A Bergamo i Giovani della pace del Sermig

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Conflitti di epoche diverse, ma gli stessi strappi, la stessa esperienza: la guerra come una lama che segna il prima e il dopo, la normalità e l’incertezza assoluta: è stato questo il filo conduttore del 6° appuntamento internazionale dei ‘Giovani della pace’, promosso dal Sermig (Servizio missionario giovani), svoltosi a Bergamo sabato 11 maggio.

A partire dalle ore 15, piazza Vittorio Veneto ha accolto 25.000 giovani da tutta Italia e delegazioni da altri Paesi del mondo che si sono messi in ascolto di storie di morte e di vita. Quelle di un anziano, un adulto e una giovane che hanno condiviso se stessi. Franco Leoni Lautizi oggi ha 80 anni. Ne aveva meno di 6 quando nel 1944 a Marzabotto le SS tedesche gli uccisero la mamma incinta e la nonna. Lui stesso fu mitragliato e si salvò miracolosamente ma non ha mai dimenticato e da anni incontra i giovani per portare la sua testimonianza di pace.

Così p. Ibrahim Alsabagh, parroco di Aleppo, testimone diretto della guerra civile siriana e dell’assedio della città, ha raccontato la quotidianità di un conflitto, la carica di dolore che produce, ma anche la speranza che può nascere sotto le bombe; mentre Jeanette Chiapello ha 27 anni ed è arrivata in Italia nel 1994; sopravvissuta al genocidio del Rwanda, è stata adottata da una famiglia piemontese che l’ha cresciuta con amore. Solo qualche anno fa, ha scoperto l’esistenza di due fratelli e del papà naturale e ora ha deciso di incontrarli.

Eppoi Vito Alfieri Fontana e Nello Scavo, Leonardo Becchetti, Giorgia Benusiglio e Simone Riccioni, Simona Atzori, Luca Jahier, Andrea Franzoso, le mamme della Terra dei Fuochi con don Maurizio Patriciello, Zia Caterina, Marco Tarquinio… Inoltre a Bergamo sono stati presentati i ‘Punti di pace’ dei giovani: iniziative positive, idee e buone pratiche, raccogliendo fondi per la costruzione di pozzi in Etiopia ed Eritrea, il sostegno alle giovani famiglie di Aleppo, aiuti alimentari alla Caritas di Bergamo.

L’appuntamento dei Giovani della pace’ è stato aperto dall’inno ‘Per chi non ha voce’; al direttore artistico del ‘Laboratorio del Suono’ del Sermig ed autore delle musiche, Mauro Tabasso, abbiamo chiesto di spiegarci il motivo di questa scelta: “La canzone ‘Per chi non ha voce’ parla di sogni, e di un sogno in particolare, quello della pace. Ma non ci può essere pace senza giustizia.

Nel suo piccolo l’Arsenale della Pace cerca ogni giorno di costruire concretamente questo sogno, pietra su pietra, goccia dopo goccia, cercando di dare una risposta alle migliaia di persone che ogni giorno bussano alla sua porta in cerca di speranza, di un tetto per dormire, di un pasto da consumare, di una voce amica.

Queste persone spesso hanno affidato all’Arsenale le loro storie, e la nostra casa ne custodisce anche i sogni. Cantare per chi non ha voce significa farsi carico delle loro aspettative, delle loro aspirazioni, delle loro speranze. Per questo la canzone è stata scelta come inno del 6° Appuntamento dei giovani della pace”.

Come è nata la canzone?
“Le nostre canzoni nascono sempre da un’emozione, da un pensiero di Ernesto Olivero, che diventa testo scritto, che poi ci sforziamo di musicare adattandolo ad una metrica melodica, tentando sempre di conservare intatto l’istante, il disegno, il moto d’animo che lo ha generato”.

In quale modo la musica può veicolare un messaggio di pace ai giovani?
“La musica è un linguaggio con cui si possono dire cose, raccontare storie, ma soprattutto trasmettere emozioni. E’ un’espressione istintiva che trascende gli idiomi. Se pensiamo alle quattro note che costituiscono l’incipit della celebre ‘Quinta Sinfonia’ di Beethoven, esse generano ansia, sgomento. L’incipit della ‘Toccata e Fuga in Re minore’ di Bach genera perfino paura.

Se invece pensiamo a ‘Born in the USA’ di Springsteen sentiamo forza, grinta, energia, anche se non capiamo il testo della canzone. Se pensiamo a ‘Tears in Heaven’ di Eric Clapton proviamo commozione, indipendentemente dal suo contenuto letterario. La musica fa questo: genera emozioni con i suoni. Se troviamo soluzioni musicali che raccontino una storia, e un testo che la rafforzi e arricchisca sinergicamente, allora non c’è virtualmente limite a quello che possiamo comunicare con la musica, a giovani e meno giovani. E’ semplice, ma non è facile”.

Perché è nato il Laboratorio del Suono all’interno del Sermig?
“Il Laboratorio del Suono è il sogno musicale del Sermig. E’ nato per comunicare in musica l’Arsenale della Pace, per fare innamorare della musica le persone che a vario titolo lo frequentano, nella convinzione che amare scalda il cuore e trasforma la vita delle persone. Infine è nato per stabilire un dialogo interculturale con giovani, uomini e donne, che non frequenterebbero mai l’Arsenale per altri scopi se non quello di fare musica insieme, con passione, divertimento, creatività e crescita personale”.

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