Il papa invita il clero a non essere ‘pettinatori’ di pecore

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Dopo gli incontri mattutini di giovedì 9 maggio in serata papa Francesco si è recato nella basilica di san Giovanni in Laterano, dove ha incontrato la sua Diocesi a conclusione del cammino avviato durante l’Anno pastorale sui temi di ‘memoria’ e ‘riconciliazione’ con un discorso a braccio, dopo aver ascoltato l’introduzione di un sacerdote che ha illustrato la situazione della Chiesa di Roma, divenuta negli anni ‘terra di missione’, con parrocchie usate come ’distributori di sacramenti’ e preti ridotti a meri ‘amministratori’.

Sono seguite le testimonianze di una giovane, una coppia e di don Benoni Ambarus, direttore della Caritas di Roma, che ha parlato della povertà che affligge metà della popolazione della Capitale. Dalle loro parole sono emerse le difficoltà di tanti giovani che ricorrono alle droghe e all’alcol e le cui domande non trovano risposta. Le difficoltà di tante coppie che scelgono ancora di sposarsi e di avere figli, o che sono ferite dalla separazione e dalla solitudine. E quelle che vorrebbero avere più tempo per coltivare le relazioni tra loro.

Infine le tante persone ai margini incontrate tutti i giorni da chi opera nella Caritas, tanto da sentire inadeguatezza, ma senza perdere la speranza e la fiducia in Dio e grati di quanto ricevono loro stessi dagli ultimi. Il grido dei giovani, il grido delle famiglie, il grido dei poveri.

Papa Francesco ha risposto alle testimonianze dei rappresentanti della Diocesi: “La prima tentazione che può venire dopo aver ascoltato le difficoltà è risistemare la diocesi e la città, mettere tutto a suo posto. Mettere ordine e per questo serve a guardarci noi, tornare a guardarci dentro. Le cose saranno risistemate e noi avremo messo a posto il museo, il museo ecclesiastico della città. Questo significa addomesticare le cose, anche il cuore della gente. Questo sarebbe il peccato più grande: l’istinto mondano anche evangelico. Non si tratta di risistemare”.

Il papa ha sottolineato che non c’è bisogno di una Chiesa ‘museo’: “Il Vangelo è una dottrina squilibrata. Prendete le Beatitudine, meritano il premio Nobel dello squilibrio”. E ha ricordato “come gli apostoli si fossero innervositi quando al tramonto la folla continuava ad ascoltare Gesù, loro hanno guardato l’orologio e hanno detto: questo è troppo. Dobbiamo pregare e poi mangiare e poi fare tante cose…. Signore congedali, gli dicono, perché il posto è deserto, che vadano a comprarsi da mangiare.

Questa è la tentazione dell’equilibrio della gente di Chiesa tra virgolette. Io credo che lì è cominciato il clericalismo: che loro vadano… E così avremo una bella diocesi che funziona. Clericalismo e funzionalismo. Devo dirlo: sto pensando in questo momento ad una diocesi che ha più dipendenti del Vaticano e che si sta sempre più allontanando da Dio, perché rende culto all’armonia, non della bellezza, ma del buon funzionamento. Si organizzano incontri, tante cose, sinodi, ma perché ci sia un Sinodo ci vuole lo Spirito Santo che con un calcio butta all’aria il tavolo”.

Quindi ha chiesto di non aver paura dello ‘squilibrio’: “Noi non possiamo fare qualcosa di buono e di evangelico se abbiamo paura dello squilibrio. Dobbiamo prendere lo squilibrio con le mani. Il Vangelo è una dottrina squilibrata, prendete le Beatitudini! Gli apostoli si sono innervositi quando quella folla al tramonto continuava a stare lì con Gesù, guardavano l’orologio, dovevano mangiare e hanno cercato la forma per congedarli dal Signore. Perché nel deserto dovevano comprarsi da mangiare. Questo è clericalismo, un bell’equilibrio per sistemare le cose”.

Ed ha fatto riferimento all’incontro odierno: “Quando il Signore vuole convertire la sua Chiesa prende il più piccolo e lo mette al centro invitando tutti a diventare piccoli e ad umiliarsi così come ha fatto Lui. La riforma della Chiesa comincia con l’umiltà e cresce con le
umiliazioni.

Così il Signore neutralizza le nostre aspirazioni di grandezza. Solo chi segue Gesù facendosi come un bambino potrà contribuire al Regno. Chi cerca la propria gloria come potrà riconoscere Gesù nei piccoli: non ha né occhi, né orecchie per gli altri. ‘Guai a chi guarda dall’alto al basso e disprezza i piccoli’. Anche quando i loro comportamenti fossero distanti dal Vangelo, nulla giustifica il nostro disprezzo”.

La diocesi non deve essere ‘funzionalista’: “Sistemando le cose avremo una bella Diocesi funzionalizzata: clericalismo e funzionalismo. Sto pensando ad una Diocesi che ha tutto funzionalizzato, quella Diocesi oggi non voglio nominarla per carità, ma ha più dipendenti del Vaticano, quella diocesi si allontana sempre di più da Gesù Cristo.

Siamo caduti in una nuova colonizzazione ideologica che cerca di convincere che il Vangelo è una dottrina e non un annuncio. Chiediamo al Signore la grazia di non cadere in una diocesi funzionalista”.

Ed ha sottolineato che occorrono disinteresse ed umiltà: “Quando il Signore vuole convertire la sua Chiesa, fa sempre così: prende il più piccolo e lo mette al centro. L’umiltà nasce e cresce con le umiliazioni. Guai a chi guarda dall’alto in basso e disprezza i piccoli”.

Il secondo punto è il disinteresse, per cui il pastore è un ‘vero’ pastore’: “Siamo preoccupati delle nostre strutture parrocchiali, di quello che la gente dirà se ci occupiamo dei rom o dei migranti. Il disinteresse per se stessi è la condizione necessaria per essere pieni di interesse per Dio e per gli altri.

Tanti lasciano di essere pastori per diventare pettinatori di pecore. E’ brutto, non cerchiamo mai il coraggio di cercare gli altri, percorrere pensieri che non abbiamo mai battuto. Tutto merita di essere lasciato e sacrificato per il bene della missione. Lasciare l’orgoglio, il benessere, l’interesse per se stessi”.

Ha concluso con un richiamo alle Beatitudini: “L’ultimo tratto del cuore per ascoltare il grido della gente è aver sperimentato le Beatitudini, che sono un messaggio cristiano, ma anche umano… Alle persone fragili possiamo offrire la via delle Beatitudini perché noi le abbiamo sperimentate, cioè abbiamo sperimentato la gioia, la misericordia, la vita di famiglia dove si è accolti così come si è. Le Beatitudini non sono ancora il nostro piatto forte, invece dobbiamo offrire ai nostri cittadini il piatto forte del Vangelo. Non cadiamo nell’indifferenza, raccomanda. Se cadiamo nella presunzione meritiamo le parole di Gesù: non ho bisogno di voi, non servite a nulla”.

E nella sagrestia della Basilica il papa ha incontrato la famiglia rom del quartiere romano di Casal Bruciato, come ha riferito il direttore ad interim della sala stampa vaticana, Alessandro Gisotti, invitandoli a chiedere alla Chiesa per qualsiasi necessità.

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