significativo momento di partecipazione politica, un vero e proprio ‘esercizio di sovranità’ tramite un voto, che non coinvolge soltanto aspetti tecnici o amministrativi, ma mette in campo importanti temi di vita personale e sociale inerenti ambiti decisivi sotto il profilo etico come la vita, la famiglia, la giustizia, la libertà e la solidarietà”.

Il vescovo ha sottolineato che l’Europa è la culla dell’umanesimo integrale: “E’ precisamente tale più profonda prospettiva a farmi decidere, come pastore, di richiamare l’attenzione al dovere di esprimere un voto ‘secondo coscienza’, che per un cattolico significa agire in modo da favorire la diffusione della civiltà cristiana, la civiltà dell’amore, caratterizzata dalla fede come valore capace di dare senso all’esistenza intera e di plasmare efficacemente ogni comunità a misura dell’uomo. Tutto ciò è particolarmente vero per l’Europa, realtà culturale e storica, prima ancora che aggregazione di Stati o di sistemi finanziari”.

Citando Churchill e Ratzinger mons. Suetta ha sottolineato il ruolo dei cattolici: “Come cattolici, non solo siamo a favore dell’Europa, ma desideriamo pure contribuire come in passato, con l’apporto di un umanesimo autentico e religioso, a creare uno spazio comune che favorisca la libertà, i diritti umani e il progresso integrale dell’uomo. San Giovanni Paolo II parlava dell’Europa dei popoli, che si estende dall’Atlantico agli Urali, immaginando un’Europa che non smarrisse gli ideali cristiani e che fosse propulsore della cristianità”.

Però purtroppo si assiste anche alla volontà di rinnegare una storia che è fondamento dell’Europa: “In questi anni purtroppo abbiamo registrato una tendenza culturale volta a cancellare, nascondere e ridimensionare la matrice cristiana dell’Europa. Un pensiero anticristiano si è affermato come egemone, in nome di una singolare tolleranza interreligiosa e di una malintesa laicità”.

Le domande poste da papa Francesco sul ‘naufragio’ europeo non possono essere evitate: “Se l’Europa continuasse a vivere come una colpa la propria tradizione, la propria storia e la propria identità, sarebbe destinata ad arrendersi ad un globalismo mondiale, che rende le persone pedine di un sistema economico che ruota attorno al consumismo e al volume degli affari, in cui non c’è spazio per la solidarietà, per la vita, per la famiglia, per l’uomo…

Le leggi sull’eutanasia e sull’aborto nonché tutta la questione delle rivendicazioni gender hanno mostrato il limite e la pericolosità di questo pensiero. E’ bene, al riguardo, precisare che la Chiesa non difende tali valori per tradizionalismo, perché sono i valori di una volta, o per tutelare una posizione di dominanza etica, ma perché si trovano dentro una prospettiva di promozione autentica dell’uomo”.

Ed ha avvertito che la cancellazione di parole appartenenti al popolo è un errore: “Un’Europa costruita sulla convinzione che dimensione religiosa e identità vadano cancellate, che l’anima dell’Europa sia non avere un’anima, è un’Europa destinata a dissolversi. La scomparsa della giusta autostima europea è associata ad uno ‘strano’ rifiuto di sé dell’Occidente, che si può qualificare come ‘patologico’: da una parte esso si mostra completamente aperto a ciò che gli è estraneo mentre si rivela chiuso ed ostile a ciò che la propria storia ha di grande e di puro, evidenziando solo ciò che in essa ci sarebbe di deprecabile e di distruttivo”.

Quindi ha invitato a non perdere l’identità ‘interiore’: “Molti osservatori rilevano che l’Europa ha perso in gran parte la propria ‘identità interiore’, i valori, la cultura e la fede e, mentre rifiuta le proprie fondamenta religiose e morali, contestualmente insegue spiritualità esotiche.

La costatazione del ‘vuoto interiore’ dell’Europa è confermata da vari indicatori, come la mancanza di entusiasmo di fronte al futuro, che si evince specialmente nella reticenza a trasmettere la vita o a fare scelte che impegnino per l’avvenire. I figli sono visti come minaccia per il benessere e l’indipendenza; a ciò si aggiunga la diminuzione delle unioni matrimoniali e la fragilità delle stesse”.

Per il vescovo l’Europa risente di una crisi di ‘fiducia’ politica: “La crisi di fiducia nell’Europa oggi è crisi di fiducia nella politica, intesa come crisi di idee, di risorse e di capacità effettiva di saper interpretare e sostenere le istanze dei cittadini. Spesso vi è la sensazione di un’Unione Europea caratterizzata da ‘antidemocratiche, pletoriche, oscure istituzioni’.

In tale contesto sembra che nessuno decida più davvero, e che le scelte, soprattutto quelle impopolari, siano sempre colpa di qualcun altro. Chi comanda veramente spesso non è visibile ed esercita un potere dall’ombra, deresponsabilizzato… E’ opportuno allora recuperare il principio di vera e buona sovranità, in base alla quale lo stato sovrano ha davvero il compito di decidere e determinare secondo la propria volontà conseguenze concrete e fattuali a beneficio del bene comune, di cui deve rispondere davanti ai cittadini.

In tal modo si può superare il rischio di un potere globale lontano e inavvicinabile che non ascolta più il popolo e che non guarda più al popolo come al destinatario di ogni sua azione”.

Riprendendo i temi dell’enciclica ‘Populorum Progressio’ il vescovo di Sanremo-Ventimiglia ha sottolineato il valore della sovranità popolare: “Restituire sovranità all’Europa, alle nazioni che la compongono e ai suoi cittadini può essere davvero una prospettiva cui guardare con interesse. Parlare di sovranità non significa cedere alla deriva del nazionalismo e del razzismo, puntualmente riprovati da san Paolo VI, che nell’Enciclica ‘Populorum Progressio’ …

E’ pure normale che nazioni di vecchia cultura siano fiere del patrimonio, che hanno avuto in retaggio dalla loro storia. Ma tali sentimenti legittimi devono essere sublimati dalla carità universale che abbraccia tutti i membri della famiglia umana’”.

Quindi l’Europa dei popoli deve tutelare le comunità locali: “Un’Europa di popoli sovrani, non è un’Europa chiusa al dialogo e al confronto, ma un’Europa che tutela e valorizza le comunità locali, le loro specificità e peculiarità, contro un’eterna sudditanza rispetto a poteri che non sono oggetto di una delega democratica, né di una verifica popolare, né possiedono altra legittimazione. Diciamo sì all’Europa: un sì ragionevole, critico e costruttivo”.

La lettera si chiude con un appello al voto: “Queste elezioni, dunque, chiamano in causa anche la nostra fede, la convinzione, la capacità di testimonianza cristiana e la possibilità di edificare una civiltà autenticamente a servizio dell’uomo. Per questo occorre tornare ad una concezione della ragione che si fondi sul profondo rispetto verso Dio e verso i valori etici fondamentali, derivanti dalla fede cristiana, da cui dare vita a quel ‘nuovo umanesimo europeo’ che papa Francesco auspica.

La Chiesa è cattolica anche perché tutti possono convergere intorno a elementi di dottrina e di vita buona, che fanno appello alla ragione dell’uomo… Ribadisco accanto al diritto di tutti di esprimere il voto anche il dovere di partecipare alla consultazione elettorale, specialmente per un cristiano, allo scopo di dare buona e ragionata testimonianza di come i contenuti della fede possano e debbano dare forma alle istituzioni e alla vita comunitaria…

Condividendo le ansie e i problemi di tutti, Papa Francesco ci invita a realizzare una ‘amicizia sociale’, per un dialogo e un incontro in cui ciascuno offra il contributo della propria esperienza alla vita comune, proprio a partire da quel patrimonio culturale e spirituale cristiano che ha fatto dell’Europa la culla dell’umanesimo integrale”.

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